sabato 30 aprile 2016

Una Parola al giorno (44)

"Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione" (Salmo 99/100,5).

venerdì 29 aprile 2016

Una Parola al giorno (43)

"In quel tempo, Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli»" (Mt 11,25-30).
Stamattina ho celebrato la messa, ho fatto colazione e poi mi sono lavato i denti. Il sapore del caffè e latte se n'è andato subito, mentre quello della liturgia celebrata sta dando gusto a questa bella giornata.
Sull'onda del Vangelo di oggi, mi impegno a essere un "piccolo" che mendica e sta ben attento ad accogliere con gratitudine quanto gli viene dato, senza pretendere da Dio, dalla Chiesa e dal prossimo!
Dio ti benedica!

giovedì 28 aprile 2016

Una Parola al giorno (42)

"Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome" (dal Salmo 95/96).
Oggi vorrei accostare a questi versetti alcune parole di don Tonino Bello: "Se dentro vi canta un grande amore per Gesù Cristo e vi date da fare per vivere il Vangelo, la gente si chiederà: «Ma che cosa si cela negli occhi così pieni di stupore di costoro?»" (da "Fino in cima", Editrice AVE).
Dio ti benedica!

mercoledì 27 aprile 2016

Una Parola al giorno (41)

"Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Gv 15,1-8).
"Senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5).
Gesù, Tu non dici che senza di Te possiamo fare poco, ma dici proprio che non possiamo fare nulla!
Liberaci dalla pretesa di poter fare a meno di Te!
Fa' che le nostre vite siano alimentate dalla linfa della tua mitezza e umiltà, perché possiamo essere miti agnelli anche quando all'orizzonte vediamo spuntare lupi minacciosi.
Dio ti benedica, amico/a!

Assistere gli ammalati

«Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita» (Gv 5,7).

Sto leggendo il Vangelo di Giovanni quando incontro queste parole di un paralitico che mi sconvolgono la mattinata. Prendo coscienza di botto che quel nessuno sono proprio io.

Io che, dall’alto della mia scontata salute fisica, non ho occhio per un uomo paralizzato.
Io che potrei fare il bene… e me ne guardo bene.
Io che potrei dare una mano a qualcuno, ma per paura che mi rallenti, passo a largo o mi dileguo in fretta.

«Vuoi guarire?», gli aveva chiesto Gesù.
«Signore, non ho nessuno…», fu la risposta dell’ammalato.

Più della paralisi è la possibilità di questa solitudine a farmi paura.
Potrei ammalarmi, aver bisogno di cure, non essere più autosufficiente; potrei diventare incapace di muovermi e di comunicare con il mondo esterno; potrei perdere la testa e non capire più niente,…

Mi basta pensarci per un momento e già sento arrivare l’angoscia!

Eppure, più di tutto quello che potrebbe capitarmi, mi fa paura la possibilità reale di dire: «Signore, non ho nessuno».

Visitando le famiglie il primo venerdì di ogni mese, o in occasione delle benedizioni pasquali, ho la possibilità di incontrare le persone nel loro ambiente quotidiano e rimango edificato da testimonianze di prossimità a persone malate o bisognose di tutto. Incontro uomini e donne che, nel nascondimento delle loro case, perdono la vita per il bene dell’altro e sono capaci di una tenerezza straordinaria!

Anche se l’altro è ormai incapace di riconoscerle, esse gli restano accanto. Imparano un nuovo linguaggio fatto di carezze, attenzioni, strette di mano, sorrisi, sguardi.

Avverto qualcosa di sacro in quelle case, avverto chiara la presenza di Gesù. Lo riconosco vicino all’ammalato, poi lo vedo nella persona dell’ammalato, ma anche nel barelliere, nel suo angelo custode, nell’amorevole badante.

Mi rendo conto che la vera malattia, la vera sofferenza è quella sensazione d’esser soli e abbandonati davanti a un nemico troppo grande; è la paura di non avere alleati, compagni di battaglia verso cui poter volgere uno sguardo d’intesa, prima di balzare fuori dalla trincea per l’ultimo assalto.

La vera malattia si chiama solitudine, si chiama indifferenza.

Ed è una malattia che si vince solo avvicinandoci ai fratelli, solo sforzandoci di restare accanto all’amico nel momento della prova.
Scopriremo, così, d’essere sostenuti dalla forza di Dio; ci accorgeremo che, pur non essendo medici, abbiamo da offrire la medicina che vince ogni morte: l’amore. «L’amore guarisce», diceva il santo medico Giuseppe Moscati.

