martedì 14 ottobre 2025

CAN CHE ABBAIA, ABBAIA


Alle 05.00 mi sveglio e sento abbaiare un cane.
È distante, ma abbaia, abbaia e non si stanca.
È ancora presto: provo a riaddormentarmi.
Ma ho visto troppi film di Lassie e comincio a pensare che se un cane abbaia, c'è sempre un motivo: o vuole comunicare qualcosa o vuole farsi notare da qualcuno.
 
Con chi sta comunicando il cane delle 05.00 del mattino?
Per chi sta abbaiando?
E perché nessuno gli risponde?
 
E così mi ritrovo a pensare a tutti quelli per cui nessuno abbaia, a tutti i dimenticati, a tutti quelli che sono stati messi da parte, quelli che nessuno vede, i poveri, gli ultimi, i bambini, gli ammalati, gli anziani, i deboli,...
Chi abbaia per loro?
Chi richiama l'attenzione sulle loro situazioni, sulle loro necessità e diritti?
Forse solo pochi "cani", sempre più soli, e il loro abbaiare è sempre più lontano, ma insistono, insistono e non si stancano...
 
Mancano 71 giorni a Natale e oggi ho pregato per tutti quelli che stanno perdendo o hanno perso la speranza d'esser visti, ascoltati, aiutati, rialzati.
E devo ringraziare quel piccolo cane che stamattina alle 05.00 col suo abbaiare, indirettamente e inconsapevolmente, mi ci ha fatto pensare.
 
FRASE DEL GIORNO: "... la Morte altro non è che castigo all'egoismo, cade e rimane in lei chi sceglie di esistere solo per sé" (Luigi Santucci, Una vita di Cristo, ed. San Paolo)
 
CANZONE DEL GIORNO: L'ultima luna (Lucio Dalla)

martedì 7 ottobre 2025

La Parrocchia luogo di vita

 

La Parrocchia è un luogo di vita in cui si offre e si riceve vita.
È tutti i giorni così, ma alcune volte lo noto in modo più forte e chiaro!
 
Tipo sabato 4 ottobre in occasione del primo incontro dell'Acr parrocchiale.
La folla di bambini, ragazzi, genitori, catechisti ed educatori che si è radunata sotto il portico della chiesa in attesa di entrare, ha attirato gli sguardi dei passanti e ha incuriosito anche le persone più anziane.
 
Così a un certo punto ho visto in chiesa alcune "bisnonne" che di solito si incontrano tra loro in piazza o nella pinetina accanto alla chiesa. Le ho viste entrare e guardare tutte contente la miriade di "nipoti" e "bisnipoti" e le ambientazioni "spaziali" create dai catechisti per l'occasione!
 
E così ho visto la Parrocchia e la comunità cristiana non come luogo per l'infanzia e per la vecchiaia, ma come luogo in cui tutti si incontrano e ricevono vita da Dio e dal prossimo in modo gratuito!
 
Qualche giorno prima, una giovane mamma, al termine della Messa della Domenica mi diceva che la figlioletta di un anno aveva "socializzato" con tutti durante la Messa e lo diceva scusandosi con me perché la bambina, con la sua bellissima vivacità, aveva "disturbato" la celebrazione.
 
Allora le ho chiesto: «Ma le persone con cui ha "socializzato" le hai viste infastidite?».
E lei: «No, anzi! Erano tutte contente!».
 
Ecco la Messa: un luogo in cui il riunirsi di tutti, dal più piccolo al più grande, nel nome di Gesù Cristo ci fa contenti!
 
Senza contare che oggi per qualche nonno e bisnonno, la Messa è l'unica occasione di vedere e incontrare neonati, bambini, ragazzi e giovani!!! E questo incontro sicuramente è per loro e per tutti una gioia stratosferica!!!

lunedì 22 settembre 2025

I’m no Superman

Se penso al parroco e alla sua carità pastorale, mi viene in mente don Pietro, il parroco del mio Battesimo e della mia Prima Comunione a San Martino.

Don Pietro era un prete dedito per tutta la vita alla cura delle anime in una parrocchia che aveva soltanto la chiesa e una piccola sacrestia, ricavata nell’abside della stessa chiesa. Un piccolo campetto e la casa parrocchiale erano distanti dalla Chiesa e non raggiungibili a piedi. Perciò, per noi bambini e ragazzi di San Martino, la Parrocchia era l’edificio della chiesa e quel muretto sul sagrato dove da piccolo mi arrampicavo e mi sembrava di aver compiuto un’impresa.

