I
consigli dei “sani” al Papa (che poi a me pare che il sano sia il Papa e noi
tutti ammalati), le sTrumpalate raccolte
e amplificate dai superuomini di oggi, piccoli piccoli ma tanto pericolosi come
i superuomini di ieri, le notizie di violenza, guerre, soprusi, ingiustizie, le
uccisioni di bambini, donne, uomini, gli abissi dove sprofondano i poveri, ma
anche la classe media, la schiavitù e la tratta di donne e uomini, la fame che
uccide come la guerra, … mi viene il mal di pancia la mattina e non so se è
ansia, inquietudine, rimorso, paura, rabbia, indignazione, insofferenza,… o
semplicemente la mia umanità (o divinità, visto che siamo a immagine e
somiglianza di Dio) che si ribella e non vuole tacere.
Stamattina
ho preso un caffè con Osvaldo Soriano e poi sono sceso a celebrare la messa
delle 7.00 e ho fatto colazione con Siracide,
Salmo 1 e Vangelo di Marco e mi sono ritrovato a fare la comunione finalmente
in pace, in santa pace perché ho visto chi devo seguire e guardare, ho visto
dove e come devo stare!
Cominciamo
con Soriano:
«Domenica [don Salvatore] era triste
perché era morto Borges, che aveva i suoi stessi anni. Lui non lo aveva mai
letto, ma sapeva che era uno scrittore di genio e un uomo molto popolare.
– Di quella gente che pensa con la
testa, – mi disse.
Poi mi chiese se era difficile il
mestiere dello scrittore e a che diavolo servisse. Me l'avevano già chiesto
altre volte, di modo che me l'ero potuta cavare spiegandogli che non serve a
niente, ma che forse lui non sarebbe stato com'era, un tipo seduto per sempre,
se non fosse esistito qualcuno che avesse dato un senso alla sua ribellione.
– No, quale ribellione, - mi disse,
guardando a terra, – così si sta meglio. È la posizione per aspettare,
mangiare, parlare con i bambini. C'è qualcosa di più interessante di questo?» (Osvaldo
Soriano, Futbol. Storie di calcio,
Einaudi)
E subito ho pensato al Papa, al primo
Papa, chiamato a essere Papa dopo una vita trascorsa a rimanere dietro a Gesù e
a rinnegarlo volta per volta, volta dopo volta,… un Papa fragile, Pietro e ben
cosciente della sua fragilità. Scelto a essere Papa non nel pieno dell’entusiasmo
per l’ennesima pesca miracolosa (153 grossi pesci), ma nel ricordo e nella
coscienza dolorosa della sua povertà: «Pietro
rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli
disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”» (Gv 21, 17).
Dunque, non nel pieno della forza, ma quando è forte la coscienza della propria
debolezza: «Gli rispose Gesù: “Pasci le mie
pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da
solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un
altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”» (Gv 21, 18).
È che a me questo «tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non
vuoi» continua a spaventarmi, continua a sembrarmi un impedimento insormontabile
e invece si tratta di ascoltare Gesù che mi dice ancora una volta: «Seguimi» (Gv 21, 19). Seguimi e non
fantasticare di una tua forza, di una tua potenza, di un tuo saper fare,…
Pietro,
Gian Luca,… fidati di me!
Papa Giovanni si contraddistinse per la
bontà, Papa Paolo VI per aver vissuto con mitezza, sapienza e fiducia in anni
di “rivoluzioni e violenze”, Papa Giovanni Paolo I ci è rimasto impresso per la
sua dolcezza e anche per la sua morte improvvisa, Papa Giovanni Paolo II per la
sua forza d’animo, anche nella malattia: Totus
tuus, Papa Benedetto per la limpidezza della sua fede, per la sua grandezza
intellettuale e per l’umiltà testimoniata fino alla sua morte, Papa Francesco
per questo suo andare e invitarci ad andare con Cristo e con lui, poveri tra i
più poveri, tra gli scartati, tra i dimenticati e andarci perché lì è la gioia
piena del Vangelo, lì è Gesù risorto con loro e con noi, se accettiamo di
vivere poveri come Lui.
E se Dio, attraverso il Papa, mi stesse
mostrando che riconoscendomi fragile tra fragili, povero tra poveri "si
sta meglio"? "È la posizione per aspettare, mangiare, parlare con i
bambini. C'è qualcosa di più interessante di questo?" (Osvaldo Soriano).
E il Siracide, a colazione, mi
ammonisce: «Non confidare nelle tue
ricchezze e non dire: “Basto a me stesso”. Non seguire il tuo istinto e la tua
forza, assecondando le passioni del tuo cuore. […] Non essere troppo sicuro del
perdono tanto da aggiungere peccato a peccato…» (da Siracide 5, 1-10, prima
lettura della messa di oggi).
Parole di deboli che vogliono mettersi
al sicuro limitando e bloccando la potenza dei forti, direbbe Nietzsche e con
lui tutti i superuomini di ieri e di oggi che queste parole se le gettano alle
spalle e si vantano di esserne al di sopra: «Ho
peccato, e che cosa mi è successo?» (sempre dalla prima lettura di oggi). E
calpestano donne e uomini, vicini e lontani, compaesani e stranieri: perché si
comincia sempre con gli estranei, ma poi s’arriva a eliminare pure i familiari:
“Basto a me stesso”. Ed è terribile! Ed
è capitato in ogni epoca storica e in ogni regime, di qualsiasi colore
politico.
Parole di Dio e di uomini belli, dico
invece da credente che ha fatto esperienza della pace e della gioia, della
beatitudine e della felicità di vivere e veder vivere così: nel rispetto della
dignità dell’altro, nel prendersi cura del bene comune, nel cercare e fare il
bene perché tutti stiano bene, nell’essere in comunione con Dio e col prossimo,
nel riconoscerci tutti fratelli e avere a cuore il destino di ognuno. Questo
sta a cuore a Dio: che io non mi perda nei miei egoismi, cercando la felicità
dove essa non è e non potrà mai essere!
E poi le parole del salmo che mi dicono dove
e come stare, che posizione prendere: «Beato
l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei
peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore
trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte» (Salmo 1). È la legge
del Signore a farmi uomo, perché è Lui che mi ha creato e mi ha fatto a Sua
immagine e il Signore è misericordioso, il Signore va al passo del più lento.
Immaginare Dio che va a velocità
supersonica, tutto preso a raggiungere l’obiettivo tanto da non fermarsi a
salutare un poveretto, è una bestemmia! E sto male e faccio male proprio perché
mi immagino di dover essere così, perfetto esecutore di un programma, veloce,
velocissimo, onnipotente, onnipotentissimo… E intanto soffrono e muoiono tutti
quelli che sorpasso, tutti quelli che scarto…
E infine il Vangelo di Marco che mi
invita a porre rimedio a questo mio delirio d’onnipotenza decidendo di procedere
con una mano sola, con un piede solo e con un occhio solo per essere sicuro di
andare al passo giusto per entrare nel regno di Dio (da Mc 9, 41-50, Vangelo
della Messa di oggi), perché solo i poveri, i bambini, i piccoli, gli scarti,
gli inutili, i non guardati, gli ultimi entreranno nel regno di Dio.
Chissà
dunque dove stiamo correndo noi “sani” e sempre più “sTrumpalati”?
Spero che non stiamo puntando
a Marte, ma che, in comunione con Cristo, coi Papi e coi Santi, fragili tra
fragili, puntiamo al Paradiso!
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