Caro Teofilo*,
il tempo che stiamo vivendo ci chiede di
affinare lo sguardo per riconoscere la Presenza di Dio là dove viviamo: nella
nostra casa. Non possiamo uscire, se non per necessità e questo forse ci ha
fatto pensare che, non potendo andare in chiesa, ora non possiamo professare la
nostra fede.
Accantoniamo definitivamente questo
pensiero!
Noi cristiani siamo certi che Dio è
presente in ogni tempo e in ogni luogo e vogliamo cogliere l’occasione di
questi giorni per riscoprire che la fede è la nostra vita. Saremo ancora più
attenti del solito per cercare nelle nostre case e nel nostro quotidiano quegli
spazi e quei tempi in cui Dio ci si fa prossimo, ci si fa accanto. Scopriremo,
così, che non solo Dio è presente nei tempi e negli spazi in cui lo abbiamo
riconosciuto, ma Egli è realmente presente in ogni spazio e in ogni tempo,
anche quando non ce ne accorgiamo.
Egli è sempre con noi!
Dio è realmente presente in ciascuno di
noi, fin dal giorno in cui ci ha formati nel grembo di nostra madre, fin dal
giorno del nostro concepimento.
Dio è sempre con noi per benedirci, cioè
per ricordare continuamente a noi, che siamo un po’ scordarelli – come mi diceva bonariamente una suora – che siamo fatti
per le opere buone, belle, giuste, vere e sante.
Dio ci benedice, cioè ci ricorda che
siamo stati creati per essere amati e amare!
Sentirci benedetti ci fa contenti!
Dunque, Dio è la nostra gioia!!!
Se le nostre azioni sono innervate dalla
certezza che Lui ci ama, la nostra gioia è piena, anche se nessuno si accorge
di quello che facciamo, anche se nessuno ci dice grazie, anche se siamo nel
segreto della nostra camera (leggi Mt 6).
Caro Teofilo,
da qualche giorno ormai, tu ed io ci
siamo addentrati con Gesù nel deserto.
E nel deserto abbiamo dovuto lasciare
gradualmente tutto ciò che appesantiva il cammino, o lo avrebbe reso più
difficile e pericoloso per noi e per gli altri (abbiamo dovuto rinunciare anche
a uscire di casa per il bene nostro e… del mondo intero!!!).
Pensa che roba: il destino del mondo,
dipende dalle mie scelte personali e dalle tue. Con la nostra attenzione e con
le nostre rinunce possiamo salvare la vita di altri, possiamo sostenere il
sacrificio di chi nelle corsie degli ospedali sta lavorando notte e giorno
anche per me e per te, per garantirci la possibilità di essere curati e guariti.
Per amore di Dio e del prossimo e per
amore della vita, che Dio ci ha donato, tu ed io oggi stiamo nel deserto con
Gesù!
E ci stiamo, come Gesù, nella piena
disponibilità a riconoscere che la nostra vita e quella di ogni altro sono
connesse e siamo membra vive dello stesso corpo (leggi 1Cor 12, 12-27)!
Siamo nel deserto e abbiamo con noi
soltanto l’essenziale, cioè le cose che sono legate in modo indissolubile alla
nostra vocazione alla santità.
Cosa abbiamo con noi?
Abbiamo Dio e il nostro prossimo.
Il resto, tutto il resto, lo abbiamo
lasciato, o abbiamo dovuto lasciarlo.
Ci è stato chiesto di modificare le
nostre abitudini e di farci bastare l’essenziale, l’indispensabile, stando bene
attenti a fare – e anche a dire – solo ciò che è necessario.
In questo deserto su chi possiamo
contare?
Solo su Dio e sul nostro prossimo.
Tutte le mattine, aprendo la chiesa,
penso a Maria Maddalena che si recò «al
sepolcro di mattino, quando era ancora buio» (Gv 20, 1) e vide che la
pietra era stata tolta dal sepolcro. Penso a lei e a Pietro e Giovanni che hanno
visto il sepolcro aperto e vuoto. Hanno potuto riconoscere il Signore risorto
solo contemplando e facendo memoria della Sua Parola di vita e di tutto ciò che
Egli aveva vissuto con loro!
Il Vangelo di Giovanni racconta di due
angeli in bianche vesti che, da dentro il sepolcro, chiedono alla Maddalena: «Donna perché piangi?» (Gv 20, 13). Poco
dopo, anche Gesù chiede alla Maddalena: «Donna
perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20, 15).
Oggi viene rivolta a me e a te la stessa
domanda:
«Perché
piangi? Chi cerchi?».
Nel deserto stiamo sentendo fame e sete
di Dio.
Stiamo comprendendo che senza di Lui
davvero non possiamo stare.
L’angoscia e il senso di impotenza, che
proviamo leggendo le notizie o i dati della Protezione Civile, ci stanno
rivelando quanto è essenziale e consolante la Compagnia di Gesù.