Oggi mi viene in mente don Pietro perché è un parroco che nel tempo ha continuato a svolgere la sua missione di apostolato nell’ordinario e con i mezzi che aveva a disposizione, confidando nella Provvidenza di Dio e nelle buone relazioni che nel tempo si instaurano tra il parroco e i suoi parrocchiani.

Oggi ripenso a don Pietro e riconosco l’eroicità della sua carità pastorale “di tutti i giorni”. Non è mica facile incontrare ogni giorno per anni le stesse situazioni, farsi carico ogni mattina degli stessi problemi, accompagnare i fedeli dall’inizio alla fine della vita e non stancarsi di esserci sempre e per tutti, offrire l’ascolto senza essere invadenti, custodire le persone senza cedere alla tentazione di dirigere la loro vita, essere servo e non trasformarsi in padrone, visitare poveri e ammalati e portare a tutti una parola di conforto o d’incoraggiamento.

Non è facile, eppure negli anni ho visto don Pietro continuare così, con umiltà e mitezza, nel nascondimento, senza mai cercare visibilità, senza pretendere nulla e contento di essere “trovato” da chi con amicizia ha continuato a cercarlo, anche dopo la pensione.

Oggi sono parroco e mi rendo conto che non è per niente facile né scontata una fedeltà così: abbracciare la quotidianità con amore senza cedere all’amarezza o all’insofferenza di non riuscire a formarla (o sformarla) secondo il mio desiderio o secondo la mia visione delle cose, aver rispetto della storia e del cammino di un popolo a cui sono mandato come servo e non come padrone. Non è per niente facile evangelizzare con le capacità e le risorse che ho e non con quelle che “se le avessi, allora sì che potrei evangelizzare efficacemente”. Non è per niente facile scegliere l’ultimo posto con letizia e non con fastidio o con rassegnazione, …

Non dico che la carità pastorale sia solo questo: certamente è anche tanto altro e ognuno la vive secondo la sua vocazione e secondo la realtà in cui si trova, ma ci tengo oggi a dire che la carità pastorale è anche quella di don Pietro e chissà di quanti altri (ieri e oggi) e che i frutti della carità pastorale restano qualcosa di cui rallegrarsi ed essere grati perché dono di Dio e non perché merito delle proprie capacità.

giovedì 4 settembre 2025

Il racconto di Pietro, il primo uomo pescato (rileggendo Lc 5, 1-11)


Tutto ciò da cui pensavo di dovermi tenere a distanza, tutto ciò che non avrei mai sperato di vedere…
Colui che pensavo si tenesse a debita distanza da me e da cui io, peccatore, sapevo di dovermi tenere alla giusta distanza (cfr. v. 8)…
… improvvisamente mi si fa vicino, vicinissimo.
 
Lo vedo, ascolto la Sua voce. Mi parla.
Addirittura mi prega di scostarmi un poco da terra (cfr. v. 3).
Si rivolge a me come se fosse in tutto simile a me, eppure non lo è: io sono un peccatore, Lui è il Signore!

Per questo mi affretto a dirgli:
Allontanati da me!
Noi non dobbiamo stare vicini!
Io non posso starti vicino: sono un peccatore.
Io è normale che ti cerchi, che venga a Te, che cerchi di toccare il lembo del Tuo mantello, che faccia di tutto pur di vederti, che Ti preghi di farmi grazia, di ascoltarmi, di avere pietà di me…
Ma Tu?
Tu che bisogno hai di cercare me?
Di salire sulla mia barca, di entrare nella mia casa, di farti vedere mentre parli e cammini con me?
Tu vieni a cercarmi?
Tu mi chiami?
Tu guardi proprio me?
Tu mi scegli?
 
E Tu: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (v. 10).
 
E io quasi non credo ai miei orecchi quando mi rendo conto che davvero mi vuoi con Te! E che sei proprio Tu a guardarmi, ad ascoltarmi, a dirmi parole di vita eterna, parole che riempiono le reti.
 
Non è una mia fantasia quella di poterti seguire, di camminare con Te, di non essere mai solo perché Tu sei con me. Sei proprio Tu, infatti, a farti mio prossimo, a togliere ogni distanza, a donarti a me tutto intero.
Sei Tu a fare comunione con me e a offrire Te stesso per la vita mia e di ogni uomo.
 
Con Te, Signore, tutto è nuovo!
Anche il mio vecchio mestiere di pescatore, anche la mia famiglia, anche il mio modo di vedere, sentire, vivere.
Tutto è per Te, con Te, in Te!

martedì 2 settembre 2025

Una mostra può fare

 

«Una mostra può fare», direi così, ispirandomi alla canzone di Max Gazzè che si intitola «Una musica può fare».

