sabato 26 gennaio 2019

Il segreto della felicità

«Ah, se potessi insegnarti il segreto della felicità come il buon Dio l’ha insegnato a me! Tu dici che io non ho né preoccupazioni né sofferenze; è vero che sono molto felice, ma se tu sapessi come, anche quando si è contrariati, si può essere egualmente felici! Bisogna sempre guardare al buon Dio. All’inizio bisogna fare degli sforzi, poiché ci si sente ribollire in sé, ma lentamente, a forza di pazienza e con l’aiuto del buon Dio, si viene a capo di tutto» (S. Elisabetta della Trinità).

Condivido con voi lettori questo pensiero di Santa Elisabetta della Trinità perché mi comunica una grande pace.

Non ho ancora imparato il segreto della felicità, ma la testimonianza di Santa Elisabetta mi convince che è possibile davvero essere felici «anche quando si è contrariati».

Il suo metodo è molto semplice e immediatamente applicabile: «Bisogna sempre guardare al buon Dio». La nostra amica Elisabetta ci avvisa fin da subito che all’inizio troveremo difficoltà e occorrerà fare degli sforzi, ma «lentamente, a forza di pazienza e con l’aiuto del buon Dio, si viene a capo di tutto».

Proviamo a far caso alle emozioni che sentiamo nascere in noi mentre ascoltiamo le parole di Santa Elisabetta della Trinità.

Proviamo oggi a rinnovare la nostra fiducia nel buon Dio [dGL].

sabato 19 gennaio 2019

Laudato si’


Una bella tradizione legata alla festa di Sant’Antonio abate è la benedizione del pane, che poi viene distribuito gratuitamente a chi lo desidera.

Per onorare la tradizione, il 17 gennaio, mi alzo prima del solito e vado dal fornaio.

Quando arrivo, i panini di Sant’Antonio sono pronti per essere infornati. Preghiamo insieme e benedico quel pane pensando che in onore di un santo, vissuto molti secoli fa, continua a ripetersi un gesto di carità, che ricorda a tutti noi cristiani che il pane quotidiano non deve mancare sulla mensa di ogni uomo, e che siamo responsabili di quel pane. Se lo sprechiamo o lo disprezziamo, lo abbiamo tolto dalla bocca di qualcuno con cui potevamo condividerlo.

Il fornaio mi racconta delle raccomandazioni dei suoi genitori a non sprecare il pane, ma a custodirlo sempre con rispetto e devozione,… sono le stesse raccomandazioni che anch’io ho ricevuto dai miei genitori e dai miei nonni, un’eredità preziosa che mi auguro di tramandare ai miei parrocchiani.

Quando esco dal forno, è ancora notte.
Manca poco al sorgere del sole.
Penso a come sarebbe bello aspettare l’alba.
Mi prende il desiderio di veder nascere il sole.
Salgo in macchina e vado al molo sud.
Sono solo: c’è poca gente in giro alle 06.30 del mattino.
Mi sento quasi l’unico testimone di uno spettacolo straordinario!

Scendo dalla macchina e nel freddo mi incammino verso la punta del porto.
Passo dopo passo, guardando verso il mare, mi accorgo delle sfumature che si susseguono nel cielo. La luce del sole, piano piano, colora il blu notte del cielo. Si annuncia una bellissima giornata.

Intanto apro il breviario e prego con i salmi dell’Ufficio delle Letture.

L’alba mi trova immerso nella lettura di un versetto che mi fa alzare gli occhi per verificare se le cose stanno proprio così: «Il sole mentre appare nel suo sorgere proclama: “Che meraviglia è l’opera dell’Altissimo!”» (dal Libro del Siracide 43, 2).

Resto incantato e non mi curo nemmeno del freddo, tanta è la meraviglia per quello che vedo e per le emozioni che sento.
E così mi viene spontaneo ringraziare Dio per il creato e per tutto ciò che mi dona di conoscere e imparare. E lo ringrazio soprattutto per la fede, che mi permette di andare ancora più in alto del sole, e di contemplare la bellezza dell’Altissimo, bellezza che mi riempie di gioia e pace! [dGL]

sabato 5 gennaio 2019

Goccia (54)

Stamattina condivido sulle pagine di questo blog uno spezzone di un film (Il pranzo di Babette) e un paio di pagine tratte da un libro di don Paolo Alliata, che ti consiglio di leggere: Dove Dio respira di nascosto, Ponte alle grazie, Milano 2018).
Buona visione e buona lettura!


«Il racconto si conclude. Si scopre che Babette, per la cena, ha speso tutti i diecimila franchi. Non ha tenuto nulla. Le due sorelle sono costernate.

“Cara Babette, non dovevate dare via tutto quanto avevate per noi”.
“Per voi?” replicò. “No, per me”. Si alzò dal ceppo e si fermò davanti alle sorelle, ritta. “Io sono una grande artista” disse.
(Karen Blixen, Il pranzo di Babette, in Capricci del destino, Feltrinelli, Milano 2016).

Babette è ritta. Si erge nella fierezza di colei che finalmente ha potuto esprimere il meglio di sé. Io sono una grande artista, dice, io non l’ho fatto anzitutto per voi, l’ho fatto anzitutto perché io sono questo e per una volta mi sono consentita di essere ciò che sono.

“Per tutto il mondo risuona un solo lungo grido, che esce dal cuore dell’artista: consentitemi di fare il meglio che posso!”

È Gesù che dice: Amici miei, non lo faccio solo per voi, lo faccio perché io e Dio siamo una cosa sola, e Dio è fatto così: Dio nutre. E se anche mi prenderanno a sberle, mi sputeranno addosso, mi tortureranno a morte, questo non cambia niente. Potranno rifiutare il mio dono, ma non potranno impedirmi di donare. Potranno rifiutare il mio dono, ma non impedirmi di essere me stesso.

“E adesso sarete povera per tutta la vita, Babette?”
“Povera?” disse Babette. Sorrise come a se stessa: “No, non sarò mai povera, ho detto che sono una grande artista. Un grande artista, madame, non è mai povero. Abbiamo qualcosa, madame, di cui gli altri  non sanno nulla”.
Filippa andò da Babette e la strinse tra le braccia. Sentiva il corpo della cuoca come un monumento di marmo contro al proprio, mentre lei stessa si scuoteva e tremava da capo a piedi.
(Karen Blixen, Il pranzo di Babette, in Capricci del destino, Feltrinelli, Milano 2016).

Babette ha espresso il suo dono, il meglio di sé. E quindi è solida, solidissima, come il marmo. Quando esprimiamo il nostro dono siamo incontenibili. Quando siamo radicati nel meglio di noi stessi, se anche il dono non viene riconosciuto, noi siamo definitivamente vivi» (Don Paolo Alliata, Dove Dio respira di nascosto, Ponte alle grazie, pp. 37-38).