mercoledì 31 dicembre 2014

Oggi leggi… (17)

Mc 3,20-21. Senza misura, settanta volte sette, fino alla fine,… a volte lo stile di Gesù ci sembra strano. Non usciamo per andare a prenderlo, ma per stare con Lui ed essere come Lui!

martedì 30 dicembre 2014

Oggi leggi… (16)

Mc 3,13-19. Dodici persone provenienti da storie diverse, sono accomunate dalla stessa risposta alla chiamata di Gesù. Stare con Lui ci fa percorrere insieme l’unica Via.

lunedì 29 dicembre 2014

Oggi leggi… (15)

Mc 3,7-12. Gesù guarisce i malati e la folla gli si stringe attorno. Però diventano discepoli solo quelli che cominciano a fidarsi di Lui e lo seguono.

sabato 27 dicembre 2014

Cristiani come Stefano

La festa di Santo Stefano, primo martire, ci aiuta a comprendere meglio il Natale appena celebrato. Potremmo, infatti, correre il rischio di limitarci a rimanere di fronte al Bambino adagiato in una mangiatoia e invece siamo subito messi di fronte alla missione che scaturisce da quell’incontro. Dopo quella notte, dopo quella visione, dopo il pellegrinaggio verso il luogo della nascita, si parte per una via nuova ad annunciare a tutti ciò che si è rivelato ai nostri occhi, la luce che ha squarciato le nostre tenebre. E annunciamo ciò che abbiamo visto, con la luce e il sale che animano i nostri gesti e le nostre parole, segni di un’esistenza che si lascia evangelizzare. È lo stile degli apostoli: un modo di vivere e agire che contrasta con quello dei pagani.

Nel vangelo di Matteo, Gesù avverte gli apostoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe…» (Mt 10,17).

Sembra qualcosa di distante da quanto ordinariamente viviamo qui in Italia: siamo in una società che si vanta d’essere tollerante e quindi apparentemente non veniamo perseguitati per la nostra fede. Forse, però, non veniamo perseguitati apertamente, perché noi cristiani non diciamo più niente: non offriamo ai pagani la testimonianza di una vita buona, desiderabile, migliore.

Perché dovrebbero portarci nei tribunali?
Perché dovrebbero perseguitarci?
Perché dovrebbero flagellarci?

Potremmo avere l’impressione che il contrasto tra cristiani e pagani sia soltanto quello che si riscontra quando si discute di etica e di morale; potremmo avere l’impressione che la persecuzione sia qualcosa che riguarda solo la CEI e i pensatori di area cattolica, continuamente attaccati dall’opinione pubblica.

Ma non è così!

Anche noi siamo chiamati alla santità, anche noi con le nostre scelte quotidiane dobbiamo entrare in contrasto con la mentalità comune, quando questa si discosta dal Vangelo. Ma il più delle volte facciamo come tutti gli altri e, così, diamo l’impressione che sia facile corromperci e renderci mondani, piegarci alle logiche del mondo, del mercato,…

Accendo la televisione o vado in giro per le strade e sento dire di cristiani che corrompono altri cristiani, di cristiani che uccidono i loro figli, di cristiani che rubano e rapinano, di cristiani che timbrano il cartellino e poi vanno a spasso ai danni della collettività, di cristiani che approfittano della debolezza del prossimo, di cristiani che si fanno eleggere per fare i propri interessi e non per mettersi al servizio, di cristiani che violentano i più deboli, di cristiani che predicano sulle piazze, vanno a messa, vanno dal Papa, si inginocchiano e accendono ceri nei santuari di tutto il mondo e poi non salutano i vicini di casa, litigano per le eredità, non si prendono cura della loro famiglia, giudicano e chiudono le porte anziché aprirle, fanno parte di gruppi xenofobi o razzisti e organizzano spedizioni punitive ai danni di poveri immigrati,… e si sentono giustificati perché hanno assolto il precetto domenicale, o quello pasquale.

E anch’io, barcamenandomi tra il Vangelo e le mie incoerenze, faccio parte di questa schiera di sbiaditi cristiani.

Perché il mondo dovrebbe aver paura di noi?
Perché dovrebbe flagellarci o lapidarci?

In una tale confusione giunge provvidenziale il martirio di Stefano a richiamarmi alla testimonianza cristiana, quella che fa nascere nei persecutori un’inquietudine, una domanda. La domanda suscitata nel cuore dell’Innominato dall’incontro con Lucia, la domanda suscitata nel cuore di Saulo dalla vita santa di Stefano, la domanda suscitata nel cuore di Zaccheo al vedere Gesù entrare in casa sua,… la domanda suscitata nel cuore di tanti cristiani dall’incontro con don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani, don Pino Puglisi, papa Paolo VI, madre Teresa, papa Benedetto, papa Francesco, un sacerdote anziano dal volto luminoso di speranza,… la domanda suscitata dall’incontro con tanti altri martiri cristiani, uomini e donne che hanno scelto di seguire Cristo!

Ben si addice a tali apostoli la testimonianza di San Paolo contenuta nella lettera ai Galati: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2, 19-20).

