martedì 18 novembre 2025

È eterna


La vita non considerarla mai un fatto personale e tu non considerarti mai isola slegata da ogni altro.
 
Interpreto così la testimonianza di Eleazaro che, messo di fronte alla possibilità di aver salva la vita durante una persecuzione, si preoccupa dei più giovani, dell’esempio che avrebbero ricevuto da lui ed è sicuro nella sua scelta di affidarsi completamente al Signore, come aveva fatto per tutta la sua vita.
 
Eleazaro è vecchio: ha novant’anni. E però è vivo e vuole che la morte al suo arrivo lo trovi vivo: «Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età e lascerò ai giovani un nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e nobilmente per le sante e venerande leggi» (2Mac 6,27-28). Così facendo, egli continua a vivere e agire anche dopo che i suoi carnefici lo hanno ucciso. Addirittura continua ad agire anche oggi, perché mi richiama a guardare la vita non come la vedono e la propongono molti giornali mondani, o come vogliono farmela vedere i mercanti e i mercati, ma così com’è veramente: la vita è degna e preziosa, è degna e preziosa sempre; dal momento del concepimento fino all’ora della nostra morte continuiamo a essere preziosi e necessari, anche quando non possiamo provvedere a noi stessi e abbiamo bisogno di tutto.
 
Perciò avrò ogni cura per un bimbo appena concepito, perché è uomo come me e anzi ne avrò ancora più cura perché non può esprimere il suo desiderio di vita e di amore. Perciò continuerò ad aver cura di un anziano o di un ammalato fino all’ultimo respiro, perché è uomo come me e la sua vita vale quanto la mia; anzi la mia vita è per la sua vita in quanto io posso prenderne le difese, custodirlo, incoraggiarlo, ascoltarlo, nutrirlo, curarlo,… amarlo.
 
Io stesso non mi preoccuperò di dover essere perfetto, sempre giovane, sempre sul pezzo,… perché Dio mi ama così come sono e spesso sono maggiormente testimone dell’amore di Dio, quando non ci metto troppo del mio. Dio, infatti, con la bocca dei bimbi e dei lattanti afferma la sua potenza contro i suoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli (Salmo 8). Dio sceglie il novantenne Eleazaro per mostrare cos’è la vita e com’è la vita! Eleazaro non è uno che s’incammina verso la morte, ma uno che vive!
 
La vita non considerarla mai un fatto personale, un tempo di cui disporre a tuo piacimento. E tu non considerarti mai isola slegata da ogni altro, ma considerati sempre in comunione con Dio e con ogni altro! Così il tempo che passa non sarà come la sabbia che si deposita inesorabile sul fondo della tua clessidra, ma un’eterna comunione d’amore, un tempo abitato dal Cielo, un’immersione nel torrente che risana e fa vivere tutto ciò che bagna (Ez 47, 1-12)!
 
Grazie, Eleazaro e grazie a tutti quelli che hanno scelto e scelgono di non vivere per se stessi ma sempre in comunione con Dio e con tutti!

mercoledì 5 novembre 2025

“Averi”


«Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 33).
Il Vangelo di oggi (Lc 14, 25-33) mi fa pensare a tutti quegli averi che sono parte di me: talenti, abilità, conoscenze maturate con lo studio, con l'ascolto, con l'esperienza,...
Li considero "averi", ma come posso rinunciarci?
E allora penso che rinunciare significhi esercitarmi a considerarli sempre "doni ricevuti" da comunicare, a mia volta, a qualsiasi prossimo perché anch'egli possa trarne beneficio e comunicarli ancora, ancora, ancora,...
Funziona così anche con gli "averi" materiali, ma a questi, che sono ben visibili e non sono parte di me, è più facile rinunciare, no?

sabato 25 ottobre 2025

PACE - messaggio in bottiglia (7)


Il momento
in cui l'ultimo tasto del pianoforte viene pigiato,
il pianista stacca le mani dalla tastiera
e la nota si va diffondendo nella stanza
è un tempo
di compimento,
di pienezza.
E il silenzio che segue
è tutta pace

mercoledì 22 ottobre 2025

Lettera agli adulti di Azione Cattolica

Tabernacolo della chiesa delle Romite Ambrosiane del Sacro Monte di Varese

Carissima, Carissimo,
quest’anno il cammino associativo ci propone l’icona biblica della Trasfigurazione come ce la racconta l’evangelista Matteo al capitolo 17 del suo Vangelo (vv. 1-9).
 
