sabato 27 febbraio 2021

La vita è bella

Vista la grande attenzione al tema in questi giorni, ho pensato di andare a rileggere quello che dice il Catechismo della Chiesa Cattolica riguardo al tema dell’aborto. Condivido qui sotto il testo integrale, così se qualcuno desidera leggere cosa insegna la Chiesa, può attingere direttamente alla fonte.
Buona lettura!

«L'aborto

2270 La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita. 181

« Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato » (Ger 1,5).

« Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra » (Sal 139,15).

2271 Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale:

« Non uccidere il bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita ». 182

« Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come pure l'infanticidio sono abominevoli delitti ». 183

2272 La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. «Chi procura l'aborto, se ne consegue l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae», 184 «per il fatto stesso d'aver commesso il delitto» 185 e alle condizioni previste dal diritto. 186 La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.

2273 Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione:

« I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare: il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte ». 187

« Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. [...] Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti ». 188

2274 L'embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere umano.

La diagnosi prenatale è moralmente lecita, se « rispetta la vita e l'integrità dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione individuale [...]. Ma essa è gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una diagnosi [...] non deve equivalere a una sentenza di morte ». 189

2275 « Si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a patto che rispettino la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale ». 190

« È immorale produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati come "materiale biologico" disponibile ». 191

« Alcuni tentativi d'intervento sul patrimonio cromosomico o genetico non sono terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani selezionati secondo il sesso o altre qualità prestabilite. Queste manipolazioni sono contrarie alla dignità personale dell'essere umano, alla sua integrità e alla sua identità » 192 unica, irrepetibile».

(Dal Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2270-2275)


A partire dalla citazione che naturalmente come uomo, come cristiano e come prete, condivido, credo e professo in ogni sua parte, desidero scrivere alcune considerazioni personali.
Al numero 2272 c’è scritto «La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia».
Ogni nostra azione e ogni nostro intervento come cristiani e come Chiesa, scaturisce dalla misericordia. Mi chiedo se quando noi cristiani parliamo di questi temi teniamo conto di chi riceve il nostro messaggio. La persona a cui ci rivolgiamo si sentirà accolta, compresa, amata, aiutata, sostenuta, accompagnata,…?
Oppure il nostro parlare o scrivere suonerà come un giudizio?
Perché se il nostro parlare o scrivere o comunicare suona come un giudizio, è cristiano scegliere di tacere finché non troviamo parole che nel dire la verità la dicono con misericordia, amore, risurrezione.

Una seconda considerazione è sulla formazione e sull’educazione delle persone al rispetto della vita. Bisogna iniziare fin dall’infanzia a educare alla bellezza della vita comunicando la gioia della condivisione, dell’accoglienza, della gratuità, dell’amore, del rispetto dell’altro e dell’inclusione.
Tutte cose in cui, nonostante la buona volontà e gli sforzi di tanti, stiamo diventando carenti: spesso il messaggio che passa dai grandi ai piccoli è quello dell’egoismo, dell’individualismo, della prepotenza e della realizzazione dei propri interessi a tutti i costi. L’altro viene percepito come un ostacolo o come un mezzo di cui servirsi e, se si mette in mezzo, va eliminato. Ma questo non succede solo con le gravidanze indesiderate, succede in ogni situazione in cui si incontra un’altra persona.

Una terza considerazione nasce dal dato dell’aumento dei medici e del personale sanitario che fa obiezione di coscienza riguardo alla pratica dell’aborto. Chi è a stretto contatto con la vita nascente e si rifiuta di ucciderla facendo obiezione di coscienza, davvero non ci fa mettere in discussione le nostre posizioni? A me fa pensare la conversione di tanti medici. Possibile che la loro testimonianza non riesca a scalfire le convinzioni personali e non riesca a far maturare una visione più umana della questione?

La quarta considerazione è una domanda: «Abbiamo il coraggio di rivedere il nostro stile di vita e il nostro modo di accogliere la vita?».

