«… Altisidora, la più che disinvolta
damigella, entrò nella camera di don Chisciotte, e durante la conversazione che
allora si svolse tra loro, il Cavaliere pronunciò memorabili parole: Non c’è un altro me nel mondo!; sentenza
che è sorella gemella dell’altra: So io
chi sono!
Non c’è un altro me
nel mondo! Ecco una sentenza che non dovremmo mai dimenticare; soprattutto
quando, mentre ci si stringe il cuore al pensiero che dovremo scomparire un
giorno, ci vengon fuori con la ridevole storiella che non siamo che un atomo
nell’Universo, e che anche senza di noi gli astri seguiranno il loro corso, e
che il Bene si realizzerà anche senza il nostro concorso, e che è superbia
immaginare che tutta quell’immensa costruzione è stata edificata per la nostra
salvezza. Non c’è un altro me nel mondo! Ognuno di noi è unico e
insostituibile.
Non
c’è un altro me nel mondo! Ciascuno di noi è in sé assoluto. Se c’è un Dio che
ha edificato il mondo e lo tiene in vita, lo ha edificato e lo tiene in vita
per me. Non c’è un altro me! Ce ne saranno di più grandi e di più piccoli, di
migliori e di peggiori, ma non c’è un altro me. Io sono qualche cosa di interamente
nuovo; in me si riassume una eternità di passato e da me si diparte un’eternità
di avvenire. Non c’è un altro me! Questa è l’unica base solida dell’amore tra
gli uomini, perché non c’è neppure un altro te al di fuori di te, né un altro
lui se non lui» (Miguel de Unamuno, Vita di don Chisciotte e Sancio Panza, Mondadori,
pp. 329-330).
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