Penso che possiamo prenderci un po’ di tempo per fare anche noi l’esperienza di Pietro, Giacomo e Giovanni con Gesù che li conduce in disparte, su un alto monte (v. 1).
Proviamo, dunque, a leggere e rileggere il Vangelo della Trasfigurazione tenendo sullo sfondo alcune semplici considerazioni e domande.
 
«E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce» (Mt 17, 2).
Che effetto ti fa?
A cosa pensi mentre sei lì?
Quali parole senti salirti dal cuore?
Fidarti della chiamata di Gesù ad andare con Lui su un alto monte, ti HA DONATO non solo la vista di un magnifico panorama (un po’ te l’aspettavi), ma anche qualcosa che proprio non avresti mai potuto immaginare, progettare, prevedere, programmare: «E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce» (v. 2).
Il sole lo vedi sempre da lontano, Gesù invece è qui vicino a te!
Puoi stare con Lui e non ti abbaglia. Puoi stare con Lui e non ti brucia.
Puoi stare con Lui!
Egli ti chiama e ti vuole con sé!
Che meraviglia!
Prova a ricordare quando, vivendo un’esperienza, ti aspettavi che fosse bella e invece è stata ancora più bella, e magari hai esclamato: «Non avrei mai immaginato che potesse essere così!».
Prova a ricordare un episodio della tua vita in cui ti sei meravigliato di Dio, della Sua opera, della Sua bellezza, del Suo amore per te!

Ma OGGI, di fronte a Gesù che ti prende con sé (v. 1), potresti anche brontolare dentro di te: «Ancora salire, ancora su un monte; il solito cammino in salita; mai una volta che ci prenda per andare in discesa… Uffa! Ancora!?!».
Sì. Ancora!
Ma in quell’«Ancora», se provi a fare tutto come Gesù, vedrai quello che non ti immagini, il bellissimo che non ti aspetti!
 
Così ci godiamo il bello che ci viene donato: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò…» (v. 4).
Non sei da solo con Gesù: ci sono altri che sono saliti con te.
Lungo la strada ci siamo aspettati, accordati, aiutati, incoraggiati, conosciuti, apprezzati, … forse qualcuno lo abbiamo anche disprezzato, escluso, maltrattato, … forse siamo stati noi a essere esclusi, disprezzati, maltrattati,…

Ma ora siamo sul monte e il Signore si manifesta a tutti!
La Sua luce è per tutti, nessuno escluso.
Sul monte vediamo che Cristo si dona come la luce del sole e si rende accessibile anche a quelli che io non voglio con me, anche a quelli per i quali io non sono disposto a donarmi, a sprecarmi, …
La nube luminosa che li copre (v. 5) mi fa pensare a Dio che ci raccoglie tutti per custodirci, proteggerci, scaldarci, salvarci.
 
«Mentre scendevano dal monte,…» (v. 9).
Subito dopo un’esperienza entusiasmante, come ti senti?
E come senti e vedi le cose?
Ricordo che da giovani, tornando dal Monte, dopo una lunga passeggiata, giocavamo a calcio senza pensare alla fatica e alla stanchezza accumulata durante l’escursione appena conclusa. Avevamo una giornata di cammino nelle gambe, eppure ci sembrava di volare!
Ricordo che tornando dagli Esercizi Spirituali quella stessa realtà che prima degli Esercizi mi spaventava e mi bloccava, non mi faceva più paura ed ero pieno di fiducia e di voglia di affrontarla.
Ricordo che ogni volta che prego e celebro la Messa, mi sento come i discepoli quando Gesù gli dice: «Alzatevi e non temete» (v. 7).
 
E allora questa “discesa” dal monte com’è?
Sono le cose, che abbiamo o che conquistiamo, a darci gioia e vita?
O è Cristo a darci continuamente gioia e vita perché al Suo passaggio stilla l’abbondanza (leggi il Salmo 65/64)?
Abbiamo gli occhi pieni di Cristo?
Pietro, Giacomo e Giovanni «Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo» (v. 8). Abbiamo anche noi gli occhi pieni di Cristo?
 
