Il giorno in cui
Martino dovette svestirsi della toga pretesta e della bulla appesa al collo, segni dell’infanzia, compiva quindici anni
ed era ormai un giovane uomo. Come ogni figlio di veterano aveva una carriera
già tracciata: l’esercito. In realtà mancavano ancora due anni all’arruolamento
obbligatorio, stabilito a diciassette anni, ma nuove disposizioni legislative
permettevano l’arruolamento a quindici anni e, inoltre, il padre, irritato
dalla ripugnanza di suo figlio per la professione delle armi e dalla sua
inclinazione verso la vita del monaco cristiano, obbligò il figlio a prestare
immediatamente il giuramento militare.
Così legato da un
giuramento solenne, Martino si preparò, suo malgrado, alla carriera delle armi,
e iniziò il suo servizio due anni più tardi e, come figlio di veterano, fu
subito promosso al grado di circitor
con doppio soldo. Il compito del circitor
era la ronda di notte nel servizio della piazza e l’ispezione dei posti di
guardia, nonché la sorveglianza notturna delle guarnigioni. Durante una di
queste ronde, Martino incontrò appunto nel cuore dell’inverno un povero
seminudo e, non avendo più denari, prese la spada, tagliò in due la propria
clamide (ne staccò, cioè, la fodera di pelliccia) e ne donò la metà al povero.
La notte seguente egli vide in sogno il Cristo, rivestito della metà del suo
mantello militare, che diceva agli angeli: «Martino,
ancora catecumeno, mi ha coperto con questo mantello».
[Tratto
dalla voce “Martino, vescovo di Tours, santo” in Bibliotheca Sanctorum, vol. VIII]
Bello
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