Patroclo, Ettore, Achille,...
Cristoforo,... un attimo prima pieni di vigore nella lotta e poi a terra,
abbandonati dalla vita, vuoti, immobili, gli occhi morti, spenti per sempre.
Nei film quando uno cade raramente ci si
sofferma sulla tragedia di quel cadere e di quel non potersi più rialzare, si
passa subito alla scena successiva, così le gesta del più forte fanno
dimenticare chi è rimasto steso sull'asfalto e il bottino conquistato sembra
giustificare e "pagare" la morte seminata...
E forse più di qualche bambino (perché
abbiamo quindici, sedici, venti, quarantadue, cinquanta, ottant'anni, ma siamo
sempre bambini) rimane conquistato da quegli atti di forza in battaglia,... e
pensa che si possa andare avanti così, che si possa vivere così, crescere così.
Pensa che si possa stare in piedi per
sempre...
Ma Lodovico ha visto cadere Cristoforo e
non rialzarsi più. E quella lite, scoppiata per un banale diritto di
precedenza, è costata la vita a due uomini. E questo gli rimane negli occhi:
non la vittoria, non la vita salvata, non la supremazia conquistata, ma quei
due corpi rimasti a terra, quelle vite spezzate.
Così oggi, qui a San Benedetto, nella
confusione delle lingue, delle mani e dei piedi che s'affannano a giudicare, a
invocare condanne e repressioni, a scrivere soluzioni, a incolpare questo e
quell'altro,... il mio sguardo resta fisso su quella terra, bagnata di sangue
per l'ennesima volta e sulla rigidità di quel corpo, vinto per sempre dalla
forza di gravità.
E penso a questo
istante, che per me potrebbe essere l'ultimo, a come scelgo di viverlo e alla
possibilità che ho, come Lodovico, di disarmarmi volontariamente, prima che sia
una morte qualunque a farlo.
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