«Era
il giorno di Pasqua quando, terminati i vespri celebrati nella grande chiesa
dell’Intercessione della Santa Vergine, ritornavo alla mia cella presso il
mulino e sulla strada vidi un operaio. Quando gli fui vicino, mi chiese di
dargli un uovo. Io non ne avevo, e tornai al monastero e ricevetti dal mio
padre spirituale due uova. Ne detti uno all’operaio; ma quando egli mi disse
che erano in due, gli diedi anche il secondo uovo, e allontanatomi mi misi a
piangere di compassione per tutti coloro che sono poveri ed ebbi pietà di tutto
il mondo e di ogni creatura.
Un’altra
volta, pure a Pasqua, mentre mi dirigevo dalla porta principale del monastero
verso la nuova cappella della Trasfigurazione, vedo correre verso di me un
bambino di circa quattro anni con un bel visetto – la grazia di Dio risplende
nei bambini piccoli –. Avevo un uovo e lo detti al bambino. Egli ne fu felice e
corse da suo padre a mostrargli il dono. E per questo gesto così piccolo
ricevetti da Dio una grande gioia, e amavo ogni creatura in Dio, e lo Spirito
santo riempì della sua armonia l’anima mia. Giunto alla mia cella, per la
compassione verso il mondo, pregai a lungo Iddio con lacrime».
[Silvano del Monte Athos, Ho sete di Dio, Piero
Gribaudi editore]
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