A quasi un mese dall'apertura, infatti, ho visto e sentito quello che una mostra può fare.

Naturalmente sto parlando di quello che la mostra ha fatto per me. Poi ciascuno potrà dire ciò che la mostra ha fatto per lui (anche nei commenti qui sotto).

Innanzitutto questi due giovani amici, Carlo e Pier Giorgio, mi hanno fatto pensare al Paradiso almeno due volte al giorno: una volta al momento dell'apertura (al mattino) e una volta al momento della chiusura (alla sera). Ho scritto "almeno" perché ogni giorno mi capita di passare davanti alla porta di ingresso anche in altri momenti della giornata e ogni volta vengo "salutato" dal loro sorriso nelle due foto che accolgono il visitatore.
E pensare al Paradiso, due o più volte al giorno, mi fa bene: mi ricorda di cercare il Paradiso, mi fa ringraziare per il dono del Paradiso, mi fa servire Dio e il prossimo per il Paradiso!

Poi ho visto catechisti e ragazzi coinvolgersi come guide per i visitatori e mettersi sulle tracce di questi due giovani per scoprirne la vita e il segreto della loro vivacità e felicità. E così, ascoltando i ragazzi, ho notato particolari della vita che mi erano sfuggiti o a cui non avevo mai fatto caso e mi sono reso conto che ciascuno di noi riceve lo stesso messaggio ma ognuno lo rielabora con sfumature diverse e se decidiamo di condividere le nostre impressioni e risonanze, ci ritroviamo arricchiti e pieni di meraviglia!

Poi ho visto una Nonna che mi ha detto che tutte le mattine con suo nipote nel passeggino fa visita a Carlo e Pier Giorgio. E sono stato tutto il giorno a pensare a cosa vede un bambino piccolo quando incontra quelle foto così grandi. Chissà che effetto gli fa! Il bambino l'ho visto contento, quindi sicuramente sarà stato un bell'effetto!

Poi ho visto un bambino che, soffermandosi sull'ultima frase scritta da Pier Giorgio prima di morire [«Ecco le iniezioni di Converso, la polizza è di Sappa. L'ho dimenticata, rinnovala a mio conto»], ci ha chiesto cosa significava. E così da quella sua domanda ho notato che anche in punto di morte il pensiero di Pier Giorgio era rivolto non a se stesso ma al suo prossimo: si preoccupava di due persone a cui non aveva fatto in tempo a provvedere.

Poi ho visto due santini, quelli che vedete nella foto. Li ha fatti un ragazzo prendendo le immagini dei due santi e scrivendo sotto un suo pensiero dopo aver letto la vita di Carlo e Pier Giorgio: «Siamo tutti fatti di cielo, di gioia e santità!» e «La strada della santità è fatta di infiniti viottoli di gentilezza, bontà e gratitudine». E Domenica, insieme ai suoi amici, ha distribuito i santini a tutti i visitatori.

«La strada della santità è fatta di infiniti viottoli di gentilezza, bontà e gratitudine». Penso sia davvero così. Penso che la via del Paradiso sia proprio alla nostra portata e che i due giovani "vivissimi" Carlo e Pier Giorgio ce l'abbiano indicata: nel corso della loro vita terrena non hanno fatto miracoli che li hanno resi straordinari, ma hanno semplicemente vissuto il loro essere cristiani e così si sono distinti per l'amicizia, per la sincerità, per la carità, per l'umiltà nel mettersi al servizio, per l'allegria, per la compassione, per l'evangelizzazione! Tutte cose in cui anche noi possiamo distinguerci vivendo da cristiani, cioè lasciando che Cristo viva in noi: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 19-20).

E infine una mostra può fare...

Beh, "infine" non posso ancora dirlo perché la mostra è ancora aperta e chissà quante altre cose belle mi succederanno prima della sua conclusione!

Se tu non ci sei ancora stato, t'invito a visitarla e intanto ti saluto con questa bella canzone che s'intitola "Paradiso, Paradiso"!



giovedì 28 agosto 2025

Tutti benedici!


Quando il portone centrale della Chiesa è aperto, passando ho l’impressione di essere guardato da Te che tutti benedici, perché tutti ci ami.
Sulla strada la gente passa in continuazione. Qualcuno entra per una breve visita, ma tutti Tu accompagni e benedici, anche quelli che non ne sono consapevoli o dicono di non avere bisogno di Te e della Tua benedizione.
 
