martedì 31 maggio 2016

Una Parola al giorno (75)

In quel giorno si dirà a Gerusalemme:
«Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia!
Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te
è un salvatore potente.
Gioirà per te,
ti rinnoverà con il suo amore,
esulterà per te con grida di gioia» (Sofonia 3,14-18).
Gesù è la nostra gioia! La visitazione di Maria ci incoraggia a vivere la carità portando a tutti quel Gesù che ci ha fatto passare dal pianto alla gioia, dalla morte alla vita!
Dio ti benedica!

lunedì 30 maggio 2016

Una Parola al giorno (74)

«Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell'angoscia io sarò con lui.
Lo libererò e lo renderò glorioso.
Lo sazierò di lunghi giorni
e gli farò vedere la mia salvezza» (Salmo 90).
Confida nel Signore!
Dio ti benedica!

Ascoltando s’impara

Ogni tanto fa bene tornare in seminario…
E non importa se il seminario in cui ritorni non è quello dove hai trascorso gli anni della formazione. È sempre un seminario: si respira aria di discepolato, si nota una cura per la liturgia che ti ristora l’anima e il corpo, si vedono la passione educativa dei formatori e gli occhi luminosi dei seminaristi, giustamente pieni di entusiasmo per il cammino di sequela intrapreso.

Ogni tanto fa bene tornare in seminario!
Per questo ho accolto con gioia l’invito di Silvio a partecipare al suo lettorato il 23 maggio, giorno in cui don Tiziano e io abbiamo ricevuto l’ordinazione diaconale. E sono partito da Ripatransone nel primo pomeriggio per avere il tempo di una visita al Santuario di Loreto. Tante le preghiere che mi passavano per la testa, mentre mi trovavo nella Santa Casa, ma una in particolare mi ha accompagnato per tutta la giornata: Signore, aiutaci a conoscere e fare la Tua volontà. Mi passano davanti agli occhi i volti di tanti parrocchiani, di tante situazioni, di tante valli oscure difficili da attraversare. Eppure dentro e fuori è pace. Qualcuno si inginocchia e le lacrime gli rigano il volto.

In seminario è festa e alle 19.00 comincia la celebrazione eucaristica. A presiedere è il Vescovo di Jesi, monsignor Gerardo Rocconi. La liturgia è semplice, ben animata. Dopo la proclamazione delle letture e del Vangelo, avviene la presentazione dei cinque candidati: quattro lettori e un accolito. Nell’omelia il Vescovo si sofferma su alcune parole tratte dalla prima lettera di San Pietro apostolo e sull’importanza per il prete di saper essere in comunione con i propri confratelli. Poi è il momento dell’istituzione del nostro lettore: il Vescovo gli consegna la Bibbia dicendo: «Ricevi il libro delle sante Scritture e trasmetti fedelmente la parola di Dio, perché germogli e fruttifichi nel cuore degli uomini».

Qual è il compito del lettore? Essere in ascolto della parola di Dio perché germogli e fruttifichi nel suo cuore e impegnarsi a trasmettere fedelmente la parola di Dio perché germogli e fruttifichi nel cuore di ogni uomo.

Ogni tanto fa bene tornare in seminario…
… perché ti ricordi per quale motivo hai lasciato la tua casa per seguire Gesù. E il motivo sta tutto in un versetto della prima lettera di Pietro: «Voi lo amate» (1Pt 1,8). Ce lo ha ricordato nella sua omelia mons. Rocconi. Me lo hanno ricordato anche i seminaristi che ho incontrato desiderosi di imparare prima di tutto a confidare nel Signore.

Ogni tanto fa bene tornare in seminario…
… perché ti ricordi che, finito il corso di formazione, non sei un superuomo, ma un povero che s’è accorto della misericordia di Dio, un povero che s’è accorto di non essere mai solo!

Ogni tanto fa bene tornare in seminario…
… perché ti si fa chiaro il motivo di ogni gioia: l’amore di Cristo e la Sua presenza viva in mezzo a noi!

