mercoledì 27 luglio 2022

Chi lo sa?


Ultimo giorno di oratorio estivo. I ragazzi corrono pieni di vita, gli educatori li rincorrono; tutto è gioia, musica e festa! Io mi rivedo mentre corro nel cortile della Parrocchia della Marina o sul prato di Foce di Montemonaco. A quei tempi ero un ragazzino, ma le esperienze di oratorio e di campo-scuola me le ricordo ancora. Quando finivano quelle settimane di vita comune, avevo un solo desiderio: rivedere i compagni di campo una volta tornati a casa. Era stato troppo bello stare insieme. E allora con la bicicletta uscivo perché in giro forse avrei rivisto qualcuno. Ma non era facile darsi appuntamento e incontrarsi: non c’erano gli
smartphone, né i social,…

C’era, però, don Luciano che ci dava appuntamento in parrocchia per i Vespri. Una volta alla settimana ci potevamo rivedere e, dopo la preghiera, trascorrere un po’ di tempo insieme. La parrocchia con i suoi orari “chiama” a raccolta e, se ti fai trovare lì a quell’ora, puoi incontrare tanti altri “chiamati”.

Sono passati più di 25 anni e mi trovo a passare da quelle parti. Don Luciano è sempre lì: lo trovo seduto all’ingresso del piccolo cortile parrocchiale. In mano ha un libro di don Primo Mazzolari. Don Luciano medita sul Vangelo e si arrabbia quando avverte che qualcuno sta tentando di annacquarlo: sa bene che qualora si accettasse di annacquarlo, il Vangelo sarebbe una parola come un’altra e non sarebbe più in grado di farti sentire la vita, di comunicarti la vita!

Ma lì in parrocchia non ritrovo solo don Luciano. Ci sono anche tanti altri che c’erano la prima volta che ci sono andato, e questo per me è meraviglioso. Sono passati molti anni, ma basta rivedersi per sentire quella comune vocazione che ci ha tenuto lì, ben stretti al Cristo, alla Sua Chiesa e anche alle altre pietre vive della Chiesa: chi faceva i lavori di manutenzione, chi teneva in ordine le sale, chi puliva la chiesa, chi faceva catechismo, chi suonava,… Li ritrovo tutti lì che continuano a camminare come meglio possono dietro al Cristo che ci guida.

Ultimo giorno di oratorio estivo. Ripenso. E mi chiedo: questi ragazzi, educatori, volontari e genitori, si saranno accorti che siamo tutti qui perché Gesù ci ha chiamato? E io ho evangelizzato in modo che se ne accorgessero? Qualcuno cercherà gli orari delle Messe in parrocchia per continuare a incontrarsi coi suoi amici? E Gesù lo avranno accolto nella loro cerchia di amici? O lo avranno lasciato fuori ad aspettare?

Ultimo giorno di oratorio estivo…

sabato 23 luglio 2022

Ti ho scelto perché eri sprovveduto

In un brano della Leggenda Perugina, contenuta nelle Fonti Francescane, c’è il Signore che parla a San Francesco e lo rincuora. Parole bellissime che ho pensato bene di condividere con tutti voi. Le trascrivo:

«E la voce incalzava: “Io non ti ho scelto per dirigere questa mia famiglia perché eri letterato ed eloquente, al contrario perché eri sprovveduto, in maniera che sappiate, tu e gli altri, che sono io a vigilare sul mio gregge. Ti ho innalzato in mezzo ai fratelli a guisa di insegna, allo scopo che vedano e compiano a loro volta le opere che io realizzo in te. Coloro che camminano la mia strada, possiedono me e mi possederanno sempre più. Quelli che si rifiutano di camminare la mia strada, si vedranno togliere anche i doni che sembrano avere. Pertanto ti dico di non avvilirti, ma di fare bene quello che fai e badare a compiere il tuo dovere, sapendo che ho piantato l’Ordine dei frati in uno slancio di amore che mai verrà meno”».

