22E venne uno dei capi della
sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e
lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le
mani, perché sia salvata e viva». 24Andò con lui. (Mc 5,22-24)
È sull’inizio del versetto 24 che si
ferma la mia attenzione: «Andò con lui».
Il testo mi presenta Gesù che cammina
insieme a Giàiro verso la stanza dove si trova la figlioletta. Immagino la
scena e mi sembra molto quotidiana: mi capita spesso di correre incontro a Gesù
cercando la salvezza.
«Andò con lui» mi dice di una compagnia,
di una condivisione, di un sostegno che il Signore Gesù offre costantemente all’uomo.
Andò con lui» mi dice di una presenza
che non viene mai meno, su cui posso sempre appoggiarmi, da cui posso sempre ricevere
forza.
In una lettera pastorale del Cardinal
Martini trovo un passaggio bellissimo: «Sotto lo stimolo di così tante istanze
ho cercato a lungo, insieme con i diversi Consigli diocesani, una parola
riassuntiva, un’icona unificante. In questa ricerca, talora sofferta proprio
per la molteplicità dei temi e la difficoltà di collegarli in maniera
convincente, sempre più mi è entrata nel cuore la domanda che Dostoevskij, nel
suo romanzo L’idiota, pone sulle
labbra dell’ateo Ippolit al principe Myskin. “è
vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la ‘bellezza’?
Signori – gridò forte a tutti – il principe afferma che il mondo sarà salvato
dalla bellezza… Quale bellezza salverà il mondo?”. Il principe non risponde
alla domanda (come un giorno il Nazareno davanti a Pilato non aveva risposto
che con la sua presenza alla domanda “Che cos’è la verità?”: Gv 19,38).
Sembrerebbe quasi che il silenzio di Myskin – che sta accanto con infinita
compassione d’amore al giovane che sta morendo di tisi a diciotto anni – voglia
dire che la bellezza che salva il mondo è l’amore che condivide il dolore» (C.
M. Martini, Quale bellezza salverà il
mondo?, lettera pastorale 1999-2000, p. 11).
«… la bellezza che salva il mondo è l’amore
che condivide il dolore».
Di questo mi parla l’inizio del versetto
24: «Andò con lui».
E mi immagino Gesù che avanza con
Giàiro, uno dei capi della sinagoga, ma soprattutto il babbo fortemente addolorato
per la malattia della figlia. È la compagnia di Gesù che ci permette di
continuare a camminare mentre tutto sembra contraddire la nostra speranza,
sembra ostacolare il nostro lento procedere un passo dopo l’altro: «... dalla
casa del capo della sinagoga vennero a dire: “Tua figlia è morta. Perché
disturbi ancora il Maestro?”» (Mc 5,35). Quante volte, ascoltando le notizie
che provengono dal mondo, ci viene voglia di interrompere il cammino? Quante volte,
vedendo la massa che procede da una parte, ci viene voglia di accodarci, di
fare quello che fanno tutti, di diventare anche noi mondani? Quante volte l’incomprensione,
la solitudine, la persecuzione sembrano il capolinea che ci costringe a una conversione
alla logica del mondo?
«Perché disturbi ancora il Maestro?» (Mc
5,35).
Ma io non lo disturbo; Lui mi sta vicino,
la strada la stiamo affrontando insieme, Lui mi parla. È Lui stesso a
incoraggiarmi, è Lui stesso a guidarmi: «Non temere, soltanto abbi fede!» (Mc
5,36).
Questo Avvento mi annuncia la buona
notizia: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e
credete nel Vangelo» (Mc 1,15).
Sta a me, ora, accogliere la buona
notizia!
Sta a me accorgermi che non sto camminando da
solo e che la mèta verso cui sono diretto non è la disperazione di chi assiste
impotente alla morte, ma lo stupore e la gioia incontenibile di chi è testimone
della risurrezione! [dGL]
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