Naturalmente ci vengono le lacrime agli
occhi ripensando a quando ci trovavamo insieme come comunità cristiana per
celebrare Messe o vivere momenti di preghiera o partecipare a processioni. Ci
manca quel ritrovarci nel portico della nostra chiesa, dopo la Messa della
Domenica, a scambiarci allegramente qualche impressione sulla settimana vissuta
o sulla partita della Samb o sulle attività parrocchiali o di quartiere. Ci
manca il vociare festoso dei ragazzi in oratorio e l’allegria delle partitelle
nel campetto parrocchiale. Ci mancano anche le chiacchierate fino a tarda notte
nella pineta della parrocchia, sotto lo sguardo vigile di San Giuseppe e della
Madonna di Lourdes.
Ma quante volte Cristo Risorto era al
nostro fianco e noi non facevamo caso alla sua Presenza? (leggi Lc 24, 13-35).
Per la Maddalena quel giorno fu
necessario rimanere, dialogare, ascoltare per riconoscere il Suo Gesù nell’uomo che le era sembrato
il custode del giardino (Gv 20, 16).
Quante volte abbiamo lasciato Gesù in
chiesa, e non lo abbiamo riconosciuto nella nostra casa in quel familiare che
viveva con noi, lavorava per noi, offriva la vita per noi? Quante volte siamo
passati oltre di fronte a un povero, pensando in cuor nostro: «Non è compito
mio»?
Eppure era il Cristo (leggi Mt 25, 31-46).
Quello stesso Cristo che avevamo
ricevuto poco prima partecipando alla S. Messa e che ora ci chiedeva di
restituirgli la visita accogliendo nel nostro cuore il povero, il piccolo,
l’ultimo, l’emarginato, il sofferente, il debole, il carcerato, il malato,…
Ora non possiamo uscire, ma il Cristo è
in casa con noi!
Forse stiamo riscoprendo la bellezza di
un momento di preghiera vissuto come famiglia davanti al Crocifisso o a una
icona, con un lumino acceso, con la Bibbia aperta per ascoltare la Parola di
Dio. Ascoltiamo il Vangelo, preghiamo un salmo o una decina di Rosario e
sentiamo il Cristo Risorto che ci rassicura: «Non temere» (Lc 5, 10) e «Io
sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore» (Gv
10, 11) e ancora «Le mie pecore ascoltano
la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non
andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio,
che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano
del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10, 28-30).
Caro Teofilo,
spesso durante queste giornate,
assistendo con grande dolore alla morte di ognuno dei nostri fratelli e sorelle
colpiti dalla malattia o da altri mali, mi ritrovo a dire:
«Se non c'è il Paradiso, tutto questo
non ha senso»,
oppure «Se Dio non esiste, tutto questo
non ha senso»,
oppure «Se non ci fosse il Vangelo,
tutto questo sarebbe insostenibile e quindi invivibile».
Il Vangelo ci soccorre anche nello
smarrimento più grande, anche quando la tempesta sembra farci affondare. È proprio
allora che sento il mio cuore, vicino a quello dei discepoli di Gesù. Il mio
grido al Signore, lo ritrovo nel loro. Mi pare di sentirli mentre urlano tutti
insieme, dando voce allo sconforto che li prende: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (Mc 4, 35-41). Più
volte al giorno gridiamo al nostro Dio: «Salvaci,
Signore, siamo perduti!» (Mt 8, 23-27), oppure «Maestro, maestro, siamo perduti!» (Lc 8, 22-25). Anche questo fa
parte della nostra fede: lottare con Dio, riferirci a Lui in ogni momento,
chiedergli di soccorrere la nostra umanità con la luce del Suo Spirito. È aver
fede dire a Lui la nostra rabbia, la nostra delusione, lasciandogli lo spazio
per rispondere e manifestare la Sua misericordia, la Sua salvezza: «Si destò, minacciò il vento e disse al
mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia» (Mc 4, 39).
Che grande tesoro è la fede!
Possiamo essere spogliati di tutto, anche
della vita, ma di Cristo no.
Egli non permette che siamo spogliati di
Lui perché sa bene che senza di Lui, noi non possiamo vivere (leggi Rm 8)!
E allora come camminare oggi nel
deserto?
Camminiamo tenendo fisso lo sguardo, il
cuore, la vita su Gesù.
Certi della Sua Compagnia, continuiamo
ad avanzare, passo dopo passo, verso la Pasqua!
Continuiamo a sostare dove Egli sosta in
preghiera, in pianto, in gioia!
Continuiamo ad amare come vediamo che
Lui ama!
Continuiamo a essere poveri, obbedienti,
casti, miti e umili di cuore, proprio come Lui è povero, obbediente, casto,
mite e umile di cuore!
E continuiamo a fidarci di Dio e del
prossimo, gli unici che abbiamo sempre con noi!
O Teofilo,
lo Spirito Santo ci illumini e ci aiuti
a perseverare nella fede, nella speranza e nella carità! Cristo è risorto!
«Il Signore sia con il tuo spirito. La
grazia sia con voi!» (2Tm 4, 22).
Il tuo amico
Gian Luca
*Teofilo significa “amato da Dio”, “caro
a Dio”. Rivolgendomi a Teofilo, mi rivolgo a tutti gli uomini e le donne,
perché tutti siamo cari a Dio!
Parolle
RispondiEliminaParole meravigliose che ci fanno molto riflettere e che ci offrono un raggio di luce in questo momento buio di sofferenza. Grazie mille Don Gian Luca!Dio la benedica!