mercoledì 25 dicembre 2024

Natale 2024

 

«Nostra forza oggi è la gioia e nostro cibo è la letizia» (Matta El Meskin)
 
È molto facile per me CREDERE che la vita di quelli che andarono a vedere il Bambino sia REALMENTE cambiata quella notte. E non è cambiata perché hanno visto gli angeli, ma perché hanno creduto e sono andati a Betlemme.
Lì hanno visto il Bambino.
Lì hanno visto il Salvatore.
E l’incontro li ha fatti NUOVI.
 
È molto facile per me credere che la loro vita si sia riempita di una gioia e di una speranza inesauribili, perché anche nella mia vita l’incontro con un bambino appena nato è sempre stato un momento di svolta.
 
Sarà perché sono cristiano e ogni bambino mi ricorda il Natale e la nascita di Gesù;
sarà perché il bambino appena nato mi ricorda chi sono stato e chi continuo a essere: un “piccolo” che, per vivere, ha sempre bisogno del suo “prossimo”, anche se, crescendo, sono diventato abbastanza bravo a far sembrare che riesco a stare in piedi da solo.
Fatto sta che ogni volta che il mio sguardo incontra quello di un neonato, sento il cuore che subito si fa carne, scompaiono le preoccupazioni per la mia esistenza, mi sento leggero e ritorno bambino, e tutto ciò che aveva valore per il “me” adulto, improvvisamente non conta più niente, se non può servire a far stare bene il bambino…
 
Quando il bambino mi guarda mi fa tenerezza, e la tenerezza mi apre gli occhi e mi fa vedere che non sono fatto per la prepotenza, ma per la custodia amorevole, non sono fatto per l’individualismo, ma per la comunione: quando lo prendo in braccio, mi accorgo che non posso lasciarlo solo e quindi anch’io non potevo e non posso fare da solo.
Quando il bambino mi guarda, mi accorgo che non sono fatto per la guerra, ma per la pace: non sarei sopravvissuto un secondo al terrore del frastuono di soldati che marciano rimbombando.
Quando il bambino mi guarda, mi accorgo che non sono fatto per far paura, ma per proteggere e rassicurare, sostenere, aiutare a crescere.
Quando il bambino mi guarda, mi sento investito di tutta la sua fiducia, mi sento chiamato a custodire la sua speranza, anche a costo di dare la mia vita perché lui viva!
 
Anche il più triste torna a sorridere davanti al bambino appena nato e il suo sorriso è vero, anche se dovesse durare solo un attimo.
 
È molto facile per me credere che quella notte chi andò a Betlemme cambiò vita e si rafforzò nella speranza, nella bontà, nell’altruismo, nella magnanimità, nella ricerca della giustizia e della pace, nella vita di comunione in famiglia, coi colleghi, in paese, in città,…
È molto facile per me crederlo perché l’ultima volta m’è successo qualche ora fa: poco prima delle 19.00, ho visto in chiesa una bimbetta di due mesi, addormentata in braccio a sua madre e in un attimo ho dimenticato tutti i miei malumori e sensi di colpa per non essere arrivato “pronto” alla notte di Natale e mi sono ricordato che l’importante non è arrivare a Betlemme pronti a dire, fare, risolvere,…
L’importante – oggi e ogni giorno – è andare a Betlemme e guardare: guardare il Bambino Gesù e da Lui lasciarsi guardare e amare!
 
Buon Natale e buon cammino con Gesù!

martedì 24 dicembre 2024

24 dicembre

Oltre a essere il più grande spreco di tempo, paragonarsi agli altri è anche fonte inesauribile di infelicità.

Perciò, nella pagina successiva, il bambino dice alla talpa: "Mi domando se esista una scuola per disimparare" (Charlie Mackesy, Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo, Salani).

Questa "scuola per disimparare" io l'ho trovata!

È la scuola di Gesù!
Egli, amandomi senza condizioni e senza misura,
mi "disimpara" a paragonarmi,
a rincorrere le qualità e i talenti degli altri,
a desiderare le vite e le cose degli altri,...

Esiste, dunque, un Maestro per “disimparare” a paragonarsi agli altri,

un Maestro che mi rivela la via del servizio agli ultimi come la via della felicità
per gli ultimi e anche per me,
proprio nel servirli!
 
Buona vigilia di Natale!
Buon cammino con Gesù!!!

venerdì 20 dicembre 2024

20 dicembre


Le letture della Messa di oggi mi hanno fatto tornare in mente quello che mi è successo ieri sera.
 
Nelle letture di oggi si parla della nascita dell'Emmanuele, ma il fatto che sarà una nascita come tutte le altre, lascerà tutti liberi
di vedere in quella nascita la salvezza
o di guardare a quella nascita con indifferenza, di considerarla ininfluente.
 