Carissima, Carissimo,
spero che tu OGGI accetti di fare questa “escursione”, questa “salita” con Gesù!
Spero che tu OGGI accetti di guardare Gesù!
Spero che tu OGGI accetti di ascoltarlo: «Ed ecco una voce dalla nube che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”» (v. 5).
Spero che tu OGGI abbia gli occhi pieni di Gesù, in modo da vedere nell’altro sempre e soltanto un fratello, una sorella da accogliere, stimare, amare.
Spero che tu OGGI abbia gli occhi pieni di Gesù, in modo da esserne annunciatore e portatore in ogni luogo, in ogni tempo, in ogni incontro!
Spero che tu OGGI abbia gli occhi pieni di Gesù, in modo da scoprire che Egli è il Signore della tua vita!

Buon cammino con Gesù e con gli occhi pieni di Gesù!
 
don Gian Luca

lunedì 20 ottobre 2025

GLI EROI


Le curve, gli stadi, i palazzetti, i gruppi di tifosi, le sedi delle squadre,... dovrebbero intitolarli a tutte le vittime del tifo esagerato, sballato, bestiale, irrazionale, violento.
Quelle vittime sono gli eroi: si sono trovate di fronte il male, la furia del branco, la violenza omicida e, mentre svolgevano il loro lavoro o mentre in modo pacifico sostenevano la propria squadra del cuore, sono state sbranate.
 
Gli eroi sono Raffaele Marianella e tutti quelli che erano sul bus insieme a lui.

E smettiamola di "celebrare" come eroi gente che sistematicamente sceglie la violenza nel pensare, nel dire, nello scrivere e nell'agire!
Sono criminali, MAI EROI!
 
Smettiamola di dire che è tradizionale la rivalità tra città o tra squadre!

Diciamo invece che è superata quella rivalità!

Diciamo che è roba di cui vergognarsi!

Diciamo che era frutto dell'ignoranza quella rivalità!

Diciamo che è stupido riportarla a galla quella rivalità.

 
E godiamoci la pace, la concordia, l'amicizia che fa così bella la nostra esistenza su questa terra!
 
Preghiamo per Raffaele e per tutte le persone coinvolte in questa tragedia e preghiamo per tutte le persone violente, perché si convertano e si impegnino a costruire la pace!

martedì 14 ottobre 2025

CAN CHE ABBAIA, ABBAIA


Alle 05.00 mi sveglio e sento abbaiare un cane.
È distante, ma abbaia, abbaia e non si stanca.
È ancora presto: provo a riaddormentarmi.
Ma ho visto troppi film di Lassie e comincio a pensare che se un cane abbaia, c'è sempre un motivo: o vuole comunicare qualcosa o vuole farsi notare da qualcuno.
 
Con chi sta comunicando il cane delle 05.00 del mattino?
Per chi sta abbaiando?
E perché nessuno gli risponde?
 
E così mi ritrovo a pensare a tutti quelli per cui nessuno abbaia, a tutti i dimenticati, a tutti quelli che sono stati messi da parte, quelli che nessuno vede, i poveri, gli ultimi, i bambini, gli ammalati, gli anziani, i deboli,...
Chi abbaia per loro?
Chi richiama l'attenzione sulle loro situazioni, sulle loro necessità e diritti?
Forse solo pochi "cani", sempre più soli, e il loro abbaiare è sempre più lontano, ma insistono, insistono e non si stancano...
 
Mancano 71 giorni a Natale e oggi ho pregato per tutti quelli che stanno perdendo o hanno perso la speranza d'esser visti, ascoltati, aiutati, rialzati.
E devo ringraziare quel piccolo cane che stamattina alle 05.00 col suo abbaiare, indirettamente e inconsapevolmente, mi ci ha fatto pensare.
 
FRASE DEL GIORNO: "... la Morte altro non è che castigo all'egoismo, cade e rimane in lei chi sceglie di esistere solo per sé" (Luigi Santucci, Una vita di Cristo, ed. San Paolo)
 
CANZONE DEL GIORNO: L'ultima luna (Lucio Dalla)

martedì 7 ottobre 2025

La Parrocchia luogo di vita

 

La Parrocchia è un luogo di vita in cui si offre e si riceve vita.
È tutti i giorni così, ma alcune volte lo noto in modo più forte e chiaro!
 