Tu sai cosa portiamo nel cuore. Spesso nemmeno noi lo sappiamo, ma solo avvertiamo una certa inquietudine, come un senso di vuoto da colmare. Tra le tante cose da fare ci affrettiamo e troviamo il modo di non pensarci, ma qualcosa ci rende inquieti, un po’ tristi, insoddisfatti, forse scontenti.
 
E Tu ci guardi passare.
 
Sei salito sulla croce per noi.
Sei morto.
Poi sei risorto e cammini con noi, non ci lasci mai soli.
E per me, credente, è bello sapere che ci tieni a me e mi guardi.
Ed è bello sapere che Tu fai compagnia anche all’uomo che a me pare più solo e abbandonato, anche a quello che io non so come aiutare. Il più emarginato, il più scartato, il più sconfitto è sempre in Tua compagnia e Tu fai di tutto perché non vada perduto, anche se ai miei occhi sembra ormai definitivamente perduto.

domenica 24 agosto 2025

La porta


Omelia della XXI Domenica del Tempo Ordinario – Lc 13, 22-30
 
Lc 13, 22-30: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta…” (v. 24).

Lc 16, 19-31: “Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe” (vv. 20-21).

 
Quando, nel Vangelo di oggi, ho letto la parola “porta” mi è venuta in mente la “porta” della parabola di Lazzaro e del ricco Epulone e in particolare il fatto che il ricco ogni giorno aveva l’occasione di oltrepassarla. Aveva tutto il tempo di farlo, eppure non gli è riuscito di farlo. E allora mi è venuto il dubbio: era stretta la porta, o era grande, troppo grande il ricco?
 
Così mi sono messo a pensare e mi sono accorto che per tutta la vita avrò accanto uno più piccolo di me. Sempre. E tra me e questo “più piccolo” ci sarà sempre la porta della parabola: il più piccolo starà sempre alla mia porta, come Lazzaro. E Gesù gli starà sempre accanto. È facile immaginare la scena: io sto da una parte della porta e Lazzaro con Gesù sta dall’altra. La porta è sempre aperta, spalancata.
 
Dunque, tra me e il più piccolo c’è questa porta, che più io mi faccio grande e più essa mi risulta stretta. Per passarci devo lasciarmi “portare” dalla carità. E finché resto nelle mie ricchezze, in me stesso, nei miei beni, nei miei affari, finché sono tutto preso da me stesso e dal mio bene, dal mio tempo, dalla mia vita, dal mio spazio,… divento sempre più grande ed è sempre più difficile che io riesca a passare per la porta.
 

Arriva, infine, un momento, un tempo, l’ultimo tempo, in cui non riesco più a passare e la condizione che ho scelto di vivere, resta quella per l’eternità: circondato da cose, da beni materiali, sazio di me stesso, ho vissuto sulla terra nell’illusione che quella fosse la bella vita ed è stato anche piacevole, ma nel giorno del giudizio ogni illusione svanisce e mi resta solo il dolore di non aver vissuto e di non poter più vivere. E sarà dolore per sempre.

 
Se stasera siamo qui, è perché non siamo ancora diventati così grandi da non riuscire ad attraversare la porta stretta: infatti sentiamo ancora il desiderio di donare la nostra vita e di amare; siamo ancora in grado di riconoscere e apprezzare l’amore che riceviamo; sentiamo che è l’amore che riceviamo e doniamo a farci vivere; sentiamo quanto è bella la condivisione, la pace, la fraternità, l’amicizia, l’amore! È questo il momento di prendere e attraversare la porta stretta che ci separa dal “nostro” Lazzaro: ce n’è uno proprio alla tua porta! Guardalo. Ascoltalo. Abbi compassione con lui e di lui. Prenditene cura! Ogni Lazzaro a cui ti fai prossimo, ti fa un po’ più piccolo, più piccolo, più piccolo,… ti fa giusto per passare la porta stretta, ti fa giusto giusto per il Paradiso!

venerdì 22 agosto 2025

Come in cielo così in terra


Sempre c'è qualcuno che è più povero di me
o più piccolo, o più bisognoso, o più debole,
o più scartato, emarginato, calpestato, oppresso,
o più solo, incompreso, lento, o più indietro.
 
Sempre c'è qualcuno che è più povero di me
e sempre sarà a portata della mia mano,
come Lazzaro alla porta del ricco Epulone (Lc 16, 19-31).
 
