martedì 25 ottobre 2011

Quando l’Amore fa battere il cuore…

Si va da Gesù per i motivi più disparati: chiedere un consiglio, vederlo, essere guariti, metterlo alla prova, contraddirlo, ascoltarlo e convertirsi, seguirlo, stare con Lui, imparare da Lui, lasciarsi amare da Lui,…
Eppure, tutti vanno da Gesù perché in fondo riconoscono in Lui un Maestro, un conoscitore di cuori. 
E Gesù non perde mai l’occasione di parlare al cuore per accendere l’amore.
Lo fa con il Dottore della Legge (Mt 22, 34-40), ma lo fa sempre con ciascuno di noi. 
Egli ci dice: «Ama!». 
L’Amore fa battere forte il cuore e rende l’uomo capace di obbedire. 
Se come l’autore del salmo 17 (18) arriveremo a dire: «Ti amo, Signore, mia forza», faremo con gioia la Sua volontà. [dGL]

sabato 22 ottobre 2011

Stammi ancor vicino...

Stammi ancor vicino, Signore.
Tieni la tua mano sul mio capo,
ma fa' che anch'io tenga il capo sotto la tua mano.
Prendimi come sono,
con i miei difetti, con i miei peccati,
ma fammi diventare come tu desideri
e come anch'io desidero.
[Giovanni Paolo I]

sabato 15 ottobre 2011

Dalle opere di Santa Teresa di Gesù

"Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno e ama sinceramente. Infatti ho sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da Lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale Egli ha detto di compiacersi. [...] 
Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto. Che cosa possiamo desiderare di più, quando abbiamo al fianco un così buon amico che non ci abbandona mai nelle tribolazioni e nelle sventure, come fanno gli amici del mondo? Beato colui che lo ama per davvero e lo ha sempre con sé!"

lunedì 10 ottobre 2011

Povero Pilato...

Nel Vangelo di Giovanni, Pilato non mi rimane impresso per il celebre lavaggio delle mani – l’evangelista non ne fa menzione – ma perché sembra convinto di avere in mano il potere di vita o di morte sugli uomini. Questa illusione di essere detentore di un potere che basta da solo a guadagnargli importanza, autorità, rispetto, sicurezza, onore,… viene subito sgretolata da Gesù.
La Sua Parola, ancora una volta, rivela l’uomo all’uomo: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande» (Gv 19, 11).

Negli ultimi tempi, quando incontro qualcuno che fa il leone con i teneri agnellini e poi fugge vedendo da lontano i dentini di un dolce cucciolo di leone, non posso proprio fare a meno di sorridere con compassione. [dGL]

giovedì 6 ottobre 2011

Da bordo campo...