Tipo sabato 4 ottobre in occasione del primo incontro dell'Acr parrocchiale.
La folla di bambini, ragazzi, genitori, catechisti ed educatori che si è radunata sotto il portico della chiesa in attesa di entrare, ha attirato gli sguardi dei passanti e ha incuriosito anche le persone più anziane.
 
Così a un certo punto ho visto in chiesa alcune "bisnonne" che di solito si incontrano tra loro in piazza o nella pinetina accanto alla chiesa. Le ho viste entrare e guardare tutte contente la miriade di "nipoti" e "bisnipoti" e le ambientazioni "spaziali" create dai catechisti per l'occasione!
 
E così ho visto la Parrocchia e la comunità cristiana non come luogo per l'infanzia e per la vecchiaia, ma come luogo in cui tutti si incontrano e ricevono vita da Dio e dal prossimo in modo gratuito!
 
Qualche giorno prima, una giovane mamma, al termine della Messa della Domenica mi diceva che la figlioletta di un anno aveva "socializzato" con tutti durante la Messa e lo diceva scusandosi con me perché la bambina, con la sua bellissima vivacità, aveva "disturbato" la celebrazione.
 
Allora le ho chiesto: «Ma le persone con cui ha "socializzato" le hai viste infastidite?».
E lei: «No, anzi! Erano tutte contente!».
 
Ecco la Messa: un luogo in cui il riunirsi di tutti, dal più piccolo al più grande, nel nome di Gesù Cristo ci fa contenti!
 
Senza contare che oggi per qualche nonno e bisnonno, la Messa è l'unica occasione di vedere e incontrare neonati, bambini, ragazzi e giovani!!! E questo incontro sicuramente è per loro e per tutti una gioia stratosferica!!!

lunedì 22 settembre 2025

I’m no Superman

Se penso al parroco e alla sua carità pastorale, mi viene in mente don Pietro, il parroco del mio Battesimo e della mia Prima Comunione a San Martino.

Don Pietro era un prete dedito per tutta la vita alla cura delle anime in una parrocchia che aveva soltanto la chiesa e una piccola sacrestia, ricavata nell’abside della stessa chiesa. Un piccolo campetto e la casa parrocchiale erano distanti dalla Chiesa e non raggiungibili a piedi. Perciò, per noi bambini e ragazzi di San Martino, la Parrocchia era l’edificio della chiesa e quel muretto sul sagrato dove da piccolo mi arrampicavo e mi sembrava di aver compiuto un’impresa.

Oggi mi viene in mente don Pietro perché è un parroco che nel tempo ha continuato a svolgere la sua missione di apostolato nell’ordinario e con i mezzi che aveva a disposizione, confidando nella Provvidenza di Dio e nelle buone relazioni che nel tempo si instaurano tra il parroco e i suoi parrocchiani.

Oggi ripenso a don Pietro e riconosco l’eroicità della sua carità pastorale “di tutti i giorni”. Non è mica facile incontrare ogni giorno per anni le stesse situazioni, farsi carico ogni mattina degli stessi problemi, accompagnare i fedeli dall’inizio alla fine della vita e non stancarsi di esserci sempre e per tutti, offrire l’ascolto senza essere invadenti, custodire le persone senza cedere alla tentazione di dirigere la loro vita, essere servo e non trasformarsi in padrone, visitare poveri e ammalati e portare a tutti una parola di conforto o d’incoraggiamento.

Non è facile, eppure negli anni ho visto don Pietro continuare così, con umiltà e mitezza, nel nascondimento, senza mai cercare visibilità, senza pretendere nulla e contento di essere “trovato” da chi con amicizia ha continuato a cercarlo, anche dopo la pensione.

