martedì 14 ottobre 2025

CAN CHE ABBAIA, ABBAIA


Alle 05.00 mi sveglio e sento abbaiare un cane.
È distante, ma abbaia, abbaia e non si stanca.
È ancora presto: provo a riaddormentarmi.
Ma ho visto troppi film di Lassie e comincio a pensare che se un cane abbaia, c'è sempre un motivo: o vuole comunicare qualcosa o vuole farsi notare da qualcuno.
 
Con chi sta comunicando il cane delle 05.00 del mattino?
Per chi sta abbaiando?
E perché nessuno gli risponde?
 
E così mi ritrovo a pensare a tutti quelli per cui nessuno abbaia, a tutti i dimenticati, a tutti quelli che sono stati messi da parte, quelli che nessuno vede, i poveri, gli ultimi, i bambini, gli ammalati, gli anziani, i deboli,...
Chi abbaia per loro?
Chi richiama l'attenzione sulle loro situazioni, sulle loro necessità e diritti?
Forse solo pochi "cani", sempre più soli, e il loro abbaiare è sempre più lontano, ma insistono, insistono e non si stancano...
 
Mancano 71 giorni a Natale e oggi ho pregato per tutti quelli che stanno perdendo o hanno perso la speranza d'esser visti, ascoltati, aiutati, rialzati.
E devo ringraziare quel piccolo cane che stamattina alle 05.00 col suo abbaiare, indirettamente e inconsapevolmente, mi ci ha fatto pensare.
 
FRASE DEL GIORNO: "... la Morte altro non è che castigo all'egoismo, cade e rimane in lei chi sceglie di esistere solo per sé" (Luigi Santucci, Una vita di Cristo, ed. San Paolo)
 
CANZONE DEL GIORNO: L'ultima luna (Lucio Dalla)

martedì 7 ottobre 2025

La Parrocchia luogo di vita

 

La Parrocchia è un luogo di vita in cui si offre e si riceve vita.
È tutti i giorni così, ma alcune volte lo noto in modo più forte e chiaro!
 
Tipo sabato 4 ottobre in occasione del primo incontro dell'Acr parrocchiale.
La folla di bambini, ragazzi, genitori, catechisti ed educatori che si è radunata sotto il portico della chiesa in attesa di entrare, ha attirato gli sguardi dei passanti e ha incuriosito anche le persone più anziane.
 
Così a un certo punto ho visto in chiesa alcune "bisnonne" che di solito si incontrano tra loro in piazza o nella pinetina accanto alla chiesa. Le ho viste entrare e guardare tutte contente la miriade di "nipoti" e "bisnipoti" e le ambientazioni "spaziali" create dai catechisti per l'occasione!
 
E così ho visto la Parrocchia e la comunità cristiana non come luogo per l'infanzia e per la vecchiaia, ma come luogo in cui tutti si incontrano e ricevono vita da Dio e dal prossimo in modo gratuito!
 
Qualche giorno prima, una giovane mamma, al termine della Messa della Domenica mi diceva che la figlioletta di un anno aveva "socializzato" con tutti durante la Messa e lo diceva scusandosi con me perché la bambina, con la sua bellissima vivacità, aveva "disturbato" la celebrazione.
 
Allora le ho chiesto: «Ma le persone con cui ha "socializzato" le hai viste infastidite?».
E lei: «No, anzi! Erano tutte contente!».
 
Ecco la Messa: un luogo in cui il riunirsi di tutti, dal più piccolo al più grande, nel nome di Gesù Cristo ci fa contenti!
 
Senza contare che oggi per qualche nonno e bisnonno, la Messa è l'unica occasione di vedere e incontrare neonati, bambini, ragazzi e giovani!!! E questo incontro sicuramente è per loro e per tutti una gioia stratosferica!!!

lunedì 22 settembre 2025

I’m no Superman

Se penso al parroco e alla sua carità pastorale, mi viene in mente don Pietro, il parroco del mio Battesimo e della mia Prima Comunione a San Martino.

Don Pietro era un prete dedito per tutta la vita alla cura delle anime in una parrocchia che aveva soltanto la chiesa e una piccola sacrestia, ricavata nell’abside della stessa chiesa. Un piccolo campetto e la casa parrocchiale erano distanti dalla Chiesa e non raggiungibili a piedi. Perciò, per noi bambini e ragazzi di San Martino, la Parrocchia era l’edificio della chiesa e quel muretto sul sagrato dove da piccolo mi arrampicavo e mi sembrava di aver compiuto un’impresa.

