martedì 26 maggio 2020

La vita

«Venerdì mattina, le otto. Signore, dammi meno pensieri e più acqua fredda e ginnastica alla mattina presto.
La vita non può esser colta in poche formule. In fondo, è quel che stai cercando di fare tutto il tempo, e che ti porta a pensare troppo: stai cercando di rinchiudere la vita in poche formule ma non è possibile, la vita è infinitamente ricca di sfumature, non può essere imprigionata né semplificata. Ma semplice potresti essere tu…».
[Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi]

domenica 17 maggio 2020

«Con dolcezza e rispetto» (1Pt 3, 15-18)

Particolare del Martirio di S. Pietro, opera di Caravaggio

Oh Pietro, ma che ti sei fatto un giro nel 2020?
Che per caso leggi i nostri giornali?
Guardi i nostri programmi in TV?
Non mi dire che anche tu sei iscritto a Facebook, Twitter, Instagram,…!
Ma come t’è venuto in mente di scrivere:
«Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza,…» (1Pt 3, 15)?

Quindi anche ai tuoi tempi si correva il rischio di confondere la fede con il tifo da stadio?

Oggi questo tifo religioso fa un sacco di rumore nelle piazze reali e virtuali.
Stai attento, Pietro: a scrivere certe cose sui social, rischi di essere vittima di parole rabbiose, violente, piene di odio e di cattiveria!

Il tifo religioso contrappone.
Contrappone giusti e ingiusti, praticanti e non praticanti, cristiani e non cristiani, cristiani e cristiani, religiosi e non religiosi, fedeli e infedeli,…
A me ricorda le crociate e il tribunale dell’Inquisizione.

Quant’è lontana dal tifo religioso la fede cristiana.
La fede cristiana s’esprime con dolcezza e rispetto!
La fede cristiana unisce!
La fede cristiana fa di noi un cuore solo e un’anima sola!
La fede cristiana è speranza, è amore di Dio e del prossimo, di ogni prossimo!

Grazie, Pietro!
Grazie di aver scritto ai cristiani d’ogni tempo! [dGL]

sabato 16 maggio 2020

«Me ne importa, mi sta a cuore» (don Lorenzo Milani)



Un cartello sulla strada fa appello al virus e gli chiede di lasciarci in pace.
Sulle prime, mi fa sorridere e passo oltre.
Ma quella scritta contiene tutte parole inquietanti e continuano a risuonarmi in testa: «Covid19, lasciaci in pace!».

Il nome Covid19 mi suona già terrificante.
Ma anche le altre tre parole non sono da meno.
Lasciaci in pace?
E chi mai è stato in pace?
Prima del Covid19 stavamo in pace?
E dopo? Staremo in pace?
Non so cosa si intenda per pace, ma se essa significa quella tranquilla indifferenza in cui spesso ci si trovava a vivere prima dell’epidemia, io spero di non essere più in pace.

Vabbè che vivendo infanzia, adolescenza, gioventù e ora l’età adulta in parrocchia, ho avuto pochi momenti di anestesia, ma anche nella vita del più appassionato dei cristiani, il Diavolo prova sempre a gettare il seme dell’indifferenza…

Vi ricordate la Pasqua dell’anno scorso?
È stata caratterizzata dalle immagini di quei cristiani che in Sri Lanka avevano perso la vita in un attentato, proprio celebrando la Messa di Pasqua.
Ho ancora negli occhi la foto del cero pasquale e l’immagine di Gesù Risorto insanguinati.
Non ho vissuto quella Pasqua in pace: troppo dolore, troppa violenza.
Come far finta di niente, quando la Comunione ti fa sentire forte il dolore anche a migliaia di km di distanza?
Sono morte persone che s’erano riunite per fare festa, sono morte persone che stavano cantando alleluia, come me nella mia chiesa con i miei fratelli e le mie sorelle di fede. Come rimanere indifferenti?

«Lasciaci in pace, Covid19!»
Sì, lasciaci in pace, ma sia la pace di Cristo e non la falsa pace dell’indifferenza.

