lunedì 26 dicembre 2022

Cari a Dio

«La convinzione inculcata dalla religione che su altri piani e in altri mondi saremmo stati riscattati dalle nostre pene, generava un orizzonte di fiducia e una maggiore capacità di sopportazione e suscitava altresì rispetto per il povero o lo sfortunato: non reietti e maledetti ma cari a Dio, e perciò da trattare con riguardo. Il povero e il malato erano riscattati già in vita nella loro dignità da quella ricompensa che avrebbero ricevuto dal cielo o in cielo. Insomma la promessa della gloria post mortem non generava solo alienazione in terra, come sostenevano Feuerbach e Marx, ma aveva effetti sociali e morali benefici (carità, solidarietà, dignità, compassione). Perso quell'orizzonte di speranza, tutte le aspettative si sono trasferite in terra in forma di diritti e pretese; e se disattese o deluse producono ribellione, frustrazione, malcontento» (Marcello Veneziani, Scontenti, Marsilio Editori, Venezia 2022, p. 47).

giovedì 15 dicembre 2022

… come Antoine Griezmann

Vedendo giocare Antoine Griezmann in “Francia – Marocco” mi è venuto in mente lo stile tipico del cristiano.

Durante la partita, Griezmann era ovunque: centrocampo, attacco, difesa. E si trovava lì al momento giusto e senza risultare invadente per i suoi compagni di squadra a cui era affidato il presidio di quella zona del campo. Era, invece, provvidenziale. Guardandolo mi dicevo che un cristiano somiglia a Griezmann ieri sera, o meglio: Griezmann ieri sera ha interpretato il suo ruolo di giocatore come un cristiano che sa farsi prossimo e non rimane indifferente al gioco che si sviluppa intorno a lui.
 
Stamattina, ripensandoci, mi è venuta in mente una persona di cui parlano gli Atti degli apostoli: il suo nome è Tabità.
Ma leggiamo insieme il racconto degli Atti:
 
«A Giaffa c'era una discepola chiamata Tabità - nome che significa Gazzella - la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. 37Proprio in quei giorni ella si ammalò e morì. La lavarono e la posero in una stanza al piano superiore. 38E, poiché Lidda era vicina a Giaffa, i discepoli, udito che Pietro si trovava là, gli mandarono due uomini a invitarlo: "Non indugiare, vieni da noi!". 39Pietro allora si alzò e andò con loro. Appena arrivato, lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto, che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro. 40Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi, rivolto al corpo, disse: "Tabità, àlzati!". Ed ella aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. 41Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva» (Atti 9, 36-41).
 
«Abbondava in opere buone e faceva elemosine». Ogni volta che leggo questo brano penso alla vivacità di una gazzella, e mi sembra di vedere Tabità che si muove nella sua città e sa a quale porta bussare per portare un aiuto, una parola di conforto, una elemosina. Me la immagino proprio come una gazzella, così veloce che è impossibile riempirla di onori, di lodi, di titoli,… forse, come S. Nicola, è impossibile vederla in azione; eppure tutti la conoscono e sanno quanto è essenziale il suo essere ovunque con discrezione. Tutti sanno quanto sia provvidenziale!
 
E così, alla morte di lei, subito si va di corsa a chiamare l’apostolo Pietro: «Non indugiare, vieni da noi!». E a Pietro vanno incontro le vedove, quelle che maggiormente erano esposte alla miseria dopo la morte dei loro mariti, quelle che senza l’aiuto di Tabità e di altre Gazzelle non avrebbero nulla per vivere. E vanno da Pietro in pianto mostrando le opere buone di Gazzella: «le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro».
 
Vi immaginate la gioia nella casa e in tutta la città quando Pietro «chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva»?
È la stessa gioia che ci prende quando ci accorgiamo di tutte le Gazzelle che ogni giorno ci donano vita svolgendo il loro compito, il loro servizio, il loro lavoro con amore!
Abbiamo sempre la possibilità di essere Gazzella gli uni per gli altri, perfino giocando una partita di calcio!
 
Gazzella era una discepola di Cristo, quindi una cristiana come noi. In noi scorre la vita di Cristo, in noi e in Gazzella vive il Cristo. Il nostro stile, come lo stile di Gazzella, è lo stile di Cristo. La nostra carità è la stessa carità di Cristo! Noi, come lei, con mitezza e umiltà portiamo a tutti la vita di Cristo! E la portiamo lasciando che sia l’amore di Cristo, la comunione con Lui a ispirarci e a muoverci non in qualche zona del campo, ma proprio in quella zona dove lo Spirito Santo ci manda: perché il nostro agire non risulti confusionario e disordinato, ma provvidenziale come il gioco di Antoine Griezmann!

mercoledì 14 dicembre 2022

Se lo vivi lo sai

Su consiglio di due catechisti, ho ascoltato l’ultima canzone di Jovanotti intitolata “Se lo senti lo sai”.
 
E sull’onda della frase “Se te lo spiegano non capirai, ma se lo senti lo sai”, mi sono ritrovato a ripensare a tanti momenti, esperienze, relazioni, persone, incontri, ...
 
Una delle cose che mi è venuta in mente, è la catechesi vissuta e proposta in questi anni ai ragazzi e ai giovanissimi e giovani. Ogni incontro di catechesi è un’esperienza memorabile come quelle cantate da Jovanotti.
 
Sabato scorso, ad esempio, i ragazzi dai 12 ai 14 anni sono andati alla CARITAS diocesana per incontrare Gesù nell’esperienza della prossimità. Per tutti loro era la prima volta in una struttura di questo tipo e sicuramente la meraviglia sarà stata grande nel vedere, ascoltare, toccare, incontrare una realtà di cui spesso sentono parlare a scuola, a casa, in parrocchia ma che sembra sempre qualcosa di lontano, forse difficilmente accessibile ai bambini e ai ragazzi. Sicuramente saranno tornati a casa cresciuti in umanità!
 
I ragazzi dai 6 agli 11 anni, invece, sono rimasti in parrocchia per incontrare Gesù nella catechesi e poi per vivere un pomeriggio di attività e gioco in oratorio. Anche per loro il pomeriggio è stato memorabile perché hanno fatto esperienza di amicizia tra loro e con i più grandi.
 
Così gli stessi catechisti ed educatori, prendendosi cura dei più piccoli, fanno continuamente esperienza di evangelizzazione e di apostolato!
 
