venerdì 31 dicembre 2021

Buon anno con Gesù!!!

 

«Peppone si addormentò che il cielo incominciava a schiarire e non pensava neppur lontanamente che fra qualche ora la gente, ritrovando la croce, avrebbe detto: “Chi sa chi l’ha fatta! Deve essere stato un artista grosso di città perché qui anche Peppone che è Peppone e sa il mestiere suo, non sarebbe capace neppure di fare metà di questi riccioli”.

Perché, si capisce, nessuno poteva sapere che il figlio del Lolli aveva fatto girare la ventola della fucina e i suoi occhi non si erano mai staccati un istante dalle mani del fabbro.
E quando un bambino così guarda in quel modo lì due mani di fabbro, quelle sono mani benedette» (Giovanni Guareschi, Tutto don Camillo, ed. BUR, volume primo, p. 862).

Il “figlio del Lolli” mi fa pensare al Figlio di Dio che è con noi per sempre e non stacca un istante i suoi occhi dalle nostre mani.

Così oggi mi pare bello applicare alla vita nostra la frase conclusiva del racconto di Guareschi riscrivendola così:
E quando Gesù guarda in quel modo lì le nostre mani, quelle sono mani benedette!
 
Sia per tutti un anno in cui ci sentiamo guardati con amore da Dio e dal nostro prossimo; un anno in cui, consapevoli che le nostre vite sono benedette, portiamo a tutti la tenerezza e la misericordia di Dio!

venerdì 24 dicembre 2021

Buon Natale!!!

L'immagine è una icona copta raffigurante la natività, dipinta da Isaac Fanous

Dalla «Esposizione del Vangelo secondo Luca» di sant’Ambrogio, vescovo

«Ed avvenne che, mentre si trovavano colà, si compirono per lei i giorni del parto; e diede alla luce il suo figlio primogenito, e lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo» (Lc 2, 6 s.).
San Luca descrive brevemente e il modo e il tempo e il luogo ove Cristo nacque secondo la carne. Se tu però desideri informarti sulla sua generazione eterna, leggi il vangelo di san Giovanni, che comincia dal cielo per discendere fino alla terra. Vi troverai descritto sia da quando egli era, sia il modo in cui era, sia che cosa era, e che cosa aveva fatto, che cosa faceva, e dov’era; e dove egli venne, in che modo, in quale momento, per qual motivo egli venne. Giovanni scrive: «In principio era il Verbo»: ecco descritto quando era; «e il Verbo era con Dio»: ecco il modo. Trovi anche chi era, perché dice: «e il Verbo era Dio»; che cosa aveva fatto: «tutto fu fatto per mezzo di Lui»; che cosa faceva: «era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene nel mondo»; e dov’era: «egli era in questo mondo»; e dove sia venuto: «venne nella sua casa», in che modo sia venuto: «il Verbo si fece carne» (cfr. Gv 1, 1-14). In quale momento sia venuto, è Giovanni che lo dice, dandogli questa testimonianza: «Questi è colui del quale io ho detto: “Dopo di me viene un uomo che sta davanti a me, perché era prima di me”» (Gv 1, 30). E sempre Giovanni attesta per quale motivo egli sia venuto: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1, 29). Se dunque abbiamo appreso l’una e l’altra nascita di Cristo, e se teniamo presente che uno solo è il soggetto di entrambe, e che una sola è la causa per cui è venuto – prendere su di sé le colpe del mondo ormai in sfacelo, per abolire nella sua propria persona, che non poteva essere vinta, l’infamia del peccato e la morte di tutti – ne consegue che in questa narrazione anche l’evangelista san Luca ci fa da maestro, e ci indica le vie del Signore, il quale cresceva secondo la carne. Nessuno però deve stupirsi se abbiamo detto che l’infanzia di Giovanni fu omessa per una ragione profonda, mentre ora facciamo notare come sia descritta l’infanzia di Cristo; non a tutti, infatti, è concesso di dire: «Io mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti» (1 Cor 9, 22); e di nessun altro si può asserire, «che è stato trafitto per i nostri delitti, è divenuto debole per le nostre iniquità» (Is 53, 5). Per questo egli volle essere un bambinello, per questo volle essere un fanciulletto, affinché tu potessi diventare un uomo perfetto; egli fu stretto in fasce, affinché tu fossi sciolto dai lacci della morte; egli nella stalla, per porre te sugli altari; egli in terra, affinché tu raggiungessi le stelle; egli non trovò posto in quell’albergo, affinché tu avessi nei cieli molte dimore. «Da ricco che era», sta scritto, «si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi della sua povertà» (2 Cor 8, 9). Quella indigenza è dunque la mia ricchezza, e la debolezza del Signore è la mia forza. Ha preferito per sé le privazioni, per aver da donare in abbondanza a tutti. Il pianto della sua infanzia in vagiti è un lavacro per me, quelle lacrime hanno lavato i miei peccati. O Signore Gesù, sono più debitore ai tuoi oltraggi per la mia redenzione, che non alla tua potenza per la mia creazione. Sarebbe stato inutile per noi nascere, se non ci avesse giovato venire redenti. (dalla Liturgia Ambrosiana delle ore, Ufficio delle Letture di Natale).

domenica 21 novembre 2021

Cristo Re


Allora Pilato vide un ragazzo, gravemente ammalato, steso su un lettino d’ospedale e si commosse profondamente. Scoppiò a piangere protestando: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re». Solo in quel momento Pilato vide accanto al letto del ragazzo un’anziana signora, forse sua nonna, che gli stringeva la mano e sussurrava parole dolci al ragazzo. Era Bruna, una pensionata che non aveva figli né nipoti. Qualche anno prima, al centro d’ascolto della Caritas parrocchiale, Bruna aveva conosciuto la famiglia di Giovanni. Giovanni aveva qualche mese ed era l’ultimo di sei fratelli. Così Bruna aveva cominciato a prendersi cura di quella famiglia in difficoltà e di quel bimbo appena nato. Era molto generosa, Bruna, e nel corso degli anni aveva impiegato tutte le sue sostanze a sostegno di iniziative di carità parrocchiali e diocesane. Giovanni era cresciuto praticamente con lei: gli aveva insegnato a leggere, lo aiutava a fare i compiti, gli regalava libri e vestiti, andava anche a parlare con maestre e professori,… e faceva tutto questo con una discrezione tale che nessuno intorno a lei lo avrebbe mai potuto immaginare. Poi Giovanni s’era ammalato, e allora avevano cominciato a girare per ospedali, cliniche e specialisti. E Bruna sempre lì ad accompagnarlo, a incoraggiarlo, a pregare con lui e per lui! Fino al momento in cui Pilato era giunto lì e aveva visto Giovanni, e accanto a lui la sua famiglia, Bruna e Gesù. Pilato si meravigliò di percepire in quella stanza d’ospedale non la disperazione per una malattia inguaribile, ma soltanto un grande amore e una grande pace. Era un mistero.