Ed è a questo punto che mi è tornato in mente l'incontro di ieri sera.
Dopo le confessioni, c'era un momento di fraternità e una mamma, a un certo punto, ha preso in braccio il figlioletto di poche settimane e lui s'è guardato intorno e poi ci ha sorriso.
 
Stamattina, ascoltando le letture, mi sono ricordato che quel sorriso m'aveva fatto l’effetto di un miracolo, in quel momento l’ho proprio sentito come una grazia!
 
Davvero è come dice Albert Einstein: «Ci sono solo due modi di vivere la propria vita: uno come se niente fosse un miracolo, l’altro come se tutto fosse un miracolo».
 
Il modo di vivere di Maria e di tutti i cristiani, naturalmente, è il secondo: tutto è grazia!

lunedì 16 dicembre 2024

Eternità


Ci sono molti modi per vivere l’eternità,
ma tutti hanno una radice comune:
l’amore.
 
Ce lo dice il Vangelo
e ce lo dice l’incontro con persone che vivono il Vangelo
nella semplicità del loro quotidiano.
 
Ho in mente, ad esempio, mio Nonno Guido
che ogni anno, a un certo punto della stagione,
sceglieva i peperoni da aprire per raccogliere i semi
da piantare nell’anno successivo.
 
M’è tornato in mente qualche giorno fa
mentre guardavo il vialetto
che da casa nostra conduce al pollaio.
 
L’ho proprio rivisto Nonno,
seduto nello scantinato ad aprire i peperoni,
uno dopo l’altro,
metodico,
con estrema cura,
come se avesse tutto il tempo a disposizione,
come se finalmente
avesse trovato il modo
di partecipare dell’eternità.
 
Guardando Nonno,
ho pensato al tempo che passa
e a come lo abitiamo
diventando custodi della vita
e della sua prosecuzione
 
Nonno Guido è andato in Cielo
una mattina di primavera
 
Come tutte le mattine,
camminava verso il pollaio
per custodire le sue bestiole
e a un tratto
ha sorriso
vedendo dinanzi a sé il Suo Custode

venerdì 13 dicembre 2024

13 dicembre


Ero bambino quando Nonna Luce ci portava nella chiesa di San Giuseppe il giorno di Santa Lucia. C'era una grande statua della Santa che teneva in mano un piattino e sopra il piattino c'erano i suoi occhi.
E Nonna ci raccontava di Lucia che era patrona della vista e noi guardavamo la sua statua ed era alta, grande, un gigante rispetto a noi bambini.

Oggi, quando sono entrato nella chiesa di San Giuseppe, mi sono seduto e guardando la Santa mi sono detto: «Me la ricordavo più grande».

E sicuramente la giusta dimensione era quella che appariva a me bambino: gigante Lucia e giganti tutti i santi e le sante!

Lì davanti mi sono sentito in pace. Era come se Lucia con quel piattino mi dicesse: «Questo mondo non è la fine. C'è un oltre dove continuerai a stare in piedi. Risorgerai!».

E questo pensiero m'ha messo in pace.

Gigante Lucia e giganti tutti i santi e le sante!

E grandi, grandissimi tutti quelli che prendono in mano i piccolini per incamminarsi insieme sulla via della vita, che è la via del Vangelo!

venerdì 22 novembre 2024

LA RIVOLUZIONE CRISTIANA

RIVOLUZIONE A PASSO D’UOMO

di don Primo Mazzolari - 15 maggio 1949
 
Dio che si fa uomo per salvare l’uomo pare un racconto fiabesco, mentre l’Incarnazione è il Mistero che illumina il mistero dell’uomo e di ogni sua cosa.
Se il mondo moderno avesse dedicato allo studio dell’Incarnazione il tempo e la cura che ha dedicato alle leggi economiche formulate da Riccardo o da Marx, quanti problemi dell’uomo avremmo capito e risolto!
Purtroppo, anche molti cristiani, che non sanno intuire come il momento religioso si inserisca nella sostanza e nella storia dell’uomo, sono rimasti speculatori astratti e sterili del Mistero dell’Incarnazione.
Chi crede veramente in Cristo non può non aver presente che il suo modo di salvarci è la regola su cui dobbiamo ordinare ogni nostro sforzo di salvezza anche nel temporale.
Questa mancanza d’immaginazione e di obbedienza al Mistero, è la massima carenza della cristianità moderna, la quale trascurando di mettere a frutto il dono dell’Incarnazione, si lascia incantare dalle piccole invenzioni umane, vergognandosi di fronte ad esse di un patrimonio che, rimanendo sconosciuto ai nostri occhi, diventa spesso oggetto o tentazione di baratto.
La suggestione in campo cristiano del socialismo di ieri e del comunismo di oggi non comporta altra spiegazione. Chi crede di avere e non ha sol perché possiede l’arte di dar lustro al proprio niente, riesce a destare invidia negli stesi che hanno e non sanno di avere. La fede diviene incerta e rischia di perdersi, quando s’oscura in noi quella giusta e naturale estimazione di essa, che pur non essendo staccata da uno stato di grazia, s’appoggia alla ragionevolezza e all’esperienza quotidiana. Ciò che serve per il di là, serve anche per il tempo, così che il vero cristiano è vero uomo, e vero cittadino.
Se i teologi volessero, avrebbero in mano la possibilità di un magnifico e ineguagliabile ampliamento sociale della dottrina cattolica, che verrebbe in tal modo sottratta, non agli indispensabili contributi della tecnica, ma alle influenze e ai prestiti onerosi di certe ideologie, che, per quanto adattate al pensiero cristiano, finiscono per togliergli originalità e fecondità proprio in quel campo, dove oggi avviene un confronto decisivo tra le forze cristiane e quelle non cristiane.
Ci limiteremo a pochi accenni, quei che bastano per far convergere l’attenzione degli spiriti più vigilanti sull’inesauribile lezione del Mistero dell’Incarnazione.
 