Nel corso degli anni puoi arrivare a pensare che siano i tuoi titoli di studio o la tua eloquenza o i tuoi talenti o le tue strategie a tenere in piedi la baracca, o che siano quelle qualità ad aver motivato la tua scelta da parte del Signore,… Ma, in realtà: «Ti ho scelto perché eri sprovveduto».

Col passare del tempo, puoi arrivare a pensare che sei tu a operare bene, e invece: «Ti ho innalzato in mezzo ai fratelli a guisa di insegna, allo scopo che vedano e compiano a loro volta le opere che io realizzo in te».

Puoi arrivare a pensare di dover fare chissà cosa per il Signore, e così essere sempre scontento e in affanno, mentre è proprio il Signore a dirti: «Pertanto ti dico di non avvilirti, ma di fare bene quello che fai e badare a compiere il tuo dovere».

Quando le cose non procedono secondo le tue aspettative, puoi arrivare a dubitare dell’amore del Signore, ma è il Signore stesso a rassicurarti: «… ho piantato l’Ordine dei frati in uno slancio d’amore che mai verrà meno».

Certi testi sono proprio dei buoni amici!!! [dGL]

giovedì 14 luglio 2022

Sono un uomo

«Alessandro attraversava ormai l’India e combatteva devastando i territori di genti poco note anche agli stessi popoli confinanti. Durante l’assedio di una città, mentre faceva il giro delle mura per individuarne i punti più deboli, fu colpito da una freccia; tuttavia rimase a lungo a cavallo e continuò la sua ricognizione. Ma poi il sangue, coagulatosi nella ferita, rese più acuto il dolore, e la gamba, che penzolava dal cavallo, si era a poco a poco intorpidita. Costretto a desistere, disse: “Tutti giurano che sono figlio di Giove, ma questa ferita grida che sono un uomo”. Seguiamo anche noi il suo esempio. Ciascuno, in misura diversa, si lascia infatuare dall’adulazione; diciamo: “Voi sostenete che sono saggio, ma io mi rendo conto di avere molti desideri inutili e dannosi. Non capisco nemmeno quello che la sazietà mostra agli animali: quale misura ci debba essere nel mangiare e nel bere; non conosco ancora la capacità del mio stomaco”» (Seneca, Lettere a Lucilio, Libro VI, lettera 59, Garzanti).

lunedì 11 luglio 2022

Ricordi

Nella sua cameretta, sul suo piccolo banchetto di lavoro, Nonno Giuseppe prendeva un foglietto e con il lapis* in mano tracciava la linea di una vela o calcolava la lunghezza di uno scafo o dell’albero maestro...

Era il suo modo di progettare o di affrontare qualsiasi questione o problema: prendeva un foglietto, si metteva gli occhiali e, col lapis in mano, scomponeva e ricomponeva finché non gli appariva davanti agli occhi la soluzione...

Me lo ricordo bene il vecchio lupo di mare trascorrere le sue giornate di pensionato a disegnare i simboli eucaristici sulle vele delle sue piccole lancette, o un cavalluccio marino, o un galletto, o il torrione di San Benedetto,...

Quel suo modo di lavorare, metodico, costante, silenzioso, mi infondeva un senso di pace...

E ora che la barca della Chiesa viene incoraggiata a prendere il largo da un Papa venuto dall’oltremare, mi ritrovo sul mio piccolo banchetto di lavoro, con un piccolo lapis e un foglietto a tratteggiare le linee d’una Chiesa in uscita o di un ospedale da campo... 


* Qui trovate la definizione di lapis: https://www.treccani.it/vocabolario/lapis/

** Nella foto vedete la lancetta che Nonno Giuseppe mi regalò quando andai all'Università Cattolica: risiedevo nel Collegio Augustinianum e quindi sulla vela disegnò il galletto simbolo di quel Collegio universitario

sabato 9 luglio 2022

Qui per offrire

Oggi vorrei semplicemente condividere una lettura che mi è capitata stamattina navigando su internet. È tratta da una testimonianza contenuta in un libro su Franz Kafka:

«Quando eravamo a Berlino, Kafka andava spesso allo Steglitzer Park. Talvolta lo accompagnavo. Un giorno incontrammo una bambina, che piangeva e sembrava disperata. Le parlammo. Franz le chiese che cosa le fosse successo e venimmo a sapere che aveva perso la sua bambola. Subito lui si inventò una storia plausibile per spiegare la sparizione: “La tua bambola sta solo facendo un viaggio, io lo so, mi ha scritto una lettera”.