Santo Stefano, che hai vissuto come il tuo Maestro rendendo testimonianza alla Verità, affidando il tuo spirito al Signore, perdonando e pregando per i tuoi uccisori (At 7,54-60), prega perché anche noi possiamo essere cristiani come te! [dGL]

Oggi leggi… (14)

Mc 3,1-6. Il cuore di Dio si commuove per l’uomo. E il nostro cuore? è indurito dalla presunzione di sapere già tutto o è docile all’azione di Dio?

venerdì 26 dicembre 2014

Oggi leggi… (13)

Mc 2,23-28. La fede non è il rispetto formale di alcune regole, ma relazione con Dio; è vivere nel Suo amore di Padre buono che provvede al bene dei Suoi figli.

mercoledì 24 dicembre 2014

Oggi leggi… (12)

Mc 2,18-22. La via nuova percorsa da Gesù e dai suoi discepoli fa discutere come tutte le novità, ma la gioia della Sua Presenza ci conferma nella decisione di seguirlo.

martedì 23 dicembre 2014

Oggi leggi… (11)

Mc 2,15-17. Gesù viene a chiamarci perché sa che abbiamo bisogno di Lui. E noi? Ci sediamo alla Sua mensa o ci sentiamo superiori e stiamo a guardare scandalizzati? 

lunedì 22 dicembre 2014

Libri improbabili (2)

Dopo il successo della prima, pubblico la seconda recensione.
Buona lettura! [dGL]

rubrica a cura di Johannes de Silentio


Titolo: My name is Sampietrino.
Autore: Raimondo Plazantica
Editore: Boutique del mattone, 2014
Numero di pagine: 354.

Il libro in un TWEET:
Togliti le scarpe: il @sampietrino su cui stai passeggiando è un pezzo da museo! #plazantica, #boutiquedelmattone

La recensione:
Il dottor Raimondo Plazantica, laureato all’Accademia delle Costruzioni, racconta in un romanzo appassionante la storia di Arturo, un addetto alla pavimentazione delle piazze, che in una calda giornata estiva, soppesando un sampietrino, venne folgorato da un’idea: trovare il sampietrino più antico.
Non ci sarebbe stato niente di eccezionale in una ricerca del genere se Arturo avesse cercato il suo sampietrino visitando i musei di tutto il mondo, ma a lui interessavano i sampietrini ancora in attività e non quelli in pensione.
All’inizio la ricerca procedeva di pari passo con il suo lavoro: smontando i sampietrini per la manutenzione delle piazze, poteva comodamente misurarli e valutarne l’antichità guardandoli da vicino. Col passare degli anni, però, Arturo si rese conto che era necessario dedicarsi a tempo pieno a tale ricerca. Lasciò il lavoro e iniziò lo studio di tutte le piazze d’Italia…
Oltre che per la descrizione di importanti monumenti e opere d’arte, il libro è interessante perché raccoglie tutte le avventure di questo alacre studioso armato di piccozza, metro e tablet, comunicando al lettore la passione, ma anche la fatica e i sacrifici della ricerca. Non mancano colpi di scena ed episodi curiosi come quello accaduto sulla piazza di una nota località turistica: Arturo aveva appena cominciato a liberare con l’inseparabile piccozza i sampietrini per poterli analizzare, quando le forze dell’ordine, avvertite dai numerosi cittadini accorsi al rumore degli scavi, arrivarono a sirene spiegate per arrestarlo.
Si tratta di un romanzo divertente ed emozionante. Il lettore non riuscirà più a camminare spensierato sui sampietrini sapendo che ciascuno di essi potrebbe essere un pezzo unico: il sampietrino più antico ancora in attività.



Nota bene: il libro e la recensione sono frutto di fantasia.

Oggi leggi… (10)

Mc 2,13-14. Gesù accoglie tutti; anche pubblicani e peccatori ricevono la vocazione a seguirlo. Gesù chiama ciascuno di noi! Alziamoci e seguiamolo!

domenica 21 dicembre 2014

Oggi leggi… (9)

Mc 2,1-12. Pensa all’amicizia che rende capaci di portare gli uni i pesi degli altri e all’amore di Gesù che ci perdona sempre, guarendo la paralisi dei nostri peccati.

sabato 20 dicembre 2014

Alla barba

Barba, barbetta,
bella e ormai lunghetta,
i più mi dicon: «Tagliala!»,
ma io non gli do retta:
nell’inverno sei morbida sciarpetta,
barba, barbetta!

Barba, barbetta,
eran pronte schiuma, forbici e lametta…
ma la morsa del gelo s’è fatta stretta
e il pensiero di levarti
m’è passato in fretta,
barba, barbetta!

Barba, barbetta,
con l’aiuto di una calda berretta,
forse mi farai evitare del dottore la ricetta;
ma una cosa posso dirla con certezza:
te ne andrai quando avrò scritto l’ultima strofetta,
barba, barbetta!

Barba, barbetta,
pugno di soffice lanetta!
Per mesi mi hai fatto compagnia,
coprendomi in maniera perfetta.
Ti saluto e di te ho già nostalgia,
barba, barbetta! [dGL]

Oggi leggi… (8)

Mc 1,40-45. Quando ci accorgiamo di non bastare a noi stessi e ci affidiamo alla potenza di Gesù, avviene il miracolo. Esso non è opera nostra; è dono di Dio.

venerdì 19 dicembre 2014

Tempi di periferia

Il bello degli incarichi è che sono a tempo: anche gli incarichi a vita, hanno al massimo la durata di una vita! Mi ha sempre colpito l’idea che si può essere responsabili di qualcosa e, dopo un paio di mandati, si può tornare a essere soldati semplici, continuando il proprio servizio, ma in una posizione diversa, nuova.

Per questo motivo, quando Papa Benedetto XVI ha annunciato al mondo il frutto del suo discernimento e si è ritirato in un monastero a pregare, non mi sono interessato di questioni canoniche o storiche sulla possibilità che il Papa ha di dimettersi. La sua decisione ha occupato tutto il mio campo visivo perché era troppo bello guardare la fede in Gesù che rende liberi, completamente liberi.