Ricordo che un paio di anni fa, durante un incontro di catechesi, i ragazzi hanno avuto la possibilità di conoscere un uomo che dall’Africa era arrivato in Italia attraversando il deserto. Non vi dico le domande e la meraviglia negli occhi e nei cuori di tutti noi nell’ascoltarlo! E io ho pensato: e quando gli ricapita di avere un testimone di prima mano su qualcosa che sentiamo sempre raccontare, ma che quasi mai abbiamo occasione di incontrare?
 
E quella volta che abbiamo incontrato il Laboratorio di frontiera e altre associazioni che aiutano donne e uomini a realizzare la loro vocazione e i loro sogni? E quella volta che abbiamo incontrato la Casa Famiglia dell’Associazione Papa Giovanni XXIII? E quando abbiamo incontrato i ragazzi dell’UNITALSI parrocchiale? E quando abbiamo conosciuto i seminaristi del Seminario regionale?
 
Dopo queste e tante altre esperienze di vita, mi chiedo come qualche adulto possa pensare che in parrocchia ci si va solo perché altrimenti non ti fanno fare la Prima Comunione o la Cresima!

In parrocchia ci si va per vivere la felicità nell'incontro con Cristo e nell’amore per l’Altro!
 
Vi lascio il link alla canzone di Jovanotti, così ve la ascoltate anche voi e magari anche voi ricordate il bello e il bene che avete vissuto fino ad oggi e che è bene non dimenticare per poterne seminare ancora con generosità e con gioia!
 
Della canzone cambierei soltanto il ritornello: più che “se lo senti lo sai”, canterei “se lo vivi lo sai”!
Ma io sono don Gian Luca, non sono Jovanotti! Ahahahah!
 
Buon ascolto e buona vita con Gesù!



lunedì 12 dicembre 2022

Questo bel tempo di SINODO

Ho respirato aria di sinodo ieri pomeriggio a Villarosa in occasione di un incontro per i collaboratori parrocchiali organizzato dal Parroco don Alfonso.

Sono stato chiamato per offrire una piccola riflessione sul tema indicato dal Vescovo per quest'anno pastorale: l'accoglienza di Gesù nella casa di Marta e Maria (Lc 10, 38-42).
Ho iniziato l'incontro chiedendo a ciascuno dei partecipanti di dire la prima caratteristica che gli veniva in mente pensando alla persona di Marta.
E così ognuno ha offerto il suo contributo alla riflessione.
 
Finito il primo giro di risposte, ho chiesto di fare la stessa cosa pensando alla persona di Maria.
 
Poi ho letto con loro il brano delle nozze di Cana, brano in cui Maria (la Madre di Gesù) e i servitori fanno, ma FANNO la volontà di Dio perché si mettono in ascolto e accolgono la Parola di Dio: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" (Gv 2, 5).
Il fare la volontà di Dio, cioè l'agire secondo la Parola di Dio, fa gustare a tutti un vino nuovo, più buono di quello bevuto fino a quel momento (Gv 2, 9-10). Il fare la volontà di Dio è un FARE che riempie di gioia coloro che servono e coloro che vengono serviti!
 
Dopo la lettura, ho dato sinteticamente qualche spunto di riflessione e poi ho lasciato a tutti la possibilità di condividere pensieri, sentimenti, risonanze, a partire dai due Vangeli ascoltati (Marta e Maria e Le nozze di Cana).
 
E noi preti ci siamo messi in ascolto.
 
È stato bellissimo, perché ognuno ha offerto a tutti gli altri quello che lo Spirito Santo gli ha suggerito.
 
Da più parti è stata manifestata l'esigenza che la Chiesa offra ai fedeli la Parola di Dio aiutandoli nella comprensione di quella Parola attraverso l'omelia, la lectio, gli incontri di approfondimento; l'esigenza di essere aiutati a pregare; l'esigenza che Cristo sia al centro delle relazioni e di tutte le azioni che si svolgono in Parrocchia; il desiderio di cercare l'incontro con Cristo nella preghiera vissuta a casa o in chiesa, nella Confessione e nella partecipazione all'Eucaristia per camminare sulla Via del Vangelo!
 
Penso sia stato bello per i collaboratori parrocchiali vedere due preti che si sono messi ad ascoltarli con attenzione!
 
Per noi preti sicuramente è stato importante riconoscere i doni dello Spirito Santo che ispira tutto il Popolo di Dio e non solo i sacerdoti!

L'incontro vissuto mi ha ricordato una frase di San Cromazio che ho letto qualche giorno fa: «L'insegnamento del sacerdote incita il popolo alla giustizia; a sua volta la religiosità del popolo incoraggia i sacerdoti: in questo modo il gregge si allieta del pastore e il pastore del gregge»!

giovedì 1 dicembre 2022

L’INFINITO

Se il professore a scuola ti chiede di imparare a memoria L’INFINITO di Leopardi, non ti sta dando un compito: ti sta facendo un bellissimo regalo!

Infinite volte quelle parole mi hanno salvato dalla tristezza offrendomi lo spunto per apprezzare anche le cose più scontate.

Infinite volte quelle parole mi hanno comunicato dolcezza e un senso di pace.

Infinite volte mi hanno fatto sentire il passaggio del vento o vedere il mare…

Le poesie che sento più care, cerco di impararle a memoria; così mentre vivo mi tornano in mente, e sono raggi di sole capaci di rivelare tutta la bellezza che c’è in me e intorno a me!

mercoledì 30 novembre 2022

Venite dietro a me

Vocazione degli Apostoli Pietro e Andrea, opera di Fermo Ghisoni di Caravaggio, fonte Wikipedia)

Oggi è la festa dell’Apostolo Andrea. Le letture della Messa sono quelle proprie della festa. Il Vangelo è quello della vocazione di Andrea, che di mestiere faceva il pescatore (Mt 4, 18-22). Mi colpisce la chiamata che Gesù rivolge a lui e a suo fratello Simone, chiamato Pietro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini».

Per un momento metto da parte tutto quello che ho studiato, letto, pregato su questa frase di Gesù e considero la situazione: Andrea e Pietro stanno pescando, perché questo è il mestiere che sanno fare, e a un certo punto sentono Gesù che li chiama a lasciare quelle loro reti, a scendere da quella loro barca e a seguirlo: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini».

Ma che significa?

«Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono» perché non diedero per scontato di saperlo già essere, di saperlo già fare, ma riconobbero che la loro salvezza era stare dietro a Gesù per tenere fisso lo sguardo su di Lui, per seguirne le orme (1Pt 2, 21) e diventare pescatori di uomini.

Se io sono convinto di saper già essere uomo, se io penso di saper già essere cristiano, facilmente distoglierò lo sguardo da Gesù e comincerò a camminare per conto mio, dove dico io, come dico io,…

È come quando vado in montagna e non conosco il sentiero: sto sempre molto attento a non perdere di vista la guida o il gruppo di cui faccio parte e se mi capita di rimanere indietro, mi affretto a raggiungere la guida e i miei compagni di cammino!

La nostra guida è Gesù Cristo!

martedì 29 novembre 2022

Ritratto di una Mamma

«“Onora tuo padre e tua madre” … Onorali con dimostrazioni di rispetto, in modo da astenerti da ogni offesa, perché nemmeno con l’espressione del viso si deve mancare alla pietà dei genitori… L’onore però non consiste soltanto nelle manifestazioni di rispetto, ma anche nella generosità…: onore significa dar aiuto secondo i meriti. Sostenta tuo padre, sostenta tua madre. E quand’anche avrai sostentato tua madre, non compenserai mai i dolori, non compenserai gli strazi che ha patito per te; non compenserai gli atti di amore con cui essa ti ha portato in grembo, non compenserai il nutrimento che ti ha dato, premendo soavemente le poppe sulle tue labbra con tenerezza di affetto; non compenserai la fame che ha sopportato per te, quando non voleva mangiare nulla che ti potesse nuocere, né toccar nulla che le danneggiasse il latte. Per te essa ha digiunato, per te ha mangiato, per te ha rifiutato il cibo che pur desiderava, per te ha preso il cibo che non le piaceva, per te ha vegliato, per te ha pianto: e tu permetterai che essa viva nel bisogno? O figlio, che terribile giudizio vai a cercare, se non sostenti colei che ti ha partorito! Tu devi quello che hai a colei alla quale devi quello che sei» (S. Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca, VIII, 74-75, citazione tratta da Cesare Pasini, Ambrogio di Milano, San Paolo, p. 25).

venerdì 25 novembre 2022

Tra due minuti


«Sono le diciassette e dieci. Tra due minuti, sarò cristiano» (A. Frossard).

Mi sono rimaste impresse queste parole che ho trovato nel libro “Dio esiste io l’ho incontrato”. Mi sono rimaste impresse perché André Frossard passa dall’ateismo più convinto all’incontro con Dio. E mi fa sempre impressione leggere: «Tra due minuti sarò cristiano».

Siamo agli sgoccioli dell’Anno liturgico e tra un paio di giorni è Capodanno: con la Prima Domenica d’Avvento inizia un nuovo anno. I Vangeli di questi giorni ci ricordano che tutto il tempo è tempo di grazia, e ci invitano a considerare i nostri giorni un dono d’amore di Dio, a non sprecarli in egoismi, invidie, gelosie, maldicenze,… ma a farli fruttare, a moltiplicarli, a renderli eterni investendoli in carità, fraternità, giustizia, solidarietà, pazienza, prossimità, opere buone!

E quei “due minuti” continuano a dirmi che a cambiare la vita sono davvero gli istanti, i momenti a cui scegliamo di far caso, le parole e i gesti che scegliamo di vedere e di ascoltare.

Cosa accade quando faccio la Comunione? In quei “due minuti” successivi, come scelgo di essere cristiano? Come lascio che il Corpo e il Sangue di Cristo mi guariscano il cuore? In quei due minuti potrei scegliere di pregare per i miei nemici, per quelli che mi ostacolano, per quelli che non mi sono troppo simpatici, per quelli che giudico continuamente, per quelli che invidio,…

Cosa accade quando mi raggiunge la notizia di bambini che muoiono di fame o di freddo, o di uomini e donne che muoiono annegati in mare, o vittime di guerra o violenze? Cosa accade quando le ingiustizie feriscono le mie orecchie? In quei “due minuti” come scelgo di essere cristiano? Potrei fare un gesto di carità verso la prima persona che incontro, oppure ricordare che qualcuno mi aveva chiesto un aiuto e provvedere a fare quanto mi era stato chiesto, oppure chiedere scusa per un atto ingiusto che mi è capitato di commettere, …

Cosa accade quando leggo la notizia della morte improvvisa di qualcuno? In quei “due minuti” come scelgo di essere cristiano? Potrei pensare alla mia vita, al tempo che mi viene donato e che sembra infinito, al Paradiso verso cui sto camminando, al bene che ricevo e che ho ricevuto da quando sono nato. In quei due minuti potrei pensare alla precarietà della mia condizione di creatura e quindi liberarmi subito di tante o poche perfidie, tutte inutili, che mi fanno fare tardi all’appuntamento con l’Amore, che me lo fanno posticipare, che non me lo fanno riconoscere e servire. In quei “due minuti” potrei scegliere di essere gentile, di impegnarmi al massimo nel cercare il bene, nel volere il bene, nel fare il bene! In modo tale che quando sarà il mio momento, l’uscita di scena da questo mondo sia veramente una meraviglia! È brutto pensare di congedarsi da questo mondo ringhiando e sparando giudizi e cattiverie a destra e a sinistra. È invece bello congedarsi perdonando, con la pace nel cuore e sul volto, con la luce del Paradiso negli occhi perché per tutta la vita a quel Paradiso s’è guardato e quel Paradiso s’è cercato!

Per riuscire un giorno ad aver cura di tutte le 24 ore, inizio oggi ad aver cura di quei “due minuti”!

mercoledì 23 novembre 2022

Nuova ed eterna

 

Cos’è ciò di cui l’uomo ha bisogno secondo Dio?
Cosa propone Dio all’uomo?
 
Dio gli propone un’alleanza.
Tutta la Bibbia racconta di Dio che torna e ritorna a cercare l’uomo e gli offre l’alleanza! Ma quella che Dio offre all’uomo è un’alleanza un po’ particolare, un’alleanza che fin dall’inizio è sbilanciata totalmente dalla parte di Dio: è Lui a offrirsi totalmente all’uomo; è Lui a consegnarsi totalmente nelle sue mani; è Lui a impegnarsi per la felicità dell'uomo, sempre e soltanto per la felicità e per il bene dell'uomo. E noi, chiamati da Gesù a essere Suoi, siamo testimoni della Nuova ed eterna alleanza. Essa è per sempre ed è più forte di tutti e di tutto! È più forte del peccato e vince anche la morte!
 
