Piove.
E, forse, se non stesse piovendo, non
prenderei la penna per scrivere ma sarei in giro per il paese indaffarato in
commissioni mattutine.
Considerata la deriva dei miei pensieri,
forse sarebbe stato meglio uscire, ma sentivo il dovere di dare voce a una
riflessione personale sulla pastorale parrocchiale. Una pastorale fatta di cose
semplici, quotidiane, una pastorale fatta preferibilmente di incontri
personali, colloqui, confessioni.
La Domenica al termine della messa,
avviso che presto comincerà il corso in preparazione al matrimonio, dico che è
importante partecipare al catechismo per la formazione umana e spirituale dei
ragazzi e per la preparazione ai sacramenti, ricordo che è opportuno
partecipare agli eventi diocesani per ragazzi, giovani, adulti, fidanzati,
famiglie, anziani,…
Poi, il Lunedì mi fermo a considerare questa
quotidianità, questo ordinario, questo andare a messa tutte le Domeniche che
interessa a pochi.
Don, siamo stati all’incontro ed eravamo tanti!
Abbiamo partecipato alla festa e c’era un sacco di
gente!
Siamo andati in gita e abbiamo riempito due pullman!
Il pellegrinaggio è stato bellissimo e non vediamo
l’ora di ripartire!
Già, ripartire…
Un evento, una festa, un ritiro, una
gita, un pellegrinaggio non sono la vita di tutti i giorni. Ne fanno parte, la
ravvivano, la rendono più entusiasmante, simpatica, divertente,… ma non sono il
quotidiano. Quel quotidiano caratterizzato dalla fedeltà a piccole cose che si
ripetono così da una vita e non hanno niente di eccezionale, entusiasmante,
divertente, rivoluzionario,…
Quel quotidiano che è la nostra vita: la
sveglia che suona ogni mattina, il lavoro, lo studio, il gioco, la musica, il
teatro, il riposo, l’assistenza agli anziani o agli ammalati, l’amicizia, il
rispetto dei genitori, l’amore al prossimo, le relazioni, le telefonate, le
strette di mano, i sorrisi, la preghiera, la messa feriale, quella domenicale,…
le ore, i giorni, i mesi, gli anni.
È in questo ordinario che, come prete,
vorrei accompagnare la gente, i fratelli, ogni uomo. In questo ordinario vorrei
entrare per evangelizzare e per essere amico, fratello, padre.
Non amo gli eventi di massa se in essi
non è possibile offrire una reale occasione di incontro personale, di confronto
a piccoli gruppi, di dialogo.
Non sono i numeri a segnare il successo
di un evento cristiano, ma l’aver reso possibile l’incontro con il Signore,
Colui che ciascuno di noi desidera vedere (Gv 12,20-21: «Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano
anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di
Galilea, e gli domandarono: Signore, vogliamo vedere Gesù»).
Un evento può essere l’inizio di un
cammino, ma non può essere un’esperienza unica nel suo genere. Altrimenti,
tornando a casa, l’entusiasmo cede il posto alla nostalgia, alla malinconia e
alla noia per la solita vita.
Com’è bello, invece, soffermarsi
quotidianamente sul Vangelo, ragionarci un po’ insieme ai fratelli e lasciare
che ciascuno con semplicità e libertà possa condividere intuizioni, sfumature e
parole che più lo hanno toccato!
Com’è bello lasciare che il Signore
passeggi per le nostre vie, ci accompagni non solo quando procediamo in
ginocchio o a piedi scalzi, quando digiuniamo o facciamo penitenze, ma anche
quando camminiamo leggeri!
Com’è
bello lasciare che il Signore sia con noi nelle cose di ogni giorno, ci aiuti a
santificare il quotidiano e a riconoscerlo presente nell’oggi che viviamo! [dGL]
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