Oggi sono parroco e mi rendo conto che non è per niente facile né scontata una fedeltà così: abbracciare la quotidianità con amore senza cedere all’amarezza o all’insofferenza di non riuscire a formarla (o sformarla) secondo il mio desiderio o secondo la mia visione delle cose, aver rispetto della storia e del cammino di un popolo a cui sono mandato come servo e non come padrone. Non è per niente facile evangelizzare con le capacità e le risorse che ho e non con quelle che “se le avessi, allora sì che potrei evangelizzare efficacemente”. Non è per niente facile scegliere l’ultimo posto con letizia e non con fastidio o con rassegnazione, …

Non dico che la carità pastorale sia solo questo: certamente è anche tanto altro e ognuno la vive secondo la sua vocazione e secondo la realtà in cui si trova, ma ci tengo oggi a dire che la carità pastorale è anche quella di don Pietro e chissà di quanti altri (ieri e oggi) e che i frutti della carità pastorale restano qualcosa di cui rallegrarsi ed essere grati perché dono di Dio e non perché merito delle proprie capacità.

giovedì 4 settembre 2025

Il racconto di Pietro, il primo uomo pescato (rileggendo Lc 5, 1-11)


Tutto ciò da cui pensavo di dovermi tenere a distanza, tutto ciò che non avrei mai sperato di vedere…
Colui che pensavo si tenesse a debita distanza da me e da cui io, peccatore, sapevo di dovermi tenere alla giusta distanza (cfr. v. 8)…
… improvvisamente mi si fa vicino, vicinissimo.
 
Lo vedo, ascolto la Sua voce. Mi parla.
Addirittura mi prega di scostarmi un poco da terra (cfr. v. 3).
Si rivolge a me come se fosse in tutto simile a me, eppure non lo è: io sono un peccatore, Lui è il Signore!

Per questo mi affretto a dirgli:
Allontanati da me!
Noi non dobbiamo stare vicini!
Io non posso starti vicino: sono un peccatore.
Io è normale che ti cerchi, che venga a Te, che cerchi di toccare il lembo del Tuo mantello, che faccia di tutto pur di vederti, che Ti preghi di farmi grazia, di ascoltarmi, di avere pietà di me…
Ma Tu?
Tu che bisogno hai di cercare me?
Di salire sulla mia barca, di entrare nella mia casa, di farti vedere mentre parli e cammini con me?
Tu vieni a cercarmi?
Tu mi chiami?
Tu guardi proprio me?
Tu mi scegli?
 
E Tu: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (v. 10).
 
E io quasi non credo ai miei orecchi quando mi rendo conto che davvero mi vuoi con Te! E che sei proprio Tu a guardarmi, ad ascoltarmi, a dirmi parole di vita eterna, parole che riempiono le reti.
 
Non è una mia fantasia quella di poterti seguire, di camminare con Te, di non essere mai solo perché Tu sei con me. Sei proprio Tu, infatti, a farti mio prossimo, a togliere ogni distanza, a donarti a me tutto intero.
Sei Tu a fare comunione con me e a offrire Te stesso per la vita mia e di ogni uomo.
 
Con Te, Signore, tutto è nuovo!
Anche il mio vecchio mestiere di pescatore, anche la mia famiglia, anche il mio modo di vedere, sentire, vivere.
Tutto è per Te, con Te, in Te!

martedì 2 settembre 2025

Una mostra può fare

 

«Una mostra può fare», direi così, ispirandomi alla canzone di Max Gazzè che si intitola «Una musica può fare».

A quasi un mese dall'apertura, infatti, ho visto e sentito quello che una mostra può fare.

Naturalmente sto parlando di quello che la mostra ha fatto per me. Poi ciascuno potrà dire ciò che la mostra ha fatto per lui (anche nei commenti qui sotto).

Innanzitutto questi due giovani amici, Carlo e Pier Giorgio, mi hanno fatto pensare al Paradiso almeno due volte al giorno: una volta al momento dell'apertura (al mattino) e una volta al momento della chiusura (alla sera). Ho scritto "almeno" perché ogni giorno mi capita di passare davanti alla porta di ingresso anche in altri momenti della giornata e ogni volta vengo "salutato" dal loro sorriso nelle due foto che accolgono il visitatore.
E pensare al Paradiso, due o più volte al giorno, mi fa bene: mi ricorda di cercare il Paradiso, mi fa ringraziare per il dono del Paradiso, mi fa servire Dio e il prossimo per il Paradiso!