Il prof di religione alle superiori proponeva a noi studenti di andare a visitare gli anziani in un ospizio della nostra zona. Gli anziani stavano lì e per alcuni di loro erano gli unici momenti in cui avevano a che fare con persone della nostra età. Forse gli ricordavamo i nipoti, forse la giovinezza e la vivacità di un tempo. Qualcuno di quegli anziani una carezza, un sorriso e una stretta di mano li riceveva solo in quell’occasione. Il prof suonava la tastiera e intonava canzoni e i vecchietti cantavano e ballavano con noi, come potevano, felici e contenti. Noi studenti non stavamo in pace: pensavamo ai nostri nonni e qualche lacrima scendeva a rigare le guance. Altri trattenevano a stento il pianto. Sto parlando del 2000. Posso testimoniare che già vent’anni fa c’erano anziani parcheggiati e alcuni di loro erano del tutto dimenticati.

Ma oggi c’è il Covid19 e qualcuno si sveglia e si indigna e solleva polemiche a non finire su una passione, su un’attenzione, su un legame, su una solidarietà che non c’è stata… Giusto! Ma non vorrei che questa emozione e questo desiderio di prendersi a cuore la situazione degli anziani e dei malati duri finché c’è il Covid e finché interessa ai giornali. Poi?
Poi mi sa che tutto tornerà come prima: il mio prof continuerà a portare i suoi ragazzi all’ospizio, il parroco o il vice-parroco porterà i ragazzi e i giovani a visitare gli anziani in RSA per gli auguri di Pasqua e di Natale, scenderà qualche lacrima, qualcuno s’appassionerà,… ma alla società importerà poco o niente e tornerà la pace dopo il pericolo scampato… La stessa indifferenza di prima, quando la storia di un vecchietto interessava al massimo i suoi familiari, i medici, gli infermieri, il personale dell’RSA e i volontari.

Da sempre medici, infermieri e personale sanitario lavorano con passione e vero eroismo… ma le risorse per la ricerca e il potenziamento della sanità vengono ridotte e gli ospedali chiusi e accorpati.
Non c’è attenzione, non c’è cura per chi della società si prende cura.
Adesso, all’improvviso, tutti sembrano accorgersi del lavoro straordinario di queste persone che già in tempi normali vegliavano sul sonno degli ammalati e dei pazienti e in questi giorni non riescono nemmeno a trovare un minuto di riposo per trovare il modo di salvare dalla morte quante più persone possibile.
Adesso tutti moltiplicano discorsi e parole di riconoscenza e, se potessero, darebbero anche medaglie al valore. Tutto giusto!
Ma quando il virus ci avrà lasciato in pace, si continuerà a parlare di medici, infermieri e personale sanitario per migliorare le loro condizioni di lavoro?
O tutto tornerà come prima?

E infine, la povertà.
Tutti sono concordi nel dire che tra qualche mese esploderà la povertà!
Esploderà la povertà?
Sono prete da dieci anni e i poveri ci sono sempre stati.
C’erano anche prima.
Ci sono da sempre i poveri!
Stanno ai margini, nessuno li vede, nessuno li vuole, loro si scansano, si nascondono, sentono sempre di essere di troppo.
Sicuramente i poveri aumenteranno, e che disastro succederà se non aumenterà anche la nostra passione per loro, la nostra solidarietà, la nostra carità!
Eppure basterebbe così poco: un po’ di buona volontà nell’affrontare il problema scendendo in mezzo a loro, visitando le loro case, rendendosi conto di quel che vivono e proponendo politiche di integrazione, di attenzione, di sensibilizzazione, di solidarietà sincera.
Finora, prima del Covid e durante il Covid, ho visto solo una gara a mettere i poveri uno contro l’altro: italiani contro stranieri, stranieri contro stranieri, italiani contro italiani, in una guerra che non giova a nessuno.
C’è il problema della casa: affitti esorbitanti per piccolissimi spazi vitali.
E chi se li poteva permettere certi affitti prima del Covid19?
E chi se li potrà permettere dopo il Covid19?
C’è il problema della mancanza dei beni di prima necessità, c’è il problema del lavoro e dello sfruttamento, c’è il problema dello scarto,… c’è il problema di ritmi insostenibili e disumani per tutti.
Non c’è nemmeno il tempo per godersi la famiglia, le amicizie, la natura, la vita,…
E il bello è che tutto questo non c’era nemmeno prima del Covid19!!!

