«Una simpatica rivista, Lilium, edita dal Seminario ginnasiale della diocesi di Milano, narra che un giorno il Tempo, sotto forma di un vegliardo, si presentò al Faraone. Il Faraone impallidì e si avvolse nelle fasce del suo mantello; le armi arrugginirono; il palazzo cadde in rovina; tutto intorno si fece deserto e silenzio.
Poi il Tempo andò a Babilonia, ad Atene, a
Sparta, a Gerusalemme: per dove passava, tutto polverizzava.
Venne anche a Roma, salì il Vaticano e vi
trovò un tremulo vecchio con la tiara. Credette di rovesciarlo con un soffio. Ma
il vecchio gli chiese:
“Chi sei tu?”.
“Io sono il Tempo”.
“Io sono l’Eternità”.
E quel vecchio tremulo con la tiara fu l’unico
che sulla terra trionfò del Tempo, e resta ancora là sul Vaticano, immortale.
“Un vecchio che non muore”: ecco la
definizione del Papa, data dal De Maistre. Ogni volta, infatti, che s’era recato
a Roma – da fanciullo, da giovane, da uomo – per vedere il Papa, vi aveva
sempre trovato un vecchio, un vecchio sì, ma che non muore. Vecchio, per
significare la profonda saggezza ed esperienza della vita; sempre vivo, per
significare la perenne giovinezza della sua dottrina.
Non è forse l’identica parola, pronunciata in
uno degli ultimi mesi della sua vita, da Pio XI?
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