«Don, possiamo chiederle una cosa?»,
disse quello che doveva essere il capo-delegazione.
«Vi ascolto», rispose don Placido,
accogliendo i ragazzi nell'ufficio parrocchiale.
«Sono un po’ di giorni che volevamo parlare
con lei, ma avevamo paura che potesse bocciare la nostra idea e quindi ci siamo
decisi solo ora…», cominciò a dire il più grande del gruppo.
In effetti, don Placido si era accorto
che da qualche giorno in oratorio quei ragazzi lo guardavano come se stessero
cercando il momento opportuno per dirgli qualcosa, ma aveva voluto aspettare
che si decidessero e non li aveva forzati a parlare con lui. Ora quella frase,
se da una parte lo aveva rallegrato perché era il segno che volevano
coinvolgerlo nei loro progetti, dall’altra gli aveva fatto venire il dubbio di
aver comunicato, con il suo modo di fare, la sensazione che lui fosse un terribile
esaminatore pronto a dare il giudizio finale a ciascuno dei suoi parrocchiani:
«Inesorabilmente bocciato!».
Fu così che si ritrovò a dire: «Ragazzi,
parlate pure senza timore: il prete non è uno che viene mandato in una
parrocchia per bocciare le idee di quelli che incontra, ma per aiutarli a farle
sbocciare per il bene di tutta la comunità! Sono qui per incoraggiarvi a
mettere a frutto i vostri bei talenti e non per terrorizzarvi a suon di
giudizi, finché non deciderete di sotterrarli quei talenti. Se li sotterriamo
non porteranno frutti, se, invece, li mettiamo generosamente a disposizione dei
fratelli, la nostra parrocchia sarà un bel giardino fiorito».
Rassicurati
dalle parole del don, i ragazzi cominciarono a parlare con entusiasmo, tanto
che le loro voci si sovrapponevano: «Noi pensavamo che si potrebbe…». [dGL]
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