Et homo factus est
L’uomo non lo si salva dal di fuori, molto meno forzandone i limiti, sia esaltandolo fino a farne un superuomo, sia avvilendolo fino a ridurlo a un sotto-uomo.
Se qualcuno si propone il nostro bene, esso non può essere che su misura dell’uomo: e la misura va presa dal di dentro, assicurando o accettando la condizione umana, il solo modo di conoscere veramente l’uomo.
Cristo accettò di fare l’uomo «fino alla morte e alla morte di croce». Questa sua costosa obbedienza alla condizione di una creatura, che, uscita perfetta dalle mani del Padre, s’era venuta guastando, è una divina dichiarazione di rispetto, di stima e di amore all’uomo.
Si salvano le cose che valgono, e il loro valore è commisurato sul costo della loro salvezza. Ognuno di noi vale il Cristo che si fa uomo e che muore sulla croce per l’uomo.
Da questo incontro col Figliuolo di Dio sul piano dell’uomo, da questa «compagnia» che lo fa uno di noi, viene stabilito il valore incomparabile della persona umana, la sua dignità, la sua libertà.
Non si fa la rivoluzione che salva se prima non viene stabilito cosa vale un uomo.
Se vale per ciò che produce o per altre considerazioni del genere, è fatale che venga trattato come una merce, come è fatale che venga battuto nella concorrenza di altre forze che rendono di più e che possono essere usate senza scrupolo.
Cristo, facendosi uomo ha garantito ad ognuno il suo valore senza prezzo, ravvivando, di fronte all’egoismo divoratore dell’uomo sull’uomo, l’intangibilità di quel diritto divino che la creazione aveva impresso sul volto di ognuno.
Il titolo di lavoratore è tutt’altro che spregevole, ma è un aggettivo dell’uomo. Il mio lavoro vale perché è un lavoro di uomo.
Certe scoperte quindi, sono inconsistenti e pericolose e da sole (in una visione marxista restano purtroppo da sole) non bastano per una rivoluzione che intenda salvare non soltanto le braccia o lo stomaco o le opere dell’uomo, che è braccia, stomaco e qualche cosa di più.
 
Cristianesimo, rivoluzione a passo d’uomo
Il mistero dell’Incarnazione non predica la rivoluzione ma è la stessa rivoluzione nel senso pieno di salvezza, per il solo fatto che è Dio nell’uomo.
Il cristianesimo è la rivoluzione di Dio a passo d’uomo.
Il passo dell’uomo è divenuto insopportabile ai rivoluzionari di mestiere, i quali pur di arrivare (dove vogliono arrivare?) sono disposti a cancellare l’uomo.
Bernanos ha parlato della civiltà degli automi: ma la desolazione di quel mondo è niente a confronto di ciò che possiamo chiamare la rivoluzione degli automi, che ne sarà la necessaria introduzione.
Meglio rimanere come Mosè sulle soglie della Terra promessa, in una speranza che ce la fa ancora più cara, piuttosto che entrarci per farne una terra senza uomini.
Tra una giustizia che, per farmi stare bene, mi cancella come uomo, e un’ingiustizia che almeno mi lascia la possibilità di soffrire da uomo, io scelgo l’ingiustizia. Soffrendo da uomo, pongo le premesse di quella rivoluzione che può cancellare le ingiustizie senza cancellare l’uomo.
 
