Durante una catechesi sul settimo
comandamento («Non rubare») mi ritrovo a leggere alcuni brani tratti dal
Catechismo della Chiesa Cattolica. Si tratta di testi che mettono in evidenza la
differenza cristiana nel modo di abitare questo mondo: c’è, infatti, uno stile
di vita tipicamente cristiano che ci fa diversi da tutti gli altri.
Faccio riferimento ai numeri dal 2401
al 2406 e in particolare al numero 2403: «“L’uomo,
usando dei beni creati, deve considerare le cose esteriori che legittimamente
possiede, non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano
giovare non unicamente a lui, ma anche agli altri” (Gaudium et spes, 69). La
proprietà di un bene fa di colui che lo possiede un amministratore della
provvidenza; deve perciò farlo fruttificare e spartirne i frutti con gli altri,
e, in primo luogo, con i propri congiunti».
Le cose esteriori che legittimamente
possiedo non devo considerarle solo come mie, ma anche come comuni. Quindi essere
proprietario di qualcosa non mi legittima a fare di quel bene che possiedo
quello che voglio, né mi mette in una posizione di superiorità rispetto a chi
non possiede quel bene, ma sempre in una posizione di servizio: essere
proprietario di un bene fa di me un amministratore della provvidenza.
Quando
mancano otto giorni a Natale, scopro che sono un amministratore della buona provvidenza
di Dio e sono contento di far fruttificare i beni che possiedo e di spartirne i
frutti con gli altri!
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