Mi spiego meglio.
Molte volte in questi anni durante le benedizioni pasquali sono entrato nelle case della gente. Una cosa che mi faceva impressione al termine delle benedizioni era la grande quantità di appartamenti vuoti, che però… «Padre, li benedica lo stesso, anche se non ci abita nessuno…».
Ma è proprio la presenza di una famiglia a essere una benedizione per noi e per la nostra casa, come scrive l’autore della Lettera agli Ebrei: «L'amore fraterno resti saldo. Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» (Eb 13,1-2).
E poi incontravo famiglie con i bambini piccoli ridotte ad abitare in ambienti piccoli, stretti, umidi,… «Perché, padre, purtroppo non si trova un appartamento da prendere in affitto e quelli disponibili hanno prezzi troppo alti,…».

Faticavo a crederci, e allora mi sono messo personalmente in cerca di case per famiglie con bambini piccoli. È difficilissimo trovarne, direi impossibile, ma sicuramente sono io che non sono abbastanza bravo a cercare.

Non ho esperienza del mondo del lavoro, ma leggendo i giornali mi sembra di aver capito che la gravidanza delle dipendenti sia percepita come un problema da alcuni datori di lavoro. Datori di lavoro che forse se venissero intervistati direbbero anche di essere contrari all’aborto. Ma si è davvero contrari all’aborto quando con certe pretese e certe imposizioni, praticamente si scoraggia una persona a diventare madre?

Ora quindi mi chiedo e ti chiedo se una persona quando si trova sul punto di scegliere è realmente libera nella scelta che va a compiere, o se la scelta è influenzata o addirittura condizionata dalla solitudine e dalla considerazione di tanti problemi che in quel momento paiono insormontabili.

Queste considerazioni e tante altre che non ho scritto costituiscono un pungolo per me. E quando leggo i numeri sconvolgenti degli aborti che vengono praticati di giorno in giorno, non posso proprio fare a meno di chiedermi:
«Io che cosa ho fatto per favorire la nascita di quei bimbi? Che tipo di cultura sto promuovendo con le mie scelte quotidiane? Che tipo di politica sto sostenendo a tutela della vita? Mi accontento di ripetere slogan e parole, oppure realmente mi prendo a cuore la vita agevolando l’accesso delle famiglie alla casa e promuovendo la giustizia sociale nel mondo del lavoro?».

La vita è bella,
lavoriamo perché tutti possano apprezzarne la bellezza e scegliere la vita! [dGL]

giovedì 18 febbraio 2021

I santi della… panchina accanto

 

L’opera “Homeless Jesus”, dello scultore Timothy Schmalz,
posta all’ingresso della sede della Comunità di Sant’Egidio a Trastevere, Roma
(dal sito https://www.comunitadisantegidio.info/2018/02/09/santegidio-50-anni-fedelta-ai-poveri/)

I santi sono persone particolarmente vicine a Dio, gli amici di Dio, i servi di Dio,
ma santi sono anche quelli a cui pensano soltanto Dio e gli amici di Dio.
Ci sono i santi della porta accanto,
e ci sono i santi della panchina accanto.
 
Persone senza “porta” perché non hanno un tetto,
persone che a volte hanno solo un cane “accanto”.
 
Somigliano a Lazzaro, il povero del Vangelo di Luca (Lc 16, 19-31).
Si siedono o si stendono sulle panchine, su cartoni per prendere un po’ di sole e si coprono con coperte di fortuna, ricevute in dono dalla compassione di qualcuno.
Si accontentano di quel che passa il convento
e se ti fermi a salutarli, ti accolgono sempre con un sorriso,
magari un sorriso senza troppi denti,
ma radioso come il sole, caldo, accogliente,…
 
I santi della panchina accanto ogni tanto si arrabbiano,
se la prendono con gli uomini che non si accorgono di loro, che non li aiutano, che li hanno dimenticati, abbandonati, emarginati,...
A volte i santi della panchina accanto li senti gridare a Dio, “colpevole” di stare con i ricchi e dimenticare i poveri,…
perché Dio è difficile riconoscerlo, è difficile quando si sta bene, e pure quando si sta tremendamente male…
 
Poi un giorno,
improvvisamente,
i santi della panchina accanto non li vedi più
e ti chiedi se sono ancora qui
o se finalmente sono entrati
in quella casa fatta dalle mani più amorevoli,
la casa del Padre buono (Lc 15, 11-32),
quello che per volerti bene gli basta che tu ci sei, perché è Tuo Padre!
 
