«Nell’esercizio quotidiano del Nostro ministero
pastorale, Ci feriscono talora l’orecchio insinuazioni di anime, pur ardenti di
zelo, ma non fornite di senso sovrabbondante di discrezione e di misura. Nei
tempi moderni esse non vedono che prevaricazione e rovina, vanno dicendo che la
nostra età, in confronto con quelle passate, è andata peggiorando; e si
comportano come se nulla abbiano imparato dalla storia, che pure è maestra di
vita, e come se al tempo dei Concili Ecumenici precedenti tutto procedesse in
pienezza di trionfo dell’idea e della vita cristiana, e della giusta libertà
religiosa.
Ma a Noi sembra di dover dissentire da codesti
profeti di sventura, che annunziano eventi sempre infausti, quasi sovrastanti
la fine del mondo.
Nel presente ordine di cose, la buona Provvidenza ci
sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli
uomini e per lo più oltre la loro stessa aspettativa, si volgono verso il
compimento dei suoi disegni superiori e inattesi; e tutto, anche le umane
diversità, dispone per il maggior bene della Chiesa» (Beato Giovanni
XXIII, Discorso di apertura del Concilio
Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962, nn. 8-9, in Tutti i documenti del Concilio, ed. Massimo, Milano).
Devo ringraziare
un amico prete, che dieci anni fa mi regalò una raccolta dei documenti del
Concilio, e il Seminario di Milano, che negli anni della formazione mi ha dato
l’occasione di studiarli e approfondirli. Devo ringraziarli perché davvero,
come il mio amico aveva scritto sul biglietto che accompagnava il regalo,
questi documenti sono preziosi compagni di viaggio che aiutano a guardare il
mondo con gli occhi della fede, con lo sguardo amorevole e benevolo di Dio.
Ogni anno
viviamo l’Avvento e ogni anno il mondo
ci rimbalza addosso sterili e noiose polemiche sul presepe, sui canti di
Natale, sulla necessità che la Chiesa si aggiorni,…
Queste storie,
che puzzano di ideologia e non hanno niente a che vedere con il rapporto tra le
diverse confessioni religiose, non fanno che aumentare in noi cristiani la
convinzione che sia urgente annunciare il Vangelo, che ci sia bisogno di quel
lievito, di quel sale, di quella luce di cui noi cristiani siamo portatori,
testimoni.
È Gesù il sole
che sorge per illuminare le tenebre (Lc 1,78-79)!
È Gesù la luce
che illumina le genti (Lc 2,32)!
Il mondo ha imparato bene a usare l’occhio
di bue e illumina solo ciò che vuole farci notare, lasciando in ombra tutto il
resto. Così ci vengono proposte per lo più immagini negative, violenze,
distruzioni, episodi di razzismo, truffe,…; col passare del tempo ci
convinciamo che una specie di montaggio cinematografico rappresenti tutta la
realtà e gradualmente un buio pessimismo e una mortifera disperazione si fanno
strada nel nostro cuore.
Avviene qualcosa
di simile quando noi cadiamo nella tentazione di sostituirci alla luce vera. Certamente
noi siamo chiamati a essere testimoni di quella luce da cui a nostra volta
veniamo illuminati, ma dobbiamo ricordarci che non siamo noi la luce!
Quando ci
convinciamo di essere noi la luce, illuminiamo solo una parte, incapaci di comprendere
nel nostro limitato fascio di luce la complessità del reale; allora con forza
ci battiamo per la difesa delle nostre ideologie impugnando le armi e
preparandoci alla crociata, guidati dall’odio, più che dall’amore per il
fratello, più che dal desiderio di portargli la luce.
Quanto è diversa
la testimonianza dei santi. Ricordo San Francesco alla presenza del Sultano: «Francesco, il servo di Dio, con cuore
intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio
altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e
annunciare il Vangelo della verità. E predicò al Soldano il Dio uno e trino e
il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto
fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con
piena verità la promessa del Vangelo: Io vi darò un linguaggio e una sapienza a
cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire (Lc 21,15)»
(Fonti Francescane n. 1173).
Non prese di
posizione politiche o ideologiche, ma la testimonianza coraggiosa di una vita
salda nella fede, gioiosa nella speranza e operosa nella carità!
Non vuote
argomentazioni, ma l’annuncio del Vangelo per la salvezza del Sultano e del suo
popolo!
Non la pretesa
di imporre la sua verità, ma il desiderio di condividere il tesoro che ha
trovato (Mt 13,44)!
Al termine dell’incontro
con il Sultano, le Fonti Francescane
dicono che Francesco «vedendo… che non
faceva progressi nella conversione di quella gente e che non poteva realizzare
il suo sogno, preammonito da una rivelazione, ritornò nei paesi cristiani»
(FF n. 1175).
Le tradizionali chiacchiere sul presepe e sui canti di
Natale suonino per noi cristiani come la conferma della necessità di annunciare
Cristo a ogni uomo; è questa necessità a renderci tutti missionari, testimoni
della luce vera (Gv 1,9) come Giovanni Battista, Maria, gli Apostoli, i profeti
e tutti i santi.
Non perdiamoci d’animo dietro ai molti profeti di sventura, ma tenendo fisso lo
sguardo su Gesù e sulla buona Provvidenza,
facciamoci portatori di gioia e speranza! [dGL]
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