Qualche anno fa il card. Ratzinger (continuò
anche quando divenne Papa Benedetto XVI), avvertì il mondo con grande
insistenza circa il pericolo del relativismo.
Ero giovane e non riuscivo a percepire
quanto fosse grave la situazione.
Oggi il relativismo lo respiriamo a
pieni polmoni e tutti ci stiamo rendendo conto del pericolo che stiamo correndo
e dei danni di cui siamo testimoni (spesso senza avere la possibilità di
correggere e riparare gli errori: in questo momento le scelte dei politici e
dei governanti non riusciamo a "evangelizzarle").
Avevamo un discreto vantaggio sul mondo,
visto che eravamo stati avvisati dalle nostre “sentinelle”, ed effettivamente
la Chiesa puntò sull'emergenza educativa chiedendoci di concentrare la nostra
attenzione sull'educazione.
Forse, però, nel far fronte all’emergenza
educativa, ci siamo un po' cullati sul dato di fatto che le "chiese"
e le "parrocchie" in Italia apparivano ancora abbastanza piene e la gente sembrava abbastanza cristiana.
Quindi la necessità di un cambiamento non l'abbiamo presa troppo sul serio.
Poi è arrivato il Covid e la realtà è
venuta a galla: ora tutti parliamo di società liquida, ma nel frattempo anche
le nostre vite sono allagate di società liquida e anche le nostre parrocchie e
le nostre attività parrocchiali o diocesane. Il liquido se non lo argini, se
non lo incanali, non si ferma e raggiunge tutto e tutti.
Anche in questo caso eravamo in
vantaggio: già da qualche anno Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, sulla scia di Benedetto XVI, aveva indicato alla
Chiesa cattolica le piste da seguire per rispondere al "cambiamento
d'epoca", ma sembra quasi che anche quel testo lo abbiamo messo in
archivio, accontentandoci di sottolineare e ripetere alcuni slogan.
Ancora più eloquente dell'Evangelii Gaudium è lo stile di
Papa Francesco che, con tutte le sue forze ed esponendosi continuamente alle
critiche più spietate, ci sta indicando la via dell'ascolto e del dialogo per
discernere. Ma forse abbiamo paura di "prendere il largo" perché, poi,
in mare aperto potremmo trovarci nella tempesta e perdere anche quel poco che siamo
riusciti a "conservare".
Ho scritto molte volte la parola
"FORSE", perché in questo testo ho espresso il mio personale punto di
vista. Ho voluto condividere qui, con voi lettori, l'unica spiegazione che
riesco a darmi quando mi trovo di fronte al ritorno al passato (“si è sempre fatto così”), alle malinconie
(“una volta le chiese erano piene”, che
somiglia molto a “una volta i treni arrivavano in orario”), all'ostilità
rispetto alla cultura del mondo e della gente a cui siamo inviati come veri e propri
missionari (“chiudiamoci tra di noi e
proteggiamo i nostri valori con recinti e palizzate, valli e fossati!”).
Invece, SONO CERTO che sia urgente prendere
coscienza della cultura di cui sono imbevute le persone a cui annunciamo il
Vangelo per entrare in dialogo con loro e offrirgli la Buona Notizia tanto
attesa, la perla preziosa, il tesoro nascosto, la luce della città posta sul
monte, il sale della terra,… l'amore senza misura e senza condizioni di Dio per noi! Il mondo aspetta di ricevere la Parola di salvezza
e noi siamo quelli che Dio ha scelto per portare al mondo la Sua Parola di
salvezza!
«Impossibile,
Holmes!», potrebbe dire a tal proposito il dottor Watson.
E Sherlock gli
risponderebbe di rimando: «Entusiasmante, mio caro Watson, entusiasmante!».
Entusiasmante Watson! Intanto nella nostra borsa degli attrezzi mettiamo un sorriso se no risulteremo scostanti a tutti poi...io credo che FORSE prima di aprire la bocca per dire cosa si dovrebbe o potrebbe fare bisogna tendere le orecchie per ascoltare cosa o CHI si sta cercando: In questo tempo di diffidenza e sospetto, FORSE non c'è missione più fallimentare di cercare di donare qualcosa del quale non si sente il bisogno. Che dici Sherlock,,, cominciamo con il seminare desideri anziché elargire consigli ? L'argomento mi interessa. Ne parliamo a voce?
RispondiEliminaroccofranci
RispondiElimina