Subito dopo, Pilato vide un muro invalicabile e sulla cima del muro soldati coi mitra spianati. Da una parte del muro c’erano le città dei popoli ricchi, dall’altra invece erano ammassati migliaia di profughi provenienti da Paesi molto poveri. Faceva freddo e pioveva, e quelli erano lì senza coperte e senza riparo. Pilato sentì un dolore profondo al cuore. Pensò alla sua famiglia. Tra quei poveretti maltrattati immaginò i suoi, quelli di casa sua. Sdegnato per tanta indifferenza da parte dei potenti, disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re». E Pilato notò in mezzo a quella gente alcuni uomini e donne che si muovevano rapidi e silenziosi. Distribuivano coperte, bevande calde, panini,… e facevano tutto con estrema gentilezza e cura. I volontari sembravano infaticabili: si avvicinavano a tutti e cercavano di ascoltare le necessità di ciascuno. C’era anche chi con un pallone faceva giocare ragazzi e bambini. Pilato osservava tutto con grande ammirazione e seguiva ogni movimento dei volontari. Sembrava un tifoso quando partecipa alle gare della sua squadra del cuore. A un certo punto si mise anche lui a stringere quelle mani, a soccorrere quei fratelli, a incoraggiare i volontari, a fare smorfie per far sorridere i bambini,... E fu pieno di stupore notando che anche in mezzo a tanto freddo, un piccolo gesto di cura e d’affetto può portare calore e sollievo.

Poi Pilato si ritrovò in un luogo che conosceva… Ma certo! Era la strada che da Gerusalemme scende a Gerico. Vide in lontananza un uomo buttato a terra. Non capiva cosa stava succedendo: vedeva lì intorno gente che passava, ma era come se quell’uomo a terra lo vedesse solo lui, che era lontano; e quelli lì, invece, a due passi da quell’uomo mezzo morto, non si fermavano. Aveva visto avvicinarsi un sacerdote e s’era detto: «Di certo si fermerà a sincerarsi delle sue condizioni». E invece no: il sacerdote fece come se non avesse notato nulla di strano. Quando, poi, vide arrivare un levita, Pilato si mise a gridare: «Fermati! C’è lì un uomo che ha bisogno di aiuto. Morirà se non ti fermi!». Ma Pilato era troppo lontano e la sua voce non raggiunse il levita che vide e passò oltre. Pilato, spazientito, gridò a Gesù: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re». E Pilato vide giungere un Samaritano che si fece vicino a quell’uomo, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura per portarlo in un albergo e prendersi cura di lui. Immediatamente Pilato passò dall’indignazione per l’indifferenza di quegli uomini all’entusiasmo per la buona azione compiuta dal Samaritano. E fu preso dal fortissimo desiderio di fare anche lui così, perché sentiva chiaramente d’essere nato anche lui soltanto per amare e prendersi cura del prossimo! Gli fu chiaro che il senso di ogni vita è proprio questo: amare! La verità iniziava a farsi strada in lui…

Pilato, allora, si mise a seguire le orme del buon Samaritano, e arrivò sul Golgota, proprio mentre Gesù sulla croce diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». E finalmente, ascoltando la voce di Gesù che lo perdonava, Pilato confessò pieno d’amore: «Dunque Tu sei re!».

mercoledì 17 novembre 2021

Maledetta paura

 

«Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo…”» (Lc 19,20-21).
 
La paura ha condizionato la vita di quell’uomo e gli ha impedito di fidarsi di quello stesso padrone che gli aveva affidato il suo capitale da far fruttare.
 
Ieri e oggi sui social m’imbatto nella stessa maledetta paura.
Una paura che fa alzare muri, protetti da armi e filo spinato, per tenere lontani tutti i nemici. Osservando tali fortificazioni, penso alla città di Troia che deve difendersi dall’assalto di Achille e dei migliori guerrieri Achei! Ma poi, vado a vedere questi “invasori” e mi accorgo che non c’è proprio nulla da temere: sono bimbi, ragazzi, giovani, donne e uomini che somigliano a noi e, se guardo i loro occhi spaventati, infreddoliti, terrorizzati,… piango con loro e per loro. Se li guardo, anche solo per un momento, non posso fare a meno di maledire la paura, che ci fa chiudere il tesoro in un fazzoletto e ci fa pensare che per proteggerlo siano necessari muri, armi, filo spinato,…
Ma quel tesoro è l’unico che si moltiplica solo quando lo si condivide!
 
Poi, sempre sui social, m’imbatto nella paura del bambino che forse un giorno nascerà, e il “forse” dipende dalla paura di chi lo aspetta il bambino. Paura di un “invasore” indesiderato che condizionerà la vita, paura di non essere pronti a crescerlo, paura di quello che significherà essere madri e padri, paura della società, paura del mondo sempre più ingiusto, paura del “te” che non coincide con me e quindi sicuramente mi causerà qualche problema.

E anche stavolta non posso fare a meno di maledire la paura che ci fa percepire come nemico della nostra vita un piccolissimo innocente indifeso, che ci chiederà solo d’essere guardato con amore…
 
Le paure sono tantissime e non posso elencarle tutte.
Ho scritto di queste due paure perché tra ieri e oggi le ho intercettate su internet.
Ho scritto di queste due paure non per mettere in discussione le leggi, né per giudicare qualcuno, ma solo per rivolgermi alla coscienza di ciascuno perché ogni volta che ci troviamo a dover scegliere tra alzare un muro o aprire il cuore, sappiamo con certezza che la gioia entra solo quando apriamo il cuore! [dGL]

domenica 14 novembre 2021

L’ora di Dio

Il mio "orologio" di stoffa

Da qualche anno non porto l’orologio al polso perché ci pensa il cellulare a ricordarmi l’ora.
Così ieri, quando, al termine della preghiera con i ragazzi del catechismo, i bambini si sono presentati con un braccialetto in mano e me lo hanno donato dicendo: «Voi grandi li avete messi a noi durante la preghiera, ma a voi chi li mette?», mi sono ritrovato al polso uno dei braccialetti di stoffa su cui i catechisti avevano scritto la frase: «Dio ti ama».
 
Da quel momento in poi, avendo la sensazione di avere l’orologio, ogni tanto guardavo il polso e mi ritrovavo a leggere quest’ora così strana:
sul mio “orologio” di stoffa c’era scritto «Dio ti ama».
 