Così le nostre relazioni con Gesù e tra noi sono tutte relazioni di alleanza. Non possiamo avvicinarci all’uomo della strada senza presentarci a lui come suoi alleati; non possiamo avvicinarci a evangelizzare senza offrire la Nuova ed eterna alleanza!
 
Se siamo “in uscita”, possiamo esserlo solo annunciando la Nuova ed eterna alleanza!

lunedì 21 novembre 2022

Mo viene Natale



In questo tempo di Avvento vorrei proporre di guardarci un po’ intorno con attenzione per vedere chi quest’anno proprio non ce la fa. Nel condominio o nel quartiere in cui abitiamo forse c’è qualche famiglia che non riesce a pagare l’affitto o le bollette. Sarebbe bello provare a organizzare una colletta tra i condomini o nel quartiere (sempre con molta discrezione) e cercare il modo di farci prossimi a queste reali situazioni di povertà.
 
Chi ha appartamenti affittati e dovesse accorgersi che i suoi inquilini restano indietro con il pagamento del canone di affitto, potrebbe cercare di venire incontro alle loro necessità, pazientando rispetto alle scadenze, o magari abbuonando parte dell’arretrato o tutto l’arretrato, naturalmente se questo rientra nelle sue possibilità.
 
Non può accadere che in pieno inverno qualcuno si veda recapitare la lettera di sfratto, magari nel momento in cui tanti altri sono nel pieno dei festeggiamenti natalizi!
 
Stiamo vivendo una situazione di emergenza reale e se non facciamo questa carità concreta al nostro prossimo che abita vicino a noi, come possiamo vivere?

sabato 19 novembre 2022

Io, prete, vado a...


Ogni venerdì sera vado a catechismo.
Accompagno i giovanissimi e giovani della mia parrocchia alla catechesi che facciamo con la Parrocchia vicina e mi fermo anch’io con loro ad ascoltare.
 
È un momento di grazia per me essere lì e partecipare alla catechesi senza essere il conduttore della catechesi, ma standoci come ci sta un giovane o un giovanissimo.
 
Questo mi aiuta ad ascoltare e anche ad apprezzare quanto i catechisti propongono e quanto i giovani condividono mettendosi in gioco in prima persona.
 
Il cammino è quello proposto dall’Azione Cattolica per i giovanissimi e si intitola “Il primo passo”. Settimana dopo settimana veniamo accompagnati nel compiere il primo passo e questo mi sostiene e mi facilita nel fare anche il secondo, il terzo, il quarto passo e così via.
 
Mi sono accorto, ascoltando, che tutti noi, ragazzi, giovanissimi, adulti, abbiamo dei bei desideri, ci poniamo gli stessi obiettivi e ci troviamo di fronte alle stesse attese, paure, angosce, ansie, difficoltà.
Tutti dobbiamo fare continuamente delle scelte e tutti sentiamo il peso di quelle scelte.
Tutti possiamo contare sulla compagnia di tutti gli altri nel portare il peso di quelle scelte, in vista dell’obiettivo, della meta che ci sta davanti. E proprio nel vedere e nel sentire questa compagnia sta il bello di questi venerdì, nati su proposta dei catechisti delle nostre due parrocchie!
 
Dopo gli incontri torno a casa sollevato e incoraggiato a continuare a scegliere il bene, per me e per tutti gli altri. E sono sicuro che anche tutti gli altri tornano a casa pieni di gioia per aver scoperto qualcosa in più dell’Amico Gesù e dei tanti amici che camminano con noi!

sabato 29 ottobre 2022

Il primo passo



Quanti eravate?
 
Eravamo pochi, ma eravamo tutti!
 
Tutti?
 
Sì. Tutti!
 
Ma se eravate pochi, come fai a dire che eravate tutti?
 
Amico, i presenti erano comunque tutti: tutti quelli che potevano esserci!
Il catechista è stato bravissimo a coinvolgerli. E io stavo lì e ascoltavo giovanissimi e giovani che mettevano sul tavolo i loro post-it con l’obiettivo dell’anno, obiettivo che ciascuno ha scelto sulla base di ciò in cui sente di dover fare il primo passo. Mi s’è aperto davanti agli occhi un universo, un panorama bellissimo: i sentieri che ciascuno sta percorrendo. Anch’io li sto percorrendo.
E così, ho provato la gioia bellissima di sentirmi in compagnia. Gioia sempre più essenziale in questi tempi, dove magari, pur essendo in un posto molto affollato, continuiamo ad avere la convinzione di essere soli!
 
Sì. Quello che dici è molto bello, ma quelli che non c’erano?
 
Ci saranno la prossima volta! Chi può sapere quando si decideranno a cogliere l’invito di Gesù? E se Lui è benevolo e paziente, perché io dovrei essere pieno di pretese e impaziente?
 
Sì. Ma così…
 
L’importante è fare il primo passo per esserci. E noi l’abbiamo fatto!

venerdì 28 ottobre 2022

Dà alla testa


Mi è stato insegnato a non bere vino a stomaco vuoto perché anche in piccole quantità, dà subito alla testa.

Vorrei partire da questa indicazione molto utile per la vita e per la sana e buona convivenza civile e sociale, per dire che invece il Vangelo quando lo leggi deve darti alla testa, anche se ne leggi solo un versetto. Se quel versetto o quella pagina non ti ha fatto sentire come chi sta perdendo l’equilibrio, vuol dire che devi rileggere quel versetto o quella pagina e meditarla finché non ti avrà toccato il cuore, commosso, ispirato un desiderio di conversione, inquietato su qualche atteggiamento praticato o subito, consolato e incoraggiato, …
 
Guarda, ad esempio, l’episodio di Marta e Maria (Lc 10, 38-42).

Non puoi accontentarti di liquidare la questione dicendo che senza l’opera di Marta, Gesù sarebbe rimasto senza una degna accoglienza. Non è questo il messaggio che il Vangelo vuole comunicarti. Quel Vangelo vuole sconvolgerti mostrando che c’è Maria, che anche lei è matura e responsabile e conosce a memoria tutte le norme del galateo e le prescrizioni per l’accoglienza di un ospite, e sceglie di accoglierlo così.
 