Mentre scrivo, mi vengono in mente le parole di un bellissimo prefazio:
«è veramente giusto lodarti e ringraziarti, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, in ogni momento della nostra vita, nella salute e nella malattia, nella sofferenza e nella gioia, per Cristo tuo servo e nostro Redentore.
Nella sua vita mortale egli passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Ancora oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza. Per questo dono della tua grazia, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale del tuo Figlio crocifisso e risorto. E noi, insieme agli angeli e ai santi, cantiamo con voce unanime l’inno della tua gloria…» (Prefazio comune VIII).

Gesù sta lì, vicino a quell’uomo, prigioniero da trentotto anni.
Gli rivolge la parola e riaccende in lui il desiderio di una condizione diversa: «Vuoi guarire?» (Gv 5,6).

Forse il paralitico si sarà chiesto che cosa potesse ancora significare per lui guarire. Forse dopo trentotto anni di malattia, si era rassegnato a doversi accontentare di quel minimo che gli veniva riconosciuto da chi gli stava intorno.
Forse, dopo svariati tentativi inutili, non trovava più la voglia di provare a rialzarsi: «C’è sempre qualcuno che scende nella piscina prima di me».

E mentre stai fermo a guardare quell’acqua che s’agita, lì davanti, a portata di mano… e fai i conti con la tristezza di vederla vicina e di non poterla raggiungere… Mentre piano piano viene meno il desiderio di una guarigione che, col passare del tempo, appare sempre meno probabile… Quando ti fermi e non attendi più nulla...

…lì ti incontra Gesù.
Cerca proprio te e risveglia i tuoi bei sogni, quelli che le circostanze della vita ti avevano rapinato. Ti fa una domanda e ti ricordi che volevi guarire, che hai provato a guarire, ma poi ti sei seduto, non ti sei lasciato curare, non sei stato aiutato, non hai più cercato aiuto,…

Ora mi riconosco nel paralitico.
C’è voluto tutto quello che ho scritto prima, per arrivare a questa conclusione.
Sono io quel malato che s’è chiuso, che ha rinunciato ad affrontare le salite, che s’è scoraggiato, che ha perso la direzione e aspetta d’esser preso in braccio e portato. Sono io che ho bisogno dell’olio della consolazione e del vino della speranza.

Una volta che tu, Gesù, li avrai versati sulle mie ferite, sarò capace di guardare l’altro con misericordia e di fargli misericordia.

Poi, sarà lo slancio del Vangelo a darmi il coraggio di farmi prossimo e la forza per sollevare ogni paralitico e portarlo a incontrare Te, che mi hai guarito (Mc 2,1-12)!


don Gian Luca Rosati

martedì 26 aprile 2016

Una Parola al giorno (40)

"In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace»" (Gv 14,27-31a).
Riceviamo la pace da Gesù, custodiamo la pace, diventiamo operatori di pace!
Dio ti benedica!

lunedì 25 aprile 2016

Una Parola al giorno (39)

"In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»" (Mc 16,15-20).
Mi sembra di poter associare a questo versetto, un invito di don Tonino Bello che stamattina ho trovato in una raccolta di suoi scritti all'Azione Cattolica: "Portate la tuta di lavoro in chiesa, ma nei cantieri di lavoro portate la veste battesimale" (da "Fino in cima", editrice AVE).
Andiamo per le strade vestiti di Cristo Risorto e annunciamo a ogni creatura la gioia del Vangelo!
Dio ti benedica!

domenica 24 aprile 2016

Una Parola al giorno (38)

"Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,31-33a.34-35).

sabato 23 aprile 2016

Una Parola al giorno (37)

"Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia" (Salmo 97/98,2).

venerdì 22 aprile 2016

Una Parola al giorno (36)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1-6).

giovedì 21 aprile 2016

mercoledì 20 aprile 2016

Una Parola al giorno (34)

"Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei" (Atti 12,24-13,5).
"Il tuo cuore sa che la vita non è la stessa senza di Lui, dunque quello che hai scoperto, quello che ti aiuta a vivere e che ti dà speranza, quello è ciò che devi comunicare agli altri" (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 121).
Dio ti benedica!

martedì 19 aprile 2016

Una Parola al giorno (33)

"Quando questi (Barnaba) giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore" (Atti 11,19-26).
Guardiamo la grazia di Dio all'opera nel mondo e rallegriamoci anche noi come Barnaba: siamo il popolo di Dio, siamo una comunità di fratelli e sorelle!
Con la nostra vita buona annunciamo a tutti che Gesù è il Signore!
Dio ti benedica!

lunedì 18 aprile 2016

Una Parola al giorno (32)

"Verrò all'altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio" (salmo 41-42).

domenica 17 aprile 2016

Una Parola al giorno (31)

