giovedì 27 febbraio 2025

Paradiso per fragili

I consigli dei “sani” al Papa (che poi a me pare che il sano sia il Papa e noi tutti ammalati), le sTrumpalate raccolte e amplificate dai superuomini di oggi, piccoli piccoli ma tanto pericolosi come i superuomini di ieri, le notizie di violenza, guerre, soprusi, ingiustizie, le uccisioni di bambini, donne, uomini, gli abissi dove sprofondano i poveri, ma anche la classe media, la schiavitù e la tratta di donne e uomini, la fame che uccide come la guerra, … mi viene il mal di pancia la mattina e non so se è ansia, inquietudine, rimorso, paura, rabbia, indignazione, insofferenza,… o semplicemente la mia umanità (o divinità, visto che siamo a immagine e somiglianza di Dio) che si ribella e non vuole tacere.
 
Stamattina ho preso un caffè con Osvaldo Soriano e poi sono sceso a celebrare la messa delle 7.00 e ho fatto colazione con Siracide, Salmo 1 e Vangelo di Marco e mi sono ritrovato a fare la comunione finalmente in pace, in santa pace perché ho visto chi devo seguire e guardare, ho visto dove e come devo stare!
 
Cominciamo con Soriano:
«Domenica [don Salvatore] era triste perché era morto Borges, che aveva i suoi stessi anni. Lui non lo aveva mai letto, ma sapeva che era uno scrittore di genio e un uomo molto popolare.
– Di quella gente che pensa con la testa, – mi disse.
Poi mi chiese se era difficile il mestiere dello scrittore e a che diavolo servisse. Me l'avevano già chiesto altre volte, di modo che me l'ero potuta cavare spiegandogli che non serve a niente, ma che forse lui non sarebbe stato com'era, un tipo seduto per sempre, se non fosse esistito qualcuno che avesse dato un senso alla sua ribellione.
– No, quale ribellione, - mi disse, guardando a terra, – così si sta meglio. È la posizione per aspettare, mangiare, parlare con i bambini. C'è qualcosa di più interessante di questo?» (Osvaldo Soriano, Futbol. Storie di calcio, Einaudi)
 
E subito ho pensato al Papa, al primo Papa, chiamato a essere Papa dopo una vita trascorsa a rimanere dietro a Gesù e a rinnegarlo volta per volta, volta dopo volta,… un Papa fragile, Pietro e ben cosciente della sua fragilità. Scelto a essere Papa non nel pieno dell’entusiasmo per l’ennesima pesca miracolosa (153 grossi pesci), ma nel ricordo e nella coscienza dolorosa della sua povertà: «Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”» (Gv 21, 17). Dunque, non nel pieno della forza, ma quando è forte la coscienza della propria debolezza: «Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”» (Gv 21, 18).
È che a me questo «tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi» continua a spaventarmi, continua a sembrarmi un impedimento insormontabile e invece si tratta di ascoltare Gesù che mi dice ancora una volta: «Seguimi» (Gv 21, 19). Seguimi e non fantasticare di una tua forza, di una tua potenza, di un tuo saper fare,…
Pietro, Gian Luca,… fidati di me!
 
Papa Giovanni si contraddistinse per la bontà, Papa Paolo VI per aver vissuto con mitezza, sapienza e fiducia in anni di “rivoluzioni e violenze”, Papa Giovanni Paolo I ci è rimasto impresso per la sua dolcezza e anche per la sua morte improvvisa, Papa Giovanni Paolo II per la sua forza d’animo, anche nella malattia: Totus tuus, Papa Benedetto per la limpidezza della sua fede, per la sua grandezza intellettuale e per l’umiltà testimoniata fino alla sua morte, Papa Francesco per questo suo andare e invitarci ad andare con Cristo e con lui, poveri tra i più poveri, tra gli scartati, tra i dimenticati e andarci perché lì è la gioia piena del Vangelo, lì è Gesù risorto con loro e con noi, se accettiamo di vivere poveri come Lui.
E se Dio, attraverso il Papa, mi stesse mostrando che riconoscendomi fragile tra fragili, povero tra poveri "si sta meglio"? "È la posizione per aspettare, mangiare, parlare con i bambini. C'è qualcosa di più interessante di questo?" (Osvaldo Soriano).
 
E il Siracide, a colazione, mi ammonisce: «Non confidare nelle tue ricchezze e non dire: “Basto a me stesso”. Non seguire il tuo istinto e la tua forza, assecondando le passioni del tuo cuore. […] Non essere troppo sicuro del perdono tanto da aggiungere peccato a peccato…» (da Siracide 5, 1-10, prima lettura della messa di oggi).

Parole di deboli che vogliono mettersi al sicuro limitando e bloccando la potenza dei forti, direbbe Nietzsche e con lui tutti i superuomini di ieri e di oggi che queste parole se le gettano alle spalle e si vantano di esserne al di sopra: «Ho peccato, e che cosa mi è successo?» (sempre dalla prima lettura di oggi). E calpestano donne e uomini, vicini e lontani, compaesani e stranieri: perché si comincia sempre con gli estranei, ma poi s’arriva a eliminare pure i familiari: “Basto a me stesso”. Ed è terribile! Ed è capitato in ogni epoca storica e in ogni regime, di qualsiasi colore politico.

Parole di Dio e di uomini belli, dico invece da credente che ha fatto esperienza della pace e della gioia, della beatitudine e della felicità di vivere e veder vivere così: nel rispetto della dignità dell’altro, nel prendersi cura del bene comune, nel cercare e fare il bene perché tutti stiano bene, nell’essere in comunione con Dio e col prossimo, nel riconoscerci tutti fratelli e avere a cuore il destino di ognuno. Questo sta a cuore a Dio: che io non mi perda nei miei egoismi, cercando la felicità dove essa non è e non potrà mai essere!

 
E poi le parole del salmo che mi dicono dove e come stare, che posizione prendere: «Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte» (Salmo 1). È la legge del Signore a farmi uomo, perché è Lui che mi ha creato e mi ha fatto a Sua immagine e il Signore è misericordioso, il Signore va al passo del più lento.
Immaginare Dio che va a velocità supersonica, tutto preso a raggiungere l’obiettivo tanto da non fermarsi a salutare un poveretto, è una bestemmia! E sto male e faccio male proprio perché mi immagino di dover essere così, perfetto esecutore di un programma, veloce, velocissimo, onnipotente, onnipotentissimo… E intanto soffrono e muoiono tutti quelli che sorpasso, tutti quelli che scarto…
 
E infine il Vangelo di Marco che mi invita a porre rimedio a questo mio delirio d’onnipotenza decidendo di procedere con una mano sola, con un piede solo e con un occhio solo per essere sicuro di andare al passo giusto per entrare nel regno di Dio (da Mc 9, 41-50, Vangelo della Messa di oggi), perché solo i poveri, i bambini, i piccoli, gli scarti, gli inutili, i non guardati, gli ultimi entreranno nel regno di Dio.
 
        Chissà dunque dove stiamo correndo noi “sani” e sempre più “sTrumpalati”?
 
        Spero che non stiamo puntando a Marte, ma che, in comunione con Cristo, coi Papi e coi Santi, fragili tra fragili, puntiamo al Paradiso!

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