Poi ho visto catechisti e ragazzi coinvolgersi come guide per i visitatori e mettersi sulle tracce di questi due giovani per scoprirne la vita e il segreto della loro vivacità e felicità. E così, ascoltando i ragazzi, ho notato particolari della vita che mi erano sfuggiti o a cui non avevo mai fatto caso e mi sono reso conto che ciascuno di noi riceve lo stesso messaggio ma ognuno lo rielabora con sfumature diverse e se decidiamo di condividere le nostre impressioni e risonanze, ci ritroviamo arricchiti e pieni di meraviglia!

Poi ho visto una Nonna che mi ha detto che tutte le mattine con suo nipote nel passeggino fa visita a Carlo e Pier Giorgio. E sono stato tutto il giorno a pensare a cosa vede un bambino piccolo quando incontra quelle foto così grandi. Chissà che effetto gli fa! Il bambino l'ho visto contento, quindi sicuramente sarà stato un bell'effetto!

Poi ho visto un bambino che, soffermandosi sull'ultima frase scritta da Pier Giorgio prima di morire [«Ecco le iniezioni di Converso, la polizza è di Sappa. L'ho dimenticata, rinnovala a mio conto»], ci ha chiesto cosa significava. E così da quella sua domanda ho notato che anche in punto di morte il pensiero di Pier Giorgio era rivolto non a se stesso ma al suo prossimo: si preoccupava di due persone a cui non aveva fatto in tempo a provvedere.

Poi ho visto due santini, quelli che vedete nella foto. Li ha fatti un ragazzo prendendo le immagini dei due santi e scrivendo sotto un suo pensiero dopo aver letto la vita di Carlo e Pier Giorgio: «Siamo tutti fatti di cielo, di gioia e santità!» e «La strada della santità è fatta di infiniti viottoli di gentilezza, bontà e gratitudine». E Domenica, insieme ai suoi amici, ha distribuito i santini a tutti i visitatori.

«La strada della santità è fatta di infiniti viottoli di gentilezza, bontà e gratitudine». Penso sia davvero così. Penso che la via del Paradiso sia proprio alla nostra portata e che i due giovani "vivissimi" Carlo e Pier Giorgio ce l'abbiano indicata: nel corso della loro vita terrena non hanno fatto miracoli che li hanno resi straordinari, ma hanno semplicemente vissuto il loro essere cristiani e così si sono distinti per l'amicizia, per la sincerità, per la carità, per l'umiltà nel mettersi al servizio, per l'allegria, per la compassione, per l'evangelizzazione! Tutte cose in cui anche noi possiamo distinguerci vivendo da cristiani, cioè lasciando che Cristo viva in noi: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 19-20).

E infine una mostra può fare...

Beh, "infine" non posso ancora dirlo perché la mostra è ancora aperta e chissà quante altre cose belle mi succederanno prima della sua conclusione!

Se tu non ci sei ancora stato, t'invito a visitarla e intanto ti saluto con questa bella canzone che s'intitola "Paradiso, Paradiso"!



giovedì 28 agosto 2025

Tutti benedici!


Quando il portone centrale della Chiesa è aperto, passando ho l’impressione di essere guardato da Te che tutti benedici, perché tutti ci ami.
Sulla strada la gente passa in continuazione. Qualcuno entra per una breve visita, ma tutti Tu accompagni e benedici, anche quelli che non ne sono consapevoli o dicono di non avere bisogno di Te e della Tua benedizione.
 
Tu sai cosa portiamo nel cuore. Spesso nemmeno noi lo sappiamo, ma solo avvertiamo una certa inquietudine, come un senso di vuoto da colmare. Tra le tante cose da fare ci affrettiamo e troviamo il modo di non pensarci, ma qualcosa ci rende inquieti, un po’ tristi, insoddisfatti, forse scontenti.
 
E Tu ci guardi passare.
 
Sei salito sulla croce per noi.
Sei morto.
Poi sei risorto e cammini con noi, non ci lasci mai soli.
E per me, credente, è bello sapere che ci tieni a me e mi guardi.
Ed è bello sapere che Tu fai compagnia anche all’uomo che a me pare più solo e abbandonato, anche a quello che io non so come aiutare. Il più emarginato, il più scartato, il più sconfitto è sempre in Tua compagnia e Tu fai di tutto perché non vada perduto, anche se ai miei occhi sembra ormai definitivamente perduto.

domenica 24 agosto 2025

La porta


Omelia della XXI Domenica del Tempo Ordinario – Lc 13, 22-30
 
Lc 13, 22-30: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta…” (v. 24).

