«I fanciulli poi non mi lasciano né dire l’Ufficio
divino, né prendere cibo, né riposare fino a che non ho loro insegnato qualche
preghiera; allora ho cominciato a capire che a loro appartiene il regno dei
cieli»
(dall’Ufficio delle letture del 3 dicembre, Memoria di San Francesco Saverio,
sacerdote)
Da stamattina ho
già riletto molte volte questa frase tratta da una lettera di San Francesco
Saverio a Sant’Ignazio di Loyola. L’ho riletta anche dopo aver celebrato l’Eucaristia
e aver proclamato il Vangelo del giorno (Mt 15,29-37) in cui si racconta il
radunarsi della folla attorno a Gesù e la moltiplicazione dei pani.
Non faccio
fatica a immaginare San Francesco Saverio, missionario in Oriente, attorniato
da tanti ragazzi desiderosi di imparare a parlare con Dio! Con altrettanta
facilità riesco a raffigurarmi la folla che si raduna attorno a Gesù per
incontrarlo e presentargli le sue sofferenze, i suoi ammalati.
San Francesco
Saverio non è altro che un discepolo di Gesù, un suo apostolo inviato a sfamare
i suoi fratelli con l’annuncio del Vangelo. Nei suoi gesti, nelle sue parole,
nel suo stile, nella sua carità ogni uomo può rintracciare la somiglianza con
il Maestro, con colui che lo ha mandato. È per questo che i ragazzi accorrono e
il santo missionario non ha un momento di riposo. Non cercano le cose che lui
possiede, ma ciò che egli è: vogliono diventare cristiani come lui, discepoli
del suo stesso Maestro.
Allo stesso
modo, non è solo il desiderio di guarigione fisica a radunare la folla attorno
a Gesù, ma l’intuizione di una vita nuova, di una vita buona. Gesù è la vita e chi
è mortificato da una malattia, da una delusione, da una umiliazione, da una disuguaglianza,
da un giudizio poco benevolo, da un vizio, da un peccato, da un fallimento,…
accorre a Lui, gli si stringe intorno per trovare ristoro, per farsi risanare,
rianimare, rialzare.
«Zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati» (Mt 15,30)
vengono deposti ai suoi piedi dalle mani di una folla che sa farsi carico delle
sofferenze degli ultimi. Ed è quella stessa folla ad assistere piena di stupore
al rifiorire della vita, alla vittoria sul peccato e sulla morte: i muti
parlano, gli storpi guariscono, gli zoppi camminano, i ciechi vedono e il cuore
di ciascuno, liberato da ciò che l’opprimeva, esprime nella lode la sua gioia
(cfr. Mt 15,31)!
Anche oggi c’è proprio bisogno di annunciare il
Vangelo, di spezzare il pane, di insegnare a pregare; c’è proprio bisogno di
apostoli di gratuità che gridino dal profondo del cuore: «Signore, eccomi; che cosa vuoi che io faccia?» (cfr. Ufficio delle
letture della Memoria di San Francesco Saverio, sacerdote). [dGL]
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