Il Papa si è fidato di Dio e ha lasciato tutto senza la pretesa di designare il suo successore, senza orientare le scelte della Chiesa, senza farsi appesantire dalla preoccupazione delle tante cose rimaste in sospeso. La Chiesa è nelle mani di Dio. Aver fede vuol dire considerarsi sempre al servizio di Qualcuno. Penso sia stata la stessa fede che ha accompagnato Papa Giovanni XXIII quando comprese che non avrebbe visto gli esiti del Concilio Ecumenico Vaticano II: il suo successore lo avrebbe continuato e portato a compimento. Lo Spirito Santo, che gli aveva ispirato la decisione, avrebbe custodito e accompagnato i lavori conciliari perché portassero frutto. E così è accaduto!

Oggi i mezzi di comunicazione di massa, tagliuzzando a proprio piacimento le parole del Papa, fanno risuonare slogan che invitano soltanto a uscire verso le periferie, dimenticando la necessità di nutrire la fede con una vita da cristiani praticanti. Come se i veri cristiani fossero degli improvvisati missionari che, non frequentando più la Chiesa e senza conoscere il Vangelo, vanno in giro per il mondo cercando pecorelle smarrite!

Ma, una volta trovata una pecorella smarrita, cosa sarebbero in grado di fare tali missionari? Con tutta probabilità si affiancherebbero pieni di zelo alla pecorella ritrovata senza sapere bene cosa dire, né quale direzione prendere e così comincerebbero a vagare in due, entrambe smarrite,…

Io credo che le periferie si evangelizzano soprattutto vivendo da cristiani le situazioni quotidiane, quelle in cui veniamo a trovarci stando in famiglia, sul luogo di lavoro o di servizio, in parrocchia, a scuola, in politica, nel tempo libero, nell’impegno per il bene comune, nei tempi di periferia.

Apprendendo dai giornali, da internet o dalla radio la notizia di un Papa che torna a essere un semplice sacerdote, l’uomo delle periferie, quello lontano dagli altari delle nostre chiese, si sarà forse posto qualche domanda e forse sarà rimasto meravigliato.

Anche noi preti abbiamo i nostri tempi di periferia, quelli in cui non stiamo celebrando messa o quelli in cui non siamo seduti sulla poltrona dei nostri uffici parrocchiali; questi tempi di periferia sono importanti occasioni per evangelizzare. 

Papa Francesco non evangelizza le periferie solo quando si affaccia per l’Angelus e parla a tutto il mondo;
non evangelizza le periferie solo quando visita gli ammalati o i carcerati;
non evangelizza le periferie solo quando invita un po’ di poveri a casa sua per il pranzo di Natale;
non evangelizza le periferie solo quando telefona a qualcuno e i giornali ne parlano;…
Papa Francesco evangelizza le periferie anche la mattina quando, andando a colazione, rivolge un sorriso cordiale o un saluto carico di incoraggiamento alle persone che lavorano nella casa in cui vive, o quando non si lamenta per il cibo che gli viene servito a tavola, o quando prega lontano dai riflettori, o quando saluta i fedeli con un semplice buonasera,…

Così una mamma evangelizza le periferie prendendosi cura dei suoi figli, un politico evangelizza le periferie facendo scelte che tengano conto del bene comune e non dei suoi interessi personali, un consacrato evangelizza le periferie con uno stile di vita fondato sui consigli evangelici e non sui consigli mondani,…

Vieni, Signore Gesù!
Vieni a evangelizzare i miei tempi di periferia! [dGL]

Oggi leggi… (7)

Mc 1,35-39. La fama e gli impegni non distolgono Gesù dall’essenziale: pregare e annunciare il Vangelo a ogni uomo. Troviamo il tempo per pregare e annunciare!

giovedì 18 dicembre 2014

Oggi leggi… (6)

Mc 1,29-34. Perché Gesù impone il silenzio a chi vuole divulgare la sua identità? Perché non bastano i miracoli per comprendere chi è Gesù. Occorre attendere la Croce.

mercoledì 17 dicembre 2014

Oggi leggi… (5)

Mc 1,21-28. L’insegnamento di Gesù e i miracoli che Egli compie provocano meraviglia e obbligano gli spettatori a domandarsi: chi è Gesù?

martedì 16 dicembre 2014

Oggi leggi… (4)

Mc 1,14-20. Gesù ci incontra là dove siamo. Convertirsi e credere in Lui è lasciare subito le reti e seguirlo. Sarà Lui a farci uomini e donne felici!

lunedì 15 dicembre 2014

Vieni, Signore Gesù!

«Nell’esercizio quotidiano del Nostro ministero pastorale, Ci feriscono talora l’orecchio insinuazioni di anime, pur ardenti di zelo, ma non fornite di senso sovrabbondante di discrezione e di misura. Nei tempi moderni esse non vedono che prevaricazione e rovina, vanno dicendo che la nostra età, in confronto con quelle passate, è andata peggiorando; e si comportano come se nulla abbiano imparato dalla storia, che pure è maestra di vita, e come se al tempo dei Concili Ecumenici precedenti tutto procedesse in pienezza di trionfo dell’idea e della vita cristiana, e della giusta libertà religiosa.

Ma a Noi sembra di dover dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano eventi sempre infausti, quasi sovrastanti la fine del mondo.

Nel presente ordine di cose, la buona Provvidenza ci sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli uomini e per lo più oltre la loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento dei suoi disegni superiori e inattesi; e tutto, anche le umane diversità, dispone per il maggior bene della Chiesa» (Beato Giovanni XXIII, Discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962, nn. 8-9, in Tutti i documenti del Concilio, ed. Massimo, Milano).

Devo ringraziare un amico prete, che dieci anni fa mi regalò una raccolta dei documenti del Concilio, e il Seminario di Milano, che negli anni della formazione mi ha dato l’occasione di studiarli e approfondirli. Devo ringraziarli perché davvero, come il mio amico aveva scritto sul biglietto che accompagnava il regalo, questi documenti sono preziosi compagni di viaggio che aiutano a guardare il mondo con gli occhi della fede, con lo sguardo amorevole e benevolo di Dio.