Sulle prime avvertivo la meraviglia di non vedere l’orologio e di osservare un semplice pezzo di stoffa, ma poi, per tutto il pomeriggio e fino al momento di andare a dormire, “leggevo l’ora” e mi lasciavo sorprendere dalla gioia fortissima irradiata da quella semplice verità: «Dio ti ama».
 
Che bello un orologio così!
Ti ricorda che Dio ti ama proprio in ogni istante!
Anche nella più piccola frazione di tempo!
Anche nel più faticoso e triste momento! [dGL]

mercoledì 10 novembre 2021

Basta poco

Trasmettere la fede
è accompagnare
all’asilo il proprio figlio
tenendolo per mano e,
passando davanti alla chiesa,
sempre tenendolo per mano,
entrare,
sedersi e,
insieme,
pregare

sabato 6 novembre 2021

Con brio!

Passano un camion e un pick-up dei Vigili del fuoco.

Sul marciapiede un cocker li vede passare e strattona guinzaglio e padrona, slanciandosi verso il pick-up, come se volesse salirci sopra!

E io, che da lontano guardo la scena, sorrido pensando al draghetto Grisù e al suo: «Mi spiace, papà, ma io sarò pompiere! Sarò pompiere! Sarò pompiere!»

lunedì 1 novembre 2021

«È così che io vedo le cose»

Sieger Köder, Mosè al roveto

«Quando Mosè salì in cielo per ricevere la legge, trovò Dio occupato ad aggiungervi diversi simboli e ornamenti. Cosciente del suo ruolo di portavoce, chiese timidamente: “Perché non dare la Torah così com’è? Non è abbastanza ricca di significato, abbastanza incomprensibile, perché complicarla ancora di più?”.
“Devo farlo”, rispose Dio. “Alla fine di numerose generazioni ci sarà un uomo chiamato Aqiba, figlio di Giuseppe, che cercherà e scoprirà ogni tipo di interpretazione in ogni parola, in ogni sillaba, in ogni lettera della Torah. Perché possa trovarle, bisogna che io ce le metta”.
“Mostrami quest’uomo”, disse Mosè, “mi piacerebbe conoscerlo e vederlo”.
Non potendo rifiutare niente, o quasi niente, al suo fedele servitore, Dio disse: “Voltati, vai indietro”.
Mosè obbedì, si voltò indietro e si trovò proiettato nel futuro.
Si trovava adesso in un’accademia talmudica, seduto nell’ultima fila, tra i principianti. Ascoltava un maestro che teneva una lezione sul suo insegnamento, sulla sua opera, proprio di lui. Ciò che ascoltava era bello, senz’altro anche profondo, un po’ troppo per Mosè, che non ci capiva niente. Non un’idea, non una parola.
Allora, una tristezza sconosciuta pervase Mosè: si sentì umiliato, inutile.
Improvvisamente colse al volo una domanda che un allievo rivolgeva al Rabbi: “Dov’è, dunque, la prova che i vostri punti di vista in proposito sono giusti, che la vostra posizione è corretta?”.
Il maestro, Rabbi Aqiba, rispose: “La eredito dai miei maestri che la appresero dai loro, i quali a loro volta l’hanno derivata direttamente da Mosè. Quello che io vi dico, Mosè l’ha inteso sul Sinai”.
Divertito e anche un po’ adulato, Mosè si sentì alquanto rasserenato, ma c’era qualcosa che continuava ancora a turbarlo. Si volse di nuovo verso Dio: “Non capisco”, disse. “Tu disponi di un saggio come lui, di un insegnante come lui, perché hai bisogno di me? Che sia lui il tuo messaggero per trasmettere la legge d’Israele al popolo d’Israele”.
Ma Dio l’interruppe: “Mosè, figlio di Amram, taci. È così che io vedo le cose”». (Leggenda ebraica)

martedì 12 ottobre 2021

Sinodo


«Se tra i membri di ogni Consiglio Pastorale ci fossero almeno due o tre bambini, le riunioni non finirebbero tardi, perché i bambini devono andare a dormire presto; il tono della voce si manterrebbe tranquillo e le discussioni non sarebbero mai troppo accese, perché i bambini si spaventerebbero; il linguaggio di tutti sarebbe semplice e chiaro, altrimenti i bambini non capirebbero; molte questioni non sarebbero date per scontate: i bambini, infatti, interverrebbero coi loro mille "perché?".

Se tra i membri di ogni Consiglio Pastorale ci fossero almeno due o tre bambini, per non deluderli si proverebbe a vivere la Parola di Dio, anche quando metterla in pratica sembra impossibile. E così finalmente si uscirebbe a cercare la pecorella smarrita, a riconciliarsi coi figli perduti, a seminare su ogni tipo di terreno, a farsi prossimi anche del peggior nemico, a portare il lieto annuncio in ogni dove, a lavare i piedi gli uni agli altri,...

Se tra i membri di ogni Consiglio Pastorale ci fossero almeno due o tre bambini, molte più persone nel mondo saprebbero che Dio è buono!» (don Placido)

venerdì 8 ottobre 2021

Primavera


Parrocchia Cristo Re, 8 ottobre 2021

Care parrocchiane e parrocchiani,

da qualche settimana nella nostra Casa di Accoglienza Papa Giovanni XXIII è iniziata una collaborazione con la Cooperativa Sociale Lella 2001 ONLUS per la gestione dell’ospitalità e della mensa per i poveri. Ci tengo a spiegarvi com’è nata questa collaborazione.

Diventando parroco della Parrocchia Cristo Re, ho assunto anche l’incarico di Legale rappresentante e responsabile del CENTRO DI PRONTA ACCOGLIENZA PER ADULTI PAPA GIOVANNI XXIII, che tutti noi affettuosamente chiamiamo “Casa dell’Accoglienza”. Con l’aiuto di don Pio e dei volontari, ho continuato in questi anni a prendermi cura della gestione della Casa offrendo alle persone in difficoltà quell’aiuto che ci è stato possibile dare con le risorse che avevamo. È stata una bella esperienza di fiducia in Dio e di fiducia nella Provvidenza e colgo l’occasione di questa lettera per ringraziare don Pio e tutti voi per il sostegno generosissimo dato ogni giorno alla nostra Casa.

In questi anni, però, mi sono anche reso conto che la gestione di una Casa di Accoglienza con tanti posti letto come la nostra, richiede l’azione di personale competente che assicuri una presenza quotidiana e continuativa, e che sia reperibile 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno, per poter rispondere alle molteplici esigenze degli ospiti. Il regolamento della nostra Casa dice che l’intento con cui don Pio l’aveva fondata era prevalentemente quello di offrire vitto e alloggio per qualche mese, a persone temporaneamente in difficoltà, in modo tale da garantire loro la serenità necessaria per poter trovare un lavoro e una sistemazione e così riprendere la vita quotidiana superando il momento di crisi. In tal modo la Casa di Accoglienza ha aiutato tantissime persone. Negli ultimi anni, però, la difficoltà nel trovare appartamenti in affitto con un canone accessibile a San Benedetto e dintorni, e la difficoltà di trovare lavoro, hanno determinato una situazione per cui gli ospiti della casa, da ospiti temporanei si sono trasformati in residenti a tutti gli effetti.