Diventare un panchinaro non era il suo sogno da bambino, ma, dopo i primi mesi da professionista, aveva deciso di ricoprire con arte il ruolo di riserva. Nella squadra c’erano tanti campioni e non poteva pretendere il posto da titolare. Il suo scarso impiego in partita, però, non gli aveva fatto perdere la voglia di allenarsi ed era sempre il primo ad arrivare al campo e l’ultimo ad andarsene. Studiava le partite con estrema cura e si accomodava in panchina con il sorriso di chi ha il cuore lieto ed è pronto in qualsiasi momento a dare il massimo.
L’allenatore lo sapeva e apprezzava le sue qualità, che già in diverse occasioni avevano permesso alla squadra di raddrizzare un risultato. Aveva un unico difetto: non riusciva ad assimilare gli schemi di gioco. Questo, oltre a relegarlo in panchina, lo faceva sembrare ai più – a chi si fermava all’apparenza – un giocatore indisciplinato, difficile da gestire, un vero e proprio cruccio per un CT. Chi lo aveva allenato, invece, aveva potuto conoscerne l’umanità, la prontezza al sacrificio, la capacità di fare gruppo, la correttezza. Sarebbe stato un ottimo capitano… Ma si è mai visto un capitano che sta in panchina?
Prima di una partita era sempre tranquillo perché sapeva che, una volta accarezzato con i tacchetti il terreno di gioco, in lui si sarebbe acceso un fuoco che lo avrebbe reso imprendibile e imprevedibile. Lanci precisi per gli attaccanti, recupero di palloni persi, incursioni nell’area avversaria e assist da sogno.
I tifosi si erano abituati a invocare il suo ingresso in campo ed egli non deludeva mai le loro aspettative, restaurando e abbellendo con fantasia ogni match.
Nell’ultima partita di coppa, aveva messo in mostra tutto il suo talento. Entrato a venti minuti dal fischio finale, quando le due squadre erano ancora in parità, era riuscito a inventare l’assist per il vantaggio e a segnare il goal che aveva definitivamente chiuso la partita, scatenando l’entusiasmo dei tifosi.
Il giorno dopo, tutti i giornali avevano parlato dell’impresa. Un cronista lo aveva addirittura paragonato a Ermes, messaggero degli dei con le ali ai piedi; in occasione del primo goal, infatti, aveva seminato lo scompiglio nel centrocampo avversario, si era involato sulla fascia e aveva recapitato la sfera all’attaccante. Il compagno di squadra aveva guardato la palla scendere morbida in direzione del suo piede. Gli era bastato coordinarsi e indirizzarla verso la porta per battere il portiere. Il secondo goal, arrivato a cinque minuti dalla fine, aveva consentito alla squadra di mettere in cassaforte il risultato e il passaggio del turno.
Nonostante quella partita da protagonista, nonostante gli elogi, non si era montato la testa e, come tutte le volte, aveva ringraziato il Signore e festeggiato con gli amici. [dGL]

sabato 1 ottobre 2011

Lettera ai cresimandi 2011

Mc 4, 1-9
Mc 4, 26-29

«Ecco, il seminatore uscì a seminare» - l’opera del seminatore
«Mentre seminava, una parte...» - il destino di un seme

Cari amici,
siamo ormai arrivati a un passo dal sacramento ed è giusto essere un po’ emozionati, o timorosi, o non sentirsi ancora pronti per riceverlo. Oggi siamo qui per cercare di stabilire qualche punto fermo nel cammino di fede, che dal giorno del Battesimo stiamo vivendo. Vorrei soffermarmi principalmente su due temi: l’opera del seminatore; il destino di un seme.

Il seminatore non è un uomo qualunque, non è uno che prende dei semi e li getta via senza una cura per il seme. E, se ci fate caso, rileggendo la parabola, vi accorgete che il seme non è mai sprecato; anche quello che cade sulla strada e viene mangiato dagli uccelli, serve a qualcosa. È il nutrimento per queste piccole creature di Dio. Il seminatore è un contadino esperto e sa quello che sta facendo; egli getta il seme. Lo pensa proprio per quel terreno e lo getta proprio là.

Dio pensa quel seme proprio per te, qualsiasi terreno tu sia! E quel seme è solo per te: non è anche per Mario, Luigi, Letizia, Beatrice,... Gli altri hanno il loro seme. Quante parole, quante proposte, quante occasioni ogni giorno intercettano la nostra vita!!! Quante meritano di essere colte? Quante ci interessano? Ma soprattutto so subito con certezza cosa scegliere?

Il destino di un seme. Nel primo caso (strada), abbiamo visto che il seme non fa in tempo a germogliare perché gli uccelli lo mangiano.
Negli altri casi, però, c’è sempre un inizio:
«subito germogliò perché il terreno non era profondo…»;
«i rovi… la soffocarono e non diede frutto…»;
«diedero frutto: spuntarono, crebbero…».

Innanzitutto desideriamo fare spazio al seme, creare le giuste condizioni in un clima di fiducia in qualcuno, non solo in Dio ma anche in qualche amico (genitore, padrino/madrina, catechista, prete, suora...) che ci possa aiutare con la sua esperienza di fede a fare discernimento; in un clima di disponibilità ad accogliere quelle che sono proposte, occasioni; in un clima di silenzio che ci permetta di fermarci un momento a considerare il senso di quello che viviamo.