Oggi mi viene in mente don Pietro perché è un parroco che nel tempo ha continuato a svolgere la sua missione di apostolato nell’ordinario e con i mezzi che aveva a disposizione, confidando nella Provvidenza di Dio e nelle buone relazioni che nel tempo si instaurano tra il parroco e i suoi parrocchiani.

Oggi ripenso a don Pietro e riconosco l’eroicità della sua carità pastorale “di tutti i giorni”. Non è mica facile incontrare ogni giorno per anni le stesse situazioni, farsi carico ogni mattina degli stessi problemi, accompagnare i fedeli dall’inizio alla fine della vita e non stancarsi di esserci sempre e per tutti, offrire l’ascolto senza essere invadenti, custodire le persone senza cedere alla tentazione di dirigere la loro vita, essere servo e non trasformarsi in padrone, visitare poveri e ammalati e portare a tutti una parola di conforto o d’incoraggiamento.

Non è facile, eppure negli anni ho visto don Pietro continuare così, con umiltà e mitezza, nel nascondimento, senza mai cercare visibilità, senza pretendere nulla e contento di essere “trovato” da chi con amicizia ha continuato a cercarlo, anche dopo la pensione.

Oggi sono parroco e mi rendo conto che non è per niente facile né scontata una fedeltà così: abbracciare la quotidianità con amore senza cedere all’amarezza o all’insofferenza di non riuscire a formarla (o sformarla) secondo il mio desiderio o secondo la mia visione delle cose, aver rispetto della storia e del cammino di un popolo a cui sono mandato come servo e non come padrone. Non è per niente facile evangelizzare con le capacità e le risorse che ho e non con quelle che “se le avessi, allora sì che potrei evangelizzare efficacemente”. Non è per niente facile scegliere l’ultimo posto con letizia e non con fastidio o con rassegnazione, …

Non dico che la carità pastorale sia solo questo: certamente è anche tanto altro e ognuno la vive secondo la sua vocazione e secondo la realtà in cui si trova, ma ci tengo oggi a dire che la carità pastorale è anche quella di don Pietro e chissà di quanti altri (ieri e oggi) e che i frutti della carità pastorale restano qualcosa di cui rallegrarsi ed essere grati perché dono di Dio e non perché merito delle proprie capacità.

giovedì 4 settembre 2025

Il racconto di Pietro, il primo uomo pescato (rileggendo Lc 5, 1-11)


Tutto ciò da cui pensavo di dovermi tenere a distanza, tutto ciò che non avrei mai sperato di vedere…
Colui che pensavo si tenesse a debita distanza da me e da cui io, peccatore, sapevo di dovermi tenere alla giusta distanza (cfr. v. 8)…
… improvvisamente mi si fa vicino, vicinissimo.
 
Lo vedo, ascolto la Sua voce. Mi parla.
Addirittura mi prega di scostarmi un poco da terra (cfr. v. 3).
Si rivolge a me come se fosse in tutto simile a me, eppure non lo è: io sono un peccatore, Lui è il Signore!

Per questo mi affretto a dirgli:
Allontanati da me!
Noi non dobbiamo stare vicini!
Io non posso starti vicino: sono un peccatore.
Io è normale che ti cerchi, che venga a Te, che cerchi di toccare il lembo del Tuo mantello, che faccia di tutto pur di vederti, che Ti preghi di farmi grazia, di ascoltarmi, di avere pietà di me…
Ma Tu?
Tu che bisogno hai di cercare me?
Di salire sulla mia barca, di entrare nella mia casa, di farti vedere mentre parli e cammini con me?
Tu vieni a cercarmi?
Tu mi chiami?
Tu guardi proprio me?
Tu mi scegli?
 
E Tu: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (v. 10).
 
E io quasi non credo ai miei orecchi quando mi rendo conto che davvero mi vuoi con Te! E che sei proprio Tu a guardarmi, ad ascoltarmi, a dirmi parole di vita eterna, parole che riempiono le reti.
 
Non è una mia fantasia quella di poterti seguire, di camminare con Te, di non essere mai solo perché Tu sei con me. Sei proprio Tu, infatti, a farti mio prossimo, a togliere ogni distanza, a donarti a me tutto intero.
Sei Tu a fare comunione con me e a offrire Te stesso per la vita mia e di ogni uomo.
 
