martedì 25 luglio 2017

Consigliare i dubbiosi

«Chiedi consiglio a ogni persona che sia saggia e non disprezzare nessun buon consiglio» (Tobia 4,18).

Questo versetto è tratto dalle raccomandazioni che Tobi fa al figlio Tobia prima della sua partenza da casa. Partire, mettersi in viaggio, affrontare situazioni nuove, richiede a Tobia una preparazione: occorre che egli impari ad ascoltare.

È così anche per me!
Se mi metto in ascolto, scopro di essere bisognoso di consiglio perché il mio sapere è limitato e l’incontro con l’altro può arricchirmi delle sue esperienze e conoscenze.
Se sto in ascolto, resto umile e non presumo di poter fare a meno dei consigli che altri, pellegrini come me, possono darmi.

Quanto è necessario sulla strada che ho imboccato, chiedere consiglio a ogni persona che sia saggia! E quanto è salutare considerare attentamente le parole di chi mi vuole bene, prima di prendere una decisione importante!

L’ho riscoperto in modo inatteso quest’anno vivendo gli esercizi spirituali personalmente guidati, in una casa dei padri Gesuiti a Bologna.

Padre Giuseppe Crocetti, nel suo libro sulle opere di misericordia, scrive: «Letta alla luce di tutta la Bibbia, l’Opera “consigliare i dubbiosi” è aiutare gli esitanti, con la parola, l’esempio e sotto la guida dello Spirito Santo, perché entrino nel “consiglio” del Padre, cioè nel suo piano di salvezza già realizzato in Gesù Cristo e vissuto nella Chiesa» (Giuseppe Crocetti, «Misericordiosi come il Padre». Le opere di misericordia corporale e spirituale alla luce della Bibbia, Centro Eucaristico, 2015, p.102).

Le parole di padre Giuseppe mi sembrano una sintesi appropriata degli esercizi spirituali che ho vissuto a Bologna: sono stato affidato a padre Cesare, una persona saggia (Tb 4,18) che mi ha aiutato a leggere e accogliere il mio vissuto alla luce della Parola di Dio.

Sono grato alla mia guida perché ascoltava attentamente quanto gli dicevo; ascoltava e, dopo aver ascoltato, mi suggeriva alcuni accorgimenti per rafforzarmi nell’affrontare le situazioni quotidiane, poi apriva la sua Bibbia e cercava un brano, un salmo, un versetto da donarmi per il tempo di preghiera successivo.

I sette giorni sono stati scanditi dal silenzio, dalla preghiera personale nella chiesetta della casa, dal colloquio con la guida spirituale, dalla celebrazione dell’Eucaristia e dall’adorazione eucaristica a conclusione della giornata.

Più il tempo passava e più mi accorgevo che il Signore mi stava guidando, non solo in quei sette giorni, ma anche prima e avrebbe continuato a guidarmi in ciascuno dei giorni successivi. Così, il tempo degli esercizi non è stato uno “stacco” da ciò che c’era prima e da tutto ciò che ci sarebbe stato dopo: tutto si è svolto in continuità e armonia. Davvero tutto il tempo (passato, presente e futuro) è abitato da Dio!

Il settimo giorno, pensando all’episodio della trasfigurazione di Gesù e in modo particolare alla discesa dal monte, mi sono chiesto come sarebbe stato il mio ritorno a casa, dopo la settimana trascorsa sul monte Tabor. Ho pensato di porre la domanda a padre Cesare nell’ultimo colloquio. Mi ha risposto che non dovevo preoccuparmi perché dopo gli esercizi avrei visto tutte le cose con occhi nuovi.

Durante la preghiera personale di quel pomeriggio, mi sono fermato a considerare gli occhi nuovi che già stavo utilizzando per guardarmi e guardare ciò che c’era intorno: effettivamente ci vedevo meglio e tutto era avvolto da un senso di gratitudine al Signore per la fede, per la vita, per la famiglia, per i tanti amici, per le persone incontrate negli anni, per le esperienze vissute, per gli studi scolastici e universitari, per la chiamata a servirlo come prete, per i giorni in Seminario, per la Sua Chiesa, per i confratelli nel sacerdozio, per i padri spirituali, per tutto il popolo di Dio,…

La gratitudine mi faceva sorridere anche pensando alle cose più difficili vissute e a quelle che mi aspettavo di dover vivere tornando a casa,… persino le abitudini che mi avevano annoiato, ora mi apparivano sopportabili con l’aiuto di Dio, della Sua fedeltà, della Sua misericordia per i limiti dei fratelli, ma soprattutto per i limiti miei!

Quella stessa gratitudine mi fa sorridere ora: devo riconoscere, infatti, che quando ho avuto bisogno di essere consigliato, il Signore mi ha fatto sempre cercare e incontrare una persona saggia e, ascoltando il suo consiglio, ho continuato a camminare senza più aver timore!

Ripensando all’esperienza degli esercizi spirituali, mi sono convinto che questa opera di misericordia verso il prossimo sia la conseguenza di un’opera di misericordia da compiere verso me stesso: per consigliare i dubbiosi, devo ammettere di essere io per primo bisognoso di consiglio, devo aver misericordia del mio limite e del mio non aver sempre la risposta pronta, devo provare a non fuggire da quel senso di inadeguatezza che mi prende di fronte a certe situazioni. Quando non fuggo, infatti, mi viene dato di sperimentare l’opera di Dio e la grazia di camminare insieme ai fratelli.

don Gian Luca Rosati

sabato 1 luglio 2017

Dal libro "Il Vangelo del contadino", di don Primo Mazzolari

«Quando Gesù nasce, gli angeli cantano in cielo, la Vergine e Giuseppe l’adorano in terra.
Dopo, verranno i pastori chiamati dall’angelo.
Nessun cenno ai contadini della stalla.
Che l’evangelista non li abbia ricordati per una di quelle dimenticanze di cui la povera gente non s’offende?
I cronisti dei fatti mondani sanno quale grosso guaio corrono se lasciano fuori un nome.
Al contadino non importa.
Egli è sempre presente ad ogni grande avvenimento della storia, ad ogni schiudersi di una nuova epoca: sempre presente, col suo patire silenzioso, con la sua preghiera, con la sua fatica.
Non si fa storia senza di lui, non si ricostruisce senza di lui, non si resiste senza di lui.
È l’uomo di tutte le trincee, di tutte le avanzate, di tutte le battaglie».
[Tratto da Il Vangelo del contadino, di don Primo Mazzolari, edizioni La Locusta, Vicenza, pp. 22-23]