Buon cammino, Silvio e grazie per aver condiviso con me questo momento di festa!


don Gian Luca Rosati

domenica 29 maggio 2016

Una Parola al giorno (73)

Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,11-17).
Il miracolo è questa chiamata di Gesù: Egli ci dà la possibilità di avere in noi i Suoi stessi sentimenti, di condividere con Lui la missione, il desiderio di salvare ogni uomo!
«Fate questo in memoria di me», sentiremo dire anche oggi, come tutte le domeniche, apriamo il cuore e obbedendo al Signore mettiamo a Sua disposizione quei cinque pani e due pesci che abbiamo e che siamo!
Dio ti benedica!

sabato 28 maggio 2016

Una Parola al giorno (72)

"O Dio, tu sei il mio Dio,
dall'aurora io ti cerco,
ha sete di te l'anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz'acqua" (Salmo 62).

venerdì 27 maggio 2016

Una Parola al giorno (71)

"Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta" (Salmo 95).

mercoledì 25 maggio 2016

Una Parola al giorno (69)

"Dopo aver purificato le vostre anime con l'obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna" (1Pt 1,18-25).

martedì 24 maggio 2016

Una Parola al giorno (68)

"Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà. Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell'ignoranza, ma, come il Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta. Poiché sta scritto: «Sarete santi, perché io sono santo»" (1Pt 1,10-16).

lunedì 23 maggio 2016

Una Parola al giorno (67)

Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!» (Mc 10,17-27).
Ti seguo, Gesù, perché sei libero e voglio che mi insegni la tua libertà.

Seppellire i morti

Mi è capitato diverse volte di essere cercato da un parrocchiano per benedire l’iniziativa di un gruppo di amici in favore di un altro amico. In questi anni mi è successo di conoscere amici che si mobilitano per i vivi, ma anche per i morti. La solidarietà, l’amicizia, la pietà cristiana, la misericordia si risvegliano in noi al momento opportuno e ci suggeriscono le scelte più umane.

A noi, poi, rimane la libertà grande di ascoltare la voce che ci chiama al bene o di far finta di non sentirla. Ci resta sempre la possibilità di accostare a essa tante buone ragioni fino a zittirla, fino a seppellirla e dimenticarla.

Quando ascoltiamo la voce che ci chiama al bene, ci muoviamo, ci organizziamo, ci mettiamo in gioco e la misericordia di Dio trova collaborazione nelle nostre mani.

Così uno corre a chiedermi di coinvolgere la comunità parrocchiale per aiutare una famiglia in difficoltà, a causa di un grave infortunio del capofamiglia e la parrocchia è esemplare nella generosità e si stringe attorno ai fratelli nel bisogno; viene un altro a dire che con gli amici sta organizzando una colletta per dare una sepoltura dignitosa a un amico, morto senza aver potuto pensare al suo funerale. Viveva da solo, ma era un amico per tanti passanti, una presenza amichevole e sorridente.

L’idea mi piace e mi ricorda che tra noi mortali è possibile un legame immortale, una simpatia che continua anche dopo la morte. Non cammini da solo mentre vivi e non resti solo quando muori: chi ti ha incontrato, chi ti ha amato si muove a compassione e agisce in tuo favore, provvedendo alla tua sepoltura.

Che corrispondenza: sono le mani amorevoli di una mamma, quelle che ci accolgono al nostro ingresso nel mondo; saranno le mani amorevoli di qualche persona di buona volontà, quelle che ci auguriamo ci accolgano al momento della nostra morte.

Mi ha sempre colpito nella lettura della Passione di Gesù la figura di Giuseppe di Arimatea:

50Ed ecco vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. 51Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. 52Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. 53Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. 54Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato. 55Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, 56poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto. (Lc 23,50-56)

Giuseppe di Arimatea entra in scena e, come Simone di Cirene, fa ciò che è in suo potere, continuando quelle azioni buone verso Gesù (cfr. Mc 14,6), che erano iniziate con l’unzione di Betania nella casa di Simone il lebbroso (Mc 14,8).

Me lo immagino Giuseppe, che va da Pilato, depone con attenzione il corpo di Gesù dalla croce, lo avvolge in un lenzuolo e lo mette all’interno del sepolcro.

La scena mi riporta al momento della nascita di Gesù: «Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,6-7).

C’è la tenerezza di Maria nei gesti di Giuseppe di Arimatea.
C’è la tenerezza di una madre nel gesto di chi si prende cura del corpo di un morto.

La nascita e la morte sono due momenti in cui il nostro corpo è nelle mani di altri uomini e il pensiero che a quel punto non potremo più dire la nostra, aumenta l’inquietudine generata dal fatto che un giorno moriremo.

