L’animale può
essere impaziente? Evidentemente no, né impaziente, né paziente. Esso si trova
inserito nel contesto delle leggi di natura; vive come deve vivere e muore
quando il suo tempo è finito. L’impazienza diviene possibile soltanto per un
essere che ha la capacità di elevarsi al di sopra della realtà immediata e di
volere ciò che ancora non è: cioè per l’uomo. Perciò soltanto per lui si
verifica la decisione concernente il lasciare o non lasciare al divenire il suo
tempo.
E questo sempre di
nuovo; perché in questa esistenza del tempo e del limite riappare continuamente
la tensione fra ciò che egli è e ciò che egli vorrebbe essere; fra ciò che egli
ha già realizzato e ciò che gli resta ancora da realizzare. La pazienza è
quella che porta questa tensione.
Soprattutto la
pazienza verso ciò che ci è stato dato e destinato: il destino. L’ambiente in cui viviamo ci è stato destinato; noi vi
veniamo generati e innestati. Gli eventi della storia vanno senza che noi
possiamo modificarli gran che, e ognuno viene inciso dai loro effetti. Giorno
per giorno accade a noi in qualche modo personalmente ciò che semplicemente
accade. Possiamo cautelarci, possiamo alterare qualcosa secondo la nostra
volontà, ma in fondo in fondo dobbiamo accettare ciò che viene verificandosi.
Capire tutto ciò e atteggiarsi in conformità si chiama pazienza. Chi non vuole
tutto ciò, resta in perpetuo conflitto con la propria esistenza.
Pensiamo al classico personaggio che si ribella
contro tutto ciò che è dato. È il Faust di Goethe. Dopo aver buttato via la speranza e la fede, esclama: «E maledizione soprattutto alla pazienza!». Egli è
l’eterno immaturo, che non vede mai né accetta la realtà come è. Di continuo la
sfugge nella sua fantasia. Continua è la sua protesta contro il destino, mentre
invece la maturità dell’uomo comincia quando egli accetta ciò che è. Di qui
attinge finalmente la forza per cambiare e per trasformare le cose.
[R. Guardini, Virtù, Morcelliana]
Nessun commento:
Posta un commento