 
LA RIVOLUZIONE CRISTIANA È LA RIVOLUZIONE DELL’ULTIMO
 
Pericolosi “aggettivi”
All’uomo non è mai bastato essere uomo: gli è sempre parso troppo poco, una nudità di cui si vergogna, e fin da principio si è provato a coprirla questa sua naturale povertà.
Con roba, e ne venne fuori il ricco (homo dives)
con notizie, e ne venne fuori il sapiente (homo sapiens)
con armi, e ne venne fuori il potente (homo potens)
con tanti come lui, e ne venne fuori l’orda, la massa.
L’uomo, però, sotto le insegne del ricco, del sapiente, del potente, della folla, lo si scopre a fatica.
Capisco Diogene che va in cerca dell’uomo: capisco ancora meglio il Vangelo: «Che importa all’uomo di guadagnare anche tutto il mondo, se poi non trova più se stesso?».
Far baratto dell’essere per l’avere, prima di essere il nostro dramma, è un mestiere, verso il quale abbiamo paurose inclinazioni.
In campo sociale accade lo stesso: direi che lì si paga ancor di più perché si porta via agli altri. Per essere non occorre rubare: per avere in quel modo che pare lusinghiero, sì.
 
Tra uomo e uomo
Non mi fa paura l’uomo, mi fanno paura le aggiunte, le quali, pur non essendo pericolose per se stesse, ci mettono in tentazione di non comportarci da uomini gli uni gli altri.
Se invece del mio cuore o della mia ragione metto avanti la mia coltura, il mio denaro, il mio mitra, il confronto non è tra uomo e uomo.
L’astuzia, il sapere, la forza, il numero, il denaro hanno ragione dell’uomo.
Il regno dei servi non è mai incominciato diversamente, e, se dura, dura purtroppo per gli stessi motivi.
Il fatto è deplorato da tutti, ma quando si propone la rivoluzione quasi tutti la propongono sul vecchio piano e ne paiono soddisfatti e sicuri.
Non c’è novità ove manca la novità evangelica. Non dovrebbe essere difficile l’accorgersene, ma è tale la fretta di provvedere che pensiamo piuttosto alla volta buona che alla strada buona. – Stavolta va; deve andare.
E per assicurarcene, ogni mezzo viene accettato per buono, quasi il male avesse il potere di liberarci dal male; come se la ricchezza, l’astuzia, la forza e il numero non procedessero dal Maligno e non possano divenire anche in mano nostra strumenti di sopraffazione e di sfruttamento.
 
“Ciò che fate all’ultimo…”
Cristo, non solo si fa uomo, ma per toglierci alla suggestione pericolosa delle aggiunte si fa l’ultimo.
L’ultimo è il povero, l’umile, l’inerme, il solo.
E le sue parole non sono staccate da quello che Egli è: e sono creative appunto perché dice ciò che Egli è.
– «Beati i poveri: beati i mansueti – chi di spada ferisce di spada perisce – volete andarvene anche voi?...».
E sulla croce è nudo, solo, inchiodato.
Come ultimo egli si mette nelle condizioni di servire. «Sono venuto per servire non per essere servito». «Il più grande stia tra voi come colui che serve».
E il rito della Lavanda sovverte quei criteri gerarchici che non rispettano il valore dell’uomo.
Ciò che può togliere all’uomo di fare l’uomo, non è necessario per la felicità dell’uomo, la quale non è legata al «primo», ma all’«ultimo».
«Gli ultimi saranno i primi». L’ultimo si salva perché è il solo che salva.
Il capovolgimento è completo, ma non così assurdo come si crede da molti, i quali non si sono mai resi conto che gli egoismi sono irrisolvibili sul piano della concorrenza: che tra uno che non ha e agogna d’avere e uno che ha e si protegge per non dare, la differenza è solo quantitativa e senza via d’uscita verso la fraternità.
Tra ricchi e no, il problema più che di giustizia è di successione se ci distacchiamo dalla tradizione rivoluzionaria cristiana. Dove la quantità del possedere è la condizione per essere felici, l’equilibrio tra due egoismi o non esiste affatto o è instabile, come è instabile la pace nell’equilibrio dei blocchi.
L’umano viene unicamente difeso da ciò che è cristiano. Se prendo una rotta diversa non sbarco più in terra d’uomo, ma in barbaria, ove succede quel che succede, e ogni cosa che succede è purtroppo paurosamente logica.
Il mio cuore che sente tuttora cristianamente, potrà condannarla, ma fino a quando, se la mia logica la giustifica? I comunisti non s’accorgono che vivono di sostanza cristiana: quando l’avranno esaurita o calpestata come stanno follemente facendo, non potranno nemmeno ripetere le fatidiche parole che sorreggono la loro propaganda.
 
Quando non ci sarà più gusto a fare il ricco
Chi si fa povero riesce a mettersi coi poveri in una maniera che non offende neanche i ricchi, ai quali lascia la via aperta a fare lo stesso.
È un invito. «Va’, vendi ciò che hai; dallo ai poveri, e seguimi».
Quando nessuno invidiasse i ricchi e nessuno si lasciasse comperare o intimorire dalla ricchezza, non ci sarebbe più gusto a fare il ricco né il prepotente.
L’uno e l’altro mestiere non hanno un proprio gusto: glielo diamo noi, mettendoci in concorrenza.
 
