Ieri mattina ascoltavo Giorgio Zanchini
su Rai Radio 1 mentre leggeva un articolo di Gideon Levy pubblicato sul Sole 24
Ore. L’articolo inizia così: «Un padre in lutto, il cui figlio di otto anni è
stato ucciso dai soldati, questa settimana si è fermato all’ingresso della sua
casa al confine con il campo profughi di Jenin e ha affermato una semplice
verità: “Questi bambini non perdoneranno mai i soldati. State crescendo
un’altra generazione di resistenza. Ora i nostri figli vogliono che anche i
bambini israeliani vengano uccisi”».
Sono parole disarmanti: basterebbe
ascoltarle per far cadere le armi, per far cessare definitivamente il fuoco in
ogni parte del mondo. Bambini innocenti nascono e muoiono sotto le bombe. Bambini
innocenti iniziano a odiare quando i loro coetanei, in tante altre parti del
mondo, fanno amicizia e giocano spensierati nelle loro case o all’asilo. Bambini
innocenti sono costretti a vivere la guerra, la morte violenta, la distruzione,
lo sfollamento,…
Mentre ascolto la lettura dell’articolo,
che si intitola “Israele e Hamas, odio che chiama altro odio”, mi tornano in
mente le parole del Papa nell’intervista al TG1: «Nella guerra uno schiaffo
provoca l’altro. Uno forte e l’altro più forte ancora e così si va avanti».
Mi torna in mente anche il pensiero
scritto da un ragazzo sul tema della pace; dice pressappoco così: «Se l’umanità
non metterà fine alla guerra, la guerra metterà fine all’umanità». È stato
scritto qualche anno fa, ma il messaggio è sempre attuale: l’odio distrugge l’umanità.
E il giornalista israeliano continua:
«Dall’altra parte dei regni “occupati”, i bambini vengono uccisi a migliaia. Le
recenti immagini da Jabalya hanno dimostrato che né Dio né l’Idf hanno pietà
dei bambini. Ogni 15 minuti, un bambino viene ucciso a Gaza. Ogni pochi minuti,
un bambino viene portato di corsa in ciò che resta di un ospedale, gettato sul
pavimento sudicio, a volte senza che nessuno lo accompagni. A volte nessuno sa
se è rimasto qualcuno vivo in famiglia, e il bambino lancia uno sguardo incomprensibile
e vitreo a ciò che sta accadendo attorno a lui. Il suo corpo e il suo viso sono
coperti di polvere. È stato estratto dalle rovine…» (Gideon Levy su Il Sole 24
Ore di martedì 12 dicembre 2023, p. 9).
Sento su di me gli occhi di quel
bambino…
Davanti alla chiesa vedo i genitori che
portano all’asilo i figli o li accompagnano a prendere il pulmino che li
porterà a scuola. Sono bambini uguali a quelli che anche oggi vivranno nel
terrore sotto i bombardamenti e i colpi d’arma da fuoco in Ucraina, in Israele,
a Gaza e in tutti i luoghi in cui c’è una guerra. Sono bambini uguali a quelli
che moriranno o che rimarranno orfani nelle zone di guerra o nelle zone in cui
si muore per mancanza di cibo o per le malattie o per il freddo…
Celebro la Messa e li porto tutti con
me a Gesù!
E nel Vangelo trovo una parola che mi
conforta e allo stesso tempo mi obbliga: «Così è volontà del Padre vostro
che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda» (Mt 18, 14).
Il conforto viene dal sapere che il
Padre è Padre di tutti, ha pietà di tutti e li salva tutti!
L’obbligo è il dovere mio e di ciascun
cristiano di partecipare con tutta la vita e tutte le forze al compimento della
volontà di Dio, perciò fa la volontà di Dio chi fa tutto il possibile perché
neanche uno dei piccoli si perda!
Non ho la possibilità di partecipare
alla soluzione dei conflitti internazionali, ma certamente posso vivere con
meno superficialità i tanti “minuti” di cui è composta la mia giornata, posso
vivere con più serietà le relazioni e gli incontri, posso scegliere di agire
sempre per il bene comune, posso fare la pace, posso custodire e mantenere la
pace coi vicini e coi lontani, posso vigilare perché l’odio non entri a ridurre
in macerie la mia umanità!
Quando mancano undici giorni a Natale, penso a
tutti i piccoli e al loro diritto alla pace!
🙏🙏
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