Mettendomi in ascolto e cercando di prendermi a cuore le necessità degli ospiti, mi sono reso conto che per aiutarli a riprendere in mano la loro vita, spesso non basta la buona volontà o la generosità del parroco e dei volontari, ma occorre una competenza maturata con l’esperienza e con lo studio e la frequenza di corsi di formazione e di laurea specifici. Insomma mi è apparsa evidente la necessità di coinvolgere personale qualificato. Continuare senza personale qualificato avrebbe significato rischiare di non rispondere più alle esigenze di chi chiedeva ospitalità: tutti arrivano dicendo che hanno solo bisogno di un tetto e dei pasti in attesa di sistemare la loro situazione e riprendere la vita di sempre. In realtà quella che raccontano è solo la superficie del problema, sotto la superficie si nascondono molteplici altri problemi, di cui a volte nemmeno loro hanno ancora preso coscienza. Questi problemi si manifestano una volta entrati nella casa e molte volte ci trovano impreparati: occorrono medici, assistenti sociali, psicologi, psichiatri, educatori, avvocati,... Comunque, non ci siamo persi d’animo e abbiamo continuato a prenderci cura dell’assistenza umana e materiale, degli ambienti di vita e dei pasti, in modo da continuare a offrire agli ospiti un buon tempo di soggiorno nella Casa. Abbiamo anche assunto una cuoca per affidarle la gestione della cucina, parte essenziale della Casa: notando la cura con cui vengono preparati e offerti i pasti, un ospite inizia a riassaporare il gusto della vita.

Poi s’è presentata l’occasione di collaborare con la Cooperativa Lella per seguire e aiutare alcuni ospiti offrendo loro la possibilità di parlare con un avvocato, con degli educatori e con la psicologa,… Abbiamo apprezzato molto questa collaborazione che ci ha permesso di risolvere alcune situazioni particolarmente complicate. Così si è pensato di continuare a camminare insieme incrementando le occasioni di collaborazione fino ad arrivare alla decisione di affidare a loro la gestione dell’ospitalità in Casa di Accoglienza, firmando un contratto di comodato d’uso gratuito, approvato dal Consiglio Diocesano per gli Affari Economici. La parrocchia continua a fare carità ai più bisognosi, cambia soltanto la tipologia di persone a cui viene rivolta l’accoglienza.

Nel mese di agosto la Cooperativa Sociale Lella 2001 ONLUS ha iniziato a gestire il refettorio, le stanze per l’Accoglienza e la mensa per i poveri di passaggio. Naturalmente in queste prime settimane stiamo vivendo un periodo di rodaggio, ma è già iniziata l’accoglienza di dieci nuovi ospiti nella nostra struttura. L’entusiasmo da parte di tutti noi è grandissimo, ma ancora più grande è la gratitudine a tutti voi parrocchiane e parrocchiani che in questi anni non avete mai fatto mancare la vostra solidarietà e carità alla Casa di Accoglienza con la preghiera, con il volontariato, con l’amicizia, con il sostegno affettivo e materiale. Giustamente la sentite “vostra” e vi chiedo di continuare a sentirla come tale!!!

Infatti la collaborazione con la Cooperativa Sociale Lella 2001 ONLUS non significa la resa da parte della parrocchia o il chiamarsi fuori da un’attività caritativa così importante come l’accoglienza dei più bisognosi. L’affidamento dell’accoglienza alla Cooperativa, invece, è una coraggiosa scelta di avanguardia, come ci ha insegnato a fare don Pio in questi anni: la nostra parrocchia s’è sempre distinta per l’originalità e anche per la capacità di precorrere i tempi e, in modo particolare nell’ambito della carità, la nostra comunità cristiana ha sempre offerto risposte generose e geniali alle esigenze del territorio. Così, parlandone con don Pio, ci siamo detti: perché non cogliere questa bella occasione di collaborazione e offrire, così, un servizio che si prenda cura di tutto l’uomo e non solo dei suoi bisogni materiali?

La nostra parrocchia può sicuramente prendersi cura di alcune situazioni di povertà e continuerà a farlo, ma una Casa di Accoglienza, per funzionare al massimo delle sue potenzialità, ha bisogno di un lavoro di equipe, di competenze, di formazione, di professionalità e di volontariato. Abbiamo pensato di condividere le nostre risorse parrocchiali e di migliorare l’offerta.

Continuerà il servizio della mensa per i poveri di passaggio, sostenuta dalla carità di ciascuno di noi e continuerà l’accoglienza dei più bisognosi da parte della Cooperativa. Il servizio di accoglienza sarà rivolto all’accoglienza di minori in situazione di disagio, come richiesto dal nostro territorio. Gli ospiti che erano presenti nella Casa di Accoglienza prima dell’ingresso della Cooperativa Lella, sono stati momentaneamente trasferiti nelle stanze al piano terra della ex-scuola, che don Pio qualche anno fa aveva destinato all’accoglienza, in attesa che, con l’aiuto di un operatore messo a disposizione dalla Cooperativa Sociale Lella 2001 ONLUS, trovino un appartamento da qualche parte.

Il piano terra della Casa di Accoglienza resta affidato al gruppo UNITALSI PARROCCHIALE e destinato alle attività dell’UNITALSI, che riprenderanno appena la situazione COVID – 19 lo consentirà.

Sono sicuro che noi tutti non faremo mai mancare il nostro sostegno alla Casa di Accoglienza, avvicinandoci e cercando di conoscere gli educatori e gli operatori, e offrendo loro la nostra collaborazione generosa per quelle esigenze che si manifesteranno nel corso del tempo.

San Giovanni Battista Piamarta (1841-1913), prete ed educatore, era solito esortare a “fare il bene bene”. Sul suo esempio, anche noi vogliamo prendere coscienza delle domande che il nostro tempo ci rivolge e impegnarci a mettere i nostri talenti a servizio di Dio e del nostro prossimo, perché ciascuno possa vivere con dignità e anche i più poveri e bisognosi possano sentirsi protagonisti in grado di donare anche loro qualcosa per il bene di tutti!