Ogni anno viviamo l’Avvento e ogni anno il mondo ci rimbalza addosso sterili e noiose polemiche sul presepe, sui canti di Natale, sulla necessità che la Chiesa si aggiorni,…

Queste storie, che puzzano di ideologia e non hanno niente a che vedere con il rapporto tra le diverse confessioni religiose, non fanno che aumentare in noi cristiani la convinzione che sia urgente annunciare il Vangelo, che ci sia bisogno di quel lievito, di quel sale, di quella luce di cui noi cristiani siamo portatori, testimoni.

È Gesù il sole che sorge per illuminare le tenebre (Lc 1,78-79)!
È Gesù la luce che illumina le genti (Lc 2,32)!

Il mondo ha imparato bene a usare l’occhio di bue e illumina solo ciò che vuole farci notare, lasciando in ombra tutto il resto. Così ci vengono proposte per lo più immagini negative, violenze, distruzioni, episodi di razzismo, truffe,…; col passare del tempo ci convinciamo che una specie di montaggio cinematografico rappresenti tutta la realtà e gradualmente un buio pessimismo e una mortifera disperazione si fanno strada nel nostro cuore.

Avviene qualcosa di simile quando noi cadiamo nella tentazione di sostituirci alla luce vera. Certamente noi siamo chiamati a essere testimoni di quella luce da cui a nostra volta veniamo illuminati, ma dobbiamo ricordarci che non siamo noi la luce!

Quando ci convinciamo di essere noi la luce, illuminiamo solo una parte, incapaci di comprendere nel nostro limitato fascio di luce la complessità del reale; allora con forza ci battiamo per la difesa delle nostre ideologie impugnando le armi e preparandoci alla crociata, guidati dall’odio, più che dall’amore per il fratello, più che dal desiderio di portargli la luce.

Quanto è diversa la testimonianza dei santi. Ricordo San Francesco alla presenza del Sultano: «Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità. E predicò al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire (Lc 21,15)» (Fonti Francescane n. 1173).

Non prese di posizione politiche o ideologiche, ma la testimonianza coraggiosa di una vita salda nella fede, gioiosa nella speranza e operosa nella carità!
Non vuote argomentazioni, ma l’annuncio del Vangelo per la salvezza del Sultano e del suo popolo!
Non la pretesa di imporre la sua verità, ma il desiderio di condividere il tesoro che ha trovato (Mt 13,44)!

Al termine dell’incontro con il Sultano, le Fonti Francescane dicono che Francesco «vedendo… che non faceva progressi nella conversione di quella gente e che non poteva realizzare il suo sogno, preammonito da una rivelazione, ritornò nei paesi cristiani» (FF n. 1175).

Le tradizionali chiacchiere sul presepe e sui canti di Natale suonino per noi cristiani come la conferma della necessità di annunciare Cristo a ogni uomo; è questa necessità a renderci tutti missionari, testimoni della luce vera (Gv 1,9) come Giovanni Battista, Maria, gli Apostoli, i profeti e tutti i santi.

Non perdiamoci d’animo dietro ai molti profeti di sventura, ma tenendo fisso lo sguardo su Gesù e sulla buona Provvidenza, facciamoci portatori di gioia e speranza! [dGL]

Oggi leggi… (3)

Mc 1,12-13. Il battesimo non separa Gesù dalla storia; al contrario, lo colloca dentro la lotta che in essa si svolge. Come Gesù e con Gesù, ogni battezzato entra in battaglia contro il diavolo, ma è sotto il segno della vittoria e della pace.

domenica 14 dicembre 2014

Oggi leggi… (2)

Mc 1,9-11. Ecco che l’attesa arriva a compimento: Gesù, il Figlio amato, viene ad abitare in mezzo a noi, a stare con noi per sempre!

sabato 13 dicembre 2014

Oggi leggi… (1)

Mc 1,1-8. Nota la parola VANGELO (buona notizia) che è la venuta di Cristo. Tutto in questi versetti parla dell’attesa ravvivata dalla voce del Battista. Anche tu lo attendi.

mercoledì 10 dicembre 2014

Gli ultimi posti

Il signor Alfredo ha una spugna in mano e sta pulendo i bagni del ristorante. Lo osservo mentre è inginocchiato. Ha una bacinella vicino a sé e di tanto in tanto ci sciacqua la spugna.
«Dovrei farlo io questo lavoro», gli dico.
Lui si gira e mi fa un sorriso: «Vuoi sapere un segreto?».
«Sì», rispondo curioso.
«Fai sempre quello che gli altri non vorrebbero mai fare: stai sicuro che nessuno si lamenterà del tuo lavoro e che nessuno te lo ruberà».
«Allora continua tu ché io vado in sala a controllare se manca qualcosa», dico ridendo.
Il signor Alfredo si ferma e mi dice: «Ecco! Vedo che hai capito benissimo». Ride pure lui, si rimette al lavoro. Resto alcuni istanti a guardarlo e poi vado. [A. Ribeca, Il colore prima del blu, capitolo 14]

lunedì 8 dicembre 2014

Chi è senza peccato…

Con il quotidiano bollettino di guerra diramato dai media (TV, radio, internet, giornali,…) a tutte le ore, si potrebbero facilmente compilare enciclopedie di cronaca nera. Si rimane sconvolti, se si pensa che intorno a noi la violenza dilaga per i più svariati motivi: omicidi, violenze, abusi, corruzione, attentati, esecuzioni, truffe, rapine,…

Mentre scorrono le immagini e si susseguono le parole, mi distraggo e penso all’adultera che viene portata da Gesù (Gv 8,1-11). Si tratta di una donna che è stata sorpresa in adulterio, anzi in «flagrante adulterio» (Gv 8,4), si affrettano a precisare i santi scribi e farisei. Contro di lei ci sono prove schiaccianti, anche se a quei tempi non c’erano telecamere o intercettazioni ambientali, e il suo peccato non viene negato da Gesù.