Primi e ultimi: più e meno
Non è che non ci sia un primo nella vita: il Vangelo non nega la realtà che ha il più e il meno.
C’è un primo che va raggiunto per una strada che è alla portata di tutti e che stabilisce in maniera vera la possibilità dell’eguaglianza e quindi della felicità senza togliere a nessuno, perché diventa un dono scambievole in una gara che restituirebbe sapore e gioia a ogni cosa, poiché ogni cosa diventerebbe eucaristia e l’uomo un sacerdote.

lunedì 18 novembre 2024

Ma non possiamo celebrarlo prima?

A pranzo don Domenico cominciò a raccontare:

«Quando ero vice-parroco a San Filippo Neri (1966-1975), un giorno è venuto in parrocchia un uomo a chiedere il Battesimo per suo figlio.
Ci siamo accordati per la Domenica, ma quando gli ho comunicato l'orario del Battesimo, ha cominciato a dire che era troppo tardi e a chiedere di celebrarlo nella Messa precedente, perché lui, subito dopo, doveva partire per motivi di lavoro.

Viste le sue motivazioni, alla fine ho deciso di anticipare il Battesimo rispetto al solito orario.

La Domenica mattina, dopo la Messa, ho salutato la famiglia del bambino e il papà che aveva urgenza di partire.

Dopo pranzo, sono andato al Ballarin a vedere la partita della Samb.
Mentre, tifoso tra i tifosi, seguivo il gioco delle due squadre, ho sentito dietro di me una voce che mi sembrava di conoscere.
Mi sono girato e chi mi sono ritrovato davanti? Il papà del bambino!
L'ho guardato e sorridendo gli ho detto: "E me lo potevi dire che era perché dovevi venire a vedere la Samb! Lo vedi che avremmo fatto in tempo? Sono qui anch'io!"».

martedì 12 novembre 2024

Salvezza


«È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini...» (Tt 2,11).
Oggi questa frase di S. Paolo a Tito mi ha rapito e portato indietro nel tempo e poi avanti fino al presente e oltre verso il futuro.
È stato un viaggio bellissimo in compagnia della grazia di Dio che è apparsa e rimane con noi per sempre!
Ho ricordato come mi ha raggiunto, illuminato, guidato e come ancora oggi mi guida e mi accompagna, facendo di tutto perché io non mi perda.
Ho considerato e apprezzato come la grazia di Dio è apparsa per non scomparire più e questo mi ha dato una grande gioia!
Ho provato a condividerla con i fedeli della Messa delle 9.00, ricordando loro che quando è stata costruita questa nostra chiesa, intorno c'era solo campagna e pochissimi edifici (così mi raccontano i più anziani) e che, dopo la costruzione della chiesa, sono sorte le case, come una fonte d'acqua irriga e rende fertile tutto ciò che bagna.
Ho ricordato loro che il cuore pulsante è sempre il Cristo (la Sua Parola e l'Eucaristia) e che noi, Sue membra, dopo la Messa portiamo ovunque la grazia che abbiamo ricevuto, come dal cuore s'irradia la vita per raggiungere tutte le periferie del corpo umano e farle vivere!
Che meraviglia poter iniziare la giornata così!

sabato 26 ottobre 2024

Lo sguardo tuo, sereno e mite

Di tanto in tanto penso alle Monache Passioniste di Ripatransone. Ci penso perché, dopo averle conosciute, ti rimane il ricordo di qualcosa di bello, di puro e di santo. E questo ricordo non si cancella, anche se non c'entra quasi niente con me, con il mio stile di vita e col mio modo di servire Dio.

Stamattina, mentre pensavo a suor Teresa che è morta ieri, sono tornato a chiedermi come si fa a vivere così, nella povertà, nella mitezza, nella semplicità, anche in mezzo alle tempeste, anche quando ti viene consigliato e offerto di vivere diversamente. Negli anni trascorsi a Ripatransone, infatti, sono stato testimone della serenità e della fermezza con cui hanno deciso di rimanere ad abitare il Monastero, quando quasi tutti erano del parere che meglio per loro sarebbe stato trasferirsi in un Monastero più comodo e caldo, con più possibilità di assistenza e cura, più moderno e con uno stile di vita più umano. E loro, invece, no: "Preferiamo restare".

Ma quel "No", era la riaffermazione del loro "Sì" a Gesù Cristo e nemmeno io potevo capirlo... E forse ancora non arrivo a capirlo.

