La costruzione di un modello aiuta a capire meglio come
funziona una certa realtà. Mi ci sono voluti anni, anni in cui mi sono portato
dietro la domanda senza perdere la certezza che prima o poi avrei trovato la
risposta che cercavo…
Sento parlare di sinodo da quando ho partecipato al Sinodo diocesano e quindi sono
ormai più di sette anni che cerco di capire cosa voglia dire la parola sinodo e cosa sia lo stile sinodale. Stamattina, ripensando alla
partita di calcio vista domenica scorsa, finalmente ho potuto esclamare il mio eureka! (Ho trovato!).
Cosa vuol dire sinodo?
Vuol dire scoprirsi parte di una grande
squadra, vuol dire tutti per uno e uno
per tutti in vista di una mèta comune. La rosa di una squadra di calcio è
formata da tanti giocatori che in campo ricoprono diversi ruoli e hanno
caratteristiche tecniche diverse gli uni dagli altri. In ogni squadra c’è un
allenatore che mette in campo i giocatori in modo da valorizzare i talenti di
ciascuno. Ogni squadra ha, infine, un obiettivo comune a tutti i giocatori:
fare goal nell’unica porta
avversaria.
Eh sì! Può sembrare scontato, ma è
necessario che prendiamo coscienza che la porta avversaria è unica; in campo
non ci sono undici porte avversarie, una per ciascun giocatore!
Per raggiungere l’obiettivo comune,
ciascuno mette a disposizione il suo talento impegnandosi al massimo per il
bene della squadra.
Le cose funzionano quando gli undici in
campo sono un cuore solo e un’anima sola, giocano gli uni per gli altri e si
sacrificano per il bene della squadra.
Le cose non funzionano quando ogni
giocatore interpreta la partita come uno sport individuale e si perde in
giochetti e azioni personali, come se ognuno avesse una sua mèta da raggiungere
indipendentemente dal resto della squadra e dalle indicazioni dell’allenatore.
Sinodo vuol dire aver
scoperto che c’è un amore che ci chiama tutti quanti: l’amore di Cristo. Sinodo vuol dire essere contenti che i
tanti compagni di squadra con i loro talenti tutti belli, tutti differenti, ma
tutti utili alla causa comune, siano con noi al servizio dello stesso Cristo.
In una squadra di calcio c’è l’allenatore che ha il compito di incoraggiare i
giocatori e di aiutarli con le sue indicazioni a giocare insieme; in una
Diocesi c’è il Vescovo; in una comunità parrocchiale il Parroco.
Ovviamente, il mio modello non ha la
pretesa di coincidere in modo perfetto con la realtà da spiegare o da
descrivere, ma penso che sia di aiuto a noi persone semplici per comprendere un
termine che, altrimenti, rischierebbe di essere interpretato da ciascuno in un
modo diverso. A volte, infatti, ci capita di dimenticare che la porta
avversaria è unica e pensiamo che ognuno abbia la sua mèta e giochiamo la
partita come se fosse il tutti contro
tutti, che giocavamo da bambini nelle piazzette o nei campetti comunali. Erano
sfide in cui uno poteva contare solo su se stesso e sul suo talento personale.
Ma la Chiesa non è un campetto in cui si gioca
da soli contro tutti e a vincere è il più forte; la Chiesa è, invece, il luogo
in cui vince chi si mette umilmente al servizio degli altri. [dGL]
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