mercoledì 19 agosto 2015

Un solo pallone, molti ricordi...

Fu un allegro vocio di ragazzi a riportarlo alla realtà.

Gridavano: «Palla!».

Il pallone si era fermato ai piedi dell’albero. Aprì gli occhi e vide un gruppetto di persone che gli facevano dei cenni. Gli stavano chiedendo di rilanciare la palla. Si alzò e diede un calcio al pallone mirando verso quella che doveva essere la porta. Il portiere non si fece cogliere impreparato e rispose al tiro con una presa sicura.

Il commissario si riaccomodò sulla panchina, soddisfatto: coi piedi se la cavava ancora abbastanza bene.

Ma invece di riprendere il filo dei suoi pensieri, cominciò a seguire la partita dei ragazzi e si accorse che c’erano anche un paio di educatori a bordo campo. Dovevano essere gli allenatori, o qualcosa di simile.
Forse erano ragazzi dell’oratorio parrocchiale.

«L’oratorio … Che bei ricordi!», pensò.

Da piccolo ci andava tutti i giorni per giocare con gli amici.
Lì aveva imparato a fare squadra, a non essere egoista, a condividere,…
Lì aveva scoperto l’importanza dell’amicizia, del sapersi divertire insieme, del rispetto per l’altro e per le cose dell’altro.

Il don li coinvolgeva nelle attività parrocchiali e loro erano contenti di aiutarlo.

Crescendo era diventato catechista.

Poi gli studi universitari lo avevano costretto a lasciare il paese. Tornava a casa solo nei periodi di vacanza e questo non gli permetteva più di seguire le attività parrocchiali.

Però aveva continuato ad andare a Messa tutte le Domeniche.
Era l’appuntamento con il Suo Amico Gesù e non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo. E poi era l’occasione per stare in comunione con tutte le persone a lui care, vicine e lontane. [dGL]

venerdì 14 agosto 2015

Mulini a vento

Quando don Chisciotte e Sancio attraversarono il nostro paese, io ero poco più che ventenne. Affascinato dalle loro figure e da quello che avevo sentito raccontare di loro, decisi di seguirli e diventare un cavaliere errante. Non fu difficile procurarmi un’armatura, uno scudo e una lancia: il nostro paese era famoso per l’abbondanza di musei e ogni museo aveva il suo deposito. Lì trovai parecchie armature in buono stato. Ne scelsi una delle mie dimensioni e la provai. Ero un po’ impacciato nei movimenti, ma col passare del tempo mi sarei abituato.

Nella stalla di mio padre c’erano quattro cavalli. Sellai quello più vecchio e malandato: non era più adatto al lavoro nei campi e nessuno ne avrebbe sentito la mancanza.

Ormai tutto era pronto per la partenza.
Salutai i miei familiari dicendo loro che abbracciavo la vita dei cavalieri erranti e che sarei andato in giro per il mondo a combattere le ingiustizie e a difendere i più deboli. Non mi mancava, infatti, il coraggio; né mancavano le imprese da affrontare e i mulini a vento da sconfiggere.

Di buon mattino mi presentai a don Chisciotte chiedendogli di poter condividere con lui la via: avrei messo al suo servizio il mio braccio. Mi accolse con un sorriso benevolo e, a causa della mia giovane età, fu generoso nelle raccomandazioni e nella presentazione dello stile di vita di un cavaliere errante.

Sono passati alcuni anni da quel primo incontro e di avventure ne abbiamo vissute tante. Nonostante le proteste di persone molto ragionevoli, che mi consigliavano di tornare sui miei passi e di smetterla di fare battaglie contro i mulini a vento, non ho mai pensato di tornare indietro. Anzi, stando con quel prode cavaliere, ho scoperto che normalmente i mulini a vento sono utili all’uomo: macinano il grano per fare la farina con cui si prepara il pane e tante altre cose buone. Quindi, non c’è motivo di combatterli.

In verità, non è contro quei mulini che carichiamo lancia in resta, ma contro quelli che, sotto le sembianze dei mulini a vento, nascondono giganti pericolosissimi. Non è facile riconoscerli: tutti gli uomini comuni vedono semplici mulini a vento e ci prendono per matti. Ma allo sguardo esperto di noi cavalieri, essi si rivelano per quello che sono. E, allora, bisogna fermarli a tutti i costi perché tra le loro macine finiscono idee, talenti, progetti, sogni e desideri di tante persone buone e tutto viene ridotto in polvere.

Combattendo contro i falsi mulini a vento, abbiamo spezzato innumerevoli lance e il più delle volte, sconfitti e ammaccati, ci siamo ritirati in alberghi e ostelli, cercando cure e ristoro. Ma questo è il nostro dovere di cavalieri erranti e per nulla al mondo ci ritireremo a vita privata finché nel braccio avremo la forza per liberare gli uomini dalla stretta dei giganti! [dGL]

giovedì 13 agosto 2015

Grazie

Attraversando la piazza, don Placido notò seduti al bar alcuni giovani del paese. Conversavano allegri mentre facevano la più classica delle colazioni: cappuccino e cornetto.

Li conosceva tutti perché erano suoi parrocchiani, ma non aveva mai avuto occasione di parlare con loro.

Entrò nel bar, prese cappuccino e cornetto, consumò la sua colazione e si avvicinò alla cassa: «Pago un cappuccino, un cornetto e la colazione dei ragazzi seduti fuori», disse lieto.

Prima di uscire, raccomandò al barista di non dire chi era stato a offrire la colazione.
Poi salutò e tornò in canonica.

Qualche giorno dopo, don Placido incontrò per strada Giuseppe.
Il giovane lo ringraziò per la colazione.

Don Placido capì che il suo gesto non era rimasto segreto e disse: «Era il minimo che potessi fare per sdebitarmi!».
«Don, ma perché doveva sdebitarsi?», chiese il giovane con aria interrogativa.
«Quella mattina ero tutto preso dai miei pensieri e cercavo qualcosa che mi facesse ritrovare il sorriso. Vedervi insieme a parlare amichevolmente mi ha rallegrato e così ho pensato di ringraziarvi per quello che gratuitamente mi avevate offerto!», rispose contento. [dGL]

mercoledì 12 agosto 2015

In attesa

Il commissario, seduto dietro la scrivania del suo ufficio, passava in rassegna i fogli con i verbali degli interrogatori. Le indagini erano bloccate da giorni. Era quello che poteva dirsi un punto morto. Aveva seguito il filo degli indizi, ma a un tratto esso si era come spezzato e lui era rimasto con un capo in mano e ora non sapeva come andare avanti.

Che fare?

Il commissario Maigret sarebbe entrato in un locale affollato e, seduto a un tavolo, avrebbe passato un po’ di tempo a guardar vivere la gente, in attesa di una ispirazione.

Ma a lui i locali affollati non piacevano: gli confondevano le idee …

Il telefono cominciò a squillare.

«Saranno i soliti giornalisti a caccia di notizie», disse tra sé.

Infastidito, si alzò dalla sedia dirigendosi meccanicamente verso la porta.

Uscì dal commissariato.

«Succede sempre così: quando non sai che pesci pigliare, tutti a cercarti per avere delle risposte e tutti a pretendere di averle subito!», brontolava lungo la via.

Entrò in un parco e si sistemò su una panchina, all’ombra di un olivo. [dGL]