Eh sì: penso sia proprio necessario che il Covid19 ci lasci in pace. Abbiamo scoperto, infatti, che ci sono un sacco di cose di cui occorre iniziare a occuparci! E non c’è tempo da perdere: è urgentissimo lavorare perché finalmente sia per tutti pace, quella pace che viene dall’I CARE («Me ne importa, mi sta a cuore») di don Milani e non dal tornare a dormire praticando una sistematica indifferenza e tacciando di buonismo tutti quelli che non s’arrendono all’indifferenza. [dGL]

domenica 10 maggio 2020

Auguri, Mamma!


Buona festa della Mamma!
Leggendo una poesia di Jan Twardowski su Maria Vergine e sua madre S. Anna, ho pensato alle nostre Mamme.
Alle Mamme che ci sorridono qui sulla terra e a quelle che, già in Paradiso, parlano dei propri figli a «tutti i santi», come fa Sant'Anna nella poesia.

Così umana

Non credono a sant’Anna tutti i santi importanti
che abbia conosciuto la Madre di Dio col vestitino corto
la treccina spiritosa e la frangetta allegra
in sandali con lacci non del tutto sicuri
se si possa impigliare ciò che è immortale
che correva come un passero polacco nel cortile
che sbirciava nel pozzo con l’occhio nocciola
come il cielo precipiti senza tante spiegazioni
che sapeva distinguere d’istinto come l’ape
il semplice bene ad uso quotidiano dalla perfezione
perché autentiche sono sempre le cose meno generiche
che si familiarizzava coi profumi e coi gusti ostinati
come il dolce, l’aspro, il salato e più spesso l’amaro
specie quand’era il cane dalla cuccia e non un arcangelo
a dimostrarle con la coda un lirismo primitivo

O figlia di sant’Anna dei quadri più vivi
così umana che non fosti adulta subito
(J. Twardowski, Affrettiamoci ad amare, Marietti)

venerdì 8 maggio 2020

Dieci tesi sullo stile di vita sacerdotale

«1. É più importante il modo in cui vivo da prete che l’attività che come prete svolgo.
2. É più importante ciò che Cristo fa in me di quel che io stesso faccio.
3. É più importante che io viva l’unità del presbiterio, piuttosto che realizzi da solo i miei impegni.
4. É più importante il servizio della preghiera e della parola che il servizio alla mensa.
5.É più importante che io collabori spiritualmente con gli altri, invece di voler fare tutto da solo.
6. É più importante che mi limiti a pochi e chiari punti, invece di fare tutto in fretta ed a metà.
7. É più importante agire nell’unità che operare, seppur perfettamente, nell’isolamento. Quindi è più importante la collaborazione del lavoro, la communio dell’actio.
8. Più importante, perché più feconda, è la croce, meno le nostre realizzazioni pratiche.
9. Più importante è l’apertura all’insieme (quindi all’intera comunità, alla diocesi, alla chiesa universale), meno gli interessi particolari, per quanto rilevanti.
10. Più importante è testimoniare a tutti la nostra fede, invece di sentirsi costretti a soddisfare le richieste che di volta in volta ci pervengono».
[Klaus Hemmerle e Wilhelm Breuning, 1981]

giovedì 7 maggio 2020

Il Santo Rosario – Misteri dolorosi (si pregano il martedì e il venerdì)

Primo mistero doloroso: L’agonia di Gesù nell’orto degli ulivi
«Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsemani, e disse ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare". E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me". E, avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!"» (Mt 26, 36-39).