Con gratitudine,

don Gian Luca

giovedì 16 settembre 2021

Carità fraterna

La carità si fonda sul fatto che siamo tutti fratelli. Così chi riceve sa di avere un tesoro prezioso da donare a colui dal quale riceve (un sorriso, un grazie, un gesto gentile, una buona azione,...), e chi dona sa di ricevere un tesoro prezioso da ognuno di quelli a cui dona!

mercoledì 15 settembre 2021

Profumo

La pastorale è l’odore delle pecore, quell’odore caratteristico dei piccoli stalletti e delle grandi stalle, quell’odore che ti si appiccica addosso e che ti fa sentire fuori posto nei giochi di potere e in mezzo alla gente troppo ripulita; mentre, invece, ti fa sentire al tuo posto quando ti trovi in mezzo agli ultimi, agli emarginati, agli scartati,… L’odore delle pecore è il profumo dell’amore di Dio, quel profumo che ha il potere di collocarti esattamente al tuo posto, l’ultimo, accanto al Cristo che ti ha chiamato a essere suo amico e come Lui servo

lunedì 12 luglio 2021

Educare

Ho l’impressione che non basti emanare leggi per sconfiggere l’inciviltà, l’ignoranza, la discriminazione, l’indifferenza e l’emarginazione, e garantire il rispetto dell’altro in quanto altro. Credo che, invece, sia necessario educare. E l’educare non va mai d’accordo con l’indottrinamento: l’educare, infatti, genera persone alla vita e alla convivenza civile; l’indottrinamento mortifica e crea malumori e rabbie, tensioni e moti di ribellione. In una società come la nostra, sempre più accelerata, il rischio è di optare per l’indottrinamento. Ma tranquilli: è solo una mia impressione!

domenica 4 luglio 2021

E tu?

Ho l'impressione che il problema non sia essere a favore o contro la vaccinazione. Il problema è che c'è qualcuno che si ostina a non voler ammettere che siamo in una situazione di emergenza e che c'è veramente tanta gente che ha sofferto e sta soffrendo. Ammetterlo non significa dover rinunciare a vivere, ma soltanto avere rispetto per le opinioni degli altri e anche per la salute degli altri. La questione non è solo vaccinarsi o non vaccinarsi (è una scelta che ciascuno compie liberamente, e io liberamente ho scelto di vaccinarmi); la questione è non mettere la mascherina quando è richiesto dal luogo o dalla situazione in cui ci troviamo o dalla persona che incontriamo; la questione è non rispettare la distanza di sicurezza; la questione è non evitare di partecipare ad assembramenti; la questione è negare che ci sia un pericolo e mettere sistematicamente in pericolo se stessi e gli altri.

Ricordo bene che per entrare in alcuni reparti dell'ospedale a visitare parenti o amici ricoverati era richiesto, anche prima del covid, di indossare camice e mascherina. Non ci siamo mai opposti: li indossavamo e basta, pur di stare vicino al nostro parente o amico ammalato. Quando andavamo dal dentista, il dentista aveva sempre la mascherina mentre ci visitava e dopo la visita igienizzava tutto per evitare che il paziente successivo rischiasse di contrarre un'infezione. E noi stavamo lì seduti e sicuri, perché notavamo la cura per l'igiene da parte del nostro dentista o da parte del medico che ci stava visitando.

E così in tanti altri contesti eravamo attentissimi all'igiene e alla sicurezza per la salute.

Ora improvvisamente siamo diventati allergici a qualsiasi misura di contrasto al covid e ci chiediamo addirittura se le mascherine siano efficaci oppure no. E siamo subito pronti a metterle da parte, semplicemente perché desideriamo tornare alla normalità. Ma il ritorno alla normalità richiede pazienza e soprattutto richiede intelligenza e se gli esperti ci raccomandano di essere prudenti ancora per un po', perché questo “ancora per un po'” non ci dà sollievo?

Non ci hanno detto “per sempre”, ci hanno detto “ancora per un po'”.

E “un po'” vuol dire un tempo breve.

In questo tempo breve possiamo essere motivo di tranquillità e sollievo per tutti, rispettando semplici regole di igiene e distanziamento, oppure possiamo rendere questo tempo estremamente pesante e difficile per tutti, scegliendo come singoli di vivere come se l'emergenza non ci fosse.

Siccome amo Cristo, Colui che offre sollievo a ogni uomo, io scelgo di rispettare le regole.

E tu?

venerdì 18 giugno 2021

“Se il tuo occhio è semplice” (Mt 6,22)

 

“Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto sarà grande la tenebra!” (Mt 6,23)
 
Dov’è il tuo tesoro?
Dov’è il tuo cuore?
Che vedi?
Grazie a Chi vedi?
 
Gesù oggi mi invita a distogliere lo sguardo dalle mie cose, i “tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano” (Mt 6,19), per fissare lo sguardo su di Lui, che è il Maestro, e sul regno dei cieli: “accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassinano e non rubano” (Mt 6,20).
 
La conseguenza di guardare alle mie cose è la tristezza con cui mi accade poi di considerare la vita, il mondo, la storia, il mio prossimo,… La sfiducia prende possesso del mio cuore: tarme, ruggine e ladri sono sempre in agguato, mi sembra che tutti siano miei avversari,… Ma così tutto è tenebra, tutto è sospetto, tutto è complotto ai miei danni,… e tutto è senza speranza.
 
Può capitarci di considerare particolarmente “illuminati” quelli che riescono a smontare ogni cosa con le loro critiche, senza mai riuscire a riconoscere le grandi cose che Dio compie nella vita delle persone e nella storia. Ma il Vangelo ci rivela che essi sono nelle tenebre, anche se i loro giudizi risuonano come sentenze veritiere e definitive perché puntualmente accade quello che dicono. Almeno così sembra.
Ma è facile puntare l’attenzione sugli errori e screditare anche l’azione più bella.
È talmente facile che un errore arriva a oscurare la bellezza di una vita intera.
 
Così a pensare il male ci si indovina quasi sempre, ma non si è cristiani.
 
La Chiesa Cattolica indice un sinodo e subito sento la tentazione di dire che non serve a niente un sinodo.
Non serve a niente?
E se servisse anche a un solo cristiano?
Ne varrebbe la pena?
Il Vangelo del pastore che va a recuperare la pecorella perduta (Lc 15,4-7) suggerisce a ogni cristiano che lo stile di Dio e della Chiesa è quello di chi per uno offre proprio tutto!
E se non seguo la Via che è Colui che per me offre tutto, quale via sto seguendo?
 
“La crisi vocazionale è irreversibile…”
“Le comunità pastorali sono un fallimento…”
“I preti non sono più quelli di una volta…”
“Le famiglie sono incapaci di educare…”
“Nelle parrocchie non c’è fede…”
 
Chissà cosa succederebbe se si incarnasse di nuovo Gesù.
Forse arriverebbe qualcuno a dirgli: “Non sei più il Gesù di una volta”.
 
