«Nostra forza oggi è la gioia e nostro
cibo è la letizia» (Matta El Meskin)
È molto facile per me CREDERE che la
vita di quelli che andarono a vedere il Bambino sia REALMENTE cambiata quella
notte. E non è cambiata perché hanno visto gli angeli, ma perché hanno creduto
e sono andati a Betlemme.
Lì hanno visto il Bambino.
Lì hanno visto il Salvatore.
E l’incontro li ha fatti NUOVI.
È molto facile per me credere che la
loro vita si sia riempita di una gioia e di una speranza inesauribili, perché
anche nella mia vita l’incontro con un bambino appena nato è sempre stato un
momento di svolta.
Sarà perché sono cristiano e ogni
bambino mi ricorda il Natale e la nascita di Gesù;
sarà perché il bambino appena nato mi
ricorda chi sono stato e chi continuo a essere: un “piccolo” che, per vivere,
ha sempre bisogno del suo “prossimo”, anche se, crescendo, sono diventato abbastanza
bravo a far sembrare che riesco a stare in piedi da solo.
Fatto sta che ogni volta che il mio
sguardo incontra quello di un neonato, sento il cuore che subito si fa carne,
scompaiono le preoccupazioni per la mia esistenza, mi sento leggero e ritorno
bambino, e tutto ciò che aveva valore per il “me” adulto, improvvisamente non
conta più niente, se non può servire a far stare bene il bambino…
Quando il bambino mi guarda mi fa
tenerezza, e la tenerezza mi apre gli occhi e mi fa vedere che non sono fatto
per la prepotenza, ma per la custodia amorevole, non sono fatto per
l’individualismo, ma per la comunione: quando lo prendo in braccio, mi accorgo
che non posso lasciarlo solo e quindi anch’io non potevo e non posso fare da
solo.
Quando il bambino mi guarda, mi
accorgo che non sono fatto per la guerra, ma per la pace: non sarei
sopravvissuto un secondo al terrore del frastuono di soldati che marciano
rimbombando.
Quando il bambino mi guarda, mi accorgo
che non sono fatto per far paura, ma per proteggere e rassicurare, sostenere,
aiutare a crescere.
Quando il bambino mi guarda, mi sento
investito di tutta la sua fiducia, mi sento chiamato a custodire la sua
speranza, anche a costo di dare la mia vita perché lui viva!
Anche il più triste torna a sorridere
davanti al bambino appena nato e il suo sorriso è vero, anche se dovesse durare
solo un attimo.
È molto facile per me credere che
quella notte chi andò a Betlemme cambiò vita e si rafforzò nella speranza,
nella bontà, nell’altruismo, nella magnanimità, nella ricerca della giustizia e
della pace, nella vita di comunione in famiglia, coi colleghi, in paese, in
città,…
È molto facile per me crederlo perché
l’ultima volta m’è successo qualche ora fa: poco prima delle 19.00, ho visto in
chiesa una bimbetta di due mesi, addormentata in braccio a sua madre e in un
attimo ho dimenticato tutti i miei malumori e sensi di colpa per non essere
arrivato “pronto” alla notte di Natale e mi sono ricordato che l’importante non
è arrivare a Betlemme pronti a dire, fare, risolvere,…
L’importante – oggi e ogni giorno – è
andare a Betlemme e guardare: guardare il Bambino Gesù e da Lui lasciarsi
guardare e amare!
Buon Natale e buon cammino con Gesù!
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