Possibile che questa cosa non ti dia alla testa? Possibile che non ti spinga a fare lo stesso assecondando quel desiderio di Cristo che porti nel cuore?
 
E se osservi bene, non ti accorgi che sono state proprio quelle Marie a farti sentire accolto, compreso, amato, consolato, risorto? Quelle Marie che hanno interrotto le loro faccende quotidiane e hanno scelto di trovare il tempo per stare con te e solo con te? E non sei stato anche tu Maria per le persone che ami?
 
E allora cosa c’è di tanto strano in quel sedersi ai piedi di Gesù per ascoltarlo? Cosa c’è di tanto strano nel prendere un vaso di profumo per ungere i piedi di Gesù (Gv 12, 1-8)?

mercoledì 26 ottobre 2022

Chi succede?


«Che succede in piazza Cristo Re?», mi chiedono alcuni amici dopo aver letto gli articoli di giornale sugli schiamazzi ad opera del popolo della notte.
 
Non «che succede?», ma «chi succede?», mi chiedo e vi chiedo.
In piazza Cristo Re succede quello che succede in ogni piazza: i cittadini si incontrano. Quindi è normale che anche di notte la piazza sia attraversata dai cittadini. Questo è quello che succede.
 
Diverso è “chi ci succede”.
Quali cittadini stiamo crescendo?
Questi cittadini di cui ci lamentiamo sono i nostri successori. Noi come li stiamo educando? E quando dico “noi”, non sto parlando dei genitori e della scuola, ma sto parlando di tutti “noi cittadini”, della televisione, dei social, di Youtube, di Spotify, di Netflix, di Instagram, TikTok, Facebook, Twitter, Amazon,… sto parlando di tutti i Metaversi e Multiversi… cioè di tutti quelli che questi ragazzi incontrano dal giorno in cui nascono fino al giorno in cui la stessa società che li ha usati e consumati, li denuncia come un problema.
 
Avete mai fatto caso alla colonna sonora che accompagna la vita di molti di loro? Fermatevi ad ascoltare un po’ di trap (che magari fosse Trapattoni!!!); ascoltate quei testi al rallentatore (meglio se li leggete mentre li sentite cantare). Guardate su Youtube i video di questi trapper, che spesso sono anche influencer.
 
Ma non li guardate da adulti che hanno un senso critico e quindi sono capaci di comprendere che quelli non sono messaggi positivi e che non c’è vita in una canna o nei superalcolici o in qualche altro stupefacente,… Provate a guardarli con gli occhi di un ragazzino (basta uno smartphone di quelli che gli regalate per la Prima Comunione per avere accesso a questi contenuti).
 
Provate a immaginare che effetto fa su un ragazzino la visione e l’ascolto di tante cose brutte, parolacce, violenze, cattiverie,… dalla mattina alla sera. La prepotenza, il bullismo, la rabbia, il non rispetto per l’altro, l’egoismo, l’intolleranza, il brutto, stanno tutti dentro quelle immagini, dentro quei gesti e dentro quelle parole.
 
Noi adulti speriamo che molto di tutto quello che cantano sia finzione, ma i bambini e i ragazzi facilmente lo prendono per vero e li imitano pensando che ci si affermi così, che si possa diventare famosi così, che si possa vivere così.
E lentamente muoiono dentro.
 
Il mondo si sta riempiendo di fotocopie di quei modelli, senza capire che gli originali lo fanno per i più svariati motivi, e non è detto che quei motivi siano anche i nostri.
 
Perciò non penso che la soluzione siano solo telecamere, cancelli, transenne, ronde notturne, punizioni esemplari, denunce,… È necessario che si proponga a questi ragazzi qualcosa di bello, esperienze in cui possano scoprire quanto sono importanti per il mondo, attività di volontariato in cui possano prendersi cura del piccolo, del povero, del malato. È necessario vigilare su quello che ascoltano, vedono, fanno: vigilare non è proibire, ma dialogare con loro su quello che ascoltano, vedono, fanno, per aiutarli a formarsi un pensiero critico e a non bere da fonti inquinate.
 
In questa educazione alla virtù bisogna investire tutto il nostro tempo, tutte le nostre risorse ed energie, tutta la nostra pazienza, tutta la nostra fantasia e tutta la nostra esperienza, perché quello che succede nelle nostre piazze dipende da chi ci succede nelle nostre piazze. E chi ci succede dipende dalla presenza e dall’amore di noi predecessori!

lunedì 24 ottobre 2022

Quello che sarà


Isaia 2, 4: «Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra».
 
Isaia annuncia quello che accadrà alla fine dei tempi: la pace tra tutti i popoli sarà una realtà definitiva.
 
Sapendo per rivelazione che questa è la volontà di Dio, cosa stiamo aspettando a spezzare le nostre spade e a farne aratri? Cioè a costruire la pace con il nostro prossimo? Noi chiediamo e aspettiamo la pace tra le nazioni in guerra, ma stiamo costruendo la pace nelle nostre case? E nei nostri condomini e quartieri? E nella parrocchia che frequentiamo? E sulle strade che percorriamo?
Se il farsi prossimi è quello che sarà la nostra condizione definitiva (Lc 10, 25-37), perché qui e ora stiamo perdendo tempo in liti inutili ed estenuanti perfidie?
 
Isaia annuncia quello che sarà, ma allo stesso tempo annuncia quello che può essere già qui e ora. E vediamo le sue parole realizzarsi continuamente nella vita di persone sante (di quei tempi e dei nostri tempi).

Che stiamo aspettando a cercare la beatitudine?
«Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 9)

martedì 18 ottobre 2022

Mantello, libri e pergamene

Caro Timoteo,

che effetto può averti fatto ricevere una lettera dall’apostolo Paolo in cui egli ti scrive: «Venendo, portami il mantello che ho lasciato a Troade in casa di Carpo, e i libri, soprattutto le pergamene» (2Tm 4, 13)?

Forse non ti ha fatto nessun effetto, se non quello di andare a casa di Carpo per recuperare il mantello.

Forse, invece, ti ha aiutato a non idealizzare Paolo e a non pensarti come su un piedistallo, irraggiungibile, privilegiato, inarrivabile per la vocazione alla santità che hai ricevuto da Dio, per il compito che ti ha affidato l’apostolo Paolo, e per l’amicizia di Paolo che ti considera suo figlio: «Figlio mio,…» (2Tm 2, 1).

