lunedì 22 settembre 2025

I’m no Superman

Se penso al parroco e alla sua carità pastorale, mi viene in mente don Pietro, il parroco del mio Battesimo e della mia Prima Comunione a San Martino.

Don Pietro era un prete dedito per tutta la vita alla cura delle anime in una parrocchia che aveva soltanto la chiesa e una piccola sacrestia, ricavata nell’abside della stessa chiesa. Un piccolo campetto e la casa parrocchiale erano distanti dalla Chiesa e non raggiungibili a piedi. Perciò, per noi bambini e ragazzi di San Martino, la Parrocchia era l’edificio della chiesa e quel muretto sul sagrato dove da piccolo mi arrampicavo e mi sembrava di aver compiuto un’impresa.

Oggi mi viene in mente don Pietro perché è un parroco che nel tempo ha continuato a svolgere la sua missione di apostolato nell’ordinario e con i mezzi che aveva a disposizione, confidando nella Provvidenza di Dio e nelle buone relazioni che nel tempo si instaurano tra il parroco e i suoi parrocchiani.

Oggi ripenso a don Pietro e riconosco l’eroicità della sua carità pastorale “di tutti i giorni”. Non è mica facile incontrare ogni giorno per anni le stesse situazioni, farsi carico ogni mattina degli stessi problemi, accompagnare i fedeli dall’inizio alla fine della vita e non stancarsi di esserci sempre e per tutti, offrire l’ascolto senza essere invadenti, custodire le persone senza cedere alla tentazione di dirigere la loro vita, essere servo e non trasformarsi in padrone, visitare poveri e ammalati e portare a tutti una parola di conforto o d’incoraggiamento.

Non è facile, eppure negli anni ho visto don Pietro continuare così, con umiltà e mitezza, nel nascondimento, senza mai cercare visibilità, senza pretendere nulla e contento di essere “trovato” da chi con amicizia ha continuato a cercarlo, anche dopo la pensione.

Oggi sono parroco e mi rendo conto che non è per niente facile né scontata una fedeltà così: abbracciare la quotidianità con amore senza cedere all’amarezza o all’insofferenza di non riuscire a formarla (o sformarla) secondo il mio desiderio o secondo la mia visione delle cose, aver rispetto della storia e del cammino di un popolo a cui sono mandato come servo e non come padrone. Non è per niente facile evangelizzare con le capacità e le risorse che ho e non con quelle che “se le avessi, allora sì che potrei evangelizzare efficacemente”. Non è per niente facile scegliere l’ultimo posto con letizia e non con fastidio o con rassegnazione, …

Non dico che la carità pastorale sia solo questo: certamente è anche tanto altro e ognuno la vive secondo la sua vocazione e secondo la realtà in cui si trova, ma ci tengo oggi a dire che la carità pastorale è anche quella di don Pietro e chissà di quanti altri (ieri e oggi) e che i frutti della carità pastorale restano qualcosa di cui rallegrarsi ed essere grati perché dono di Dio e non perché merito delle proprie capacità.

giovedì 4 settembre 2025

Il racconto di Pietro, il primo uomo pescato (rileggendo Lc 5, 1-11)


Tutto ciò da cui pensavo di dovermi tenere a distanza, tutto ciò che non avrei mai sperato di vedere…
Colui che pensavo si tenesse a debita distanza da me e da cui io, peccatore, sapevo di dovermi tenere alla giusta distanza (cfr. v. 8)…
… improvvisamente mi si fa vicino, vicinissimo.
 
Lo vedo, ascolto la Sua voce. Mi parla.
Addirittura mi prega di scostarmi un poco da terra (cfr. v. 3).
Si rivolge a me come se fosse in tutto simile a me, eppure non lo è: io sono un peccatore, Lui è il Signore!

Per questo mi affretto a dirgli:
Allontanati da me!
Noi non dobbiamo stare vicini!
Io non posso starti vicino: sono un peccatore.
Io è normale che ti cerchi, che venga a Te, che cerchi di toccare il lembo del Tuo mantello, che faccia di tutto pur di vederti, che Ti preghi di farmi grazia, di ascoltarmi, di avere pietà di me…
Ma Tu?
Tu che bisogno hai di cercare me?
Di salire sulla mia barca, di entrare nella mia casa, di farti vedere mentre parli e cammini con me?
Tu vieni a cercarmi?
Tu mi chiami?
Tu guardi proprio me?
Tu mi scegli?
 
E Tu: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (v. 10).
 
E io quasi non credo ai miei orecchi quando mi rendo conto che davvero mi vuoi con Te! E che sei proprio Tu a guardarmi, ad ascoltarmi, a dirmi parole di vita eterna, parole che riempiono le reti.
 