Il destino del seme è raccontato bene da un’altra parabola che troviamo sempre in Mc 4. Si tratta della parabola del seme che spunta da solo. Il seme germoglia per una forza che ha dentro. La Parola di Dio, il Vangelo ha già in sé una forza straordinaria che nessuno può arrestare. Se uno ha fede, essa germoglia e cresce.

Vi racconto in breve la mia storia. Io sono diventato prete per aver ascoltato tre versetti, tre granelli di senape. Il primo è Mc 3, 14: «Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare»; il secondo è Lc 5, 4: «Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”»; il terzo è Gv 21, 17: «Gli disse per la terza volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”». Questi granelli di senape, seminati in tempi diversi, sono germogliati nel mio cuore, sono cresciuti e ora sono giovani alberi, bisognosi ancora di cure, ma robusti abbastanza da resistere ai venti. Sono prete perché desidero stare con Gesù e questo mi basta. Sono prete perché Gesù ogni giorno mi chiede di prendere il largo e, anche quando la notte è stata insonne e fallimentare, di avere fiducia nella Sua Parola, che chiama proprio me. Sono prete perché Gesù nelle persone che incontro mi chiede di continuo: «Mi vuoi bene?» e la risposta è quella di Pietro: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene».

Non è essenziale per la nostra vita sapere quale terreno siamo stati, né è essenziale sapere quale terreno vorremmo essere. È essenziale oggi, e sottolineo oggi, sentirsi personalmente destinatari di quel seme. Il seminatore lo getta proprio a te e tu ne diventi custode, tu puoi essere migliorato da quel seme, tu puoi diventare terreno buono grazie a quel seme… Io non sono un uomo del fare (e devo ringraziare Dio e qualche buon amico che in questi giorni mi ha aiutato finalmente a fare verità). Il fare, da solo, non ha senso. È invece urgente imparare a STARE con Gesù. È Lui che dà senso a tutto quello che facciamo e viviamo (oratorio, camposcuola, parrocchia, ma anche scuola, pallavolo, sport, fidanzata/o,… Tutte queste cose senza di Lui non hanno alcun senso). Fate la Cresima perché Gesù vi ama, non perché siete bravi e sapete fare tante cose!

Amate Gesù! Amate quello che vivete e quello che vivrete! Prendetevi cura di chi avete intorno a voi! È il segreto della bellezza e della felicità! Cambierete voi e cambierete il mondo! Voi non siete il futuro di san Benedetto, non siete il futuro della Chiesa, non siete il futuro del mondo! Non serve a niente convincersi di essere il futuro se non potete esprimere nel presente ciò che siete, ciò che amate, ciò che desiderate! Noi siamo il presente che si apre con fiducia al futuro perché tutto viviamo alla presenza di Dio; oggi dovete sorridere, amare, colorare, parlare, correre, vivere. Oggi dovete appassionarvi, lottare, sacrificarvi per ciò che amate veramente! Fate verità in voi stessi e non attendete di essere grandi per convertirvi, per fare scelte belle, per imparare ad amare davvero Gesù e il prossimo! Si diventa santi partendo dall’oggi, da quel seme che germoglia nel cuore!

Disegnate la vostra vita seguendo una prospettiva diversa da quella geometrica e indifferente della ragione! Seguite la prospettiva del cuore, che disegna ciò che non è, per meglio vedere ciò che è. «Un esempio: aspettate qualcuno. Aspettate la vostra bella. Sta per arrivare. L’ha detto. L’ha promesso. Arriverà da quella parte. Fissate l’orizzonte, contemplate il paesaggio (che fa? Dovrebbe essere già qui). Nel paesaggio vi sono cose di diversa grandezza (foresta, case, strada). Quando finalmente lei arriva, tutte le proporzioni del paesaggio sono come sconvolte: questa figura minuta, là in fondo, appare all’improvviso più grande della foresta, delle case, della strada. Colei che agli occhi del geometra sarebbe giusto una macchia in lontananza diviene agli occhi dell’innamorato più grande dell’universo. Si vede ciò che si spera. Si vede a misura della propria speranza». (C. Bobin, Francesco e l’infinitamente piccolo)

Buon cammino!

don Gian Luca