La bambina era un po’ diffidente: “Ce l’hai con te?”.

“No, l’ho lasciata a casa, ma domani te la porto”.

La bambina, incuriosita, aveva già quasi scordato le sue preoccupazioni, e Franz se ne tornò subito a casa, per scrivere la lettera.

Si mise al lavoro in tutta serietà, come si trattasse della creazione di un’opera. Era nella stessa condizione di tensione in cui si trovava non appena si sedeva alla scrivania o stava anche solo scrivendo a qualcuno. Tra l’altro, si trattava effettivamente di un vero lavoro, essenziale al pari degli altri, perché la bambina doveva assolutamente essere resa felice e preservata dalla delusione. La menzogna doveva dunque essere trasformata in verità attraverso la verità della finzione. Il giorno successivo portò la lettera alla bambina, che l’attendeva al parco. La bambola spiegava che ne aveva abbastanza di vivere sempre nella stessa famiglia ed esprimeva il desiderio di cambiare un po’ aria, in una parola, voleva separarsi per qualche tempo dalla bambina, cui per altro voleva molto bene. Prometteva tuttavia di scrivere ogni giorno – e Kafka scrisse effettivamente una lettera ogni giorno, raccontando di sempre nuove avventure, le quali, seguendo il particolare ritmo vitale delle bambole, si snodavano in modo rapidissimo.

Dopo alcuni giorni, la bimba aveva scordato la perdita reale del suo giocattolo e pensava solo e semplicemente alla finzione che le era stata offerta come sostituto. Franz scrisse ogni frase di quella sorta di romanzo in modo così accurato e pieno d’umorismo che la situazione della bambola risultava perfettamente comprensibile: era cresciuta, era andata a scuola, aveva conosciuto altre persone. Rassicurava sempre la bimba del suo amore, ma alludeva anche a complicazioni della sua vita, ad altri doveri e altri interessi che, al momento, non le permettevano di riprendere la vita in comune. La piccola veniva pregata di riflettere sulla cosa e veniva così preparata all’inevitabile rinuncia.

Il gioco durò come minimo tre settimane.

Franz aveva una paura terribile al pensiero di come avrebbe potuto finire il tutto. Perché la fine doveva essere una vera fine, vale a dire che doveva consentire all’ordine di sostituire il disordine causato dalla perdita del giocattolo. Cercò a lungo e decise alla fine di far sposare la bambola. Descrisse dapprima il futuro marito, la festa di fidanzamento, i preparativi del matrimonio, poi in ogni dettaglio la casa dei giovani sposi: “Vedi tu stessa che dovremo rinunciare a rivederci in futuro”.

Franz aveva risolto il piccolo conflitto di un bambino attraverso l’arte, attraverso il mezzo più efficace di cui disponeva personalmente per riportare ordine nel mondo» (Dora Diamant, in “Quando Kafka mi venne incontro…”. Ricordi di Franz Kafka, a cura di Hans-Gerd Koch, ed. Nottetempo, 2007).

Questa testimonianza mi ha colpito molto perché penso sia una cosa bellissima scegliere di offrire tutto il proprio talento per una sola persona che vedi piangere. E sono pieno di gioia nel pensare che ci sono state e ci sono (e quindi ci saranno) miliardi di persone che hanno fatto, fanno e faranno la stessa cosa per me e per ogni altro uomo!

La considerazione di tutto questo amore che ricevo, contrasta il mio egoismo e fa crescere in me il desiderio di saper cogliere le occasioni, che ogni giorno mi sono date, per fare anch’io lo stesso per tutti gli altri!