I fatti di cronaca ci stanno davanti come una realtà sempre più cruda e difficile da accettare e noi certamente siamo pronti a indignarci, a giudicare, a condannare, a prendere le distanze. Ma l’indignazione è sterile se non ci spinge a un attento esame di coscienza. A ben guardare, anche noi facciamo i nostri peccati al grido di «che male c’è? Lo fanno tutti!».

Quasi tutte le persone di cui parlano i telegiornali sono descritte dai conoscenti come uomini e donne rispettabili, madri e padri meravigliosi, politici onesti, egregi signori, reverendi ecclesiastici,… Prima di commettere un peccato, agli occhi della gente siamo quasi tutti candidi, immacolati.

«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7); il caso della donna peccatrice viene trasformato da Gesù in un’occasione perché tutti si interroghino sui loro peccati.

Accade così anche con i fatti di cui parlano i telegiornali; essi, mettendoci in allarme, ci spronano ad alzare le difese, a vigilare, a rafforzarci contro un nemico che sta sempre in agguato: «Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede» (1Pt 5,8-9).

La donna sorpresa in adulterio ha peccato, ma anche noi dobbiamo stare attenti perché in qualsiasi momento possiamo fare un peccato; prima di tradire il marito, ella era una moglie come tante altre, così come il politico era un onorevole tutto dedito al bene comune, l’ecclesiastico un sant’uomo da trattare con il dovuto rispetto, la mamma una donna solare che amava i suoi figli,…

La tentazione è quella di non fidarsi più di nessuno e vivere in uno stato di ansia e preoccupazione, ma non è cristiano vedere il diavolo da tutte le parti ed essere schiavi delle proprie paure.

È cristiano, invece, sentirsi richiamati alla vigilanza: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento» (Mc 13,33), «Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà…; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati» (Mc 13,35-36), «Vegliate!» (Mc 13,37), «… fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia» (2Pt 3,14),…

Cari fratelli cristiani, occorre vegliare per non farsi conquistare da uno stile mafioso, dal desiderio di potere, dalla corruzione, dalla prepotenza, da ogni forma di violenza e discriminazione.

Occorre vegliare perché ai nostri piccoli non manchino buoni maestri e ci si possa ancora fidare di noi cristiani. [dGL]

venerdì 5 dicembre 2014

La lingua e l’orecchio del discepolo

4Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
5Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro. [Isaia 50,4-5]

mercoledì 3 dicembre 2014

Apostoli di gratuità

«I fanciulli poi non mi lasciano né dire l’Ufficio divino, né prendere cibo, né riposare fino a che non ho loro insegnato qualche preghiera; allora ho cominciato a capire che a loro appartiene il regno dei cieli» (dall’Ufficio delle letture del 3 dicembre, Memoria di San Francesco Saverio, sacerdote)

Da stamattina ho già riletto molte volte questa frase tratta da una lettera di San Francesco Saverio a Sant’Ignazio di Loyola. L’ho riletta anche dopo aver celebrato l’Eucaristia e aver proclamato il Vangelo del giorno (Mt 15,29-37) in cui si racconta il radunarsi della folla attorno a Gesù e la moltiplicazione dei pani.

Non faccio fatica a immaginare San Francesco Saverio, missionario in Oriente, attorniato da tanti ragazzi desiderosi di imparare a parlare con Dio! Con altrettanta facilità riesco a raffigurarmi la folla che si raduna attorno a Gesù per incontrarlo e presentargli le sue sofferenze, i suoi ammalati.

San Francesco Saverio non è altro che un discepolo di Gesù, un suo apostolo inviato a sfamare i suoi fratelli con l’annuncio del Vangelo. Nei suoi gesti, nelle sue parole, nel suo stile, nella sua carità ogni uomo può rintracciare la somiglianza con il Maestro, con colui che lo ha mandato. È per questo che i ragazzi accorrono e il santo missionario non ha un momento di riposo. Non cercano le cose che lui possiede, ma ciò che egli è: vogliono diventare cristiani come lui, discepoli del suo stesso Maestro.

Allo stesso modo, non è solo il desiderio di guarigione fisica a radunare la folla attorno a Gesù, ma l’intuizione di una vita nuova, di una vita buona. Gesù è la vita e chi è mortificato da una malattia, da una delusione, da una umiliazione, da una disuguaglianza, da un giudizio poco benevolo, da un vizio, da un peccato, da un fallimento,… accorre a Lui, gli si stringe intorno per trovare ristoro, per farsi risanare, rianimare, rialzare.

«Zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati» (Mt 15,30) vengono deposti ai suoi piedi dalle mani di una folla che sa farsi carico delle sofferenze degli ultimi. Ed è quella stessa folla ad assistere piena di stupore al rifiorire della vita, alla vittoria sul peccato e sulla morte: i muti parlano, gli storpi guariscono, gli zoppi camminano, i ciechi vedono e il cuore di ciascuno, liberato da ciò che l’opprimeva, esprime nella lode la sua gioia (cfr. Mt 15,31)!

