«Che anno è?», chiesi al mio amico
mentre passeggiavamo al molo Sud.
«È il 2016», mi rispose subito.
«Lo so che è il 2016! Ma che anno è per
noi cattolici?», lo incalzai.
«E che anno deve essere per noi
cattolici? Il 2016, no?», disse con un po’ d’impazienza.
«Certo che è il 2016, ma è anche l’anno
della misericordia!», esclamai svelando la risposta che mi aspettavo.
«Ah, già. Lo sapevo, ma non avevo capito
bene la domanda. E che cosa sarebbe questa misericordia?», mi chiese
incuriosito.
«La misericordia è incamminarsi verso
casa e già da lontano cominciare a scorgere la luce calda delle finestre e il
fumo che esce dal caminetto della sala. E poi percorrere il vialetto, arrivare
alla porta, aprirla e accorgersi che si era aspettati da qualcuno, trovare la
tavola apparecchiata con cura e una buona minestra fumante nel piatto. È
sentire la voce di chi ti ama e ti invita a metterti comodo e ristorarti un po’
dopo le fatiche di un viaggio. È sedersi e riposarsi. È cominciare a raccontare
e a condividere avventure ed esperienze fatte per strada, senza la paura di
essere giudicato, frainteso, condannato. Una volta a casa, si può sorridere
anche delle esperienze più brutte: ora si è al sicuro, tra persone amiche, in
famiglia. La misericordia è sapere che qualcuno ti vuole bene sempre!», provai
a spiegare aiutandomi con alcune immagini.
«Quello che dici è molto bello! Ma a che
mi serve un anno della misericordia?», ribatté dubbioso.
«Ti serve a scoprire che hai un estremo
bisogno della misericordia di Dio,… e della misericordia dell’uomo!»,
continuai.
«Ora mi ricordo: a catechismo ci hanno
fatto imparare le opere di misericordia corporale e spirituale. Quest’anno
bisogna impegnarsi a praticarle: occorre passare dalla teoria imparata a
memoria, alla pratica; dal dire al fare. Giusto?», mi chiese.
«Non solo: la misericordia bisogna anche
impegnarsi a riceverla!», dissi sorridendo.
«Che devo ricevere?», mi chiese.
«La misericordia! Tu, io, tutti abbiamo
bisogno di misericordia, di sentirci amati», gli risposi.
«A me piacerebbe avere amici che mi
ascoltano e mi apprezzano per quello che sono», mi confidò.
«Piace anche a me! Prima di tutto, però,
è bene imparare a guardare noi stessi come ci guarda Dio: occorre imparare ad
avere misericordia di noi stessi. Non siamo quello che vorremmo essere, non
sempre riusciamo a realizzare i nostri sogni e i nostri desideri, non siamo
perfetti, non bastiamo a noi stessi; magari ci siamo impegnati perché le cose
andassero bene e poi ci siamo ritrovati a constatare un fallimento totale, o
quasi… E ci arrabbiamo con Dio, con il mondo, con la società, con gli altri,…
in realtà siamo pieni di delusione e di rabbia verso noi stessi. Ma davanti
agli occhi di Dio non c’è l’elenco dei nostri successi: davanti a Dio ci siamo
noi ed Egli è contento di vederci, di stare con noi, di rialzarci, di
abbracciarci, di prenderci sulle spalle. A volte ho la chiara impressione che
Dio sia contento di me, più di quanto io sia contento di me stesso. Io ho
bisogno di misericordia, della misericordia di Dio, della misericordia tua e
della mia misericordia. Ne ho bisogno perché solo la misericordia può darmi
pace! E allora questo è un anno in cui mi accorgo di quanto Dio si prenda cura
di me, di quanto io gli stia a cuore, di quanto tu e ogni uomo gli stiate a
cuore. Questo è un anno in cui collaboro con Dio e diffondo la sua misericordia
prestandogli anche le mie mani, i miei talenti, le mie forze, le mie parole.
Questo è un anno in cui non mi accontento di riconciliarmi con Dio, ma provo a
riconciliarmi con ogni fratello e sorella. Questo è un anno in cui mi sforzo di
perdonare me stesso, accettandomi per quello che sono, con i miei pregi,
difetti, successi, fallimenti, malattie, gioie, affanni, povertà. Sì: sono un
povero e lo accetto perché è proprio questa mia povertà a far innamorare Dio!»,
dissi. Poi rimasi in silenzio.
Il mio amico disse: «La misericordia non
è un’esperienza solo di un anno. Se la misericordia è quello che dici, il mio
passato è segnato dalla misericordia fin dal momento del concepimento: qualcuno
si è preso cura di me fin dall’inizio! Di volta in volta questo qualcuno aveva
le mani di un padre e di una madre, di amici e parenti, di maestri e
professori, di preti e suore, di una fidanzata, di una moglie, di un medico, di
un infermiere,… E sarà così per tutta la vita: la misericordia di Dio mi
accompagna!». Sorrideva e sembrava pieno di meraviglia, come dopo una scoperta
eccezionale.
Eravamo arrivati davanti al monumento al
gabbiano Jonathan. Il mio amico continuò: «Questo anno è per me come il momento
in cui il gabbiano si è reso conto di poter aprire le ali e volare: lanciatosi
nel volo, poi ha conquistato il volo e ha continuato a volare. Magari l’anno
santo mi farà scoprire che sono capace di perdonare, che è bello perdonare ed
essere perdonati, che la misericordia mi dona gioia, che la misericordia libera
e mi rende libero… ma tutte queste belle scoperte che potrò fare, dovranno
diventare conquiste per la mia vita e caratterizzare il mio agire. Altrimenti
sarei come un gabbiano che ha le ali buone per volare, vorrebbe volare, ma non
vola perché non osa farlo!».
«Credo proprio che tu abbia ragione,
amico mio: misericordia solo chi osa
farlo!».
don Gian Luca
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