"Riconoscete che solo il Signore è Dio:  
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,  
suo popolo e gregge del suo pascolo" (Salmo 99/100).

sabato 16 aprile 2016

Una Parola al giorno (30)

"Pietro gli disse: «Enea, Gesù Cristo ti guarisce; alzati e rifatti il letto»" (Atti 9,31-42).
Nella guarigione di Enea vedo la mia guarigione continuamente operata da Gesù: «Gian Luca, Gesù Cristo ti guarisce».
Ora posso alzarmi e rifarmi il letto, cioè posso fare tutte le cose quotidiane, ma con uno spirito completamente nuovo, con la gioia di una salute perduta e ritrovata!
Oggi vorrei condividere con te anche questa bella frase di Papa Francesco: «Ringrazio per il bell'esempio che mi danno tanti cristiani che offrono la loro vita e il loro tempo con gioia» (Evangelii Gaudium, n.76).
Queste parole mi fanno pensare che noi guardiamo il bene che fa il Papa e il Papa guarda il bene che facciamo noi!
Dio ti benedica, amico/a!

Accogliere i forestieri

L’autore della Lettera agli Ebrei esorta: «L’amore fraterno resti saldo. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» (Eb 13,1-2).

Davanti a me si presenta per primo Abramo (Gen 18), poi Lot (Gen 19), Tobia (Tb 5, 4-5),… infine i due discepoli di Emmaus (Lc 24).

All’inizio penso che questi due siano del tutto forestieri in una pagina dedicata alla quarta opera di misericordia e allontano il pensiero cercando nella memoria altri esempi di accoglienza. Ma non c’è niente da fare: più tento di chiudere la porta, più i due discepoli si affacciano chiedendo di lasciarli entrare e di ascoltarli anche solo per un momento: «Poi ce ne andremo e ti lasceremo in pace», promettono.

Non posso fare altro che fidarmi.
Entrano, si siedono e cominciano a raccontare:
«Quel giorno eravamo in cammino verso Emmaus, un villaggio distante circa undici chilometri da Gerusalemme e stavamo discutendo di tutto quello che era accaduto. Si avvicinò a noi un forestiero, uno che sembrava non essere per niente pratico del luogo: non sapeva neppure ciò che era successo a Gerusalemme! Allora gli raccontai quello che era successo a Gesù e gli confidai le nostre speranze deluse e poi la sconvolgente notizia portata dalle donne che “si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo” (Lc 24, 22-23). Infine, gli dissi di come alcuni dei nostri “sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non lo hanno visto” (Lc 24, 24).

Era come se tutto questo ci oscurasse la vista: dal momento della crocifissione non c’era più colore nelle cose intorno a noi, non c’era più voglia di sorridere, di sperare, di camminare. Era come se non ci fosse più gusto nelle cose che fino a quel momento erano state piene di senso per tutti noi. Era morto Gesù e il giogo all’improvviso s’era fatto pesante: non riuscivamo a vederlo sulle nostre strade, non riconoscevamo la sua presenza accanto a noi. Una fredda solitudine avvolgeva i nostri cuori.

E parlarne tra noi serviva a poco: i nostri volti tristi ne erano testimoni.

Non so perché avevamo aperto il cuore a quel viandante incontrato sulla strada, forse perché anche lui andava verso Emmaus e camminare insieme ci aveva reso subito compagni. Restammo un po’ meravigliati quando, dopo averci ascoltato, rispose: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24, 26).
Ci colpirono quelle parole: sembrava che in noi si riaccendesse qualcosa.
Ma che cosa?
I chilometri trascorsero in fretta. Il passo s’era fatto leggero e il nostro non era, come all’inizio, un vagare stanco; ci pareva di essere condotti per mano da qualcuno. Forse era solo un’impressione dovuta al desiderio di tornare indietro ai giorni più belli, quando il maestro indicava la strada e noi lo seguivamo sicuri: la sua parola era autorevole; egli sapeva dove andare.

Quel forestiero non lo conoscevamo, ma le sue parole avevano un effetto benefico in noi e alla fine ci ritrovammo in due a confidarci di aver vissuto la stessa esperienza: “Non ardeva in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24, 32).

Intanto eravamo arrivati a Emmaus ed “egli fece come se dovesse andare più lontano” (Lc 24, 28). Ma noi lo pregammo con insistenza: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto” (Lc 24, 29). Egli entrò per rimanere con noi.

Quando fu a tavola, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede a noi.

Allora si sono aperti i nostri occhi e lo abbiamo riconosciuto: era Gesù!

Ma egli era sparito dalla nostra vista.

