«Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi»
(Mc 10, 31)
Chissà perché stamattina quando Gesù mi ha
detto queste parole ho ripensato al mio Battesimo, avvenuto nella chiesa di San
Martino, poche settimane dopo la mia nascita, ad opera del nostro parroco don
Pietro.
Forse perché proprio grazie al
Battesimo, faccio parte dei “Suoi” fin da quei primi giorni di vita.
E come per la “prima confessione”, la “prima
comunione”, la “prima messa”, immagino che anche quel giorno ero piccino
piccino, ma tutto pieno di gioia e meraviglia, come quel bambino che ho
battezzato Domenica ed è rimasto a guardare incantato la “luce di Cristo”, che
il suo padrino aveva acceso dal cero pasquale.
Essere “primo” vuol dire essere lì da
più tempo di altri. Vuol dire sapere già come funzionano o come vanno certe
cose e saper prevedere come funzioneranno o andranno in futuro.
Essere “primo” vuol dire abituarsi alla ripetizione
e forse, a un certo punto, dare per scontato che continuerà tutto così, tale e
quale nei secoli dei secoli.
Essere “primo” è non vedere più la
salvezza che un giorno mi è stata donata e quindi rassegnarmi a non provare più
l’incontenibile gioia e gratitudine vissuta quel giorno o affannarmi nella
ricerca del sensazionale per potermi meravigliare ancora dell’amore e della
bontà di Dio.
Nel primo caso (rassegnazione) Gesù diventa
un maestro come tanti altri e nella mia vita la Sua presenza viva, col passare
del tempo, non fa più alcuna differenza, tanto che mi metto a cercare la felicità
nel possesso delle cose e delle persone o nel ricordo nostalgico dei “bei tempi”.
Nel secondo caso (ricerca affannosa del
sensazionale) per incontrare Gesù ho bisogno di uno o più “special one” che siano bravi a farmi vedere, toccare, sentire
Gesù. Perciò è tutto un correre da un luogo all’altro e da un effetto speciale
all’altro perché solo così posso sentire l’emozione della presenza viva di Gesù…
… e più mi rassegno o mi affanno, e più mi ritrovo “ultimo”.
Stamattina, però, sento
che è una grazia anche questa di ritrovarmi “ultimo” e riscoprire, dalle parole
dell’ultimo arrivato o del più piccolo, la grazia straordinaria che m’è
capitata in quel primo giorno da cristiano e che mi capita ogni giorno perché
da quel primo momento in poi è stato tutto una comunione con Cristo «in case e fratelli e sorelle e madri e
figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà»
(Mc 10, 30).
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