Sempre c'è qualcuno che è più povero di me
e c'è per me, perché il mio cuore non s'indurisca,
perché io non faccia inferno qui, già sulla terra
con l'odiosa mia prepotenza,
con la disumana mia indifferenza,
con la bestiale mia guerra.
 
Sempre c'è qualcuno che è più povero di me.
E che io sempre lacrimi al vederlo!
E che io sempre accorra al sentirlo!
E che io sempre mi faccia a lui prossimo!
 
Perché sia Paradiso
qui,
ora,
"come in cielo così in terra"!

martedì 12 agosto 2025

Quel benedetto momento


Arriva un momento nella vita in cui non credi e non ami perché trovi continue conferme e segni, o sempre nuovi motivi di entusiasmo.
Arriva un momento nella vita in cui non credi e non ami perché «quanto è bravo, quanto ci sa fare, quanto è buono, quanto è giovane, quanto è capace, quanto è simpatico...» colui che mi parla di Gesù.
 
Arriva quel momento e ti pare una cosa brutta brutta, buia buia, triste triste...
e ti pare una maledizione, perché «quant'era bello prima!».
 
E, invece, benedetto quel momento!
È, infatti, il tempo di rimanere semplicemente per stare con quel Gesù che ti ha chiamato e voluto con sé (Mc 3, 14).
E se rimani, il tuo amore e la tua fede diventano gratis.
 
Perciò quando ti troverai a vivere quel momento, non rimpiangere il tempo in cui la simpatia del "don" o le tante attività parrocchiali e d'oratorio erano il motivo principale del tuo esserci e tu eri pieno d'entusiasmo e di vivacità perché ti sentivi coinvolto, ma guarda a quel bel tempo con la gratitudine di chi ha visto lì un bell'inizio del suo cammino a servizio di Dio e del prossimo, cammino pieno di gioia e di grazia, cammino che procede con Gesù per tutta la vita, di grazia in grazia e diventa sempre più gratuito e fondato sul Cristo e sulla Chiesa, cammino che continua anche da adulto, quando il "don" invecchia o appaiono i suoi difetti e le sue fragilità, quando t'accorgi che il tuo "grande don" ti somiglia ed è anch'egli un piccolo discepolo alla scuola di Cristo!
 
Buon cammino con Gesù nella Chiesa!

lunedì 11 agosto 2025

“La tua barchetta mi è cara”


«Signore, le onde sono agitate
e la notte è oscura.
Non la vuoi tu rischiarare
per la mia anima, che veglia sola?
 
Mi dici: “Reggi forte il timone con la mano,
e va’ fiduciosamente.
La tua barchetta mi è cara,
la voglio guidare alla meta.
Solamente, con spirito fedele,
presta sempre attenzione alla bussola celeste,
che aiuta a raggiungere la meta
nelle tempeste e nella notte.
L’ago vibra lieve,
poi torna di nuovo
a mostrarti la direzione
verso cui io voglio il viaggio”.
 
Sì, il mio cuore resta fiducioso e tranquillo:
tu mi guidi nella tempesta e nella notte.
La tua volontà, o Dio, io compirò con animo vigilante».
 
(S. Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, 1940)

mercoledì 30 luglio 2025

Regno dei cieli (su Mt 13, 44-46)


Due parole che non sono solito vedere accostate, se non nel Vangelo o in qualche commento al Vangelo: “regno” e “cieli”.
Due parole che Gesù fonde indicandole come unica realtà per cui valga la pena vivere: addirittura Gesù rivela che tutti gli averi dell’uomo servono unicamente per acquistare il campo che contiene il tesoro o per acquistare la perla preziosa (vv. 44 e 46).
 
Eppure nella mia mente le due parole accostate costituiscono un problema: rompono il mondo. Lo fanno a pezzi e così vengono alla luce Dio e il Regno di Dio!
 
Quando sento la parola “regno” mi vengono in mente corone, scettri, armature, castelli, poteri, confini, mura, eserciti, guerre di difesa e di conquista, cospirazioni, giochi di potere, alleanze, inimicizie, lotte, intrighi di corte, carestie, morti, …
 
I “cieli”, invece, non hanno confini, non hanno territori, non posso recintarli, non posso costruirci mura o scavare fossati, non posso calpestarli, non posso percorrerli tutti e dominarli, … I “cieli” sono di tutti, sono aperti, profondi, sembrano senza limiti.
 
È un regno del tutto nuovo il Regno dei cieli.
Un regno che non posso possedere, un regno in cui sono immerso dalla pianta dei piedi in su e, tuttavia, se stringo i pugni per prenderlo, non ne resta neanche un po’ nelle mie mani.
 