Stamattina, immerso in questi ricordi, mi sono imbattuto in un pensiero di Silvano del Monte Athos: "Lo sguardo tuo sereno e mite incantò la mia anima. Che cosa Ti potrò dare in cambio, Signore, e quale lode ti potrò offrire?" (da "Ho sete di Dio", ed. Gribaudi). Le monache che ho conosciuto in quel monastero sono state "incantate" dallo sguardo sereno e mite del Signore, proprio come Silvano del Monte Athos. Così, ai miei occhi, molto meno incantati, la loro vita può apparire "inutile", "fuori tempo", "sprecata",... Ma in realtà è semplicemente la vita di persone che amano Dio e continuano a chiedersi ogni giorno: "Che cosa Ti potrò dare in cambio, Signore, e quale lode ti potrò offrire?".

Felice di aver conosciuto il tuo mite sorriso e la tua gioia semplice, suor Teresa!

In Paradiso ti accompagnino gli angeli, al tuo arrivo ti accolgano i martiri, e ti conducano nella santa Gerusalemme!

martedì 8 ottobre 2024

Buon Samaritano per sempre (Lc 10, 25-37)

Mi sembra che le parabole raccontate da Gesù vogliano comunicarmi un messaggio definitivo e completo e quindi esse non si esauriscono in un determinato tempo, ma riguardano tutto il tempo della mia vita. Così ogni volta che ascolto la parabola del buon Samaritano, ne ricevo un’ASSICURAZIONE SULLA VITA!

La mia vita è un cammino, come quella dell’uomo che, nella parabola, scendeva da Gerusalemme a Gerico. I briganti che incontra sono tutte quelle esperienze, situazioni e incontri che possono ferirmi, fino a farmi rimanere mezzo morto.

Mezzo morto MI VEDONO i passanti.

Io li vedo e li sento passare, o forse non li vedo e non li sento passare perché sono così malridotto che ho perso i sensi. Ma essi passano. E sono l’ultima possibilità di salvezza.

Il pellegrino, mezzo morto, se la vede brutta e forse pensa che stavolta non ce la farà, forse pensa che ormai non verrà più nessuno. Forse ha già perso i sensi e non pensa nulla. Forse è amareggiato e deluso per il male che i suoi simili gli hanno fatto per portargli via tutto. Forse è arrabbiato con i briganti. Forse li ha già perdonati. Forse pensa ai suoi che non lo vedranno tornare a casa. Forse è fiducioso nell’aiuto di qualcuno, o di Dio stesso, che non abbandona i Suoi figli. Forse sta piangendo, tutto preso nei suoi dolori. Forse…

M’immagino che a quel pover’uomo possa passare per la testa tutto quello che a me passa per la testa nelle prove e difficoltà di ogni giorno, nell’ascoltare o nel vedere o nel subire il male che l’uomo è in grado di compiere. Di fronte al male non ho sempre la stessa reazione: a volte è solo una di quelle elencate sopra, a volte sono tutte insieme.

Ma, prima della fine, la salvezza arriva. E arriva da dove non me l’aspetto: viene Dio stesso e viene GRATIS. Viene a offrire, a offrire tutto perché io viva, perché mi giunga la SUA SALVEZZA: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me. […] Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi» (Lc 22, 19-20).

Il Samaritano buono mi porta in salvo, si prende cura di me, mi affida alle cure dell’ospedale da campo (la Chiesa), fino al suo ritorno: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno» (Lc 10, 35).

Se tutta la parabola parla della mia vita, la parabola mi dà anche UN’ASSICURAZIONE SULLA VITA: ogni volta che sono mezzo morto, ci sarà sempre anche UNO che mi vedrà e mi si farà prossimo. E quell’UNO sarà il Cristo o uno di Cristo: «Va’ e anche tu fa’ così» (Lc 10, 37).

Perciò, nella vita MAI DISPERARE! Non disperare neanche quando ti rendi conto dell’indifferenza di quelli da cui la compassione te l’aspetti. MAI DISPERARE: anche quando il male t’ha ridotto in fin di vita; prima della fine arriva infallibile la SALVEZZA:

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l'aiuto?

2 Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

3 Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.

4 Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d'Israele.

5 Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.

6 Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

7 Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.

8 Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre
(Salmo 121/120).

 

Quanti briganti e quante ferite in ogni vita!
Ma quante volte, mezzo morto, il Cristo mi ha salvato!
Quante volte mi sono gettato io nelle mani dei briganti, pensando che fossero miei benefattori! E Cristo, anche allora, è sceso nell’abisso più profondo del mio peccato per SALVARMI!
 
Ogni parabola non è un caso isolato raccontato da Gesù; ogni parabola, invece, è la BUONA NOTIZIA del Vangelo, la BUONA NOTIZIA che è ieri, oggi e sempre, la BUONA NOTIZIA che cambia tutto in risurrezione, cambia il lutto in gioia:

«O notte beata,

tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l’ora
in cui Cristo è risorto dagli inferi.
Di questa notte è stato scritto:
la notte splenderà come il giorno,
e sarà fonte di luce per la mia delizia.
Il santo mistero di questa notte sconfigge il male,
lava le colpe,
restituisce l’innocenza ai peccatori,
la gioia agli afflitti.
Dissipa l’odio,
piega la durezza dei potenti,
promuove la concordia e la pace.
O notte veramente gloriosa,
che ricongiunge la terra la cielo

e l’uomo al suo creatore!»

