La festa di
Santo Stefano, primo martire, ci aiuta a comprendere meglio il Natale appena
celebrato. Potremmo, infatti, correre il rischio di limitarci a rimanere di
fronte al Bambino adagiato in una mangiatoia e invece siamo subito messi di
fronte alla missione che scaturisce da quell’incontro. Dopo quella notte, dopo
quella visione, dopo il pellegrinaggio verso il luogo della nascita, si parte
per una via nuova ad annunciare a tutti ciò che si è rivelato ai nostri occhi,
la luce che ha squarciato le nostre tenebre. E annunciamo ciò che abbiamo
visto, con la luce e il sale che animano i nostri gesti e le nostre parole, segni
di un’esistenza che si lascia evangelizzare. È lo stile degli apostoli: un modo
di vivere e agire che contrasta con quello dei pagani.
Nel vangelo di
Matteo, Gesù avverte gli apostoli: «Guardatevi
dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle
loro sinagoghe…» (Mt 10,17).
Sembra qualcosa
di distante da quanto ordinariamente viviamo qui in Italia: siamo in una
società che si vanta d’essere tollerante e quindi apparentemente non veniamo
perseguitati per la nostra fede. Forse, però, non veniamo perseguitati apertamente,
perché noi cristiani non diciamo più niente: non offriamo ai pagani la
testimonianza di una vita buona, desiderabile, migliore.
Perché dovrebbero
portarci nei tribunali?
Perché
dovrebbero perseguitarci?
Perché
dovrebbero flagellarci?
Potremmo avere l’impressione
che il contrasto tra cristiani e pagani sia soltanto quello che si riscontra quando
si discute di etica e di morale; potremmo avere l’impressione che la
persecuzione sia qualcosa che riguarda solo la CEI e i pensatori di area
cattolica, continuamente attaccati dall’opinione pubblica.
Ma non è così!
Anche noi siamo
chiamati alla santità, anche noi con le nostre scelte quotidiane dobbiamo
entrare in contrasto con la mentalità comune, quando questa si discosta dal
Vangelo. Ma il più delle volte facciamo come tutti gli altri e, così, diamo l’impressione
che sia facile corromperci e renderci mondani, piegarci alle logiche del mondo, del mercato,…
Accendo la
televisione o vado in giro per le strade e sento dire di cristiani che corrompono altri cristiani, di cristiani che uccidono i loro figli, di cristiani che rubano e rapinano, di cristiani che timbrano il cartellino e poi vanno a spasso ai danni
della collettività, di cristiani che
approfittano della debolezza del prossimo, di cristiani che si fanno eleggere per fare i propri interessi e non
per mettersi al servizio, di cristiani
che violentano i più deboli, di cristiani
che predicano sulle piazze, vanno a messa, vanno dal Papa, si inginocchiano e
accendono ceri nei santuari di tutto il mondo e poi non salutano i vicini di
casa, litigano per le eredità, non si prendono cura della loro famiglia,
giudicano e chiudono le porte anziché aprirle, fanno parte di gruppi xenofobi o
razzisti e organizzano spedizioni punitive ai danni di poveri immigrati,… e si
sentono giustificati perché hanno assolto il precetto domenicale, o quello
pasquale.
E anch’io,
barcamenandomi tra il Vangelo e le mie incoerenze, faccio parte di questa
schiera di sbiaditi cristiani.
Perché il mondo
dovrebbe aver paura di noi?
Perché dovrebbe flagellarci
o lapidarci?
In una tale
confusione giunge provvidenziale il martirio di Stefano a richiamarmi alla
testimonianza cristiana, quella che fa nascere nei persecutori un’inquietudine,
una domanda. La domanda suscitata nel cuore dell’Innominato dall’incontro con
Lucia, la domanda suscitata nel cuore di Saulo dalla vita santa di Stefano, la
domanda suscitata nel cuore di Zaccheo al vedere Gesù entrare in casa sua,… la
domanda suscitata nel cuore di tanti cristiani dall’incontro con don Primo
Mazzolari, don Lorenzo Milani, don Pino Puglisi, papa Paolo VI, madre Teresa,
papa Benedetto, papa Francesco, un sacerdote anziano dal volto luminoso di
speranza,… la domanda suscitata dall’incontro con tanti altri martiri cristiani,
uomini e donne che hanno scelto di seguire Cristo!
Ben si addice a
tali apostoli la testimonianza di San Paolo contenuta nella lettera ai Galati: «Sono stato
crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita,
che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e
ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,
19-20).
Santo Stefano, che hai vissuto come il tuo
Maestro rendendo testimonianza alla Verità, affidando il tuo spirito al
Signore, perdonando e pregando per i tuoi uccisori (At 7,54-60), prega perché
anche noi possiamo essere cristiani come te! [dGL]
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