E veramente, poi, seminando tenebra con i nostri pensieri e discorsi, la crisi vocazionale diventa irreversibile, le comunità pastorali falliscono, i preti e le famiglie si scoraggiano,…
 
Quanto sarebbe più semplice accettare e annunciare che occorre una conversione alla novità del Vangelo che ci è stato annunciato!
Quanto sarebbe più semplice imparare a raccontare il Vangelo che stiamo vivendo da quando abbiamo ricevuto il Battesimo.
Un Vangelo che sicuramente non ci ha resi senza difetti, ma che certamente ci ha rivelato che siamo figli amati e in Cristo fratelli e sorelle.
 
Dov’è il tuo tesoro?
Dov’è il tuo cuore?
Davvero lo hai consegnato a Cristo?
Davvero stai tenendo fisso lo sguardo su Gesù?
Oppure il “secondo me” sta prevalendo su tutto, anche sul Vangelo che è Cristo? Davvero Cristo è la tua luce?
Oppure la tua luce è la tenebra?
 
Queste domande mi pone Gesù nel Vangelo di oggi.
Penso le rivolga incessantemente a ogni cristiano.
 
Buon cammino con Gesù!!! [dGL]

giovedì 27 maggio 2021

Uomini di Dio

Ne incontro due oggi pomeriggio nel campetto parrocchiale.

Mi chiedono se mi va di fare due tiri a pallone con loro.
Accetto volentieri.
Giocano a calcio con una società sportiva e si vede perché hanno rispetto per il pallone: non lo calciano alla rinfusa, tanto per calciare, ma con precisione.
Mentre giochiamo, uno mi mostra orgoglioso la crocetta che porta al collo e mi chiede se mi piace.
“Certo! È bellissima”, gli rispondo.
L'altro mi chiede come ho scelto di diventare prete.
“L'ho scelto perché cerco come tutti la felicità e con Gesù sono felice”.
Poi mi chiedono come si diventa prete e gli dico dei cinque anni di seminario, dell'ordinazione sacerdotale e degli undici anni trascorsi da quel giorno. E uno dei due mi chiede se lì al campetto ho mai rimproverato qualcuno.
“Sì. A volte mi capita di rimproverare quelli che con la scusa di giocare a pallone dicono un sacco di parolacce. Secondo me, chi dice parolacce non sa giocare a calcio, perché chi non sa controllare la lingua non sa neanche controllare la palla”, rispondo sorridendo.

Ora che s'è fatta sera e ripenso a quei due uomini di Dio, due ragazzi delle medie come ce ne sono tanti, mi chiedo se sapremo crescerli e custodirli così, semplicemente contenti di esserci e di giocare insieme correndo dietro a un pallone, lieti di un'amicizia e attenti a tutto quello che sa di felicità.

sabato 8 maggio 2021

Qui per educare

Incontro ragazzi di prima media con le lattine di Monster (da mezzo litro) in mano. Mi direte che non c'è niente di male, visto che si tratta di bevande legali; ma che ci fanno i ragazzi con una bevanda fortemente energizzante, quando sono in un'età dove le energie di certo non gli mancano?
Poi notiamo che sono nervosi, agitati e che faticano a stare fermi.
È vero che non si tratta di alcool, ma ci sono anche altre sostanze nocive a tutte le età e in particolare in giovanissima età: caffeina, nicotina,...
Visto che si tratta di ragazzi, non sarebbe il caso di educarli al consumo di cibi e bevande salutari, prima che diventino sordi a qualsiasi intervento educativo?
 
E sarebbe bello che anche gli spot pubblicitari non fossero così accattivanti perché poi le vittime sono sempre i piccoli che, affascinati dai testimonial dei prodotti, acquistano e bevono sostanze pensate per tutto un altro genere di esigenze e prestazioni.

venerdì 7 maggio 2021

Oggi gioia


Sono le otto di mattina.
Sotto casa sento voci allegre e squillanti.
Ma che succede?
È il compleanno di una persona e le stanno facendo gli auguri.
L’allegria ha attirato la mia attenzione e non ho resistito: mi sono affacciato a guardare, perché dovevo per forza conoscere il motivo di tanta gioia.
 
Gesù dice ai suoi discepoli che con Lui la loro gioia è gioia piena (Gv 15, 11).
 
Basta lasciar trasparire questa gioia piena per attirare sguardi, orecchie, cuore, vite,...
Proprio com’è successo a me stamattina: la gioia di quelle persone mi ha attirato.
Infatti in giro è pieno di gente che, incontrando noi cristiani, rimane colpita dalla nostra gioia, dai nostri sorrisi e dalla nostra cordialità.
Tutti si chiedono: “Da dove gli viene questa gioia?”.
 
Come tutte le mattine, vado in chiesa per celebrare la S. Messa.
In sacrestia indosso il camice, la stola e la casula.
Emidio suona la campanella, come tutte le mattine.
Sto per leggere l’antifona di ingresso, quando la porta laterale si spalanca ed entra qualcosa di grigio che non distinguo bene perché tra i banchi si muove agile e rapido. Quando arriva a metà chiesa, capisco che si tratta di un bel cane grigio, grande, forte e vivace. Ha l’espressione da giocherellone e si affretta verso l’altare. Mi passa davanti mentre sorrido di cuore, si avvicina al cero pasquale e poi se ne torna verso il portone.
 
Chissà che effetto gli avrà fatto vederci tutti fermi in silenzio a guardarlo!
Lui sicuramente ha fatto un grande effetto a me: la sua vivacità gioiosa solo per il fatto di esserci e di essere inseguito dalla sua padrona, come se fosse un gioco, ha messo in discussione quella tentazione di appiattire tutto, anche la Messa, in una scontata abitudine.
 
La chiamo tentazione, perché la vita non si può mai dare per scontata, non si può mai ridurre ad abitudine; ogni istante è diverso da quello che lo precede e da quello che lo segue, eppure noi siamo tentati di considerare scontate molte cose.
Arriviamo a dare per scontato perfino l’amore più grande, quello del Cristo!
Così l’amore di Cristo non ci dice più niente e noi addossiamo la responsabilità alla Chiesa, ai preti, ai cristiani,… senza mai pensare che potremmo essere noi ad aver archiviato come scontata la gioia che il Cristo è venuto a donarci.
 