Se vogliamo vivere nella pace, conviene che ci alleniamo ad aver fiducia nel prossimo: sarà lui, infatti, a prendersi cura del nostro corpo. Il pensiero della morte ci aiuta a impiegare bene il tempo che ci è dato e a dare il giusto valore a quello che siamo e a quello che possediamo. Può essere un esercizio utile quello di immaginarsi ciò che accadrà dopo la nostra morte. Mi lascio aiutare dalle parole di don Francesco Fuschini, un prete con la passione per la scrittura:

[…] Mi metto supino nel letto e faccio memoria locale, come consiglia sant’Ignazio di Lojola: ecco, sono morto, mortuus sum; e via quei fiori dal catafalco che da qui si sentono putire come una menzogna. Ogni volta che faccio questo gioco della morte, mi viene in mente Lazzaro di Betania che dal buio varco è passato due volte. Solo mi riesce arduo rifare il momento spaccato in due tra il «prima» e il «dopo», perché è lì che si apre il gorgo in cui rifiata il sentore del nulla; lì si annida l’ultima paura. La mano lunga della fede abbassa il lume su questo vortice di vuoto esistenziale.
Dalla morte-ombra guardo con straordinario interesse il mio funerale. C’è una finestra ritagliata sull’umorismo che l’inquadra tutto. Attorno al carro funebre s’azzuffano le voci delle oranti governate dalla Beata. Dietro quelle voci viaggiano pensieri interessati, vani: pollai, lucidatrici, amori spezzati; è incredibile come un funerale dia ala a tutto il sottosuolo umano. Le consorelle dell’Addolorata mettono in mostra i rilievi naturali stringendo le fasce di seta viola di cui vanno cinte; vengono i contadini, ed è tutto un discorrere di trattori e di anticrittogamici. Baragnòcul non ha posto fermo. Fa la spola dalla testa alla coda del corteo: lui vive la sua ora quando può fare il servizio d’ordine ai morti. La presenza della morte eccita un acuto senso della vita.
L’anarchico lo vedo distaccato e solo: a causa delle gambe che lo servono malvolentieri, ma più per l’orrore di contaminarsi col branco dei credenti. Per tagliare il sospetto alla radice, fuma a pipa calda e scaracchia da oriente a occidente. Recita le sue litanie alla sgherra: «Ste vigliac, sta canaja, st’assasen»: prete vigliacco, prete canaglia, prete assassino; è tutta roba che va al prete, perché a me come uomo l’anarchico vuole un bene forte e romagnolo. È l’ultimo degli anarchici di antica “teologia”.
Intanto gli parlo dal finestrino che guarda la vita: «Fai pure come ti pare, anarchico, ma non la scampi. Ti vedo da qui tal quale ti vedevo da sotto: sei un uomo che cavalca paradossi evangelici; sei un «puro di cuore»: e chi ti salverà dal Paradiso?» (brano tratto da don Francesco Fuschini, L’ultimo anarchico e altri racconti, Edizioni del Girasole).

«La presenza della morte eccita un acuto senso della vita», scrive don Francesco.
Mi rendo conto che è vero: quando mi lascio toccare dalla morte di qualcuno, inevitabilmente mi ritrovo a esaminare come sto vivendo, se mi sto prendendo cura di chi mi sta intorno, se sto dando il giusto peso alle situazioni, se sto impiegando bene i talenti che mi sono stati affidati, se l’incontro con tanti fratelli mi mantiene sulla strada con loro in un atteggiamento di prossimità, o se mi separa da loro come un giudice è distante da un imputato,…

Mio nonno mi raccontava che un tempo i marinai portavano un prezioso orecchino che doveva servire da ricompensa a chi, in caso di naufragio, avrebbe dato sepoltura al loro corpo. Oggi nel partecipare ai funerali e alla sepoltura di parenti o amici, riceviamo molto più di un orecchino: quei morti che accompagniamo ci fanno dono delle loro preghiere, ma anche di un rinnovato senso della nostra vita!

don Gian Luca Rosati

domenica 22 maggio 2016

Una Parola al giorno (66)

"Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo" (Rm 5,1-5).
Ecco: stiamo in pace e in gioia con Dio e con ogni uomo!
Dio ti benedica!

sabato 21 maggio 2016

Una Parola al giorno (65)

"Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio" (Mc 10,13-16).
Ho pensato di accostare a queste parole di Gesù un pensiero di papa Giovanni XXIII perché nella sua semplicità dice una verità essenziale e portatrice di pace, la pace di chi come un bambino impara a confidare nella buona provvidenza di suo padre: "Il Signore sa che ci sono. E ciò mi basta".
Il Signore sa che ci sei. Stai contento/a!