Il Re del Regno dei cieli tiene sempre le mani aperte per benedire e donare; così io, che sono Suo suddito, sto ben attento a tenere le mani il più possibile aperte, per ricevere e donare, accogliere e amare. Quando stringo i pugni, infatti, in un attimo perdo il Cielo!

Missionari di umanità

(ai Caduti per la Libertà, opera di Marcello Sgattoni)

Se penso alla mia vita, noto che la capacità di essere solidale è frutto/merito dell'incontro che ho avuto e ho con persone solidali, prima di tutto in famiglia, ma poi a scuola, in parrocchia e anche nelle vie e nelle piazze delle città in cui ho abitato.
 
Ho incontrato uomini e donne solidali, che ci credevano davvero e trasmettevano quei valori nella semplicità dei loro mestieri quotidiani. Ero bambino, ma ricordo ancora Attilio, un anziano contadino che vedevo lavorare e faticare con un animo pacifico ed era cordiale e sorridente con tutti, piccoli e grandi. Sono cose che ti restano impresse...
 
Oggi quando mi sento "chiuso" e "asfissiato" da certi modi di ragionare, torno con il ricordo a quei buoni maestri e respiro aria buona e non mi perdo d'animo, e mi rimetto all'opera perché la gente possa incontrare in me un uomo di solidarietà, di pace. Magari non ci riesco, ma ci provo e ci riprovo sempre, perché sono convinto che la missione di ogni uomo sia quella di essere umano e, come uomo, non posso rassegnarmi al disumano che incontro e che sembra imporsi ai miei occhi e al mio cuore.
 
Qualche giorno fa, predicando a Messa, ho invitato i presenti a farsi un giro al corso di San Benedetto (c'erano molti turisti) e a fermarsi davanti a quei due monumenti, opera di Marcello Sgattoni, che stanno subito dopo il sottopassaggio della ferrovia a sinistra (camminando in direzione della rotonda). Su uno c'è scritto "ai Caduti per la Libertà", sull'altro "Il sacrificio dei martiri disseta i popoli".

Entrambi i monumenti mi commuovono, mi fanno apprezzare la Vita e la Libertà, mi fanno cercare la Vita e la Libertà, mi fanno attento perché tutti abbiano la Vita e la Libertà, mi dicono che è possibile anche dare la Vita per la Libertà, mi ricordano che la Vita e la Libertà che vivo è frutto della Vita donata da altri (e moltissimi hanno dato la Vita perché io fossi libero e nemmeno mi conoscevano)...
 
Noto e apprezzo tutto questo non perché sono più bravo di altri, ma perché ho avuto e ho buoni maestri. Perciò credo sia necessario che ciascuno di noi sia missionario di umanità, solidarietà, fraternità, compassione, amore.
 
Mi auguro che cittadini e governanti tornino ai loro buoni maestri e, anziché ispirarsi alle urla e alle prepotenze dominanti, si ispirino alla solidarietà e all'umanità che li ha nutriti e li ha fatti crescere!

martedì 29 luglio 2025

Il più possibile operatori di pace!

Homeless Jesus, opera di Timothy Schmalz

Cari amici,
penso che abbiamo il dovere civile di prenderci cura prima di tutto degli ultimi, averli a cuore, rispettarli, aiutarli, soccorrerli, salvarli dal considerarsi ed essere considerati "scarto" da parte della comunità.

Mi preoccupa tutta quest'ansia di "prendere la telecamera e documentare" da parte sicuramente della TV (ci sono programmi televisivi che vivono di questo) ma ora da parte anche dei semplici cittadini.

Se uno fa una segnalazione ai servizi sociali, la segnalazione resta tra lui e i servizi sociali e i servizi sociali si attivano e intervengono.
Ma se uno pubblica la sua indignazione sui social, con foto e indicazione di luoghi, non rispetta la vita e la dignità di quella persona e la espone al pericolo di essere aggredita verbalmente o fisicamente, come capita di leggere nelle notizie di cronaca.
 
Penso che nostro primo dovere di cittadini sia salvaguardare in tutti i modi la vita e la dignità di ogni uomo, soprattutto di quello più emarginato e scartato.
Penso che sia il primo dovere anche delle istituzioni: per questo sono necessarie.
E mi preoccupo perché la TV, i social e alcune dichiarazioni da parte di politici e uomini influenti sdoganano e quasi incoraggiano questi comportamenti immorali e questo rischia di inquinare il comportamento di ciascuno di noi, se non ci stiamo attenti, se non buttiamo subito nella spazzatura tutto questo bullismo, tutto questo odio, tutta questa prepotenza.
 