Mi sa che parliamo troppo di gioia, ma ne lasciamo trasparire poca.

martedì 4 maggio 2021

Paura

Siamo propensi a credere nell’esistenza dei più improbabili complotti, perché ci spaventa troppo accettare che nella vita ci siano cose che sfuggono al controllo dell’uomo.

venerdì 30 aprile 2021

25 aprile 2021


E finalmente arriva la sera e con la sera arriva il silenzio. Il cigolio del cancello mentre chiudo il campetto parrocchiale è l’ultimo suono della Domenica.
Sa come di “Tutto è compiuto”.
E mi avvio per le strade semi-deserte per una breve passeggiata. È l’ultima sera in “zona arancione” e per le vie m’accompagna il silenzio, interrotto soltanto dal rumore di motori più o meno chiassosi.
 
“Come profumano i fiori a primavera!”, penso mentre passo davanti al cancello di una casa coperto di tanti fiori colorati!
A primavera è così sempre, ma quest’anno pare tutto nuovo, tutto come se lo vedessi e lo sentissi per la prima volta. Forse è uno dei segni che ci sta lasciando addosso la pandemia quello di essere più attenti ai particolari, alle piccole cose, anche a quelle che si ripetono apparentemente tutte uguali. Chissà
 
Cammino e mi riposo.
Alla sera, chiusa la porta della chiesa, torno a essere semplicemente un figlio.
Finalmente, dopo una giornata trascorsa a predicare, consigliare, prendere decisioni, dire “sì” o “no”, indirizzare, pensare, progettare,… posso stare in silenzio: a quest’ora nessuno pretende più nulla, a quest’ora dal prete ci si aspetta solo la preghiera.
 
Sarebbe bello educarsi tutti alla gratuità, abbandonando quei toni da mercato o da centro commerciale che hanno invaso anche le nostre chiese, dove a volte il prete sembra un impiegato che non deve in nessun modo contrariare il cliente...
Perché non proviamo a riconoscere che a farci vivere è il dono gratuito e non la compravendita?
 
La sera è il momento in cui nessuno si aspetta più nulla da te e tutto appare gratuito.
Il sole tramonta. Lo guardo con una certa soddisfazione: è passato un altro giorno di pandemia. Forse non dovrei farlo, ma ogni giorno che passa mi dico che è un giorno in meno di pandemia da affrontare. Così m’addormento quasi sollevato, immaginando quante persone sono guarite durante la giornata e quante hanno ricevuto il vaccino.
 
S’è compiuto un anno, l’undicesimo anno da prete, un anno molto significativo, anche se non il più significativo.
 
Il più significativo anno da prete è stato il quarto anno di Seminario, quando ancora non ero prete. È l’anno che mi ha fatto conoscere e gustare lo stile del prete.
Spesso penso ai doni ricevuti in quell’anno; potrei sintetizzarli con una parola di Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8).
 
In quel tempo ero di servizio all’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Il Seminario ci aveva mandato in tre e avevamo il compito di stare con i Frati Cappuccini a cui era affidata l’assistenza spirituale di tutti i ragazzi ospiti della casa. La casa era in realtà un grande quartiere in cui abitavano persone affette da diverse malattie e c’erano reparti per pazienti di tutte le età, dai bimbi appena nati alle persone anziane.
 
In quei pomeriggi entravamo in un reparto per accompagnare tre ragazzi a prendere una boccata d’aria. Erano affetti da patologie molto gravi e anche comunicare con loro era difficilissimo.
 
Molte volte quest’anno mi è capitato di tornare con il pensiero in quel reparto a trovare quegli uomini. Ci sono tornato perché ho trascorso molto tempo in casa, le uscite quotidiane sono state abbastanza rare e la mia condizione mi ha ricordato quegli uomini e la vita, non solo la loro vita, ma anche la mia. Questo tempo di pandemia è vita, come il tempo di quegli uomini nel reparto è vita; eppure non uscivano quasi mai, eppure erano sempre lì a fare i conti con la loro malattia, eppure vedevano quasi esclusivamente personale medico e altri pazienti come loro, eppure i giorni si susseguivano e sembravano tutti uguali, eppure...
Ogni tanto bisogna fermarsi a riconoscere il valore senza misura della vita: noi cristiani sappiamo che Cristo per la nostra vita ha offerto tutta la Sua vita.
Quanto vale ogni vita!!!
Vale tutta la vita di Dio!!!
 
Se cadiamo nell’errore di credere che siamo noi a stabilire il valore della vita, la noia e la tristezza ci porteranno a non considerare vita tantissime situazioni che viviamo dalla mattina alla sera e, a lungo andare, nulla avrà più senso per noi: ci ritroveremo a essere insoddisfatti di tutto il tempo che abbiamo.
 
La vita di quegli uomini vale quanto la mia: ogni vita è unica e preziosissima, anche quella che alcuni giudicano non essere vita. Prendevamo quei ragazzi e, quando era possibile, li portavamo fuori per un’oretta di passeggiata. Per loro non eravamo seminaristi che si stavano preparando a diventare preti, eravamo semplicemente Andrea, Matteo e Gian Luca, tre uomini che ogni settimana li accompagnavano per una camminata. Loro ci sembravano contenti. E noi pure eravamo contenti.
 
I frati, poi, erano fenomenali!
Riuscivano ad animare anche il sabato pomeriggio più grigio.
E la messa della domenica mattina?
Era una vera festa: da tutti i reparti, accompagnati dai volontari, gli ammalati che potevano uscire si recavano nella chiesa, cuore vivo dell’Istituto, per celebrare l’Eucaristia. Era bellissimo essere un solo corpo: tutte le membra del corpo di Cristo riunite lì per celebrare l’Eucaristia, anche le membra più sofferenti.
 
Le vedevi quelle membra e le sentivi pregare e cantare con gioia. In quelle celebrazioni toccavi la grazia del Sacramento e vedevi i volti illuminarsi ricevendo l’Eucaristia. Un entusiasmo e una gioia che non è possibile spiegarsi, se non con la Risurrezione e la Presenza viva del Cristo in mezzo a noi!
 
Quest’anno, l’undicesimo, somiglia molto a quello: il desiderio di vivere la gratuità nella comunità cristiana s’è fatto fortissimo in me, ha preso il sopravvento e tante pretese mie e degli altri non le comprendo più.
 
Il sabato, entrando in Istituto, incontravamo sempre Livio e altri che facevano un circoletto in una piccola piazzetta. Appena ci vedevano, ci chiamavano e ci coinvolgevano nei loro discorsi, come se ci conoscessimo da sempre. I loro sorrisi e la calorosa accoglienza ci liberavano di tutte le pretese e le attese che avevamo prima di entrare. Ogni volta facevamo esperienza di com’è bello poter essere semplici tra semplici.
 