 

Così, oggi, ascoltando nella prima lettura la frase: «Venendo, portami il mantello…», ho pensato alle necessità quotidiane (mantello, libri, pergamene,…) che entrano nelle lettere dei Santi e restano a testimonianza che l’evangelizzazione non è mai astratta e che gli evangelizzatori, perfino gli apostoli, hanno bisogno di una coperta e di qualcuno che recuperi per loro libri e pergamene.

E il fatto che, terminata la lettura, anche oggi il lettore abbia detto: «Parola di Dio», mi ha richiamato a non essere astratto quando predico o scrivo e a non desiderare la vita spirituale come qualcosa che mi estranea dalla realtà, rendendomi cieco e sordo (insensibile) alle necessità mie e del mio prossimo.

Venendo, portami il mantello…

giovedì 13 ottobre 2022

La Grande perla


«… D’improvviso udii una voce dietro di me:

“Dove sei diretto, padrone? Al convento?”

[…] “Al convento,” risposi; “ad ascoltare i cantici alla Madonna.”

“Che la Sua grazia ti assista!”

Accelerò il passo e mi raggiunse.

“Tu sei quello che chiamano la Società del carbone?”

“Sono io.”

“Eh, che la Madonna ti conceda buoni profitti. Tu fai del bene al villaggio; dai il pane ai poveri padri di famiglia, che Dio ti benedica!”

E subito dopo lo scaltro vecchio, il quale doveva aver subodorato che i lavori stavano andando in malora, aggiunse in tono consolatorio:

“Anche se non guadagni niente, figliolo, non preoccuparti! Ne ricaverai sempre un profitto; la tua anima andrà in Paradiso…”

“Questo voglio anch’io, nonno.”

“Io non sono molto istruito; ma una volta in chiesa ho sentito un discorso di Cristo, e questo discorso mi si è impresso nella mente e non va più via. Diceva: vendi tutto quello che possiedi per comprare la Grande perla. E qual è la Grande perla? La salvezza della tua anima, figliolo. La tua signoria, padrone, è sulla buona strada per la Grande perla.”» (Nikos Kazantzakis, Zorba il greco, Crocetti editore, pp. 218-219).

mercoledì 5 ottobre 2022

… è forse la stessa cosa

 «“… un giorno passavo da un piccolo villaggio. Un vecchierello di novant’anni stava piantando un mandorlo. ‘Ehi’, gli faccio, ‘pianti un mandorlo?’. E lui, curvo com’era, si voltò e mi disse: ‘Io, figliolo, mi comporto come se fossi immortale!’. ‘E io’, gli risposi, ‘mi comporto come se dovessi morire da un momento all’altro’. Chi dei due aveva ragione, padrone?”.
Mi guardava con aria trionfale: “Qui ti voglio!”, disse.
          Io tacevo. Ugualmente ripidi e giusti, entrambi i sentieri possono portare alla vetta. Agire come se non esistesse la morte e agire avendo presente in ogni istante la morte è forse la stessa cosa; ma allora, quando me lo chiese Zorba, non lo sapevo» (Nikos Kazantzakis, Zorba il greco, Crocetti editore, p. 57).

mercoledì 27 luglio 2022

Chi lo sa?


Ultimo giorno di oratorio estivo. I ragazzi corrono pieni di vita, gli educatori li rincorrono; tutto è gioia, musica e festa! Io mi rivedo mentre corro nel cortile della Parrocchia della Marina o sul prato di Foce di Montemonaco. A quei tempi ero un ragazzino, ma le esperienze di oratorio e di campo-scuola me le ricordo ancora. Quando finivano quelle settimane di vita comune, avevo un solo desiderio: rivedere i compagni di campo una volta tornati a casa. Era stato troppo bello stare insieme. E allora con la bicicletta uscivo perché in giro forse avrei rivisto qualcuno. Ma non era facile darsi appuntamento e incontrarsi: non c’erano gli
smartphone, né i social,…

C’era, però, don Luciano che ci dava appuntamento in parrocchia per i Vespri. Una volta alla settimana ci potevamo rivedere e, dopo la preghiera, trascorrere un po’ di tempo insieme. La parrocchia con i suoi orari “chiama” a raccolta e, se ti fai trovare lì a quell’ora, puoi incontrare tanti altri “chiamati”.

Sono passati più di 25 anni e mi trovo a passare da quelle parti. Don Luciano è sempre lì: lo trovo seduto all’ingresso del piccolo cortile parrocchiale. In mano ha un libro di don Primo Mazzolari. Don Luciano medita sul Vangelo e si arrabbia quando avverte che qualcuno sta tentando di annacquarlo: sa bene che qualora si accettasse di annacquarlo, il Vangelo sarebbe una parola come un’altra e non sarebbe più in grado di farti sentire la vita, di comunicarti la vita!

Ma lì in parrocchia non ritrovo solo don Luciano. Ci sono anche tanti altri che c’erano la prima volta che ci sono andato, e questo per me è meraviglioso. Sono passati molti anni, ma basta rivedersi per sentire quella comune vocazione che ci ha tenuto lì, ben stretti al Cristo, alla Sua Chiesa e anche alle altre pietre vive della Chiesa: chi faceva i lavori di manutenzione, chi teneva in ordine le sale, chi puliva la chiesa, chi faceva catechismo, chi suonava,… Li ritrovo tutti lì che continuano a camminare come meglio possono dietro al Cristo che ci guida.

Ultimo giorno di oratorio estivo. Ripenso. E mi chiedo: questi ragazzi, educatori, volontari e genitori, si saranno accorti che siamo tutti qui perché Gesù ci ha chiamato? E io ho evangelizzato in modo che se ne accorgessero? Qualcuno cercherà gli orari delle Messe in parrocchia per continuare a incontrarsi coi suoi amici? E Gesù lo avranno accolto nella loro cerchia di amici? O lo avranno lasciato fuori ad aspettare?

