“Essi stavano fissando il cielo mentre
egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a
loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo
Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in
cui l’avete visto andare in cielo»” (Atti 1,10-11).
Ho appena finito di celebrare l’ultima
messa della Domenica dell’Ascensione ed esco dalla chiesa parrocchiale con
l’immagine dei discepoli che stanno a fissare il cielo e gli uomini in bianche
vesti che li rassicurano. È una rassicurazione che li rimette in pista: bisogna
partire per annunciare il Risorto a ogni creatura. E bisognerà fare la strada
imparando a comprendere con lo sguardo la terra, il cielo e tutto ciò che sta
tra la terra e il cielo!
Per questo, nella preparazione dei
battesimi mi piace ricordare ai genitori che educare alla fede i propri figli
non significa soltanto insegnare le preghiere; educare alla fede è insegnare ai
figli che Dio è Padre nostro, che a Dio piace camminare col suo popolo, che Dio
ha misericordia del suo popolo e non lo abbandona mai, perché Dio è fedele per
sempre. Si insegna la fede non disperando mai.
I piccoli hanno bisogno di sentirsi
accompagnati, di sapere che Dio li ama e gioisce nel vederli vivere!
Insegnare agli ignoranti è l’opera di
chi ha incontrato Dio e continua a conoscerlo giorno dopo giorno; è l’opera di
misericordia del credente che vuole condividere con tutti il tesoro della fede.
Oggi sono tante le persone che vediamo
ferme a fissare la terra, ripiegate su se stesse e affaticate dalle cose da
fare, ma ancora di più sono quelle che vediamo oppresse dalla sensazione di
essere sole e di non potercela fare. Sono tante le persone che cercano da noi
cristiani un buon motivo per alzare lo sguardo, per tornare a far festa. Sono tante
quelle che non sanno di avere un Padre celeste.
Per questo le folle seguono Gesù: c’è
una speranza nuova nelle sue parole, c’è uno stile nuovo nelle sue opere. Penso
alla sconvolgente novità delle Beatitudini e alla pace che mi comunica ogni
volta la lettura di Mt 6,25-34:
«Perciò io vi
dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete,
né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più
del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non
seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro
celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si
preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito,
perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano
e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria,
vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è
e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che
cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre
vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il
regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in
aggiunta. Non preoccupatevi, dunque del domani, perché il domani si preoccuperà
di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
Soprattutto mi dona pace ascoltare il
versetto 32: «Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno».
Il Padre vostro sa.
Ho un Padre celeste che sa quali sono le
mie necessità.
Aver fede in questa Parola di Gesù,
cambierebbe tutto!
Se nei miei ragionamenti mi ricordassi
di avere un Padre celeste che sa, sarebbe tutto diverso: la vita in cui sono
immerso qui su questa terra, la polvere alzata dal mio camminare, tanti affanni
per cose di poco conto,… non uscirebbero dal mio campo visivo, ma neppure lo
occuperebbero totalmente!
Tra la terra e il cielo si muove lo
sguardo di un cristiano e la sua preghiera non è una vuota astrazione, ma un
continuo raccontare della terra al cielo e del cielo alla terra!
Prima di arrivare a fissare il cielo, i
tuoi occhi potrebbero incontrare quelli di un altro. Allora, non affrettarti a
distogliere da lui il tuo sguardo: è la cura che hai per il fratello che vedi a
significare e testimoniare il tuo amore verso Dio, che non vedi (cfr. 1Gv
4,19-21).
don Gian Luca Rosati