-      Pensiamo alle cose che più ci preoccupano e ci fanno stare in pena
-      Pensiamo al dolore e alla sofferenza di tanti malati e agonizzanti
-      Pensiamo a chi assiste e cura i malati e gli agonizzanti
-      Pensiamo alla preghiera di Gesù nell’orto degli ulivi e alla Sua fiducia nel Padre che lo ama, lo custodisce, lo sostiene nella prova

PREGHIAMO perché tutti noi possiamo trovare in Dio la forza per sperare e amare


Secondo mistero doloroso: La flagellazione di Gesù
«Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: "Salve, re dei Giudei!". E gli davano schiaffi » (Gv 19,1-3).

-      Pensiamo a quei dispiaceri e a quei “dolori” che si ripetono in modo costante come i colpi di flagello durante la flagellazione e che ogni volta rinnovano il nostro dolore
-      Pensiamo a quei dispiaceri e a quei “dolori” che noi infliggiamo al prossimo in modo ripetitivo e constante, forse anche col sorriso sulle labbra. Pensiamo al dolore e alle sofferenze che arrechiamo con l’indifferenza, con il rancore, con i dispetti, con la sete di vendetta
-      Pensiamo alla grandissima sofferenza di chi subisce violenza
-      Pensiamo all’innocenza di Gesù, alla Sua mitezza, alla Sua scelta di rispondere al male con il bene

PREGHIAMO perché tutti noi, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, mite e umile di cuore, scegliamo di rispondere al male con il bene.


Terzo mistero doloroso: L’incoronazione di spine
«Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la corte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: "Salve, re dei Giudei!"». (Mt 27, 27-29)

-      Pensiamo alle “spine” conficcate nella nostra vita. Si sono conficcate nella nostra carne e alcune sono arrivate a graffiare e ferire anche il nostro cuore. Quanto dolore in questa corona da portare
-      Pensiamo alle “spine” che sono alcuni schemi da cui ci sembra di non poter uscire: emarginazione, cultura dello scarto, indifferenza, ingiustizia, giudizi e pregiudizi, atti di bullismo,… Riceviamo “corone” di spine, ma anche a come noi intrecciamo e diamo “corone” di spine. Riconosciamo una buona volta che noi e loro, tutti portiamo sul capo una corona e soffrendo portiamo le nostre spine.
-      Pensiamo ai prigionieri di un ruolo: il drogato, il barbone, il peccatore, l’immigrato, lo straniero, lo sfaticato,…
-      Pensiamo a Gesù maltrattato ingiustamente

PREGHIAMO chiedendo per tutti il dono dello Spirito Santo. La Sua grazia trasformi il cuore di tutti e ci aiuti a smettere di intrecciare corone di spine per noi e per il prossimo e ci sostenga nell’impegno di togliere le spine con la misericordia e l’amore.


Quarto mistero doloroso: La salita di Gesù al Calvario carico della croce
«Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. Condussero dunque Gesù al luogo del Golgota, che significa luogo del cranio» (Mc 15, 21-22).

-      Pensiamo a quanto desideriamo che qualcuno scelga di condividere con noi il peso del dolore, che qualcuno scelga di offrirci il suo aiuto.
-      Pensiamo alle persone che ci aiutano come Gesù e Simone di Cirene.
-      Pensiamo a chi è nel dolore e a come possiamo aiutarlo pregando per lui e offrendogli amicizia, ascolto, comprensione, aiuto, affetto
-      Pensiamo a Gesù che aiuta il Cireneo a scegliere l’amore al prossimo e a vedere che anche se all’inizio uno è «costretto» sulla via della croce, cammin facendo, si può sempre abbracciarla con amore quella croce

PREGHIAMO perché Dio conceda a tutti noi di condividere i pesi gli uni degli altri e di avere un cuore pieno di compassione e pietà cristiana


Quinto mistero doloroso: Gesù è crocifisso e muore in croce
«Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno"... Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Detto questo spirò» (Lc  23, 33-46).