Ultimo giorno di oratorio estivo…

sabato 23 luglio 2022

Ti ho scelto perché eri sprovveduto

In un brano della Leggenda Perugina, contenuta nelle Fonti Francescane, c’è il Signore che parla a San Francesco e lo rincuora. Parole bellissime che ho pensato bene di condividere con tutti voi. Le trascrivo:

«E la voce incalzava: “Io non ti ho scelto per dirigere questa mia famiglia perché eri letterato ed eloquente, al contrario perché eri sprovveduto, in maniera che sappiate, tu e gli altri, che sono io a vigilare sul mio gregge. Ti ho innalzato in mezzo ai fratelli a guisa di insegna, allo scopo che vedano e compiano a loro volta le opere che io realizzo in te. Coloro che camminano la mia strada, possiedono me e mi possederanno sempre più. Quelli che si rifiutano di camminare la mia strada, si vedranno togliere anche i doni che sembrano avere. Pertanto ti dico di non avvilirti, ma di fare bene quello che fai e badare a compiere il tuo dovere, sapendo che ho piantato l’Ordine dei frati in uno slancio di amore che mai verrà meno”».

Nel corso degli anni puoi arrivare a pensare che siano i tuoi titoli di studio o la tua eloquenza o i tuoi talenti o le tue strategie a tenere in piedi la baracca, o che siano quelle qualità ad aver motivato la tua scelta da parte del Signore,… Ma, in realtà: «Ti ho scelto perché eri sprovveduto».

Col passare del tempo, puoi arrivare a pensare che sei tu a operare bene, e invece: «Ti ho innalzato in mezzo ai fratelli a guisa di insegna, allo scopo che vedano e compiano a loro volta le opere che io realizzo in te».

Puoi arrivare a pensare di dover fare chissà cosa per il Signore, e così essere sempre scontento e in affanno, mentre è proprio il Signore a dirti: «Pertanto ti dico di non avvilirti, ma di fare bene quello che fai e badare a compiere il tuo dovere».

Quando le cose non procedono secondo le tue aspettative, puoi arrivare a dubitare dell’amore del Signore, ma è il Signore stesso a rassicurarti: «… ho piantato l’Ordine dei frati in uno slancio d’amore che mai verrà meno».

Certi testi sono proprio dei buoni amici!!! [dGL]

giovedì 14 luglio 2022

Sono un uomo

«Alessandro attraversava ormai l’India e combatteva devastando i territori di genti poco note anche agli stessi popoli confinanti. Durante l’assedio di una città, mentre faceva il giro delle mura per individuarne i punti più deboli, fu colpito da una freccia; tuttavia rimase a lungo a cavallo e continuò la sua ricognizione. Ma poi il sangue, coagulatosi nella ferita, rese più acuto il dolore, e la gamba, che penzolava dal cavallo, si era a poco a poco intorpidita. Costretto a desistere, disse: “Tutti giurano che sono figlio di Giove, ma questa ferita grida che sono un uomo”. Seguiamo anche noi il suo esempio. Ciascuno, in misura diversa, si lascia infatuare dall’adulazione; diciamo: “Voi sostenete che sono saggio, ma io mi rendo conto di avere molti desideri inutili e dannosi. Non capisco nemmeno quello che la sazietà mostra agli animali: quale misura ci debba essere nel mangiare e nel bere; non conosco ancora la capacità del mio stomaco”» (Seneca, Lettere a Lucilio, Libro VI, lettera 59, Garzanti).

lunedì 11 luglio 2022

Ricordi

Nella sua cameretta, sul suo piccolo banchetto di lavoro, Nonno Giuseppe prendeva un foglietto e con il lapis* in mano tracciava la linea di una vela o calcolava la lunghezza di uno scafo o dell’albero maestro...

Era il suo modo di progettare o di affrontare qualsiasi questione o problema: prendeva un foglietto, si metteva gli occhiali e, col lapis in mano, scomponeva e ricomponeva finché non gli appariva davanti agli occhi la soluzione...

Me lo ricordo bene il vecchio lupo di mare trascorrere le sue giornate di pensionato a disegnare i simboli eucaristici sulle vele delle sue piccole lancette, o un cavalluccio marino, o un galletto, o il torrione di San Benedetto,...

Quel suo modo di lavorare, metodico, costante, silenzioso, mi infondeva un senso di pace...

E ora che la barca della Chiesa viene incoraggiata a prendere il largo da un Papa venuto dall’oltremare, mi ritrovo sul mio piccolo banchetto di lavoro, con un piccolo lapis e un foglietto a tratteggiare le linee d’una Chiesa in uscita o di un ospedale da campo... 


* Qui trovate la definizione di lapis: https://www.treccani.it/vocabolario/lapis/

** Nella foto vedete la lancetta che Nonno Giuseppe mi regalò quando andai all'Università Cattolica: risiedevo nel Collegio Augustinianum e quindi sulla vela disegnò il galletto simbolo di quel Collegio universitario

sabato 9 luglio 2022

Qui per offrire

Oggi vorrei semplicemente condividere una lettura che mi è capitata stamattina navigando su internet. È tratta da una testimonianza contenuta in un libro su Franz Kafka:

«Quando eravamo a Berlino, Kafka andava spesso allo Steglitzer Park. Talvolta lo accompagnavo. Un giorno incontrammo una bambina, che piangeva e sembrava disperata. Le parlammo. Franz le chiese che cosa le fosse successo e venimmo a sapere che aveva perso la sua bambola. Subito lui si inventò una storia plausibile per spiegare la sparizione: “La tua bambola sta solo facendo un viaggio, io lo so, mi ha scritto una lettera”.

La bambina era un po’ diffidente: “Ce l’hai con te?”.

“No, l’ho lasciata a casa, ma domani te la porto”.

La bambina, incuriosita, aveva già quasi scordato le sue preoccupazioni, e Franz se ne tornò subito a casa, per scrivere la lettera.

Si mise al lavoro in tutta serietà, come si trattasse della creazione di un’opera. Era nella stessa condizione di tensione in cui si trovava non appena si sedeva alla scrivania o stava anche solo scrivendo a qualcuno. Tra l’altro, si trattava effettivamente di un vero lavoro, essenziale al pari degli altri, perché la bambina doveva assolutamente essere resa felice e preservata dalla delusione. La menzogna doveva dunque essere trasformata in verità attraverso la verità della finzione. Il giorno successivo portò la lettera alla bambina, che l’attendeva al parco. La bambola spiegava che ne aveva abbastanza di vivere sempre nella stessa famiglia ed esprimeva il desiderio di cambiare un po’ aria, in una parola, voleva separarsi per qualche tempo dalla bambina, cui per altro voleva molto bene. Prometteva tuttavia di scrivere ogni giorno – e Kafka scrisse effettivamente una lettera ogni giorno, raccontando di sempre nuove avventure, le quali, seguendo il particolare ritmo vitale delle bambole, si snodavano in modo rapidissimo.

