Isaia 2, 4: «Egli sarà giudice fra le
genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno
aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada
contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra».
Isaia annuncia quello che accadrà alla
fine dei tempi: la pace tra tutti i popoli sarà una realtà definitiva.
Sapendo per rivelazione che questa è la
volontà di Dio, cosa stiamo aspettando a spezzare le nostre spade e a farne
aratri? Cioè a costruire la pace con il nostro prossimo? Noi chiediamo e
aspettiamo la pace tra le nazioni in guerra, ma stiamo costruendo la pace nelle
nostre case? E nei nostri condomini e quartieri? E nella parrocchia che
frequentiamo? E sulle strade che percorriamo?
Se il farsi prossimi è quello che sarà
la nostra condizione definitiva (Lc 10, 25-37), perché qui e ora stiamo
perdendo tempo in liti inutili ed estenuanti perfidie?
Isaia annuncia quello che sarà, ma allo
stesso tempo annuncia quello che può essere già qui e ora. E vediamo le sue
parole realizzarsi continuamente nella vita di persone sante (di quei tempi e
dei nostri tempi).
Che stiamo aspettando a cercare la
beatitudine?
«Beati gli operatori di pace,
perché
saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 9)
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