Il ghiaccio mi costringe a rallentare e
a fare attenzione a dove metto i piedi. Devo concentrarmi sulla strada perché
rischio di scivolare. Mentre cammino, devo avere le mani libere e quindi il
cellulare, inseparabile compagno di viaggio, sta buono buono nella tasca dei
pantaloni e, se arriva una chiamata, mi fermo per rispondere.
Ogni volta che mi muovo in una
situazione potenzialmente pericolosa, la prudenza mi suggerisce di essere
attento a quello che sto facendo. Così ho la possibilità di osservare ciò che
avviene attorno a me e di meravigliarmi e gioire per quello che vedo.
Il ghiaccio mi ricorda che sono un uomo
e che basta un po’ di maltempo e i miei programmi devono essere totalmente
rivisti.
Il ghiaccio mi ricorda che gli strumenti,
che ho a disposizione, richiedono un uso sapiente e non devono assolutamente
arrivare a possedermi o a distrarmi, fino a mettere a rischio la mia incolumità
fisica e quella del mio prossimo.
Il ghiaccio mi ricorda che è necessario essere
presente a quello che sto facendo e che ogni persona o situazione, che incontro
qui e ora, richiede tutta la mia attenzione e non solo una parte di essa.
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