Con Te, Signore, tutto è nuovo!
Anche il mio vecchio mestiere di pescatore, anche la mia famiglia, anche il mio modo di vedere, sentire, vivere.
Tutto è per Te, con Te, in Te!

martedì 2 settembre 2025

Una mostra può fare

 

«Una mostra può fare», direi così, ispirandomi alla canzone di Max Gazzè che si intitola «Una musica può fare».

A quasi un mese dall'apertura, infatti, ho visto e sentito quello che una mostra può fare.

Naturalmente sto parlando di quello che la mostra ha fatto per me. Poi ciascuno potrà dire ciò che la mostra ha fatto per lui (anche nei commenti qui sotto).

Innanzitutto questi due giovani amici, Carlo e Pier Giorgio, mi hanno fatto pensare al Paradiso almeno due volte al giorno: una volta al momento dell'apertura (al mattino) e una volta al momento della chiusura (alla sera). Ho scritto "almeno" perché ogni giorno mi capita di passare davanti alla porta di ingresso anche in altri momenti della giornata e ogni volta vengo "salutato" dal loro sorriso nelle due foto che accolgono il visitatore.
E pensare al Paradiso, due o più volte al giorno, mi fa bene: mi ricorda di cercare il Paradiso, mi fa ringraziare per il dono del Paradiso, mi fa servire Dio e il prossimo per il Paradiso!

Poi ho visto catechisti e ragazzi coinvolgersi come guide per i visitatori e mettersi sulle tracce di questi due giovani per scoprirne la vita e il segreto della loro vivacità e felicità. E così, ascoltando i ragazzi, ho notato particolari della vita che mi erano sfuggiti o a cui non avevo mai fatto caso e mi sono reso conto che ciascuno di noi riceve lo stesso messaggio ma ognuno lo rielabora con sfumature diverse e se decidiamo di condividere le nostre impressioni e risonanze, ci ritroviamo arricchiti e pieni di meraviglia!

Poi ho visto una Nonna che mi ha detto che tutte le mattine con suo nipote nel passeggino fa visita a Carlo e Pier Giorgio. E sono stato tutto il giorno a pensare a cosa vede un bambino piccolo quando incontra quelle foto così grandi. Chissà che effetto gli fa! Il bambino l'ho visto contento, quindi sicuramente sarà stato un bell'effetto!

Poi ho visto un bambino che, soffermandosi sull'ultima frase scritta da Pier Giorgio prima di morire [«Ecco le iniezioni di Converso, la polizza è di Sappa. L'ho dimenticata, rinnovala a mio conto»], ci ha chiesto cosa significava. E così da quella sua domanda ho notato che anche in punto di morte il pensiero di Pier Giorgio era rivolto non a se stesso ma al suo prossimo: si preoccupava di due persone a cui non aveva fatto in tempo a provvedere.

Poi ho visto due santini, quelli che vedete nella foto. Li ha fatti un ragazzo prendendo le immagini dei due santi e scrivendo sotto un suo pensiero dopo aver letto la vita di Carlo e Pier Giorgio: «Siamo tutti fatti di cielo, di gioia e santità!» e «La strada della santità è fatta di infiniti viottoli di gentilezza, bontà e gratitudine». E Domenica, insieme ai suoi amici, ha distribuito i santini a tutti i visitatori.

«La strada della santità è fatta di infiniti viottoli di gentilezza, bontà e gratitudine». Penso sia davvero così. Penso che la via del Paradiso sia proprio alla nostra portata e che i due giovani "vivissimi" Carlo e Pier Giorgio ce l'abbiano indicata: nel corso della loro vita terrena non hanno fatto miracoli che li hanno resi straordinari, ma hanno semplicemente vissuto il loro essere cristiani e così si sono distinti per l'amicizia, per la sincerità, per la carità, per l'umiltà nel mettersi al servizio, per l'allegria, per la compassione, per l'evangelizzazione! Tutte cose in cui anche noi possiamo distinguerci vivendo da cristiani, cioè lasciando che Cristo viva in noi: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 19-20).

E infine una mostra può fare...

Beh, "infine" non posso ancora dirlo perché la mostra è ancora aperta e chissà quante altre cose belle mi succederanno prima della sua conclusione!

Se tu non ci sei ancora stato, t'invito a visitarla e intanto ti saluto con questa bella canzone che s'intitola "Paradiso, Paradiso"!



giovedì 28 agosto 2025

Tutti benedici!