Lc 16, 19-31: “Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe” (vv. 20-21).

 
Quando, nel Vangelo di oggi, ho letto la parola “porta” mi è venuta in mente la “porta” della parabola di Lazzaro e del ricco Epulone e in particolare il fatto che il ricco ogni giorno aveva l’occasione di oltrepassarla. Aveva tutto il tempo di farlo, eppure non gli è riuscito di farlo. E allora mi è venuto il dubbio: era stretta la porta, o era grande, troppo grande il ricco?
 
Così mi sono messo a pensare e mi sono accorto che per tutta la vita avrò accanto uno più piccolo di me. Sempre. E tra me e questo “più piccolo” ci sarà sempre la porta della parabola: il più piccolo starà sempre alla mia porta, come Lazzaro. E Gesù gli starà sempre accanto. È facile immaginare la scena: io sto da una parte della porta e Lazzaro con Gesù sta dall’altra. La porta è sempre aperta, spalancata.
 
Dunque, tra me e il più piccolo c’è questa porta, che più io mi faccio grande e più essa mi risulta stretta. Per passarci devo lasciarmi “portare” dalla carità. E finché resto nelle mie ricchezze, in me stesso, nei miei beni, nei miei affari, finché sono tutto preso da me stesso e dal mio bene, dal mio tempo, dalla mia vita, dal mio spazio,… divento sempre più grande ed è sempre più difficile che io riesca a passare per la porta.
 

Arriva, infine, un momento, un tempo, l’ultimo tempo, in cui non riesco più a passare e la condizione che ho scelto di vivere, resta quella per l’eternità: circondato da cose, da beni materiali, sazio di me stesso, ho vissuto sulla terra nell’illusione che quella fosse la bella vita ed è stato anche piacevole, ma nel giorno del giudizio ogni illusione svanisce e mi resta solo il dolore di non aver vissuto e di non poter più vivere. E sarà dolore per sempre.

 
Se stasera siamo qui, è perché non siamo ancora diventati così grandi da non riuscire ad attraversare la porta stretta: infatti sentiamo ancora il desiderio di donare la nostra vita e di amare; siamo ancora in grado di riconoscere e apprezzare l’amore che riceviamo; sentiamo che è l’amore che riceviamo e doniamo a farci vivere; sentiamo quanto è bella la condivisione, la pace, la fraternità, l’amicizia, l’amore! È questo il momento di prendere e attraversare la porta stretta che ci separa dal “nostro” Lazzaro: ce n’è uno proprio alla tua porta! Guardalo. Ascoltalo. Abbi compassione con lui e di lui. Prenditene cura! Ogni Lazzaro a cui ti fai prossimo, ti fa un po’ più piccolo, più piccolo, più piccolo,… ti fa giusto per passare la porta stretta, ti fa giusto giusto per il Paradiso!

venerdì 22 agosto 2025

Come in cielo così in terra


Sempre c'è qualcuno che è più povero di me
o più piccolo, o più bisognoso, o più debole,
o più scartato, emarginato, calpestato, oppresso,
o più solo, incompreso, lento, o più indietro.
 
Sempre c'è qualcuno che è più povero di me
e sempre sarà a portata della mia mano,
come Lazzaro alla porta del ricco Epulone (Lc 16, 19-31).
 
Sempre c'è qualcuno che è più povero di me
e c'è per me, perché il mio cuore non s'indurisca,
perché io non faccia inferno qui, già sulla terra
con l'odiosa mia prepotenza,
con la disumana mia indifferenza,
con la bestiale mia guerra.
 
Sempre c'è qualcuno che è più povero di me.
E che io sempre lacrimi al vederlo!
E che io sempre accorra al sentirlo!
E che io sempre mi faccia a lui prossimo!
 