Ci restava la certezza di averlo incontrato e la gioia di saperlo vivo e realmente presente accanto a noi. Fu la gioia di non essere soli a rimetterci in strada perché non c’era tempo da perdere, ma bisognava subito tornare a Gerusalemme e raccontare agli altri quello che ci era accaduto».

Terminato il racconto, con gli occhi sorridenti mi guardavano in attesa di una mia risonanza a quanto avevo ascoltato. Stavo ancora pensando a come lo avevano riconosciuto nello spezzare il pane e non risposi prontamente.

Il mio silenzio spinse Cleopa a riprendere la parola per chiedermi: «Ma ancora non hai capito perché siamo venuti a trovarti?».

Cominciavo a intuire qualcosa, ma preferivo che fossero loro a esplicitare il motivo di quella visita.

Cleopa continuò: «Noi abbiamo accolto il forestiero, gli abbiamo dato confidenza raccontandogli qualcosa di noi, praticamente lo abbiamo fatto entrare nella nostra vita senza sapere chi fosse. Ma in realtà, è stato lui ad accoglierci per primo: egli si è fatto prossimo e s’è messo a camminare con noi, perché sapeva che avevamo bisogno di stare con lui; egli ci ha lasciato parlare e poi ha condiviso con noi la sua visione di quelle stesse cose. A noi sembravano oscure ed egli le ha rischiarate con la sua luce, la luce del Vangelo. è stato lui a rivedere i suoi programmi e a cedere alla nostra insistenza quando gli abbiamo chiesto di rimanere con noi.
E, una volta seduti a tavola, quanti ricordi si sono accesi e quante parole e gesti ci sono tornati in mente: “… chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22, 27).

Si ripresentava alla nostra memoria l’ultima cena e il suo gesto di lavarci i piedi con la raccomandazione di fare noi altrettanto a ciascuno dei fratelli che avremmo incontrato. Lavare i piedi dell’altro è un gesto di accoglienza, è il gesto di chi per amore si fa servo.

Questo il forestiero ci aveva ricordato e insieme ci aveva rassicurato che egli avrebbe accompagnato ogni nostro passo e, nello stesso tempo, sarebbe stato presente in ciascuno di quegli uomini e donne a cui ci saremmo fatti prossimi.

Siamo partiti senza indugio e da quel giorno ogni cristiano, senza indugio, sa cosa deve fare: per amore di Gesù, accogliere, incoraggiare, rialzare, sostenere, curare ogni fratello che incontrerà sulla sua strada.

Questo vorremmo che scrivessi ai tuoi lettori!».

Mi guardavano soddisfatti per la testimonianza che mi avevano offerto e furono ancora più contenti quando, pieno di gratitudine, li invitai a restare a pranzo. Interpretarono giustamente il mio invito come il segno che avrei scritto ciò che mi avevano suggerito.

Cari lettori, non aggiungo altro al racconto dei due discepoli di Emmaus, solo vi chiedo di non accontentarvi di queste parole, ma di ascoltare ogni giorno la Parola che Dio ci rivolge, attraverso quel tesoro prezioso che non siamo costretti a chiudere in cassaforte: il Vangelo.

Saranno l’ascolto costante della Parola di Dio, la partecipazione attiva all’Eucaristia e l’incontro con Dio negli altri Sacramenti ad aprire il nostro cuore perché vi trovi spazio ogni forestiero!


don Gian Luca Rosati

venerdì 15 aprile 2016

Una Parola al giorno (29)

"Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre" (Salmo 116).

giovedì 14 aprile 2016

Una Parola al giorno (28)

"Popoli, benedite il nostro Dio,
fate risuonare la voce della sua lode;
è lui che ci mantiene fra i viventi
e non ha lasciato vacillare i nostri piedi". (Salmo 65)

mercoledì 13 aprile 2016

Una Parola al giorno (27)

"E vi fu grande gioia in quella città" (At 8,1-8).
Si tratta di una città della Samaria in cui Filippo predica il Cristo.
Anche noi quando accogliamo il Cristo e ascoltiamo la Sua Parola, facciamo esperienza di una grande gioia!
Dio ti benedica!

martedì 12 aprile 2016

Una Parola al giorno (26)

"Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.
Io confido nel Signore.
Esulterò e gioirò per la tua grazia" (Salmo 30).

lunedì 11 aprile 2016

Una Parola al giorno (25)

"E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo" (At 6,8-15).
È il volto di Santo Stefano, testimone di Cristo.
Anche il nostro volto, se lo teniamo rivolto verso il Signore Gesù, sarà come quello di un angelo, un angelo che annuncia gioia e pace!
Dio ti benedica!

domenica 10 aprile 2016

Una Parola al giorno (24)

"Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». [...]
«Seguimi»" (Gv 21,1-19).
Il Vangelo di oggi mi parla di Gesù che mi accoglie così come sono e mi invita a seguirlo.
Ogni volta che leggo questo brano, mi viene in mente la preghiera di Papa Giovanni Paolo I:
"Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come tu mi desideri".
Accettiamo con gioia di esser presi dal Signore così come siamo, ma accettiamo anche con umiltà di seguirlo dove Lui vorrà condurci!
Se lo seguiamo, anche noi un giorno saremo capaci di dire: Ti amo, Signore!
Dio ti benedica!

sabato 9 aprile 2016

Una Parola al giorno (23)

"...dell'amore del Signore è piena la terra" (Salmo 32/33,5).
Non mi basta sapere questo versetto! Desidero vederlo questo amore del Signore di cui è piena la terra! Ho fame e sete di questo amore che tutto abita l'universo. E lo cerco anche là dove, a prima vista, non mi pare presente: nelle cose che non vanno come vorrei, nelleg situazioni difficili, nelle tensioni che possono esserci con gli altri, nelle mie paure,... tutto abita l'amore del Signore!
Stai contento: Dio ti bene dice!

venerdì 8 aprile 2016

Una Parola al giorno (22)

"Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?" (Salmo 26/27,1).
Dio ti benedica!

Vestire gli ignudi

Racconta l’evangelista Luca:

26Approdarono nel paese dei Gerasèni, che sta di fronte alla Galilea. 27Era appena sceso a terra, quando dalla città gli venne incontro un uomo posseduto dai demòni. Da molto tempo non portava vestiti, né abitava in casa, ma in mezzo alle tombe. 28Quando vide Gesù, gli si gettò ai piedi urlando, e disse a gran voce: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti prego, non tormentarmi!». 29Gesù aveva ordinato allo spirito impuro di uscire da quell’uomo. Molte volte infatti si era impossessato di lui; allora lo tenevano chiuso, legato con catene e con i ceppi ai piedi, ma egli spezzava i legami e veniva spinto dal demonio in luoghi deserti. 30Gesù gli domandò: «Qual è il tuo nome?». Rispose: «Legione», perché molti demòni erano entrati in lui. 31E lo scongiuravano che non ordinasse loro di andarsene nell’abisso. 32Vi era là una grande mandria di porci, al pascolo sul monte. I demòni lo scongiurarono che concedesse loro di entrare nei porci. Glielo permise. 33I demòni, usciti dall’uomo, entrarono nei porci e la mandria si precipitò, giù dalla rupe, nel lago e annegò.
34Quando videro ciò che era accaduto, i mandriani fuggirono e portarono la notizia nella città e nelle campagne. 35La gente uscì per vedere l’accaduto e, quando arrivarono da Gesù, trovarono l’uomo dal quale erano usciti i demòni, vestito e sano di mente, che sedeva ai piedi di Gesù, ed ebbero paura. 36Quelli che avevano visto riferirono come l’indemoniato era stato salvato. 37Allora tutta la popolazione del territorio dei Gerasèni gli chiese che si allontanasse da loro, perché avevano molta paura. Egli, salito su una barca, tornò indietro. 38L’uomo dal quale erano usciti i demòni gli chiese di restare con lui, ma egli lo congedò dicendo: 39«Torna a casa tua e racconta quello che Dio ha fatto per te». E quello se ne andò, proclamando per tutta la città quello che Gesù aveva fatto per lui. (Lc 8,26-39)

Fa impressione l’uomo posseduto dai demòni che ci viene incontro nudo e fuori di sé.
Fa impressione la forza di Gesù: davanti a lui una legione di demòni cade a terra e si riduce a piagnucolare scongiurandolo di non essere ricacciata nell’abisso.
Fa impressione una grande mandria di porci che d’un tratto precipita giù dalla rupe, nel lago e annega.
Fa talmente impressione che forse anche noi, come i mandriani, abbiamo la tentazione di scappare via sconvolti.
L’episodio, nel suo insieme, fa così impressione che alcuni particolari forse non li notiamo o non li consideriamo come meriterebbero!
Forse non notiamo la compassione di Gesù alla vista di questo uomo solo, nudo, condannato a una vita da morto, ancor prima di essere morto.

I nostri occhi vedono qualcosa di terrificante, qualcosa che ci autorizza a fuggire lontano; gli occhi di Gesù vedono un uomo da liberare perché possa tornare a vivere. Gesù gli si fa prossimo.

La penna dell’evangelista Luca sembra non riuscire a stare dietro al gesto immediato di Gesù nei confronti dell’uomo. Si rende così necessario un flashback: «Gesù aveva ordinato allo spirito impuro di uscire da quell’uomo» (8,29).

