Un mio amico alla radio racconta gli allenamenti con la Unione Sportiva
Folgore del mister Luigi Ursini. Per me sono passati almeno 24 anni da quando –
a sedici anni – ho smesso di giocare a pallone, eppure ho ancora impressi nella
memoria parole e gesti del mister e quei pomeriggi trascorsi ad allenarci all’ex
galoppatoio di San Benedetto. C’era l’essenziale: tanta terra, due porte, qualche
ciuffo d’erba e tanta voglia di giocare. Soprattutto c’era uno che il mister lo
faceva per vocazione. Sono passati tanti anni, eppure quei momenti li ricordo
come se fossero accaduti ieri!
Così come ricordo benissimo il gruppo chierichetti della
Parrocchia della Marina con suor Amelia. Anche lì eravamo una squadra ed era
bello trovarsi insieme per partecipare alla Messa o per condividere una
merenda, una gita – ne ricordo benissimo una sulla neve – o una partita a
calcio con qualche altra parrocchia. La suora sapeva guidarci con dolcezza e ci
insegnava la gentilezza col suo esempio. Non faceva lezioni: lei viveva e noi
imparavamo il rispetto, la mitezza, la calma necessaria per svolgere bene i
compiti che ci erano affidati, il gusto buono del servizio gratuito.
Quando mancano venticinque giorni a Natale, ripenso ai miei primi
diciotto anni e noto quanto siano stati importanti gli incontri con persone
belle, generose, umili, persone che non pensavano a se stesse ma al bene della
comunità, o della squadra, o dei più piccoli. Ripenso agli ambienti che i miei
genitori mi hanno fatto frequentare: ambienti in cui si cercava di educare i
ragazzi alle virtù, alla lealtà, all’onestà, all’altruismo, al gioco di
squadra, all’impegno anche quando costa sacrificio, alla pazienza, al rispetto
per il prossimo.
Oggi alla parrocchia si chiede altro, come si chiede altro alla
scuola e anche alla società sportiva. Perciò quando uno ha ricevuto quello che
chiede, se ne va perché pensa di non avere più bisogno della parrocchia, della
scuola, della società sportiva, dell’associazione,...
Così accade che l’esperienza parrocchiale di un bambino termina a
dieci anni, il giorno della Prima Comunione. Poi per la parrocchia non c’è più
tempo. Ma in quegli anni il bambino ha conosciuto amici, incontrato catechisti
ed educatori, ascoltato testimoni, vissuto esperienze di condivisione, ha
incontrato Gesù e s’è anche affezionato a Gesù. Improvvisamente tutto questo si
interrompe. Forse perché nella mentalità comune si tratta di cose per bambini,
o di cose che nella vita non servono. E così il bambino viene privato di buoni
pensieri, buone amicizie, buoni maestri che, fino alla maggiore età, avrebbero
potuto aiutarlo a crescere. E alcuni bambini si ritrovano da soli perché nella
società sportiva a un certo punto si fa selezione e non c’è posto per tutti,
perché a scuola rimangono indietro e perdono il gusto di andarci, perché i
genitori non hanno tempo per crescere coi figli, …
Mentre scrivo, i ricordi di quegli anni si affollano nella mia
mente e rischio di non chiudere mai questo post!
Ma davvero
i miei primi diciotto anni sono stati fondamentali e sono convinto che lo siano
per ogni persona. Spero, dunque, che l’attenzione dei genitori torni a fissarsi
sull’essenziale: offrire al bambino buone relazioni, buone esperienze, buoni
esempi, buone parole, buone amicizie, vero amore!
Nessun commento:
Posta un commento