Cari amici, cari cittadini, cari politici e governanti,
cogliamo ogni occasione per farci prossimi ed essere operatori di pace!

lunedì 28 luglio 2025

I diritti di ogni uomo

Homeless Jesus, opera di Timothy Schmalz

Navigando su internet, assisto a un fenomeno inquietante: quello di chi fa le foto ai senzatetto che dormono per strada e poi le pubblica sui social per documentare e denunciare il degrado. Questa parola "degrado" torna e ritorna martellando, nei titoli, nei post e nei commenti...

Eh sì. A ben vedere si tratta proprio di degrado.

Il degrado di un Paese dove mancano dormitori pubblici, mancano case popolari, mancano bagni pubblici, mancano servizi per i poveri e i meno abbienti...
E quello che c'è, viene presentato come gentile concessione di fondazioni e benefattori che il bisognoso in questione e la società tutta devono ringraziare all'infinito con targhe e targhette e attestati e cerimonie per aver offerto come opera di beneficenza ciò che a ogni individuo spetterebbe gratuitamente e di diritto.

Questo è il vero DEGRADO e non chi semplicemente si stende a dormire su una panchina o nelle stazioni.

Devo ringraziare le suore del Rosario che, durante le ore di educazione civica, già alle elementari ci presentavano la "Dichiarazione universale dei diritti umani"!

Così stamattina sono andato a rileggermela.
Se anche tu vuoi fare un ripassino dei tuoi diritti e di quelli di ogni uomo, cliccando sul link trovi il testo: Dichiarazione universale dei diritti umani

giovedì 24 luglio 2025

Come bambini (Lc 18, 16)


«Alla fine ho capito perché ho in mente il Muppet Show fin da stamattina: il miglior modo per imparare le cose è guardarle con gli occhi di un bambino. Un bambino non gioca mai sporco, si impegna e poi non si vergogna di piangere» (dott. John Dorian, dalla Serie TV Scrubs – Medici ai primi ferri).
 
Stasera mi è venuto spontaneo continuare la frase del dottor Dorian così:
«Un bambino rende felici gli altri semplicemente con il fatto di esserci».
 
Guardandoli muovere i primi passi o dire le prime paroline,
notando la meraviglia sui loro volti per ogni cosa che vedono per la prima volta,
sentendoli chiederti l’ennesimo «Perché?»
o vedendo la loro manina tesa per prendere la tua,…
… non sai bene perché,
ma senti d’essere felice
e senti pure forte e chiaro il senso della tua vita:
essere lì in quel momento per vedere, sentire, ascoltare, rispondere, accompagnare, custodire, rassicurare, far crescere, raccontare, voler bene, prendersi cura, amare!
 
E guardandoli forse imparo a essere come loro:
più attento a far felici gli altri,
piuttosto che a cercare la felicità per me stesso (cfr. Lc 18, 16).

venerdì 4 luglio 2025

Infinito


«A tutto c’è un limite!».
O forse no?
 
Perdo la pazienza e sbotto.
Poi mi giustifico con gli altri e con me stesso: «C’è un limite a tutto!».
O forse no?
 
Cammino e continuo a pensare al limite che sicuramente c’è in molte cose, ma posso davvero dire che c’è un limite in tutte le cose?
 
Appena mi pongo la domanda, comincio a vedere “cose” che non hanno limite.
Ne elenco alcune: l’amore, l’amicizia, la compassione, la misericordia, il perdono, la solidarietà, l’umanità, la giustizia, la mitezza, la comunione, la benevolenza, il soccorso, l’accoglienza, la pace,… il bene.
Tutte “cose” che non hanno limite e appena glielo metto, semplicemente non sono più, scompaiono e non posso dire di essere stato misericordioso, pietoso, benevolo, compassionevole, accogliente,… perché a un certo punto ho messo un limite: «La misericordia sì, ma adesso basta! Altrimenti uno se ne approfitta!».
 
Ora la mia pretesa quale vorrebbe essere?
Quella di non sbagliare più?
Quella di avere pazienza senza limiti? All’infinito?
 