venerdì 20 maggio 2016

Una Parola al giorno (64)

"Egli perdona tutte le tue colpe,  
guarisce tutte le tue malattie;  
salva dalla fossa la tua vita,  
ti corona di grazia e di misericordia" (Salmo 102).

giovedì 19 maggio 2016

mercoledì 18 maggio 2016

Una Parola al giorno (62)

«...chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9,38-40).
Gesù ci insegna a guardare l'altro con benevolenza.
Siamo tutti fratelli, disarmiamoci dei pregiudizi e dei sospetti e tendiamo la mano a ogni uomo!
Dio ti benedica!

martedì 17 maggio 2016

Una Parola al giorno (61)

"Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti»" (Mc 9,30-37).
Bravo, Gesù! Hai capito qual è la mia aspirazione: essere il primo. A questo punto non mi resta che seguire le tue istruzioni e fare mio l'ultimo posto! Starò tra gli ultimi e cercherò di farmi servo di tutti!
Tu, Gesù, aiutami!

lunedì 16 maggio 2016

Una Parola al giorno (60)

"I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi" (Salmo 18).

domenica 15 maggio 2016

Una Parola al giorno (59)

"Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi" (Rm 8,8-17).
Buona solennità di Pentecoste!

sabato 14 maggio 2016

Una Parola al giorno (58)

"Poi pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti,..." (At 1, 15-17. 20-26).
Quando le mie buone intenzioni non sono comprese, quando mi sembra che tanti si fermino all'apparenza e pochi cerchino di capire cosa c'è nel cuore, mi piacerebbe ricordare questo inizio di preghiera. Sono sicuro che mi darebbe pace, la stessa pace che mi dà stamattina leggerla e pregarla!
Buona festa di San Mattia, testimone, come noi, della Risurrezione di Gesù!
Dio, che conosce il cuore di tutti, ti benedica!

venerdì 13 maggio 2016

Una Parola al giorno (57)

"Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici" (Salmo 102).

giovedì 12 maggio 2016

Una Parola al giorno (56)

"La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma»" (Atti 22, 30.23, 6-11).
Nella notte il Signore ci viene accanto e ci dice: «Coraggio!». Questo è consolante: la notte, la solitudine, il buio, la paura,... sono realtà che, prima o poi, tutti dobbiamo affrontare. Ma non da soli: tra le persone che ci vogliono bene, ce n'è una infinitamente amorevole e fedele, il nostro Signore! Perciò, coraggio!
Dio ti benedica!

Visitare i carcerati

È Domenica.
Sto celebrando la messa ed è il momento della preghiera dei fedeli. Mentre vengono lette le intenzioni, scatta l’allarme in uno degli altari laterali. Il lettore si ferma e io, una volta disattivato l’allarme, rassicuro i fedeli: «Tranquilli, sarà stato il buon ladrone che, per avvicinarsi al Crocifisso, è entrato nella cappellina e ha fatto suonare l’allarme!».

Durante la Settimana Santa ho portato con me il buon ladrone, che tanto buono non doveva essere stato; è lui stesso ad ammetterlo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male» (Lc 23,40-41).

Guardavo il buon ladrone appeso alla croce vicino a quella di Gesù e pensavo a come anche la crocifissione possa essere un tempo favorevole per incontrare la salvezza: in un momento normale, sarebbe stato molto difficile per il ladrone avvicinarsi a Gesù. E non soltanto perché avrebbero potuto arrestarlo, ma anche perché intorno a Gesù è facile trovare bigotti e ben pensanti che sanno chi può avvicinarsi e chi, invece, deve essere tenuto lontano, chi può parlare e chi, invece, deve stare zitto, dove Gesù può andare e dove è meglio che non vada,…

Oggi forse quell’uomo crocifisso vicino a Gesù non ci fa impressione, non ci scandalizza perché quell’aggettivo “buono” ci fa dimenticare il sostantivo “ladrone”, ci fa guardare con simpatia un uomo che i suoi contemporanei ritenevano pericoloso, tanto da doverlo crocifiggere.

Normalmente i “ladroni” dei nostri giorni non riscuotono la stessa simpatia e benevolenza che abbiamo per il buon ladrone.

Sul Golgota, nelle ultime ore della vita di Gesù, accade qualcosa di straordinario: uno dei ladroni esprime un desiderio ed è una preghiera sincera: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23,42).