(dall’Annunzio pasquale che si proclama nella Veglia Pasquale, Messale Romano).

 

Perciò il farsi prossimo, prima che essere comandamento per me, è amore di Dio per me!


lunedì 30 settembre 2024

«… perché siete di Cristo» (Mc 9, 41)


Brano su cui pregare: Mc 9, 38-48

Grazia da chiedere

Chiedi al Signore la grazia di ricordare che «è meglio per te entrare nella vita».
 
INTRODUZIONE ALLA PREGHIERA      

«… perché siete di Cristo» (Mc 9, 41). Questa frase di Gesù mi fa notare che l’appartenenza a Lui traspare tanto che qualcuno «vi darà da bere un bicchiere d’acqua» semplicemente «perché siete di Cristo». Quali tratti di Cristo riconosco nella mia vita? Quali nella vita del mio prossimo?

«… perché siete di Cristo» dice una verità che ci riguarda dall’inizio, dal giorno del nostro Battesimo. Siamo di Cristo, gli apparteniamo, siamo i “suoi”. Siamo membra vive del Corpo di Cristo che è la Chiesa, uniti a Lui e in Lui uniti tra noi!
Sono di Cristo, gli appartengo e Lui non permetterà che io vada perduto.
Il mio prossimo appartiene a Cristo e, ricordando questa comune appartenenza a Cristo, sceglierò di non essergli ostile, non lo tratterò con indifferenza, ma ne avrò cura, come Cristo ha cura di lui e di me.
            «… è meglio per te» (vv. 43. 45. 47): non è un discorso generico; Gesù si sta proprio rivolgendo a te. C’è un «meglio» che, però, costa una radicale e faticosa conversione, costa un taglio e i tagli provocano sempre un forte dolore.
            «… è meglio per te entrare nella vita» (vv. 43. 45). Il “taglio” avviene in questo tempo (il verbo è al presente), quindi nella vita non ci si entra nel futuro, ma già ORA. Che cos’è questa vita? È l’amore, la comunione con Dio e col prossimo! Questa vita la si riceve in dono da Cristo. Ma poi viene spontaneo rimanere in questa vita, rimanere in Cristo? A volte viene spontaneo. Ma scegliere la comunione, scegliere la via dell’amore quasi sempre significa percorrere con Cristo la VIA CRUCIS, quasi sempre significa un “taglio”, ad esempio un “taglio” alla mia volontà per fare la volontà di Dio, un “taglio” al giudizio sull’altro («Non giudicate» - Lc 6, 37), un “taglio” alle vendette per i torti subiti («Perdonate» - Lc 6, 37), un “taglio” alle guerre («Amate i vostri nemici» - Mt 5, 44),… un “taglio” a tutto ciò che non è secondo il Vangelo!
Che effetto ti fa, pensare a un litigio che hai vissuto e allo stesso tempo far risuonare queste parole di Gesù: «È meglio per te entrare nella vita!»? Non ti è un po’ più facile ora pensare di LASCIAR CADERE LE ARMI, I DESIDERI DI VENDETTA, IL RANCORE e OFFRIRE SOLO PACE, BENEDIZIONE, PERDONO, AMORE, VITA?
            I tratti dell’appartenenza a Cristo sono ordinari e alla tua portata: «Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome…» (v. 41); oppure: «…perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi… » (da Mt 25, 31-46).
Perciò in ogni istante e in ogni situazione, sentiti chiamato alla VITA, chiamato all’AMORE!

 

INDICAZIONI PER LA PREGHIERA

-        Ora rileggi il brano biblico; cerca di capirlo, soprattutto per come ti è stato spiegato: cosa dice il brano in sé?

 

-        Fai presente la tua vita quotidiana, le tue situazioni, quello che sei…; rivedi tutto a partire dal brano biblico: cosa dice a te?
 
-        COME TI TOCCA quello che comprendi? Quale sentimento ti suscita?
 
Dialoga con il Signore ed esprimi ciò che desideri dirgli

giovedì 26 settembre 2024

Nessuno o uno?


Ogni tanto mi capita di rileggere Lc 5, 36-39 e in quei versetti mi colpisce la sicurezza di Gesù nel dire: «Nessuno». Gesù è così sicuro da escludere che possa esserci «uno»!

Questa Sua sicurezza, se una buona volta decidessi di ascoltarlo, sarebbe la mia forza!

Gesù dice: «Nessuno…» (v. 36). Eppure io posso impegnarmi e riuscire a essere quell’uno che «strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio». E lo faccio pur sapendo che non funzionerà: me lo dice l’esperienza!