Forse la pandemia ci ha aiutato a prendere coscienza di tante complicazioni costruite da noi o imposte a noi dal consumismo: non c’era mai tempo di annusare un fiore, di guardare un’alba o un tramonto, di visitare un anziano o un ammalato, di giocare coi figli,… d’essere se stessi, d’essere gratis per qualcuno o addirittura per tutti, come quei Frati Cappuccini, discepoli di San Francesco…

giovedì 29 aprile 2021

«… ti circonda di bontà e misericordia» (Salmo 102/103, 4)


L’autore del salmo 102 canta la bontà di Dio: «Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia» (Salmo 102/103,3-4).
L’indicazione è preziosissima per me, che sono continuamente in cerca di Dio.
Tutte le informazioni che possono portarmi a trovarlo, le custodisco come un tesoro prezioso. Queste parole oggi mi dicono dove posso incontrare Dio in ogni istante: nella bontà e nella misericordia con cui Egli mi circonda per sempre.

Continuando a leggere, mi accorgo che è il salmo stesso a suggerirmi dove cercare Dio: l’autore, infatti, lo incontra in situazioni molto concrete: «Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono…» (102/103, 13).

Perché mi lascio colpire e ferire dal male che incontro e non mi accorgo della bontà e della misericordia con cui Dio perdona tutte le mie colpe e guarisce tutte le mie infermità?
Ogni azione buona, donata o ricevuta, mi rivela che Dio non è uno che sta a distanza, ma uno che mi circonda di bontà e misericordia! [dGL]

giovedì 15 aprile 2021

Abbiamo visto il Signore! (Gv 20, 25)

«Mangiare i tortellini con la prospettiva della vita eterna, rende migliori anche i tortellini, più che mangiarli con la prospettiva di finire nel nulla» (card. Giacomo Biffi).
 
Questo tempo così particolare  mi sta portando a essere più attento all’opera di Dio e agli infiniti modi che lo Spirito Santo trova per raggiungere ogni uomo e suscitare una risposta libera d’amore. Così anche un semplice pasto diventa occasione per pensare con gratitudine a chi lo ha cucinato, a chi ha coltivato e raccolto gli ingredienti, a chi li ha confezionati perché arrivassero in cucina e poi sulla tavola, a chi s’è alzato di notte per infornare il pane,… e a chi lo sta condividendo con me.

Sono tanti i particolari, a cui nella fretta non facevo caso, e aiutano a vivere meglio tutti gli altri momenti della vita.
Fanno gustare meglio anche la catechesi in preparazione ai Sacramenti.
Un anno fa per dire che uno era pronto per ricevere la Prima Comunione o la Cresima, bastava che andasse a catechismo e quasi automaticamente veniva considerato pronto. Adesso, invece, con il catechismo a singhiozzo, sono altri i particolari a cui porre attenzione ed è necessario che i genitori compiano un discernimento sulla vita dei loro figli (in realtà era necessario anche prima):
Come si sta prendendo cura dei suoi familiari?
E delle cose che gli sono affidate?
Studia?
Si allena?
È in grado di prendersi un impegno?
Come si comporta con i suoi compagni di classe e con gli amici?
Rispetta l’ambiente?
Rispetta i più piccoli?
È capace di rallentare per aiutare chi è rimasto indietro?
Mette a frutto i suoi talenti per il bene di qualcuno?
Come impiega il suo tempo?
Ascolta i buoni insegnamenti? …

L’anno scorso, mentre eravamo chiusi in casa, un amico mi inviò il video di un ragazzo che dal terrazzo di casa sua suonava la chitarra elettrica per allietare con la musica chi abitava lì vicino. Grazie a internet, la sua iniziativa allietò e donò sollievo a tantissime persone in ogni parte del mondo. Non conosco Jacopo, ma sono sicuro che nel compiere quell’azione è stato ispirato dallo Spirito Santo (puoi vedere e sentire Jacopo suonare nel video che ho inserito qui sotto).


Qualche settimana fa, il Presidente della Repubblica ha conferito ad alcuni giovani l'Attestato d'onore di Alfiere della Repubblica. Leggendo le motivazioni per cui ogni giovane ha ricevuto l'Attestato (qui puoi leggere l'elenco degli Alfieri della Repubblica), ho potuto riconoscere in quelle giovani vite l’espressione dello Spirito Santo: decentrarsi da sé stessi per far spazio al prossimo, impegnarsi e sacrificarsi per qualcuno è segno dello Spirito Santo che agisce nel cuore di una persona a tutte le età. E ho gioito con loro e per loro!!!

Domenica scorsa a Ripatransone, in occasione della Festa della Madonna di San Giovanni, Patrona della nostra Diocesi, essendo impossibile vivere la tradizionale giornata di festa con la Processione e l’accensione del Cavallo di fuoco, la Città ha reso omaggio alla Madonna con un video in cui le tenebre vengono squarciate dalla luce.
Nel guardare il video, sono state fortissime in me le risonanze di tutto il Vangelo di Giovanni, a cominciare dal Prologo:
«In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. […] Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1, 4-5.9).
Così ho guardato e gustato il video pensando al cardinal Biffi e alla sua frase sui tortellini, perché essere cristiano è semplicemente la grandissima Grazia di poter riconoscere in Cristo risorto che tutto è Grazia!!!
(puoi vedere il video intitolato "lumen" cliccando qui sotto)


Ogni espressione d’amore e di talento a cui un cristiano assiste, diventa occasione di lode a Dio che ha acceso nel cuore dell’uomo una fiamma d’amore inestinguibile ed eterna. Non tutti ancora conoscono il Vangelo e possono apprezzare pienamente l’amore di Dio, ma Gesù dice: «Attirerò tutti a me» (Gv 12, 32) e io ci credo perché faccio esperienza ogni giorno della mia fragilità estrema e dei miei peccati, ma ogni giorno è estrema la Sua attrazione fino a vincere ogni mia resistenza e fragilità!!!

E chi non s’è ancora aperto ad accogliere la luce di Cristo, un bel giorno si aprirà ad accoglierla, anche attraverso la nostra scintillante testimonianza di cristiani, e la sua meraviglia sarà più grande.
Gli capiterà quello che capita a chi s’è riempito di meraviglia contemplando il cielo stellato in una notte trascorsa in montagna o nel deserto.
Ma poi è tornato a guardare quello stesso cielo stellato dopo aver ascoltato una conferenza del prof. Zichichi o del prof. Enrico Medi e, guardando le stelle, è stato rapito da una meraviglia ancora più grande, una meraviglia senza misura che prima non si sarebbe mai immaginato di poter provare!!!

La più bella avventura è essere cristiani, e com’è vero che la prospettiva della vita eterna rende migliori tutte le cose!!! [dGL]

Nei video qui sotto, puoi ascoltare le parole meravigliose di due grandissimi studiosi: il professor Antonino Zichichi (dal minuto 45 in poi) e il professor Enrico Medi