Il buon ladrone ha condiviso con Gesù e con noi quello che c’era nel suo cuore e ha creato un ponte tra noi e lui, una intersezione. Con le sue parole ci ha rivelato qualcosa di sé che non ci saremmo aspettati: come noi, lui ha un cuore, dei sentimenti, degli affetti, delle emozioni, un senso di giustizia, una fede in Dio.

La sua preghiera ci ha fatto scoprire che i due ladroni sono due uomini e che, com’è ingiusto commettere reati, è ugualmente ingiusto identificare gli uomini con i crimini che hanno commesso o con l’elenco dei capi di accusa o con il curriculum vitae delle violenze di cui sono stati riconosciuti responsabili. C’è sempre la possibilità di una vita nuova, di una conversione, di una risurrezione! Essa passa attraverso il riconoscimento del proprio peccato, della propria miseria e l’accoglienza dalla misericordia di Dio.

Anche il ladrone ha paura; ha paura della morte e di quello che accadrà dopo la morte; ha paura di essere dimenticato: «Gesù, ricordati di me…».

Visitare i carcerati è un’opera di misericordia.

A prima vista potrebbe sembrare un’opera di misericordia difficilmente praticabile: un qualcosa di riservato ai cappellani del carcere, alla polizia carceraria e agli operatori e volontari che assistono i carcerati nella loro vita quotidiana.

Mi sono accorto, invece, che ciascuno di noi può visitare i carcerati.

Facilmente, aiutati dalla TV e dai media, noi cristiani ci lasciamo trascinare e prendiamo le distanze dai ladroni, ci armiamo e spariamo loro addosso senza pietà. È la paura che abbiamo di loro e delle violenze che hanno compiuto a renderci difficile provare sentimenti di compassione e di prossimità. I mezzi di comunicazione tendono a mettere il mostro in prima pagina e ad approfondire i particolari dei delitti, aumentando la tensione e allargando la differenza tra noi, i buoni, e loro, i cattivi. E un po’ questo modo di trattare la realtà ci tranquillizza: nel mondo c’è tanta corruzione, tanta violenza, ma noi siamo buoni, noi facciamo il bene, noi siamo cristiani…

Visitare i carcerati significa provare per loro sentimenti di compassione, pregare per la loro conversione, perché siano confortati dalla presenza di persone amiche, significa cercare di conoscerli meglio e non fermarsi ai reati commessi, significa sforzarsi di vedere l’umanità nascosta sotto una coltre di peccati,…

Visitare i carcerati è evitare di imprigionare le persone in schemi che abbiamo costruito su di loro; è liberare chi da troppo tempo è rinchiuso in giudizi e pregiudizi; è non rifiutare la compagnia degli emarginati, ma stare con loro, come faceva Gesù.

Visitare i carcerati è accorgersi che sono uomini come noi,… o che noi siamo uomini come loro...

Mentre scrivo, mi torna in mente una lettera che ho trovato in un libro di Fabio Scarsato; si tratta della testimonianza di un Gianluca come me:

«Guardi il cielo, fuori dagli scacchi disegnati dalle sbarre. Albeggia. Cominci a mettere in sequenza le operazioni quotidiane. Butti un’occhiata al compagno di cella per vedere se è sveglio. – Buongiorno! (Chissà se lo sarà veramente… lo si dice comunque). Intanto con la mente “vai” a casa. Forse i figli si stanno preparando per la scuola… avranno interrogazioni? Avranno studiato? Forse avevano bisogno di chiedere qualche consiglio… staranno pensando al papà? Quanto dolore darà loro questo pensiero?... e, alla fine – ma chi devo incolpare per tutto questo?! Già la risposta non puoi nasconderla al tuo cuore! Intanto ti sei alzato, hai acceso la moka e nell’attesa ti sciacqui il viso cercando d’intravedere una figura ancora umana sul rettangolo di plastica riflettente che qui chiamano specchio. Ti vesti secondo l’aria. Calda, fredda, non ha importanza, è l’aria che c’è fuori, è forse l’unica cosa uguale che c’è tra il “dentro” e il “fuori”. I blocchi di cemento armato che costituiscono la cella, trasfondono fedelmente l’umore meteorologico esterno. Qualcuno di noi si prepara per “lavorare”. Certo, il cosiddetto lavoro, qui è molto importante. Ti consente di non pesare sulla famiglia per quelle poche necessità che hai. E così, qui dentro, alcuni “ladroni” scoprono il lavoro onesto, dopo anni passati a inseguire la “bella vita”. […]
Qualcuno va a scuola… beh, ecco qui possiamo trovare, imparare idee o parole, prima sconosciute, che riescono a dare espressione ai nostri pensieri. Ci aiutano, in qualche modo, a definire meglio chi siamo, chi vogliamo essere, cosa vogliamo, come lo vogliamo… La parola in sé, è in grado di esprimere e trasmettere verità potenti e disarmanti. Capire il significato delle parole, capire come usarle nella nostra vita e, soprattutto nella nostra quotidianità può essere davvero un’esperienza che ti aiuta a salvarti la vita. […]
Ogni tanto la settimana è interrotta, per chi ha la fortuna, da un colloquio con un familiare. In una sala comune, seduti ad un tavolo con panche fissate a terra, ci si può urlare qualche parola d’affetto. Un’ora di affetto urlato! Quasi sempre il tempo finisce prima che tu te ne possa rendere conto e la preoccupazione più grande, da entrambe le parti, è immancabilmente quella di trasmettere rassicurazioni di benessere. Troppo poco tempo, troppo poca intimità per poter “scoprire” le proprie ferite, per permettere a chi ti vuol bene di aiutarti ad affrontare le tue fragilità e le tue responsabilità» (Fabio Scarsato, Wanted. Esercizi spirituali francescani per ladri e briganti, Edizioni Messaggero di Padova).