Perché sia Paradiso
qui,
ora,
"come in cielo così in terra"!

martedì 12 agosto 2025

Quel benedetto momento


Arriva un momento nella vita in cui non credi e non ami perché trovi continue conferme e segni, o sempre nuovi motivi di entusiasmo.
Arriva un momento nella vita in cui non credi e non ami perché «quanto è bravo, quanto ci sa fare, quanto è buono, quanto è giovane, quanto è capace, quanto è simpatico...» colui che mi parla di Gesù.
 
Arriva quel momento e ti pare una cosa brutta brutta, buia buia, triste triste...
e ti pare una maledizione, perché «quant'era bello prima!».
 
E, invece, benedetto quel momento!
È, infatti, il tempo di rimanere semplicemente per stare con quel Gesù che ti ha chiamato e voluto con sé (Mc 3, 14).
E se rimani, il tuo amore e la tua fede diventano gratis.
 
Perciò quando ti troverai a vivere quel momento, non rimpiangere il tempo in cui la simpatia del "don" o le tante attività parrocchiali e d'oratorio erano il motivo principale del tuo esserci e tu eri pieno d'entusiasmo e di vivacità perché ti sentivi coinvolto, ma guarda a quel bel tempo con la gratitudine di chi ha visto lì un bell'inizio del suo cammino a servizio di Dio e del prossimo, cammino pieno di gioia e di grazia, cammino che procede con Gesù per tutta la vita, di grazia in grazia e diventa sempre più gratuito e fondato sul Cristo e sulla Chiesa, cammino che continua anche da adulto, quando il "don" invecchia o appaiono i suoi difetti e le sue fragilità, quando t'accorgi che il tuo "grande don" ti somiglia ed è anch'egli un piccolo discepolo alla scuola di Cristo!
 
Buon cammino con Gesù nella Chiesa!

lunedì 11 agosto 2025

“La tua barchetta mi è cara”


«Signore, le onde sono agitate
e la notte è oscura.
Non la vuoi tu rischiarare
per la mia anima, che veglia sola?
 
Mi dici: “Reggi forte il timone con la mano,
e va’ fiduciosamente.
La tua barchetta mi è cara,
la voglio guidare alla meta.
Solamente, con spirito fedele,
presta sempre attenzione alla bussola celeste,
che aiuta a raggiungere la meta
nelle tempeste e nella notte.
L’ago vibra lieve,
poi torna di nuovo
a mostrarti la direzione
verso cui io voglio il viaggio”.
 
Sì, il mio cuore resta fiducioso e tranquillo:
tu mi guidi nella tempesta e nella notte.
La tua volontà, o Dio, io compirò con animo vigilante».
 
(S. Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, 1940)

mercoledì 30 luglio 2025

Regno dei cieli (su Mt 13, 44-46)


Due parole che non sono solito vedere accostate, se non nel Vangelo o in qualche commento al Vangelo: “regno” e “cieli”.
Due parole che Gesù fonde indicandole come unica realtà per cui valga la pena vivere: addirittura Gesù rivela che tutti gli averi dell’uomo servono unicamente per acquistare il campo che contiene il tesoro o per acquistare la perla preziosa (vv. 44 e 46).
 
Eppure nella mia mente le due parole accostate costituiscono un problema: rompono il mondo. Lo fanno a pezzi e così vengono alla luce Dio e il Regno di Dio!
 
Quando sento la parola “regno” mi vengono in mente corone, scettri, armature, castelli, poteri, confini, mura, eserciti, guerre di difesa e di conquista, cospirazioni, giochi di potere, alleanze, inimicizie, lotte, intrighi di corte, carestie, morti, …
 
I “cieli”, invece, non hanno confini, non hanno territori, non posso recintarli, non posso costruirci mura o scavare fossati, non posso calpestarli, non posso percorrerli tutti e dominarli, … I “cieli” sono di tutti, sono aperti, profondi, sembrano senza limiti.
 
È un regno del tutto nuovo il Regno dei cieli.
Un regno che non posso possedere, un regno in cui sono immerso dalla pianta dei piedi in su e, tuttavia, se stringo i pugni per prenderlo, non ne resta neanche un po’ nelle mie mani.
 
Il Re del Regno dei cieli tiene sempre le mani aperte per benedire e donare; così io, che sono Suo suddito, sto ben attento a tenere le mani il più possibile aperte, per ricevere e donare, accogliere e amare. Quando stringo i pugni, infatti, in un attimo perdo il Cielo!