E la panchina accanto resta vuota,
come il cuore di chi li ha conosciuti
e della città in cui misteriosamente erano diventati personaggi famosi,
i santi della panchina accanto


Responsorio

 R. Il tempo di Quaresima ci riapre la strada del cielo:
entriamo in esso con spirito di preghiera e penitenza:
* e avremo parte con il Signore alla gloria della risurrezione.
V. In ogni cosa presentiamoci come servi di Dio
R. e avremo parte con il Signore alla gloria della risurrezione.
(dall’Ufficio delle letture del Giovedì dopo le Ceneri)

mercoledì 17 febbraio 2021

sabato 13 febbraio 2021

Riprendere, ma piano piano…

 


Ogni volta che c’è un’apertura, c’è il rischio di una frenesia nell’uscire, senza più tenere conto delle precauzioni, della sicurezza e dei gravi motivi che ci hanno tenuto chiusi in casa.
 
Se all’inizio prevaleva in me l’indignazione e la rabbia per atteggiamenti che mi apparivano irresponsabili, dopo qualche tempo, considerando che a fare assembramenti erano persone di tutte le età, ed essendomi trovato anch’io in qualche “circoletto” (sempre con la mascherina e sempre a distanza di sicurezza), ho cominciato a esaminare me stesso per cercare di capire cos’altro ci fosse dietro quella che immediatamente appariva come una mia colpevole imprudenza.
 
Ho riconosciuto in me diversi fattori che si sono sommati e che penso possano scatenare in tutti noi la fretta di riprenderci qualcosa che ci è stato tolto.
 
Un primo fattore è la poca disponibilità al sacrificio e alla rinuncia: abituato ad avere tutto e subito, mi sembra impossibile tornare indietro e accettare scelte che non producono un effetto immediato, ma richiedono tempo, pazienza, fiducia, rinuncia, sacrificio,…
 
Un secondo fattore è la scarsa capacità di apprezzare e farmi bastare l’essenziale: per stare bene, mi occorrono tante cose e anche il superfluo mi è diventato caro, forse addirittura necessario. Così quando qualcosa mi viene a mancare, mi sento perso o disorientato e divento irritabile, lamentoso, impaziente (succede anche quando la rete internet non funziona e non posso avere accesso immediato all’informazione che mi serve).
 
Un terzo fattore è la sfiducia nelle istituzioni: è diventato ricorrente e diffuso il dubbio sulla reale attenzione che i governanti hanno per il bene comune, sulla loro lungimiranza e competenza, e sulla loro capacità di gestire le risorse per il bene di tutti e non di singole parti.
 
Un quarto fattore è il sospetto di essere stato chiuso in gabbia. Questo sospetto viene alimentato quotidianamente da chi sceglie di diffondere fake news e teorie del complotto. E, poiché questi professionisti della falsità vengono ospitati anche in TV, le loro strampalate teorie riescono a intaccare e minare la fiducia di milioni di persone.
 
