E chi è il mio prossimo?
Se è sciocco il tentativo di giustificarsi non è sciocca la domanda: chi
è il mio prossimo?
Il dottore sa quello che dice e pone domande tremende sulla bocca
dell’uomo.
Che io debba amare il mio prossimo lo posso capire. Qualcuno bisogna pur
amare. Ma chi debbo amare? A quali persone applicare l’amabile realtà di mio prossimo, che crea in me tali e
tanti obblighi? Dove mi vuol condurre questo Maestro che accetta la Legge, ma
vi mette dentro un nuovo senso?
La questione sociale è tutta in questa domanda sfuggita, non so come, a
un ignoto Dottore della Legge. Gesù vi ha risposto ieri e vi risponde oggi con
la stessa parabola.
Una parabola, non un discorso, perché la verità rimane più viva e presente
sotto il velo del simbolo.
La Parabola del Samaritano è così bella che par vera, un fatto realmente
accaduto ai giorni di Gesù e ogni giorno, sulle nostre strade.
L’inventiva divina sa trasformare la realtà comune in fantasia,
vestendola di un significato universale. Quasi tutte le Parabole del Vangelo
sono piccoli fatti trasportati, senza sforzo, nella realtà universale.
È quindi un parlare «per chi ha orecchi che vogliono intendere e occhi
che vogliono vedere». Per chi non ha questi occhi, il Samaritano è un racconto
qualunque, dove si narra di un uomo ingenuo che, a differenza di altri due, s’è
lasciato prendere dalla pietà, il più rivoluzionario dei sentimenti, perdendoci
tempo e denaro.
Per chi vede, è l’unica soluzione del problema sociale, il crocevia di
ogni religiosità come di ogni umanità. Vale di più la Parabola del Samaritano
che tutti gli innumerevoli e contrastanti programmi sociali.
Ma in venti secoli che cosa abbiamo capito del Samaritano?
Prendendola in mano, proprio oggi, par di leggerla per la prima volta,
tanto è acerba in bocca e nel cuore. Anche se la si legge bene, rimane il muro
di bronzo di una realtà che, dentro e fuori di noi, ci restituisce la Parola
quasi fosse un sogno o una utopia.
Molti, per non parer esaltati, s’accontentan di leggerla alla maniera
della «contessa Travasa» o degli abbonati contro l’accattonaggio.
Val la pena di rompersi occhi e cuore per vedere e sentire in anticipo
ciò che un giorno sarà anche quaggiù.
Non importa se, per uno che vuole, novantanove non vogliono; se, per uno
che si ferma, novantanove tiran diritto.
Quell’Uno è l’Amore.
Il pessimismo fu inventato dagli ignavi, dai senz’anima, dai senza cuore.
Io credo nell’Amore.
[don
Primo Mazzolari, Il Samaritano]
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