Anche oggi c’è proprio bisogno di annunciare il Vangelo, di spezzare il pane, di insegnare a pregare; c’è proprio bisogno di apostoli di gratuità che gridino dal profondo del cuore: «Signore, eccomi; che cosa vuoi che io faccia?» (cfr. Ufficio delle letture della Memoria di San Francesco Saverio, sacerdote). [dGL]

lunedì 1 dicembre 2014

Quella carità che…

Presentiamo a Dio i nostri cuori miseri, vòti, perché Gli piaccia riempirli di quella carità, che ripara al passato, che assicura l’avvenire, che teme e confida, piange e si rallegra, con sapienza; che diventa in ogni caso la virtù di cui abbiamo bisogno. [A. Manzoni, I Promessi sposi, Capitolo ventiseiesimo]

giovedì 27 novembre 2014

Il buon contadino

Nel giardino di casa del piccolo Nerino, c’era una quercia di grandissime dimensioni.
Il bimbo amava stare alla sua ombra ascoltando l’allegro canto degli uccelli tra le fronde.

Una mattina Nerino vide sotto l’albero tante ghiande e pensò di piantarne una. Cercò il nonno nell’orto dietro casa e gli chiese un vasetto e un po’ di terra buona per la sua ghianda. Poi, tutto contento, sotterrò il seme e bagnò la terra con l’acqua.

Mise il vaso nella sua cameretta, vicino alla finestra in un luogo ben visibile perché non voleva perdersi la nascita della sua quercia. Già immaginava il fusto che sarebbe diventato sempre più robusto e i rami pieni di foglie verdi; nel vaso sul suo comodino, Nerino sognava una quercia come quella che c’era in giardino.

I giorni passavano e dalla terra cominciò a spuntare un germoglio, poi un fusto verde con qualche fogliolina.

Nerino era felice: la rapidità di quei primi passi lo faceva ben sperare in tempi brevi per la crescita della sua quercia. Piano piano, però, il processo sembrò rallentare fino ad arrestarsi e nel vaso non si notavano cambiamenti; sembrava tutto fermo, eppure la piantina era verde e, quindi, viva.

Sulle prime, Nerino divenne impaziente: «Ma quanto ci mette!», sbuffava infastidito passando davanti al vaso. Poi pensò di aggiungere all’acqua un concime, ma non ottenne l’effetto sperato. Spostò la pianticella in un luogo più luminoso, ma non ci furono miglioramenti. Infine, prese il vaso e scese in giardino.

Chiese al nonno una piccola paletta, di quelle che si usano per il giardinaggio, e andò sotto la grande quercia. Il nonno, incuriosito, lo guardava da lontano.

Nerino cominciò a scavare e quando gli sembrava che la buca fosse abbastanza grande, si mise a estrarre dal vasetto la sua quercia, tirandola delicatamente per il fusto.

Fu allora che il nonno gli si avvicinò e gli chiese: «Che fai, Nerino?».
Il bambino gli rispose con aria seria: «La mia piantina non sta bene nel vaso; adesso la pianto sotto la sua mamma, così crescerà forte e grande come lei!».
Il nonno sorrise con tenerezza al nipote e gli disse: «Nerino, questa quercia era già molto grande quando io ero bambino; la natura ha i suoi tempi e il buon contadino non è quello che pretende di vedere subito i frutti, ma quello che sa attendere custodendo ciò che ha piantato. La tua piccola quercia è viva e sta bene! A te custodirla e aspettare che cresca a suo tempo!».

Nerino ci pensò un momento, e poi cominciò a ricoprire la buca.
«Ho deciso che la tengo!», disse al nonno avviandosi verso casa con in braccio la sua piccola quercia. [dGL]

domenica 23 novembre 2014

Belli e gagliardi

Da poco il fischio finale ha decretato la fine della partita di esordio della squadra di calcio a 5 parrocchiale nel campionato provinciale del CSI, categoria Under 16.

È stata un’ora di bel gioco e da spettatore mi sono divertito apprezzando i dodici goal, ma anche tante azioni degne di nota. La partita è stata intensa e divertente.

Nonostante la sconfitta, sono tornato a casa contento perché ho visto due squadre di ragazzi belli e gagliardi.

In questi due giorni ho visto così tante persone belle e gagliarde, che questa sera mi sento come se avessi preso una boccata d’aria buona. Il mondo intorno a noi non è così scuro come lo dipingono giornali e mezzi di informazione.

Se viviamo un po’ la parrocchia e non le concediamo soltanto lo spazio di una messa, possiamo prendere atto che esiste una realtà giovanile che desidera esprimersi e farsi apprezzare per buone azioni e non per atti di bullismo; esiste una realtà giovanile che coltiva sogni e progetti; esiste una realtà giovanile che si sacrifica per raggiungere un obiettivo; esiste una realtà giovanile che chiede a noi adulti di essere dei punti di riferimento coerenti e credibili.

Ne ho viste tante di belle notizie in questo fine settimana; ne elenco alcune: i catechisti giovani e adulti che ce la mettono tutta per coinvolgere i ragazzi nelle attività parrocchiali e aiutarli a incontrare Gesù, i giovani che da Settembre si riuniscono ogni sabato, con l’aiuto di qualche educatore, per progettare e allestire il presepe parrocchiale, la corale cittadina che offre a tutti un concerto in onore di santa Cecilia, i musicisti della banda che festeggiano santa Cecilia, rallegrando con la musica i concittadini; infine, i ragazzi delle due squadre di calcio a 5 che mostrano un impegno e una determinazione sorprendenti, guidati dai rispettivi allenatori!

