Il
giorno dopo, le prime pagine dei giornali erano dedicate all’episodio accaduto
durante l’inaugurazione del grande presepe allestito nella piazza principale
della città.
Don
Marco era stato testimone oculare dei fatti perché, come ogni anno, insieme al
Sindaco e a molti cittadini, aveva partecipato al momento di festa e aveva
benedetto il presepe prima dell’accensione ad opera del bambino più piccolo
della città. Ma quello che era accaduto dopo, nessuno avrebbe potuto prevederlo:
né le persone che avevano studiato il progetto, né i falegnami, che giorno e
notte avevano lavorato per costruire l’ambientazione, né le sarte che avevano
confezionato i vestiti per le grandi statue di cartapesta, né tutti gli altri
che avevano collaborato in vario modo. I più stupiti di tutti, però, furono gli
elettricisti.
Come
prevede la tradizione, il pomeriggio dell’ultima Domenica di Avvento è iniziato
con il concerto della Banda cittadina. Poi è stata la volta dei bambini della
scuola, che hanno eseguito canti natalizi accompagnati da maestre, maestri e
genitori. Infine, il Sindaco ha ringraziato l’Associazione che ha curato la
realizzazione del presepe e ha passato il microfono al parroco. Don Marco ha
colto l’occasione per esprimere la sua gioia per il Natale ormai prossimo, e la
sua meraviglia nel vedere come la generosità di tante persone aveva prodotto un
risultato davvero straordinario. Dopo aver incoraggiato i presenti a vivere le
feste natalizie in uno spirito di solidarietà, condivisione e attenzione al
prossimo, il parroco ha effettuato la benedizione. Quindi si sono avvicinati i
genitori con il neonato per accendere le luci del presepe.
Il
tasto di accensione viene premuto. La scena si illumina mentre un uomo si
avvicina per scoprire il bambinello. È allora che da più parti iniziano forti
esclamazioni di stupore: la mangiatoia è vuota. Giuseppe, Maria, il bue,
l’asinello e i pastori fissano con grande attenzione la bella paglia sistemata
per l’occasione. Gli elettricisti iniziano a sbracciarsi per far notare al
Sindaco che la sera prima sulla piazza c’era molta più luce. Vengono passati in
rassegna i faretti, ma risultano tutti accesi. Le statue meccanizzate
funzionano e sono tutte concentrate nella ripetizione dei loro movimenti: il
clamore che c’è attorno sembra non averle minimamente sfiorate.
Qualche
istante dopo, don Marco si accorge che nel presepe manca la stella cometa. Gli
elettricisti assicurano che fino all’ora di pranzo la stella era al suo posto e
adesso nessuno sa spiegarsi cosa sia potuto succedere nel frattempo: era
posizionata sopra la capanna, in un punto molto difficile da raggiungere; era impossibile
spostarla.
Don
Marco cammina con il Sindaco e si avvicina alle statue dei Magi. È da quella
posizione, leggermente decentrata, che i due notano una luce fortissima in
lontananza. Sembra provenire dal tetto della casa di riposo per gli anziani
sulla vicina collina. La luce è intensa e i tecnici comunali, interrogati, non
sanno cosa rispondere: è troppo forte per essere luce elettrica. Non resta che
mettersi in marcia, proprio come i Magi tanti anni fa.
Il
Sindaco e il Parroco aprono la fila dell’insolita processione e, seguiti da una
folla di devoti, ma anche di curiosi, si avviano verso la luce. La banda suona musiche
natalizie mentre il corteo si avvicina all’ospizio.
All’ingresso
la Caposala sembra sconvolta: non riesce a spegnere le luci. È ora di dormire, ma
i corridoi e le stanze sono illuminati a giorno: anziani e ammalati vagano per
la struttura. Vedendo il Sindaco e don Marco, chiede loro: «E voi? Che ci fate
qui stasera?». I due si guardano e le rispondono: «Cerchiamo il bambino:
abbiamo visto brillare la sua stella!». La Caposala li osserva attentamente e
si accorge che i due non stanno affatto scherzando. Allora decide di
accompagnarli al piano di sopra.
Era
ricoverato lì il vecchio parroco della città e i tre, con al seguito una folla
di persone, pensano bene di andare prima da lui per sapere se ha notato
qualcosa di particolare, o se ha qualche suggerimento che possa far luce sul
mistero: gli anziani sono sempre depositari di sapienza, anche nel terzo
millennio!
Nella
stanza di don Giuseppe è impossibile entrare: ci sono un sacco di persone. Sono
talmente tante che anche nel corridoio c’è gente in fila, ciascuno con qualcosa
in mano, e ognuno aspetta composto il suo turno per entrare. La scena fa aumentare
lo stupore delle persone venute da fuori: «Che cosa sta succedendo?», è la
domanda che si legge sul volto di tutti.
Al
vedere don Marco, il Sindaco e la Caposala, gli anziani del ricovero, con i
volti luminosi di gioia, si affrettano ad aprire un varco perché possano
entrare a visitare don Giuseppe. I tre, appena entrano, trovano il vecchio
parroco seduto sulla sua poltrona, con in braccio il bambinello raggiante di
luce; intorno ci sono persone che hanno portato dalle loro camere qualcosa da offrire
al piccolo appena nato: chi una coperta, chi un dolcetto, chi un po’ di miele,
chi una tazza di latte caldo, chi un fiore,… La banda inizia a suonare “Tu
scendi dalle stelle” e i bambini a cantare; al piccolo coro si uniscono
cittadini, Sindaco, Parroco e Caposala e la festa prende il colore della gioia,
quella vera!
Eh
sì, fu un Natale ben strano quello!
Un
Natale che per qualche giorno fece parlare i giornali, ma per molto tempo fece cantare
i cuori di tutti in città. Don Marco meditò a lungo su quanto aveva vissuto
quella sera. Nessuno in città riuscì a dare una spiegazione logica all’accaduto:
l’evento aveva del miracoloso.
Dopo
lunghe riflessioni, don Marco arrivò alla conclusione che si era trattato di un
segno e che le cose erano andate così perché nell’ospizio c’era gente che
viveva nell’attesa: c’era, infatti, chi attendeva un amico, un parente, un
figlio, un fiore, un dolcetto, una preghiera, un prete, la guarigione, un
sorriso, una canzone, una carezza, una stretta di mano, un abbraccio,… l’Amore.
E
Gesù proprio là nasce, dove viva è l’attesa.
[dGL]
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