Ricordo i pomeriggi di maggio e luglio
trascorsi a guardare il Giro d’Italia e il Tour de France. Ricordo gli scatti
di Pantani che infiammavano la corsa e la rendevano più appassionante. Ricordo
il commento del telecronista che metteva in guardia gli inseguitori di turno
dal rispondere agli arrembaggi del Pirata.
L’unica strategia per gli inseguitori era mantenere la calma, continuare a
pedalare e non affannarsi per raggiungere il più forte degli scalatori. Non
tutti, però, erano capaci di continuare la loro azione salendo col proprio
passo; qualcuno si faceva prendere dal desiderio di accorciare subito le
distanze e, magari, in principio ci riusciva pure, ma poi, allo scatto
successivo era costretto ad arrendersi e capitolava.
Naturalmente, io facevo il tifo per
Pantani ed era una gioia vederlo arrivare tutto solo al traguardo dopo
un’incredibile salita. Ma al termine di quelle tappe, ogni ciclista era per me un
vincitore: essere arrivato al traguardo dopo aver affrontato un percorso così
faticoso, era una vittoria, a prescindere dal piazzamento in classifica!
Penso che anche nella vita sia importante
salire col proprio passo, andare
decisi verso la meta, ma senza affannarsi. Il mio non vuole essere un
incoraggiamento a camminare come vogliamo, ma un invito a cercare il passo
giusto, quello consentito dalle capacità e dalle forze che ciascuno ha.
In questa ricerca possiamo essere
aiutati da un buon allenatore, ma anche dalle persone che abbiamo intorno;
infatti, l’altro, con cui entriamo quotidianamente in relazione, ci aiuta a
conoscerci.
Nella relazione con l’altro, scopriamo
lati di noi che altrimenti non potremmo conoscere: se fossi l’unico abitante di
un’isola, potrei pensare di essere il migliore degli uomini e potrei
attribuirmi tutti i pregi e nessun difetto, dato che nessuno potrebbe
smentirmi. Ma se un altro venisse a condividere con me la vita sull’isola,
nella relazione con lui emergerebbero pregi e difetti di entrambi.
Il nostro passo non è quello che, di
volta in volta, ci va di tenere, ma quello che possiamo tenere: uno scalatore
non va al passo di un velocista …
Può capitarci di non riuscire a tenere
il passo di altri, ma, in tal caso, è bene non lasciarci andare a pensieri che ci
abbattono o ci spingono alla resa:
«Non
sarò mai capace di raggiungerlo!».
«Non
sarò mai come lui!».
«Non
saprò mai fare le cose come le fa lui!» ...
L’esempio buono degli altri deve essere,
invece, un costante incoraggiamento a dare tutto quel che siamo, a mettercela
tutta!
In un tempo in cui quasi tutto è ad alta velocità, potrei essere tentato
di inventare un’evangelizzazione ad alta
velocità, dove le iniziative si susseguono a ritmi elevati e non c’è più la
possibilità di fissare lo sguardo sui volti delle persone; come quando,
viaggiando in treno, si attraversa una stazione e si vedono scorrere le persone
sulla banchina senza riuscire a distinguerne bene le figure.
Aiutami, Signore, a saper accordare il mio passo
a quello dell’uomo che incontro lungo il cammino, per avere il tempo di
guardarlo negli occhi, riconoscerlo e raccontargli la buona notizia. [dGL]
Nessun commento:
Posta un commento