Ogni tanto mi
capita di rileggere Lc 5, 36-39 e in
quei versetti mi colpisce la sicurezza di Gesù nel dire: «Nessuno». Gesù è così sicuro da escludere che
possa esserci «uno»!
Questa Sua
sicurezza, se una buona volta decidessi di ascoltarlo, sarebbe la mia forza!
Gesù dice: «Nessuno…»
(v. 36). Eppure io posso
impegnarmi e riuscire a essere quell’uno che «strappa un pezzo da un
vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio». E lo faccio pur sapendo che non funzionerà: me lo
dice l’esperienza!
Gesù dice: «Nessuno…» (v. 37). Eppure io posso sempre essere quell’uno che «versa vino nuovo in otri vecchi». E lo faccio pur sapendo che non funzionerà: me lo
dice l’esperienza!
Gesù dice: «Nessuno…» (v. 39). E qui, stranamente, è molto raro che io provi a
essere quell’uno che «desidera il nuovo».
Il Vangelo
non mi sta dicendo di buttare via la storia, i tesori che ci sono stati
tramandati, le tradizioni, le cose che abbiamo imparato,… Si tratta invece di
vivere tutte queste cose come una novità, senza pretendere di ingabbiarle in un
“già visto”, senza cedere alla rassicurante tentazione del “facciamo come
l’anno scorso, o come abbiamo fatto sempre”.
Un presepe
che non viene smontato perché «così l’anno prossimo ripartiremo da
questa base e potremo concentrarci sul miglioramento dei particolari», forse sarà davvero un presepe più bello, ma sicuramente chi
lo guarderà non vivrà l’emozione della prima volta. E così si rinuncerà a comunicare
la meraviglia di una notizia che è sempre nuova e sempre rinnova!
E allora,
benedetti quelli che vengono a rompermi gli otri, costringendomi con le loro
domande, osservazioni, critiche e contestazioni, a uscire dal mio schema, a
cambiare il programma vecchio, ben collaudato e tradizionale!
Qualche
giorno fa ho visto un film su un giovane calciatore che deve sostenere l’esame
di maturità (Il campione). Il professore, chiamato dalla società sportiva per
prepararlo all’esame, a un certo punto, dopo aver fallito ogni tentativo per
insegnare qualcosa al ragazzo, si trova di fronte all’alternativa: o
abbandonare, o ripensare tutto il suo metodo di insegnamento, inventandosi un
metodo che sia a misura di quel singolo studente. La sua passione educativa gli
fa scegliere di “cambiare il suo gioco”. E cambia iniziando a far caso alle
particolarità del ragazzo, alla sua originalità e unicità. Cambia modellando il
suo metodo di insegnamento su quel ragazzo.
Una volta un
prete mi faceva notare la differenza tra TRASMETTERE e COMUNICARE. Chi
trasmette dà una informazione ma non è detto che si preoccupi di chi sarà il
destinatario: una radio, una TV, un mezzo di comunicazione trasmette.
Chi
comunica, invece, spende tutto se stesso perché il destinatario possa ricevere,
accogliere e comprendere il messaggio.
L’evangelizzazione è comunicazione. Perciò non può mai essere soltanto una tecnica o uno schema, ma deve essere prima di tutto comunione tra chi comunica e chi riceve la comunicazione. E chi riceve il Vangelo non è mai soltanto ricevente, perché con il suo essere UNICO, comunica con l’evangelizzatore e gli chiede di rinnovarsi continuamente. Non si può comunicare “in serie”; si comunica solo avendo coscienza che ogni persona è diversa da tutte le altre e quindi occorre mantenere sempre duttile lo schema, non lasciare che il cuore si indurisca nelle proprie convinzioni e posizioni e soprattutto essere sempre disposti a gettare via gli otri, quando non sono più in grado di contenere il vino nuovo!
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