Un quinto fattore – forse il più importante – è che siamo esseri sociali e non possiamo fare a meno della dimensione sociale per troppo tempo.
Uno potrebbe pensare che un anno non è troppo tempo, ma in realtà abbiamo cominciato a fare a meno della dimensione sociale da molti anni.
Privilegiando il mondo virtuale e social, le relazioni istantanee legate a un like o a un click, abbiamo iniziato a pensare che i follower fossero l’equivalente degli amici, e che i profili social bastassero a farci conoscere realmente com’è una persona e a metterci in relazione.
Così abbiamo trascurato le relazioni con le persone che abitano il nostro quotidiano: famiglia, colleghi di lavoro, amici, concittadini, conoscenti,… e ci siamo sentiti appagati da tante connessioni a tempo rese possibili dai social.
E ci sembrava di essere tutti felici e contenti,…
 
Ora, la paura di perdere tutto, la scelta obbligata di stare a distanza di sicurezza e di privilegiare chat, video-chiamate, mail, telefonate,… ci ha rivelato che un emoticon non è come un abbraccio, che una voce non è come la presenza, che fare un aperi-video (aperitivo fatto in videoconferenza) non è lo stesso che essere in piazza, in ufficio, al bar, e che tanti follower non fanno un amico,…
E così c’è come una frenesia in noi perché vogliamo recuperare quello che in vent’anni, piano piano, abbiamo scelto – più o meno consapevolmente – di perdere.
 
Mi ha fatto molto riflettere, a questo proposito, il caso degli anziani nelle RSA: improvvisamente sono diventati il centro delle attenzioni affettive di tutti, quando, fino a un anno fa, le persone ricoverate, e anche gli ammalati e gli anziani nelle loro case, non erano così cercati da parenti e amici.
 
E chissà quanti altri fattori potrei ancora elencare…
 
Ora è certamente il tempo di smettere di puntare il dito e colpevolizzare!
 
È, invece, il tempo di cominciare ad accogliere, comprendere, accompagnare,
ricordando quello che ci succedeva da piccoli,
quando, assetati in una caldissima giornata d’estate,
finalmente potevamo dissetarci a una fonte di acqua fresca,
e chi ci voleva bene ci raccomandava:
«Bevi piano, ché ti fa male!». [dGL]

venerdì 12 febbraio 2021

Eterno risorto

 

Ad appesantire la vita dell’uomo è qualcosa che somiglia all’eterno ritorno dell’uguale, come un’abitudine che si ripete quotidianamente, quasi senza prospettive di uscita o di variazione.

In questo tempo di pandemia si è acuita l’impressione di un eterno ritorno dell’uguale (sveglia, colazione, lavoro, pranzo, lavoro, cena, riposo, sveglia, colazione,…) perché le occasioni di distrazione sono drasticamente diminuite.
 
E allora, cosa fare?
 
Fin dalla Creazione la vita dell’uomo viene incontrata da Dio e l’Incarnazione di Gesù è la buona notizia (Vangelo) che rinnova ogni cosa.
Con la Sua Risurrezione,
il Cristo fa nuove tutte le cose.
Con la Sua Risurrezione,
il Cristo fa nuovo ogni istante della nostra vita!
 
Ne facciamo esperienza se regoliamo la nostra giornata in modo da custodire alcuni momenti in cui stiamo con Gesù: Ufficio delle Letture, Lodi, Ora media, Vespri, Celebrazione dell’Eucaristia, Adorazione Eucaristica, Ascolto e meditazione della Parola di Dio proposta nella Liturgia del giorno, Lectio Divina, Preghiera del Santo Rosario, Lettura continua del Vangelo o della Sacra Scrittura, Lettura dei documenti del Magistero della Chiesa, Lettura della Vita dei Santi, Ascolto di Papa e Vescovi.
Sono tutti momenti che gettano novità in abbondanza sulla vita quotidiana e ci mantengono giovane il cuore ricordandoci che il Cristo risorto cammina con noi!
Scegliamo alcuni di questi momenti e inseriamoli nella nostra giornata!
Faremo esperienza dell’eternità che rinnova! [dGL]

giovedì 11 febbraio 2021

Giovedì grasso

Giunta ormai la sera,
non avevo ancora visto una maschera di carnevale,
finché non è entrato in chiesa un Pierrot di due anni
che, tenendo per mano la sua Mamma,
s'è avvicinato all'altare per mandare un bacetto a Gesù!!!