Dopo alcuni giorni, la bimba aveva scordato la perdita reale del suo giocattolo e pensava solo e semplicemente alla finzione che le era stata offerta come sostituto. Franz scrisse ogni frase di quella sorta di romanzo in modo così accurato e pieno d’umorismo che la situazione della bambola risultava perfettamente comprensibile: era cresciuta, era andata a scuola, aveva conosciuto altre persone. Rassicurava sempre la bimba del suo amore, ma alludeva anche a complicazioni della sua vita, ad altri doveri e altri interessi che, al momento, non le permettevano di riprendere la vita in comune. La piccola veniva pregata di riflettere sulla cosa e veniva così preparata all’inevitabile rinuncia.

Il gioco durò come minimo tre settimane.

Franz aveva una paura terribile al pensiero di come avrebbe potuto finire il tutto. Perché la fine doveva essere una vera fine, vale a dire che doveva consentire all’ordine di sostituire il disordine causato dalla perdita del giocattolo. Cercò a lungo e decise alla fine di far sposare la bambola. Descrisse dapprima il futuro marito, la festa di fidanzamento, i preparativi del matrimonio, poi in ogni dettaglio la casa dei giovani sposi: “Vedi tu stessa che dovremo rinunciare a rivederci in futuro”.

Franz aveva risolto il piccolo conflitto di un bambino attraverso l’arte, attraverso il mezzo più efficace di cui disponeva personalmente per riportare ordine nel mondo» (Dora Diamant, in “Quando Kafka mi venne incontro…”. Ricordi di Franz Kafka, a cura di Hans-Gerd Koch, ed. Nottetempo, 2007).

Questa testimonianza mi ha colpito molto perché penso sia una cosa bellissima scegliere di offrire tutto il proprio talento per una sola persona che vedi piangere. E sono pieno di gioia nel pensare che ci sono state e ci sono (e quindi ci saranno) miliardi di persone che hanno fatto, fanno e faranno la stessa cosa per me e per ogni altro uomo!

La considerazione di tutto questo amore che ricevo, contrasta il mio egoismo e fa crescere in me il desiderio di saper cogliere le occasioni, che ogni giorno mi sono date, per fare anch’io lo stesso per tutti gli altri!

giovedì 23 giugno 2022

Grazie, don!

Qua, se non ricordo male, è quando s'era diffusa la voce che il Papa stava arrivando a San Benedetto e tu e io, seduti fuori dal Duomo, ci dicevamo: "Ma ti pare che il Papa viene a San Benedetto così, senza che ci sia una comunicazione ufficiale?".

E ce ne siamo rimasti tranquilli e sereni a Ripa, senza nemmeno accendere la TV!

Padre, maestro, amico! Ogni momento vissuto insieme è rimasto scolpito nella mia memoria! Stasera, improvvisa, m'è arrivata la notizia della tua Pasqua! Sono sicuro che ti sei presentato a Dio col tuo solito sorriso! Prega per noi e continua a sorriderci dal Cielo!

Dio ti doni la pace e la gioia dei Santi in Paradiso!

Arrivederci, don Domenico

mercoledì 8 giugno 2022

Sinodo e dintorni (2)


Se stiamo formando missionari non dovremmo preoccuparci perché dopo la cresima i giovanissimi e i giovani ci salutano.

Dovremmo preoccuparci, piuttosto, dell’equipaggiamento di cui li abbiamo dotati: siamo proprio sicuri di aver fornito mappe, zaino, borraccia, bussola, stuoia e sacco a pelo, gavetta e posate, pietra focaia, un tozzo di pane per il viaggio, il bastone del pellegrino, una torcia e il gusto di camminare insieme verso la meta?

Non ne siamo sicuri? Allora domandiamoci che cosa abbiamo fatto e proposto nel tempo che hanno trascorso con noi.

Zdenek Zeman dice: «Noi usiamo che quando abbiamo palla attacchiamo, non difendiamo».

E noi? Cosa siamo soliti fare quando abbiamo la palla? Come viviamo i momenti in cui abbiamo la possibilità di proporre la gioia del Vangelo?

Se li contiamo, ci accorgiamo che momenti e occasioni sono davvero tanti: la celebrazione della Messa, la catechesi, la celebrazione dei sacramenti, pellegrinaggi, attività di oratorio, campi-scuola, attività di volontariato, incontri di formazione, momenti di preghiera e ascolto della Parola di Dio, momenti conviviali, ritiri spirituali,…

Non è che in tutti questi momenti ci stiamo limitando a “difendere”?

Come mai ai ragazzi e ai giovani passa il messaggio che il cristianesimo è una serie di regole? Come mai molti intorno a noi sono convinti che la Chiesa sia un giudice e non una mamma?

Cosa stiamo proponendo alle persone che incontriamo?

La frizzante aria di montagna, l’acqua fresca della fonte, oppure l’aria stantia degli sgabuzzini, l’acqua maleodorante di uno stagno?

Più passa il tempo e più mi convinco che la gente si allontana dalla Chiesa nel momento in cui gli uomini e le donne di chiesa rinunciano a proporre la bellezza del Cristo risorto e riducono quasi tutto a un fare per produrre, dove il criterio dell’agire diventa l’efficienza (come se fossimo un’azienda) e tutto deve avvenire secondo una relazione meccanica di causa-effetto (a queste opere che ho fatto, devono seguire i prodotti che mi aspetto). Ma chi potrebbe mai innamorarsi di una tale catena di montaggio?

La parte fondamentale nell’evangelizzazione la fa l’amore senza misura e senza condizioni del Cristo, che dà forma al nostro amore: come Lui, anche noi amiamo senza misura e senza condizioni! E questa libertà di cui facciamo esperienza quando ci sentiamo amati e amiamo, ci piace più di tutto! E infatti dove riconosciamo l’amore di Cristo, noi stiamo e viviamo volentieri! E chi incontra Cristo, non lo lascia più!!!

Perciò oggi faccio mie le parole del Papa: «Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo» (Evangelii Gaudium, n. 49)


*Nel video di youtube, puoi vedere i panorami che dovremmo mostrare ai nostri ragazzi, giovanissimi e giovani!