-      Pensiamo alle situazioni in cui ci pare di morire. Pensiamo alla solitudine che ci assale.
-      Pensiamo alla solitudine di chi soffre nella comune indifferenza; pensiamo ai dimenticati e a quelli per cui nessuno più si commuove
-      Pensiamo a chi muore. Pensiamo ai tanti che anche oggi muoiono in croce
-      Pensiamo a Gesù e ai due malfattori che muoiono in croce. Sono lì insieme, anche se crocifissi per motivi diversissimi. La croce li avvicina, li lega. Ogni volta che ci raffiguriamo la Crocifissione di Gesù, sono lì con Lui anche quei due. Ormai ci sono diventati familiari. Ormai versiamo lacrime anche per loro. Com’è profondamente cristiano versare le nostre lacrime per ogni uomo, per quelli che consideriamo buoni, ma anche per quelli che consideriamo cattivi!

PREGHIAMO perché Dio ci conceda di fare nostre le parole di Gesù in croce: esse esprimono perdono e fiducia. Esse ci fanno piangere di compassione per ogni uomo: per il Giusto e per i malfattori, per i crocifissi e per i crocifissori. Per tutti chiediamo nella preghiera il dono dell’amore!

mercoledì 6 maggio 2020

La vita eterna

Don Placido aveva sempre con sé una scatolina di fiammiferi.

Gli servivano per accendere le candele in chiesa o per scaldarsi le dita quando sentiva troppo freddo; non di rado, però, accendeva un fiammifero quando le situazioni in cui si trovava erano immerse in un buio così fitto da far paura.

La piccola fiamma non illuminava a giorno, ma diradava le tenebre di quel tanto che bastava a dargli il coraggio di muover qualche passo e riprendere il cammino.

(dal diario di don Placido)


lunedì 4 maggio 2020

Gesù Buon Pastore

Pecorella in attesa dell'autobus per l'ovile

Don Placido rimase molto meravigliato quando vide in TV e su internet che le opinioni venivano prese per pastori.

Si meravigliò perché molte volte nella sua parrocchia in collina o nelle passeggiate in montagna aveva incontrato greggi di pecore, cani pastori e pastori.
Aveva anche conosciuto ragazzi, giovani, adulti e anziani che facevano i pastori.

Mai, però, gli era capitato di incontrare pecore guidate e custodite da opinioni.

Un po’ agitato, don Placido corse subito a prendere il suo Vangelo e si rincuorò rileggendo le parole stesse di Gesù: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore» (Gv 10, 11).

«Gesù è amore, non un’opinione», pensò don Placido guardando il Crocifisso.
E da quel giorno intensificò la preghiera per chi rischia di perdere Gesù Buon Pastore per andare dietro alle opinioni.

(dal diario di don Placido)

domenica 3 maggio 2020

Gesù buon pastore

Uno guardando la foto potrebbe dire: «Il pastore non c'è».
E se, invece, fosse stato proprio il pastore a scattare la foto ammirando la bellezza e la pace delle sue pecore?



sabato 2 maggio 2020

Meraviglioso Paradiso

«Adamo aveva perduto il Paradiso terrestre e piangendo lo cercava: “Paradiso mio, Paradiso mio, meraviglioso Paradiso”.
Ma il Signore con il suo amore gli donò, sulla croce, un Paradiso migliore di quello perduto, un Paradiso nei cieli dove risplende la Luce increata della Santa Trinità.
E come potremo contraccambiare l’amore che il Signore ha per noi?».
[Silvano del Monte Athos, Ho sete di Dio, Piero Gribaudi editore]

venerdì 1 maggio 2020

Fase2

Tra poco inizierà la fase2.

Vivrò la fase2 dandomi tempo e dando tempo.

Questa sarà la mia carità verso di me e verso il mio prossimo.

Ci sarà bisogno di "digerire" tutto quello che abbiamo vissuto
e con pazienza ricominciare.

Come me, tutti avranno bisogno di tempo.

Per questo scelgo benevolenza, mitezza, umiltà e magnanimità
come stile di comportamento da tenere sempre
e in particolare in questa crisi mondiale.

Lavorerò per la Comunione,
convinto che nella vita è sempre "Uno per tutti e tutti per Uno!".
E l'Uno è Cristo!!!