Un uomo come me, questo Gianluca; un fratello che ha tutta la mia solidarietà, la mia prossimità.

Leggendo lettere e testimonianze dal carcere, anche sul nostro settimanale diocesano, non posso che rubare le parole del ladrone: «Gesù, ricordati di me», perché anch’io, come lui, ho bisogno che Gesù mi dica: «Oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43).


Don Gian Luca Rosati

mercoledì 11 maggio 2016

Una Parola al giorno (55)

"È lui, il Dio d'Israele, che dà forza e vigore al suo popolo.
Sia benedetto Dio!" (Salmo 67).

lunedì 9 maggio 2016

Una Parola al giorno (53)

"Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri" (Salmo 67).

domenica 8 maggio 2016

Una Parola al giorno (52)

"Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse" (Lc 24,46-53).
"Una lunga benedizione sospesa, in eterno, tra cielo e terra veglia sul mondo. La maledizione non appartiene a Dio, lo dobbiamo testimoniare. Il gesto definitivo di Gesù è benedire. Il mondo lo ha rifiutato e ucciso e lui lo benedice. Benedice me, così come sono, nelle mie amarezze e nelle mie povertà, in tutti i miei dubbi benedetto, nelle mie fatiche benedetto" (padre Ermes Ronchi).
Gioia e pace!

sabato 7 maggio 2016

Una Parola al giorno (51)

"... il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio" (Gv 16,23-28).

venerdì 6 maggio 2016

Una Parola al giorno (50)

"... il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia" (Gv 16,20-23).

giovedì 5 maggio 2016

Una Parola al giorno (49)

"Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia" (Salmo 97).
Stamattina leggendo la catechesi del Papa sull'immagine del Buon Pastore che si carica sulle spalle la pecorella smarrita, mi sono soffermato su alcune parole che vorrei condividere con te: "Proteso su quell'unica pecora [il pastore] sembra dimenticare le altre novantanove. Ma in realtà non è così. L'insegnamento che Gesù vuole darci è piuttosto che nessuna pecora può andare perduta. Il Signore non può rassegnarsi al fatto che anche una sola pecora possa perdersi. L'agire di Dio è quello di chi va in cerca dei figli perduti per poi fare festa e gioire con tutti per il loro ritrovamento. Si tratta di un desiderio irrefrenabile: neppure novantanove pecore possono fermare il pastore e tenerlo chiuso nell'ovile" (dall'udienza del 4/5/2016).
Il desiderio irrefrenabile di Dio è la mia salvezza!
Questo pensiero mi fa cantare di gioia e di gratitudine!
Dio ti benedica!

mercoledì 4 maggio 2016

Una Parola al giorno (48)

"In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future» (Gv 16,12-15).
Amico/a, prega con me: "O Dio, che in questo misterioso scambio di doni ci fai partecipare alla comunione con te, unico e sommo bene, concedi che la luce della tua verità sia testimoniata dalla nostra vita. Per Cristo nostro Signore" (dalla liturgia di oggi: orazione sui doni).

martedì 3 maggio 2016

Una Parola al giorno (47)

"Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre»" (Gv 14,6-14).

lunedì 2 maggio 2016