«Chiedi consiglio a ogni persona che sia
saggia e non disprezzare nessun buon consiglio» (Tobia 4,18).
Questo versetto è tratto dalle
raccomandazioni che Tobi fa al figlio Tobia prima della sua partenza da casa.
Partire, mettersi in viaggio, affrontare situazioni nuove, richiede a Tobia una
preparazione: occorre che egli impari ad ascoltare.
È così anche per me!
Se mi metto in ascolto, scopro di essere
bisognoso di consiglio perché il mio sapere è limitato e l’incontro con l’altro
può arricchirmi delle sue esperienze e conoscenze.
Se sto in ascolto, resto umile e non
presumo di poter fare a meno dei consigli che altri, pellegrini come me,
possono darmi.
Quanto è necessario sulla strada che ho
imboccato, chiedere consiglio a ogni persona che sia saggia! E quanto è salutare
considerare attentamente le parole di chi mi vuole bene, prima di prendere una
decisione importante!
L’ho riscoperto in modo inatteso quest’anno
vivendo gli esercizi spirituali personalmente guidati, in una casa dei padri
Gesuiti a Bologna.
Padre Giuseppe Crocetti, nel suo libro
sulle opere di misericordia, scrive: «Letta alla luce di tutta la Bibbia,
l’Opera “consigliare i dubbiosi” è aiutare gli esitanti, con la parola,
l’esempio e sotto la guida dello Spirito Santo, perché entrino nel “consiglio”
del Padre, cioè nel suo piano di salvezza già realizzato in Gesù Cristo e
vissuto nella Chiesa» (Giuseppe Crocetti,
«Misericordiosi come il Padre». Le opere
di misericordia corporale e spirituale alla luce della Bibbia, Centro
Eucaristico, 2015, p.102).
Le parole di padre Giuseppe mi sembrano
una sintesi appropriata degli esercizi spirituali che ho vissuto a Bologna: sono
stato affidato a padre Cesare, una persona saggia (Tb 4,18) che mi ha aiutato a
leggere e accogliere il mio vissuto alla luce della Parola di Dio.
Sono grato alla mia guida perché
ascoltava attentamente quanto gli dicevo; ascoltava e, dopo aver ascoltato, mi
suggeriva alcuni accorgimenti per rafforzarmi nell’affrontare le situazioni
quotidiane, poi apriva la sua Bibbia e cercava un brano, un salmo, un versetto
da donarmi per il tempo di preghiera successivo.
I sette giorni sono stati scanditi dal
silenzio, dalla preghiera personale nella chiesetta della casa, dal colloquio
con la guida spirituale, dalla celebrazione dell’Eucaristia e dall’adorazione
eucaristica a conclusione della giornata.
Più il tempo passava e più mi accorgevo che
il Signore mi stava guidando, non solo in quei sette giorni, ma anche prima e avrebbe
continuato a guidarmi in ciascuno dei giorni successivi. Così, il tempo degli
esercizi non è stato uno “stacco” da ciò che c’era prima e da tutto ciò che ci
sarebbe stato dopo: tutto si è svolto in continuità e armonia. Davvero tutto il
tempo (passato, presente e futuro) è abitato da Dio!
Il settimo giorno, pensando all’episodio
della trasfigurazione di Gesù e in modo particolare alla discesa dal monte, mi
sono chiesto come sarebbe stato il mio ritorno a casa, dopo la settimana
trascorsa sul monte Tabor. Ho pensato di porre la domanda a padre Cesare
nell’ultimo colloquio. Mi ha risposto che non dovevo preoccuparmi perché dopo
gli esercizi avrei visto tutte le cose con occhi nuovi.
Durante la preghiera personale di quel
pomeriggio, mi sono fermato a considerare gli occhi nuovi che già stavo
utilizzando per guardarmi e guardare ciò che c’era intorno: effettivamente ci
vedevo meglio e tutto era avvolto da un senso di gratitudine al Signore per la
fede, per la vita, per la famiglia, per i tanti amici, per le persone
incontrate negli anni, per le esperienze vissute, per gli studi scolastici e
universitari, per la chiamata a servirlo come prete, per i giorni in Seminario,
per la Sua Chiesa, per i confratelli nel sacerdozio, per i padri spirituali,
per tutto il popolo di Dio,…
La gratitudine mi faceva sorridere anche
pensando alle cose più difficili vissute e a quelle che mi aspettavo di dover vivere
tornando a casa,… persino le abitudini che mi avevano annoiato, ora mi
apparivano sopportabili con l’aiuto di Dio, della Sua fedeltà, della Sua
misericordia per i limiti dei fratelli, ma soprattutto per i limiti miei!
Quella stessa gratitudine mi fa
sorridere ora: devo riconoscere, infatti, che quando ho avuto bisogno di essere
consigliato, il Signore mi ha fatto sempre cercare e incontrare una persona
saggia e, ascoltando il suo consiglio, ho continuato a camminare senza più aver
timore!
Ripensando all’esperienza degli esercizi
spirituali, mi sono convinto che questa opera di misericordia verso il prossimo
sia la conseguenza di un’opera di misericordia da compiere verso me stesso: per
consigliare i dubbiosi, devo ammettere di essere io per primo bisognoso di
consiglio, devo aver misericordia del mio limite e del mio non aver sempre la
risposta pronta, devo provare a non fuggire da quel senso di inadeguatezza che
mi prende di fronte a certe situazioni. Quando non fuggo, infatti, mi viene
dato di sperimentare l’opera di Dio e la grazia di camminare insieme ai
fratelli.
don Gian Luca Rosati
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