Fede e fiducia in Dio sempre!!! [dGL]

Lettera ai ragazzi della Prima Comunione




Parrocchia Cristo Re
Prime Comunioni 2020

Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore»(Gv 10, 11)

Cari ragazzi,
il primo maggio e il 3 maggio avremmo celebrato la festa della Prima Comunione, tutti insieme, tutti nella nostra Chiesa di Cristo Re!
Per la prima volta vi sareste avvicinati all’altare per ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo.

Ma c’è stato un imprevisto che nessuno si aspettava.
Un imprevisto che ci ha costretto a cambiare i nostri programmi, ma non ci ha impedito di essere in Comunione con Gesù! Addirittura ci ha fatto vedere un lato della Comunione che vediamo sempre troppo poco.

Con la Comunione capita un po’ quello che succede con la luna: c’è, infatti, una faccia della luna che noi dalla terra non vediamo.
Eppure sappiamo bene che c’è.

Può capitare qualcosa di simile anche con la Comunione.
C’è una faccia della Comunione che a volte rischiamo di dimenticare.

La Comunione con Cristo ci fa Uno in Cristo: quando siamo in comunione con Cristo, siamo membra del Suo Corpo che è la Chiesa! Noi siamo in Comunione con Cristo fin dal giorno del nostro Battesimo: Egli è sempre con noi!

Il tempo che stiamo vivendo a casa per evitare di ammalarci, ci ha fatto conoscere meglio l’altra faccia della Comunione!

È vero che quest’anno abbiamo potuto fare catechismo per poco tempo, ma la nostra vita è tutta un catechismo in cui il Catechista è Gesù, che ci parla anche attraverso le persone che ci vogliono bene e vogliono il nostro bene!

Così il catechismo vissuto a casa ci ha fatto sperimentare la Comunione.
L’abbiamo sperimentata quando ci hanno spiegato che dovevamo restare a casa, quando ci hanno detto di aver pazienza e di rinunciare anche ad abbracciare i nonni, gli amici, i malati, le persone a cui vogliamo bene, l’abbiamo vissuta quando abbiamo pregato in famiglia, quando abbiamo chiesto a Dio di aiutare gli ammalati, i medici, gli infermieri e quando abbiamo chiesto per tutti i defunti il dono del Paradiso e in tante altre occasioni. E ci siamo sentiti importantissimi, come chi ama: da noi dipende il bene di un sacco di gente, anche di persone che non conosciamo. Abbiamo fatto esperienza del sacrificio fatto per amore di qualcuno, rinunciando ad andare al campetto a giocare o rinunciando alla passeggiata sul lungomare. Ma questi sacrifici ci hanno fatto sentire quanto è importante vivere volendoci bene, perché tutti possano stare bene!

E anche se non potevamo stare insieme, ci siamo sentiti vicini, abbiamo imparato a voler bene a tantissime persone e ci siamo preoccupati per loro, per la loro salute!

Il primo e il 3 maggio non possiamo celebrare la Prima Comunione, ma quando la celebreremo, avremo nel cuore ben scolpita l’altra faccia della Comunione e spero che non dimenticheremo mai tutte e due le facce: la celebrazione dell’Eucaristia e la Comunione d’amore che ci lega a Cristo e in Lui a ogni uomo, perfino ai Santi!

In attesa di poter celebrare la Prima Comunione, in questi giorni che trascorriamo a casa, esercitiamoci a guardare Gesù e a imparare da Lui a pregare, ad ascoltare, a ringraziare, a servire e a perdonare!
E ricordiamoci sempre che Lui è l’Amico che sta sempre con noi e ci guida alla felicità!
Sarà Gesù stesso a preparare per noi la mensa della Prima Comunione!

Vi saluto con affetto e vi benedico, amici miei!
E benedico anche le vostre famiglie che in questi giorni, con l’aiuto dei catechisti, vi stanno accompagnando nel cammino con Gesù!

A presto!
don Gian Luca

Il Vangelo di oggi (Gv 6, 52-59) e la nostra vita di sempre