Quando il portone centrale della Chiesa è aperto, passando ho l’impressione di essere guardato da Te che tutti benedici, perché tutti ci ami.
Sulla strada la gente passa in continuazione. Qualcuno entra per una breve visita, ma tutti Tu accompagni e benedici, anche quelli che non ne sono consapevoli o dicono di non avere bisogno di Te e della Tua benedizione.
 
Tu sai cosa portiamo nel cuore. Spesso nemmeno noi lo sappiamo, ma solo avvertiamo una certa inquietudine, come un senso di vuoto da colmare. Tra le tante cose da fare ci affrettiamo e troviamo il modo di non pensarci, ma qualcosa ci rende inquieti, un po’ tristi, insoddisfatti, forse scontenti.
 
E Tu ci guardi passare.
 
Sei salito sulla croce per noi.
Sei morto.
Poi sei risorto e cammini con noi, non ci lasci mai soli.
E per me, credente, è bello sapere che ci tieni a me e mi guardi.
Ed è bello sapere che Tu fai compagnia anche all’uomo che a me pare più solo e abbandonato, anche a quello che io non so come aiutare. Il più emarginato, il più scartato, il più sconfitto è sempre in Tua compagnia e Tu fai di tutto perché non vada perduto, anche se ai miei occhi sembra ormai definitivamente perduto.

domenica 24 agosto 2025

La porta


Omelia della XXI Domenica del Tempo Ordinario – Lc 13, 22-30
 
Lc 13, 22-30: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta…” (v. 24).

Lc 16, 19-31: “Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe” (vv. 20-21).

 
Quando, nel Vangelo di oggi, ho letto la parola “porta” mi è venuta in mente la “porta” della parabola di Lazzaro e del ricco Epulone e in particolare il fatto che il ricco ogni giorno aveva l’occasione di oltrepassarla. Aveva tutto il tempo di farlo, eppure non gli è riuscito di farlo. E allora mi è venuto il dubbio: era stretta la porta, o era grande, troppo grande il ricco?
 
Così mi sono messo a pensare e mi sono accorto che per tutta la vita avrò accanto uno più piccolo di me. Sempre. E tra me e questo “più piccolo” ci sarà sempre la porta della parabola: il più piccolo starà sempre alla mia porta, come Lazzaro. E Gesù gli starà sempre accanto. È facile immaginare la scena: io sto da una parte della porta e Lazzaro con Gesù sta dall’altra. La porta è sempre aperta, spalancata.
 
Dunque, tra me e il più piccolo c’è questa porta, che più io mi faccio grande e più essa mi risulta stretta. Per passarci devo lasciarmi “portare” dalla carità. E finché resto nelle mie ricchezze, in me stesso, nei miei beni, nei miei affari, finché sono tutto preso da me stesso e dal mio bene, dal mio tempo, dalla mia vita, dal mio spazio,… divento sempre più grande ed è sempre più difficile che io riesca a passare per la porta.
 

Arriva, infine, un momento, un tempo, l’ultimo tempo, in cui non riesco più a passare e la condizione che ho scelto di vivere, resta quella per l’eternità: circondato da cose, da beni materiali, sazio di me stesso, ho vissuto sulla terra nell’illusione che quella fosse la bella vita ed è stato anche piacevole, ma nel giorno del giudizio ogni illusione svanisce e mi resta solo il dolore di non aver vissuto e di non poter più vivere. E sarà dolore per sempre.

 
Se stasera siamo qui, è perché non siamo ancora diventati così grandi da non riuscire ad attraversare la porta stretta: infatti sentiamo ancora il desiderio di donare la nostra vita e di amare; siamo ancora in grado di riconoscere e apprezzare l’amore che riceviamo; sentiamo che è l’amore che riceviamo e doniamo a farci vivere; sentiamo quanto è bella la condivisione, la pace, la fraternità, l’amicizia, l’amore! È questo il momento di prendere e attraversare la porta stretta che ci separa dal “nostro” Lazzaro: ce n’è uno proprio alla tua porta! Guardalo. Ascoltalo. Abbi compassione con lui e di lui. Prenditene cura! Ogni Lazzaro a cui ti fai prossimo, ti fa un po’ più piccolo, più piccolo, più piccolo,… ti fa giusto per passare la porta stretta, ti fa giusto giusto per il Paradiso!