La compassione ci libera dalla paralisi generata dalla paura dell’altro e della sua condizione, ci libera dall’imbarazzo del non saper che fare o come essere utili. Senza la misericordia siamo legati alle nostre sicurezze, a quello che sappiamo di poter dare, ma non ci spingiamo oltre, non ci coinvolgiamo. Tante volte si pensa di non poter frequentare i luoghi del dolore perché non sappiamo che dire, che fare, come aiutare,… e riempiamo le nostre giornate di omissioni che, poi, giustifichiamo per mettere a tacere l’inquietudine della nostra coscienza.

Se non siamo capaci di misericordia, di compassione per l’altro, la nostra condizione non è molto diversa da quella dell’indemoniato: lui è legato con catene e con i ceppi ai piedi o è condizionato dal demonio che lo possiede, noi in apparenza siamo liberi, ma ci lega un egoismo che non riusciamo a rompere.

Quanto è libero Gesù!
La Sua è la libertà dei misericordiosi.

Il Suo gesto fa uscire dalla solitudine un uomo che ormai viveva della compagnia dei morti, ma solo perché i morti sono morti e non possono più fuggire.
Il Suo gesto riveste l’uomo di una dignità da cui i più prossimi lo avevano svestito per paura di essere contagiati o danneggiati, per paura di tutto ciò che non si riesce a controllare, di tutto ciò che non riusciamo a definire “normale”.
Il Suo gesto riveste l’uomo dello sguardo benevolo di Dio che lo ama.

Vestire l’uomo è un gesto da Dio.
È la Sua risposta alla paura di Adamo ed Eva dopo il peccato: «Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì» (Gn 2,21).

Che bello il nostro Dio! Risponde con un vestito alla nudità che impaurisce Adamo: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto» (Gn 2,10).

Che bello il nostro Dio! Ci riveste di vesti preziose come lo sposo fa con la sua sposa, con la persona che al mondo gli è più cara.

Lasciamoci accarezzare dalle parole del profeta Ezechiele e prendiamo coscienza di quanto siamo preziosi agli occhi di Dio:

3Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era un Amorreo e tua madre un’Ittita. 4Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce. 5Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna.
6Passai vicino a te, ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue 7e cresci come l’erba del campo. Crescesti, ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza. Il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà, ma eri nuda e scoperta.
8Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia. 9Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio. 10Ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di stoffa preziosa. 11Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo; 12misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. 13Così fosti adorna d’oro e d’argento. Le tue vesti erano di bisso, di stoffa preziosa e ricami. Fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo. Divenisti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. 14La tua fama si diffuse fra le genti. La tua bellezza era perfetta. Ti avevo reso uno splendore. Oracolo del Signore Dio. (Ez 16,3-14)

Dio ci passa vicino, ci vede e ci riveste continuamente.

Fermiamoci a considerare questa misericordia che spinge Dio a farsi sempre nostro prossimo! Lasciamo entrare Dio nella nostra vita! Lasciamo che con le Sue mani Egli ci allarghi il cuore perché chiunque incontriamo possa trovarvi posto, possa sentirsi riconosciuto come fratello, possa vederci mentre a lui ci avviciniamo, finalmente spogli della paura e rivestiti solo della misericordia dei figli di Dio!

don Gian Luca Rosati


giovedì 7 aprile 2016

Una Parola al giorno (21)

"Molti sono i mali del giusto,
ma da tutti lo libera il Signore" (Salmo 33/34,20).
Dio ti benedica!

mercoledì 6 aprile 2016

Una Parola al giorno (20)

"In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16-21).
Mi piace chiudere la giornata con questo versetto così bello!
Il Signore ti conceda una notte serena e un riposo tranquillo!

martedì 5 aprile 2016

A fuochi spenti

La storia si è addormentata da poco.
Riaprirà gli occhi l’anno prossimo, più o meno di questi tempi.
Fino ad allora: «Buonanotte e buon ricordo di quello che è stato!».

Mi sento vecchio oggi.
Vecchio e fuori tempo.

Domenica ho parlato da innamorato, da innamorato di Cristo e dell’uomo.

Domenica ho parlato da innamorato ferito, ferito dall’indifferenza nei confronti di Uno che muore in croce per amore nostro e poi risorge e ci fa risorgere con Lui e così rende nuove tutte le cose.

Certamente non mi sono mancati i motivi di gioia in questa Quaresima e in tutta la Settimana Santa perché i credenti, i fedeli, hanno espresso tutta la loro generosità e gratuità: ce l’hanno messa tutta, si sono messi in gioco animando persino le ore notturne dell’adorazione eucaristica tra lunedì e martedì santo, una novità introdotta quest’anno per dare la possibilità a chi lavora di fermarsi un po’ in chiesa a pregare.