Non è una mia fantasia quella di poterti seguire, di camminare con Te, di non essere mai solo perché Tu sei con me. Sei proprio Tu, infatti, a farti mio prossimo, a togliere ogni distanza, a donarti a me tutto intero.
Sei Tu a fare comunione con me e a offrire Te stesso per la vita mia e di ogni uomo.
 
Con Te, Signore, tutto è nuovo!
Anche il mio vecchio mestiere di pescatore, anche la mia famiglia, anche il mio modo di vedere, sentire, vivere.
Tutto è per Te, con Te, in Te!

martedì 2 settembre 2025

Una mostra può fare

 

«Una mostra può fare», direi così, ispirandomi alla canzone di Max Gazzè che si intitola «Una musica può fare».

A quasi un mese dall'apertura, infatti, ho visto e sentito quello che una mostra può fare.

Naturalmente sto parlando di quello che la mostra ha fatto per me. Poi ciascuno potrà dire ciò che la mostra ha fatto per lui (anche nei commenti qui sotto).

Innanzitutto questi due giovani amici, Carlo e Pier Giorgio, mi hanno fatto pensare al Paradiso almeno due volte al giorno: una volta al momento dell'apertura (al mattino) e una volta al momento della chiusura (alla sera). Ho scritto "almeno" perché ogni giorno mi capita di passare davanti alla porta di ingresso anche in altri momenti della giornata e ogni volta vengo "salutato" dal loro sorriso nelle due foto che accolgono il visitatore.
E pensare al Paradiso, due o più volte al giorno, mi fa bene: mi ricorda di cercare il Paradiso, mi fa ringraziare per il dono del Paradiso, mi fa servire Dio e il prossimo per il Paradiso!

Poi ho visto catechisti e ragazzi coinvolgersi come guide per i visitatori e mettersi sulle tracce di questi due giovani per scoprirne la vita e il segreto della loro vivacità e felicità. E così, ascoltando i ragazzi, ho notato particolari della vita che mi erano sfuggiti o a cui non avevo mai fatto caso e mi sono reso conto che ciascuno di noi riceve lo stesso messaggio ma ognuno lo rielabora con sfumature diverse e se decidiamo di condividere le nostre impressioni e risonanze, ci ritroviamo arricchiti e pieni di meraviglia!

Poi ho visto una Nonna che mi ha detto che tutte le mattine con suo nipote nel passeggino fa visita a Carlo e Pier Giorgio. E sono stato tutto il giorno a pensare a cosa vede un bambino piccolo quando incontra quelle foto così grandi. Chissà che effetto gli fa! Il bambino l'ho visto contento, quindi sicuramente sarà stato un bell'effetto!

Poi ho visto un bambino che, soffermandosi sull'ultima frase scritta da Pier Giorgio prima di morire [«Ecco le iniezioni di Converso, la polizza è di Sappa. L'ho dimenticata, rinnovala a mio conto»], ci ha chiesto cosa significava. E così da quella sua domanda ho notato che anche in punto di morte il pensiero di Pier Giorgio era rivolto non a se stesso ma al suo prossimo: si preoccupava di due persone a cui non aveva fatto in tempo a provvedere.

Poi ho visto due santini, quelli che vedete nella foto. Li ha fatti un ragazzo prendendo le immagini dei due santi e scrivendo sotto un suo pensiero dopo aver letto la vita di Carlo e Pier Giorgio: «Siamo tutti fatti di cielo, di gioia e santità!» e «La strada della santità è fatta di infiniti viottoli di gentilezza, bontà e gratitudine». E Domenica, insieme ai suoi amici, ha distribuito i santini a tutti i visitatori.

«La strada della santità è fatta di infiniti viottoli di gentilezza, bontà e gratitudine». Penso sia davvero così. Penso che la via del Paradiso sia proprio alla nostra portata e che i due giovani "vivissimi" Carlo e Pier Giorgio ce l'abbiano indicata: nel corso della loro vita terrena non hanno fatto miracoli che li hanno resi straordinari, ma hanno semplicemente vissuto il loro essere cristiani e così si sono distinti per l'amicizia, per la sincerità, per la carità, per l'umiltà nel mettersi al servizio, per l'allegria, per la compassione, per l'evangelizzazione! Tutte cose in cui anche noi possiamo distinguerci vivendo da cristiani, cioè lasciando che Cristo viva in noi: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 19-20).

E infine una mostra può fare...

Beh, "infine" non posso ancora dirlo perché la mostra è ancora aperta e chissà quante altre cose belle mi succederanno prima della sua conclusione!

Se tu non ci sei ancora stato, t'invito a visitarla e intanto ti saluto con questa bella canzone che s'intitola "Paradiso, Paradiso"!