Non ci sono ancora riuscito e forse non ci riuscirò mai.
Però ogni giorno, se voglio, riesco a smontare i limiti che crescono attorno a tutte le “cose” buone che ho elencato sopra; crescono per ragionamento, per orientamento politico, per giudizio, pregiudizio, convenienza, opinione comune, ideologie, notizie,…
Se voglio, riesco a smontare questi limiti e a mantenermi aperto alla possibilità di un “oltre” che mi si manifesta nella carità di un santo, che mi colpisce perché è più grande della mia (quella del Beato Piergiorgio Frassati, ad esempio), nella sua misericordia e cordialità, nella sua diversa visione della realtà,…
 
Se credo nell’amore senza condizioni e senza misura di Dio, non posso mettere un limite all’amore mio e del prossimo e sentirmi giustificato a trattare l’altro con indifferenza perché ha oltrepassato ogni limite, o semplicemente perché non fa parte della mia famiglia. E quando lo tratto con indifferenza, impazienza, mancanza di umanità, mi rendo conto di essere in grave difetto e chiedo perdono.
 
Solo mantenendo illimitato il bene, posso arginare il male ed evitare che dilaghi anche a causa mia, per i miei pensieri, parole, opere e omissioni.

domenica 4 maggio 2025

Buona Vita con Gesù!

 

Omelia per le Prime comunioni 2025 – Primo turno

Nel Vangelo che abbiamo ascoltato (Gv 21, 1-19),

c’è uno che RICONOSCE Gesù: quel discepolo che Gesù amava;
c’è uno che si GETTA in mare come la rete: Simon Pietro;
c’è una parola che rende pieni di vita: «È il Signore!»;
c’è un invito di Gesù: «Venite a mangiare».
 
Ieri sera, guardando le persone che venivano a Messa, mi sono meravigliato vedendo Luigino, un Nonno di un’ottantina d’anni, SALTARE AGILMENTE giù dalla sua macchina appena parcheggiata, PER VENIRE A MESSA.
Forse anche i discepoli si saranno meravigliati per il TUFFO di Simon Pietro!
Forse si sarà meravigliato anche Gesù!
 
Simon Pietro VIENE PRESO da una vivacità incontrollabile e inarrestabile, quella vivacità tipica dei ragazzi che si entusiasmano e sembra che non possano mai stare fermi. Una vivacità che, col passare degli anni, sembra riaccendersi solo in alcuni momenti particolarmente felici, ma quando sentiamo che si riaccende, vorremmo che quei momenti non finissero mai!
 
È la vivacità di chi AMA e si mette a SERVIRE.
È la vivacità di chi SEGUE e SERVE la Vita!
È la vivacità di chi si accorge che la Vita si può seguire anche «quando sarai vecchio… e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi» (Gv 21, 18).
 
Siamo qui OGGI per NUTRIRCI di Cristo!
Siamo qui OGGI perché Lui ci ha invitato: «Venite a mangiare» (Gv 21, 12).
E OGGI con noi ci sono, per la prima volta, i nostri amici della Prima Comunione.
In questi anni ci hanno sicuramente GUARDATO mentre facevamo la Comunione e poi ci hanno guardato VIVERE di quella Comunione con Gesù, ci hanno visti SERVIRE e anche SERVIRLI.
 
Così, OGGI, accostandosi all’altare del Signore per la prima volta, sanno bene che quella Comunione che riceviamo ci fa TUFFARE come Simon Pietro nella Vita per dire a tutti il nostro AMORE, mettendoci a SERVIRE CON GIOIA!
 
Buona Vita con Gesù, piccoli amici miei!
OGGI prego perché scopriate, giorno dopo giorno, com’è bella l’AMICIZIA, l’amicizia di Gesù, ma anche l’amicizia dei vostri genitori, nonni, parenti, amici, l’amicizia di chi vi vuole bene e vuole il vostro bene, prendendosi cura di voi sempre e indicandovi la via del bene, che è UNICA ed è la VIA di Gesù, la via del dono di sé per amore degli altri, la via di chi, per servire voi, piccoli amici miei, ogni giorno dimentica se stesso.
 
GUARDATE chi vi cucina, GUARDATE chi vi veste, GUARDATE chi si siede a mangiare con voi, GUARDATE chi vi accompagna, GUARDATE chi vi incoraggia, GUARDATE chi vi corregge, GUARDATE chi vi insegna il bene,… GUARDATE chi vi dà fiducia, GUARDATE chi vi vuole bene e vi viene a cercare quando c’è da giocare e fare festa, ma anche quando siete un po’ tristi o quando bisogna fare i compiti,…

GUARDATE E RINGRAZIATE!

È questa l’amicizia, è questa la Comunione, è questo l’Amore!
È questa la Vita!
 
Buona Vita con Gesù, piccoli amici miei!