È stato edificante guardare i miei parrocchiani pregare.

Sorrido pensando che, nel buio della notte, potrebbe essere andato da Gesù anche qualche Nicodemo...

Le campane hanno suonato, hanno richiamato, hanno avvisato, hanno ricordato,…
Ma con tutto il loro entusiasmo, non sono riuscite a rompere l’indifferenza,...
Continuo a sperare che, almeno, sentendole suonare qualcuno si sia chiesto: «Ma che ci sarà stasera in Duomo?».

Eppure tutto era molto bello, caldo, amichevole, accogliente,…

Domenica ho parlato da innamorato ferito, perché è vero che a ubriacarsi durante la festa patronale sono in pochi, ma anche un solo figlio ubriaco toglie al padre la gioia, toglie il sorriso, toglie il sonno, toglie la festa.

Domenica ho parlato da innamorato ferito, perché l’uomo, come Dio l’ha fatto, è una meraviglia, e vedere questa meraviglia inquinata da sostanze, naturali o chimiche, mi fa tristezza, mi addolora.

Domenica ho parlato da innamorato ferito, perché la Madonna di San Giovanni, vera protagonista della festa, è sistematicamente dimenticata, messa da parte, quasi tollerata: il momento centrale della festa sono i fuochi d’artificio.

Domenica ho parlato da innamorato ferito, perché la storia della città, in cui risiedo ormai da quattro anni, non si fa vivendoci per un giorno…
… perché, poi, a fuochi spenti, sono pochi quelli che si impegnano a mantenere vivace il cuore della comunità.

Domenica ho parlato da innamorato ferito, perché amo questa comunità cristiana e vorrei vederla bella viva tutto l’anno, coi giovani che si danno da fare per far fiorire il giardino parrocchiale e civile coi loro bei talenti e, invece, mi ritrovo a desiderare l’impossibile: l’altro giorno mi sono sorpreso a pregare perché a quei cristiani, che frequentano la messa quotidianamente e si impegnano generosamente per non far mancare alla parrocchia quanto è necessario, il Signore conceda di ringiovanire di almeno vent’anni per poter aiutare con la forza di una nuova giovinezza quella chiesa che tanto amano!

Ma sono fantasie, le fantasie di un vecchio innamorato.

E non importa se Domenica non sono stato compreso, o se sono stato male interpretato; a me interessa che m’abbiano capito Gesù e Sua Madre: loro sanno cosa c’è nel mio cuore.
Questo mi basta. [dGL]

Una Parola al giorno (19)

"Un cuore solo e un'anima sola" (At 4,32).
Credere nel Cristo risorto e vivere i Suoi insegnamenti trasforma il nostro modo di essere e il nostro modo di relazionarci con gli altri.
Se accogliamo Cristo nella nostra casa, vivremo da fratelli, ci prenderemo cura delle necessità di chi ci sta intorno, impareremo a condividere quello che siamo e abbiamo, mettendolo a disposizione di tutta la comunità.
"Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti" (Salmo 92/93,5).
Cominiciamo o continuiamo a praticarli questi insegnamenti! Ci accorgeremo che seguendo la Via del Signore, stiamo lieti, in pace, contenti!
Dio ti benedica!

lunedì 4 aprile 2016

Una Parola al giorno (18)

"Non temere" (Lc 1,30).
Sì. Non voglio temere!
Voglio imparare a confidare in Te, Signore, perché a Te tutto è possibile!

domenica 3 aprile 2016

Una Parola al giorno (17)

Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20,19-31).
Siamo beati, cioè felici perché abbiamo creduto senza aver visto!
Il Vangelo che ci è stato annunciato, se lo facciamo diventare parte integrante della nostra vita, ci fa felici, beati!
Cristo è risorto!
Dio ti benedica!

sabato 2 aprile 2016

Una Parola al giorno (16)

"In quei giorni, i capi, gli anziani e gli scribi, vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù" (At 4,13-21).
Stare con Gesù ci fa Suoi testimoni capaci di evangelizzare con quel poco che siamo e sappiamo, ma con quel "di più" che è il Suo accompagnarci in missione con la forza dello Spirito Santo!
Forza, allora! Tutti a condividere la nostra fede! Tutti ad annunciare con franchezza che Cristo è risorto!
Dio ti benedica!

7 uomini in barca

Non sono i centocinquantatre grossi pesci ad attirare la mia attenzione, ma quei 7 uomini in barca (Gv 21,1-14).

Mi soffermo su quei 7 che si trovano insieme e desiderano la presenza in mezzo a loro di Gesù.