Gesù dice: «Nessuno…» (v. 37). Eppure io posso sempre essere quell’uno che «versa vino nuovo in otri vecchi». E lo faccio pur sapendo che non funzionerà: me lo dice l’esperienza!

Gesù dice: «Nessuno…» (v. 39). E qui, stranamente, è molto raro che io provi a essere quell’uno che «desidera il nuovo».

Il Vangelo non mi sta dicendo di buttare via la storia, i tesori che ci sono stati tramandati, le tradizioni, le cose che abbiamo imparato,… Si tratta invece di vivere tutte queste cose come una novità, senza pretendere di ingabbiarle in un “già visto”, senza cedere alla rassicurante tentazione del “facciamo come l’anno scorso, o come abbiamo fatto sempre”.

Un presepe che non viene smontato perché «così l’anno prossimo ripartiremo da questa base e potremo concentrarci sul miglioramento dei particolari», forse sarà davvero un presepe più bello, ma sicuramente chi lo guarderà non vivrà l’emozione della prima volta. E così si rinuncerà a comunicare la meraviglia di una notizia che è sempre nuova e sempre rinnova!

E allora, benedetti quelli che vengono a rompermi gli otri, costringendomi con le loro domande, osservazioni, critiche e contestazioni, a uscire dal mio schema, a cambiare il programma vecchio, ben collaudato e tradizionale!

Qualche giorno fa ho visto un film su un giovane calciatore che deve sostenere l’esame di maturità (Il campione). Il professore, chiamato dalla società sportiva per prepararlo all’esame, a un certo punto, dopo aver fallito ogni tentativo per insegnare qualcosa al ragazzo, si trova di fronte all’alternativa: o abbandonare, o ripensare tutto il suo metodo di insegnamento, inventandosi un metodo che sia a misura di quel singolo studente. La sua passione educativa gli fa scegliere di “cambiare il suo gioco”. E cambia iniziando a far caso alle particolarità del ragazzo, alla sua originalità e unicità. Cambia modellando il suo metodo di insegnamento su quel ragazzo.

Una volta un prete mi faceva notare la differenza tra TRASMETTERE e COMUNICARE. Chi trasmette dà una informazione ma non è detto che si preoccupi di chi sarà il destinatario: una radio, una TV, un mezzo di comunicazione trasmette.

Chi comunica, invece, spende tutto se stesso perché il destinatario possa ricevere, accogliere e comprendere il messaggio.

L’evangelizzazione è comunicazione. Perciò non può mai essere soltanto una tecnica o uno schema, ma deve essere prima di tutto comunione tra chi comunica e chi riceve la comunicazione. E chi riceve il Vangelo non è mai soltanto ricevente, perché con il suo essere UNICO, comunica con l’evangelizzatore e gli chiede di rinnovarsi continuamente. Non si può comunicare “in serie”; si comunica solo avendo coscienza che ogni persona è diversa da tutte le altre e quindi occorre mantenere sempre duttile lo schema, non lasciare che il cuore si indurisca nelle proprie convinzioni e posizioni e soprattutto essere sempre disposti a gettare via gli otri, quando non sono più in grado di contenere il vino nuovo!

mercoledì 25 settembre 2024

L’amore di Cristo

Nella foto la scultura di cui si parla nel post

Ogni mattina la donna è lì in chiesa coi suoi lunghi capelli sciolti e il suo vaso di profumo prezioso. Io torno all’altare con la pisside, dopo la Comunione, e i nostri cammini si intersecano: entrambi sulla via di Cristo, entrambi a seguire le Sue orme.

La donna è fissa nel legno scolpito, ma non come chi è imprigionato.

Ella è libera! La sua è la libertà piena di chi è “preso” da Dio e dal Suo amore, così da fare solo la volontà di Dio! «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 32).

Mi fa bene questa intersezione che avviene ogni mattina: mi ricorda che non cammino la mia personale strada, ma quella di Cristo e del Suo Corpo che è la Chiesa. Mi ricorda che l’amore di Dio segue vie misteriose e raggiunge anche il più impensabile. Mi ricorda che se amo il Cristo, è l’amore di Cristo che mi porta: chi portò quella donna a versare il suo profumo per Gesù? (Mc 14, 3-9). Chi portò la Maddalena e le altre donne al sepolcro la mattina di Pasqua? (Mc 16, 1-8).

Ce le portò il Cristo che avevano accolto, seguito, amato.

Chi può portarmi o riportarmi sulla via di Cristo?

Soltanto il Cristo, accolto, seguito, amato.

Se non sarà il Cristo a portarmi, il mondo continuerà a dividersi per me in buoni e cattivi, giusti e ingiusti, ritardatari e puntuali, meritevoli e non meritevoli,… quelli che hanno capito e quelli che non hanno capito, incoerenti e coerenti… mentre «in verità, in verità» siamo tutti e ciascuno figli, figli da Dio amati!