… «Beati i poveri
in spirito» (Mt 5,3; cf. Lc 6,20). Qui i poveri non sono solo gli
economicamente e socialmente poveri, ma anche tutti coloro che hanno il cuore
affranto, gli scoraggiati e i disperati, tutti coloro che stanno davanti a Dio
come dei mendicanti. Gesù si rivolge a tutti coloro che devono portare dei
pesanti fardelli: «Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi
darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite
e umile di cuore» (Mt 11,28s.).
Egli non ha solo
predicato il messaggio della misericordia del Padre, ma l’ha anche vissuto.
Visse quanto predicò. Si prese cura dei malati e dei tormentati da spiriti
maligni e poté dire di sé: «Sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Prova
compassione, quando incontra un lebbroso (Mc 1,41) o vede il dolore di una
madre che ha perso il suo unico figlio (Lc 7,13). Ha compassione dei molti
malati (Mt 14,14), del popolo affamato (Mt 15,32), dei due ciechi che lo
pregano di aver pietà di loro (Mt 20,34), degli uomini che sono come pecore
senza pastore (Mc 6,34). Si commuove profondamente e piange davanti al sepolcro
del suo amico Lazzaro (Gv 11,35.38). Nel grande discorso del giudizio
universale si identifica con poveri, affamati, miseri e perseguitati (Mt 25,31-46).
Di continuo incontra uomini che invocano «Abbi pietà di me» o «Abbi pietà di
noi» (Mt 9,27; Mc 10,47s. ecc.). Perfino sulla croce perdonò il ladrone pentito
e pregò per coloro che lo avevano crocifisso (Lc 23,34.43).
La novità del suo messaggio rispetto all’Antico
Testamento sta nel fatto che egli predica la misericordia di Dio in maniera
definitiva e per tutti. Non solo a pochi giusti, ma a tutti egli dischiude la
via di accesso a Dio, per tutti c’è posto nel regno di Dio, nessuno è escluso.
[W. Kasper, Misericordia, Queriniana]
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