Per tutta la Settimana Santa ho tenuto lo sguardo fisso su Gesù coi “suoi”, sul loro stare insieme e ho desiderato di stare anch’io con Gesù.

La missione nasce dalla comunione con Lui: è averlo visto risorto a farci uscire per portarlo a chi ancora non lo conosce, a chi ancora non sa che Lui cammina con noi.

Ogni uomo ha bisogno d’incontrare il Risorto!
Ne sono certo!

Stare con Gesù appassiona e fa perdere di vista i risultati: l’entusiasmo di Pietro e degli altri non è per le reti piene, ma per aver riconosciuto a riva il Maestro.

Per essere contenti, non c’è bisogno di contare i pesci, non c’è bisogno di quantificare i frutti, non c’è bisogno di elencare i risultati,…
Me lo ripeto, sperando di convincermene in modo definitivo!

A terra c’è Uno che sta preparando qualcosa per me e i miei compagni: «Venite a mangiare» (Gv 21,12).

«Venite a mangiare».
Mi piace questo versetto!
Ne avrei fatto volentieri il motto della mia vita quotidiana, ma poi non sapendo cucinare,…

È bello sapere che uno ha cucinato per te, fa pensare che ti vuole bene, che è contento di fermarsi un po’ con te, che desidera accoglierti, ascoltarti.

Non sono i risultati a entusiasmare, ma questa presenza del Risorto accanto a noi!
Non sono le iniziative ad attirare l’attenzione, ma è la bellezza della comunione con Lui e coi fratelli ad attirare sguardo e cuore di chi va cercando la pace e ancora non la trova.

Le reti continuerò a vederle vuote: tendo sempre a vederle più vuote di come sono realmente, o di come le vede il Signore.
Ma va bene così: Tu, Signore, non mi chiedi di costruire recinti e passare la vita a contare pecore. Tu mi chiedi di incontrare ogni pecora e chiamarla perché torni al Suo Pastore.

Non mi chiedi di tenerti chiuso in un sepolcro, bello, ma pur sempre un sepolcro; né di essere contenuto nello spazio di un Venerdì Santo, dove può essere facile battermi il petto in pubblico e vestirmi da cristiano. Tu mi chiedi, invece, di portarti con me in ogni luogo, in ogni tempo: d’esser tuo sempre e non solo quando celebro, prego, benedico.

Ad ascoltare questo brano del Vangelo, mi viene voglia di essere lì con quei 7; non per assistere a una pesca miracolosa – di miracoli in giro se ne vedono tanti – ma per vivere la gioia della comunione! [dGL]

venerdì 1 aprile 2016

"Io sono la vite, voi i tralci" (Gv 15,5)

Rileggendo Gv 15,1-17 e prendendo spunto in modo particolare  da Gv 15,5...

Una volta un contadino andò a raccogliere l'uva nella sua vigna, ma non ne trovò.
Allora se la prese col concime; buttò via quello che aveva sempre utilizzato e ne comprò un altro appena uscito sul mercato.
Al momento della vendemmia, entrò nella vigna e non trovò grappoli d'uva.
Allora se la prese con il terreno, che sicuramente non era stato lavorato in modo giusto,...
L'anno dopo la colpa fu dell'acqua, poi dei trattamenti inadeguati, poi della posizione della vigna, poi del vicino invidioso, poi della stagione troppo fredda, poi di quella troppo calda, poi degli animali selvatici,...
Il risultato, però, era sempre lo stesso: la vigna non produceva uva!
Solo dopo parecchi anni e altri costosi, ma infruttuosi, tentativi, il contadino si accorse che i tralci erano staccati dalla vite.

Una Parola al giorno (15)

"Gesù disse loro: Venite a mangiare" (Gv 21,12).
L'invito di Gesù mi fa pensare a chi ci prepara da mangiare: sono le persone che ci vogliono bene a preoccuparsi e a chiederci se abbiamo mangiato... e se non lo abbiamo ancora fatto, subito si mettono ai fornelli per cucinare qualcosa!
Nel Vangelo di oggi è Gesù a cucinare per i suoi, per noi che siamo i suoi discepoli di oggi.
È Gesù a indicarci dove è bene gettare le nostre reti.
È Gesù a trasformare una compagnia di 7 uomini in barca in una gioiosa comunità di discepoli!
Chiedo ai 7 di Gv 21,1-14 di donarci un po' del loro entusiasmo e del loro desiderio di vedere Gesù e di stare con Lui!
Gli chiedo di farci sempre pronti a cogliere l'invito di Gesù a nutrirci dell'Eucaristia: "Venite a mangiare".
Dio ti benedica!