Oggi pomeriggio è iniziato il campionato con la partita tra Polisportiva Gagliarda e Real Ripatransone. I nostri ragazzi (Real Ripatransone) hanno finalmente debuttato in quel campionato per cui hanno cercato un allenatore e un luogo in cui allenarsi, hanno studiato i regolamenti, hanno cercato sponsor, hanno scelto i colori delle magliette e il nome della squadra, hanno fatto un sito internet, hanno giocato amichevoli e imparato il gioco di squadra. Non è finita con i tre punti a nostro favore, come spesso capita ai nostri cugini del Real Madrid, ma anche noi abbiamo espresso buon gioco, ci abbiamo creduto fino alla fine e abbiamo fatto divertire i nostri tifosi!

Ecco perché, anche se la mia squadra è stata sconfitta, stasera sono contento: ho visto che giovani e adulti possono camminare insieme e costruire sogni, bei sogni!

A fine giornata, mi rimane negli occhi l’intera partita, giocata con il sorriso e senza cattiverie, senza scorrettezze e parolacce. Un match in cui il fischio finale non è stato il momento del disimpegno, ma del riconoscersi parte di una stessa grande squadra, con la stretta di mano tra giocatori, arbitro e allenatori. [dGL]

sabato 22 novembre 2014

Dubbio e fede [citazione tratta da Introduzione al cristianesimo, J. Ratzinger]

… A questo punto potrà forse risultare opportuno ascoltare un racconto ebraico, riportatoci da Martin Buber, nel quale il dilemma dell’esistenza umana sopra enunciato affiora in tutta la sua evidenza.

«Uno degli illuministi, uomo assai erudito che aveva sentito parlare del rabbi di Berditchev, andò a fargli visita, per disputare come il suo solito anche con lui, nell’intento di fare scempio delle retrive prove da lui apportate per dimostrare la verità della sua fede. Entrando nella stanza dello Zaddik, lo vide passeggiare innanzi e indietro con un libro in mano, immerso in profonda meditazione. Il saggio non prestò alcuna attenzione al visitatore. Finalmente si arrestò, lo guardò di sfuggita, e sbottò fuori a dire: “Chissà, forse è proprio vero”. L’erudito chiamò invano a raccolta tutto il suo orgoglio: gli tremavano le ginocchia, tanto era imponente lo Zaddik da vedere, tanto tremenda la sua sentenza da udire. Il rabbino Levi Jizchak si volse però completamente a lui, rivolgendogli in tutta calma le seguenti parole: “Figlio mio, i grandi della Torah, con i quali tu hai polemizzato, hanno sciupato inutilmente le loro parole con te; quando te ne sei andato, ci hai riso sopra. Essi non sono stati in grado di porgerti Dio e il suo regno; ora, neppur io sono in grado di farlo. Ma pensaci, figlio mio, perché forse è vero”. L’illuminista fece appello a tutte le sue energie interiori, per ribattere; ma quel tremendo ‘forse’, che risuonava ripetutamente scandito ai suoi orecchi, aveva spezzato ogni sua velleità di opposizione» (M. Buber, I racconti dei Chassidim, Garzanti, Milano 1979, 273).

Penso che qui – nonostante la stranezza della veste esteriore – sia descritta con molta precisione la situazione dell’uomo di fronte al problema di Dio. Nessuno è in grado di porgere agli altri Dio e il suo regno, nemmeno il credente a se stesso. Ma per quanto da ciò possa sentirsi giustificata anche l’incredulità, a essa resta sempre appiccicata addosso l’inquietudine del «forse però è vero». Il ‘forse’ è l’ineluttabile tentazione alla quale l’uomo non può assolutamente sottrarsi, nella quale anche rifiutando la fede egli deve sperimentarne l’irrefutabilità. In altri termini: tanto il credente quanto l’incredulo, ognuno a suo modo, condividono dubbio e fede, sempre che non cerchino di sfuggire a se stessi e alla verità della loro esistenza. Nessuno può sfuggire completamente al dubbio, ma nemmeno alla fede; per l’uno la fede si rende presente contro il dubbio, per l’altro attraverso il dubbio e sotto forma di dubbio. È la struttura fondamentale del destino umano poter trovare la dimensione definitiva dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra dubbio e fede, fra tentazione e certezza. E chissà mai che proprio il dubbio, il quale preserva tanto l’uno quanto l’altro dalla chiusura nel proprio isolazionismo, non divenga il luogo della comunicazione. Esso, infatti, impedisce ad ambedue gli interlocutori di barricarsi completamente in se stessi, portando il credente a rompere il ghiaccio col dubbioso e il dubbioso ad aprirsi col credente; per il primo rappresenta una partecipazione al destino dell’incredulo, per il secondo una forma sotto cui la fede resta – nonostante tutto – una provocazione permanente. [J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia, 38-39]

venerdì 21 novembre 2014

Libri improbabili

Nell’era dell’I… (Iphone, Ipad, Ipod, Ibreviary,…), la carta stampata sembra aver fatto il suo tempo. Ma il professor Johannes de Silentio non è di questo avviso e ha pensato di dedicarsi alla recensione di alcuni libri, a suo dire, di particolare interesse e attualità.
Il tempo di una vita non ci permetterebbe di leggere tutto ciò che viene pubblicato e da soli rischieremmo di perderci tra gli scaffali delle librerie, attratti da questa o quella copertina. È stato il pensiero rivolto a noi lettori, smarriti di fronte a tante svariate pubblicazioni, a spingere il professor Johannes, animato da una inguaribile passione educativa, a prendere carta e penna per indicarci quei libri che non possono mancare nelle nostre biblioteche, sulle nostre scrivanie o sui nostri comodini.
Non trovando spazio, però, all’interno dei giornali cartacei, il professore mi ha chiesto gentilmente di lanciare in esclusiva sulle pagine di Se il chicco di grano… la sua prima recensione.
Buona lettura! [dGL]

a cura di Johannes de Silentio

Le schede di lettura saranno composte dai dati essenziali (titolo, autore, editore, numero di pagine), da un tweet dedicato al libro (per le persone che non riescono a leggere ciò che supera i 140 caratteri) e da una sintetica recensione.

