lunedì 2 dicembre 2019

L’Amico

«Dopo la mia liberazione, molte persone mi hanno detto: “Padre, lei ha avuto molto tempo per pregare, in prigione”. Non è così semplice come potreste pensare. Il Signore mi ha permesso di sperimentare tutta la mia debolezza, la mia fragilità fisica e mentale. Il tempo passa lentamente in prigione, particolarmente durante l’isolamento. Immaginate una settimana, un mese, due mesi di silenzio… Sono terribilmente lunghi, ma quando si trasformano in anni, diventano un’eternità. Un proverbio vietnamita dice: “Un giorno in prigione è come mille autunni fuori”. Vi sono giorni in cui, stremato dalla stanchezza, dalla malattia, non arrivo a recitare una preghiera!

Mi viene alla memoria una storia, quella del vecchio Jim. Ogni giorno, alle 12, Jim entrava in chiesa, per non più di due minuti, poi usciva. Il sacrestano era molto curioso e un giorno fermò Jim e gli domandò:
“Perché vieni qui ogni giorno?”
“Vengo per pregare”.
“Impossibile! Quale preghiera puoi dire in due minuti?”
“Sono un vecchio ignorante, prego Dio a mio modo”.
“Ma cosa dici?”
“Dico: Gesù, eccomi, sono Jim. E me ne vado”.

Passano gli anni. Jim, sempre più vecchio, malato, entra in ospedale, nel reparto dei poveri.
In seguito, sembra che Jim stia per morire, e il prete e la religiosa infermiera stanno vicino al suo letto.

“Jim, dicci: perché, da quando sei entrato in questo reparto, tutto è cambiato in meglio, e la gente è diventata più contenta, felice e amichevole?”.
“Non lo so. Quando posso camminare, giro di qua e di là, visitando tutti, li saluto, chiacchiero un po’; quando sono a letto, chiamo tutti, li faccio ridere tutti, li rendo tutti felici. Con Jim, sono sempre felici”.
“Ma tu, perché sei felice?”
“Voi, quando ricevete una visita ogni giorno, non siete felici?”
“Certo. Ma chi viene a visitarti? Non abbiamo mai visto nessuno”.
“Quando sono entrato in questo reparto, vi ho chiesto due sedie: una per voi, una riservata per il mio ospite, non vedete?”
“Chi è il tuo ospite?”
“È Gesù. Prima andavo in chiesa a visitarlo, adesso non posso più; allora, alle 12, Gesù viene”.
“E che cosa ti dice Gesù?”
“Dice: Jim, eccomi, sono Gesù!...”
Prima di morire lo vediamo sorridere e fare un gesto con la mano verso la sedia vicina al suo letto, invitando qualcuno a sedere. Sorride di nuovo e chiude gli occhi.

Quando le forze mi mancano e non riesco neanche a recitare le preghiere, ripeto: “Gesù, eccomi, sono Francesco”. Vengono gioia e consolazione, ed esperimento che Gesù risponde: “Francesco, eccomi, sono Gesù”» (François Xavier Nguyen Van Thuan, Cinque pani e due pesci, ed. San Paolo, pp. 30-32).

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