lunedì 3 marzo 2014

Opinioni

Nei giorni scorsi durante una festa di paese si sono verificati gravi episodi di violenza. Leggo gli articoli sui giornali locali e mi sembra che tutti, favorevoli e contrari a tali manifestazioni, abbiano i loro motivi per sostenere con convinzione le loro opinioni.

Guardando dall’esterno queste feste popolari, sempre più occasione di eccessi e sbronze memorabili, credo sia necessario riflettere sull’uomo contemporaneo, più che sull’antichità che rende immodificabili e intoccabili le tradizioni.

Eventi che in passato interessavano soltanto i cittadini del paese, oggi richiamano gente da ogni parte del territorio e ciò che un tempo era difficile a causa delle distanze, ora diviene possibile grazie ai mezzi di trasporto e ai provvidenziali bus-navetta. Così può accadere che manifestazioni rivolte a un pubblico che conosce bene la storia e le tradizioni del paese e sta ben attento a non rovinarne l’immagine, diventino famose per le bravate compiute da visitatori occasionali.

Fatto salvo il mantenimento delle tradizioni, sarebbe importante fermarsi a considerare la loro attualizzazione. Le feste popolari in passato erano momenti di fede, socializzazione, conoscenza, relazione, arricchimento culturale, commercio, gioco, divertimento,… Cosa resta di tutto questo nelle nostre feste?

Se abbiamo a cuore il bene dell’uomo, del giovane, del ragazzo, ci impegneremo a educarlo a una vita bella, alla gioia, al sacrificio, al dialogo, al rispetto dell’altro, alla festa, al lavoro,… Se, invece, abbiamo a cuore soltanto i numeri, la pubblicità, il successo dell’evento, presteremo davvero poca attenzione al pericolo che queste tradizioni popolari col passare del tempo si riducano a un’occasione per impazzire, a un luogo in cui tutto è permesso, a un tempo in cui è lecito anche non essere più uomini, a un momento favorevole per sentirsi parte di una massa e dare sfogo agli istinti.

Ci piace dire che non vogliamo essere considerati numeri, ma persone. Eppure non sembra procurarci dispiacere l’essere considerati in generale dei consumatori da soddisfare con pane e giochi perché non si accorgano di quanto stanno perdendo.

In gioco c’è la vita, in gioco c’è l’amore; e sono tesori che per quante ricchezze possediamo, non potremo mai comprare! [dGL]

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