Titolo: Storie di barba! Milleuno buoni motivi per non tagliarla.
Autore: Tonsor Foltabarba
Editore: Ockham, 2014
Numero di pagine: 1003

Il libro in un TWEET:
1001 meraviglie tra le forbici di #tonsor. Finalmente la #barba nelle pagine di un libro!

La recensione:
Il signor Tonsor è un barbiere di mezza età con l’hobby della scrittura. Nel corso della sua esperienza lavorativa, ha avuto modo di prendersi cura di barbe di tutti i tipi e di tutte le lunghezze. Il libro raccoglie le storie che dietro quelle barbe si nascondono: c’è chi si è fatto crescere la barba per un voto, chi per fare penitenza, chi per nascondere cicatrici, chi per fare il filosofo, chi per protestare contro le fabbriche di rasoi, chi per lanciare un nuovo stile, chi per sembrare più anziano, chi per interpretare un personaggio nel presepe vivente del suo paese, chi per fare il rivoluzionario,… e chi semplicemente perché non aveva voglia di tagliarla.
Nel suo negozio passano ogni giorno le storie più curiose, come quella di Guglielmo che, essendo allergico alla lana, s’è fatto crescere una lunghissima barba e d’inverno la usa come sciarpa; o quella di Luigi che, somigliando a un personaggio famoso, ha scelto di non tagliare più la barba per non essere importunato dai numerosi fan in cerca di autografi.
Il signor Tonsor, con leggerezza e ironia, ci aiuta a non affrontare con superficialità le barbe che incontriamo, liquidandole con uno scontato: «Perché non ti tagli quella barba?».
Una curiosità: il titolo promette 1001 buoni motivi, ma il libro è composto di 1003 pagine. Le due pagine in più sono l’indice e la dedica dell’autore: «Alla barba che non ho ancora tagliato».




Nota bene: il libro e la recensione sono frutto di fantasia.

domenica 16 novembre 2014

«Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (Mc 6,50)

Gesù cammina sulle acque (vv. 45-52)
45E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsaida, finché non avesse congedato la folla. 46Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. 47Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. 48Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. 49Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, 50perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 51E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, 52perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.


Partiamo dalla bicicletta.

La bicicletta è un mezzo di trasporto che ci permette di andare a una buona andatura: né troppo lenti, come quando ci muoviamo a piedi, né troppo veloci, come quando ci muoviamo in macchina o con lo scooter.

La bicicletta ci permette di salutare chi incontriamo e anche di ammirare il paesaggio che ci circonda. 

E poi, la bicicletta alla nostra età l’abbiamo già usata tutti, almeno una volta.

Partiamo dalla bicicletta proprio per questo motivo: è un’esperienza a noi comune, come per i discepoli era un’esperienza comune andare in barca e remare,… Pochi di noi possono dire di essere andati in barca, meno ancora sono quelli che, qui in sala, possono dire di essere stati in barca col vento contrario o nel bel mezzo di una tempesta, come quella vista nel video appena proiettato.

Pochi di noi, dunque, sono stati in barca, ma tutti siamo andati in bicicletta.

Chi va in bicicletta deve imparare a mantenere l’equilibrio e sperimenta, almeno le prime volte, una sensazione di instabilità come quella data dalle onde sul mare.

Chi va in bicicletta deve pedalare e quindi compiere un lavoro, una fatica – più o meno agevolata dalle marce. Sappiamo bene che questa fatica non è sempre uguale: c’è la pianura, la salita, la discesa; ci sono l’accelerazione e la frenata.

Chi va in bicicletta deve aver fede nella sua capacità di guidare, ma anche nell’attenzione degli altri che incontra sulla strada.

Infine, c’è un'altra esperienza che tutti abbiamo più o meno sperimentato in bicicletta: il vento contrario. Quanta fatica quando il vento è contrario e che sollievo quando possiamo sfruttare la scia di qualcuno, riparandoci dietro le sue spalle!

Pedalando da soli con il vento contrario, anche noi, come i discepoli in barca, abbiamo fatto esperienza di una fatica grande, ma quasi improduttiva, talmente improduttiva da scoraggiarci fino al punto che, se non finisce questo vento, giro e torno a casa!

Se andiamo in bicicletta di notte e la strada non è ben illuminata, alla luce del nostro piccolo faro rischiamo di vedere soltanto ombre poco definite e di non riconoscere gli amici che incontriamo. Una notte, su una strada di campagna ho incontrato un istrice che attraversava. Alla luce dei fari della macchina, da lontano, sembrava uno strano oggetto luminoso che si muoveva. Solo avvicinandomi mi sono accorto che erano i suoi aculei a riflettere la luce creando un effetto quasi spettrale.

Un po’ per la fatica, un po’ per il buio, accade ai discepoli di non riconoscere una figura che si avvicina nel vento, camminando sul mare. Lo spavento è tanto grande da farli gridare; sono convinti di vedere un fantasma.

Hanno bisogno come noi di una luce, di un segno, di una voce che li aiuti a riconoscere in quella figura il loro amico: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (Mc 6,50).

E Gesù, l’Amico, l’Amato, colui che ha moltiplicato i pani e calmato la tempesta, sale a bordo e il vento cessa, le paure scompaiono, il cuore è confortato.

Questo pomeriggio sarà una vera festa se incontreremo Gesù e cominceremo a fidarci di Lui e degli amici che Egli mette al nostro fianco! [dGL]

(Riflessione proposta sabato 15 novembre 2014 durante l’incontro dei ragazzi 12-14 nella parrocchia Cristo Re – Porto d’Ascoli, Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto)