mercoledì 29 aprile 2020

Sguardo limpido

«Ringrazio per il bell'esempio che mi danno tanti cristiani che offrono la loro vita e il loro tempo con gioia. Questa testimonianza mi fa tanto bene e mi sostiene nella mia personale aspirazione a superare l'egoismo per spendermi di più» (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 76).

Il segreto è la gratitudine.

Prima di tutto essere grati,
poi guardare, sentire, leggere, scrivere, pensare, pregare, amare,…

Senza gratitudine abbiamo l’impressione, solo l’impressione, di essere acuti osservatori:
senza gratitudine, mettiamo in luce anche la pagliuzza che nessun altro è in grado di vedere;
senza gratitudine, siamo capaci di pesare e di far pesare anche un granellino di polvere;
senza gratitudine, siamo sempre convinti di avere ragione.

Senza gratitudine, quanto siamo lontani dalla verità su noi, sulla vita, sul mondo, sugli altri uomini, sul prossimo,… su Dio!

E quanto è limpido invece lo sguardo di chi è grato!

Il Papa scrive una Esortazione Apostolica
e nell’Esortazione Apostolica dedica delle righe a me e a te,
che nell’ordinario siamo in battaglia con il nostro personale egoismo,
e dice che quando offriamo la nostra vita e il nostro tempo con gioia gli diamo bell’esempio!
E il Papa ringrazia per il bell’esempio!

Oh Gesù, insegnaci la gratitudine!
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11, 28-30).

lunedì 27 aprile 2020

«Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» (Rm 8, 31-39)

«L’Amico andò in una terra straniera, dove pensava di trovare il suo Amato, e nel cammino l’assalirono due leoni. L’Amico ebbe paura di morire, giacché voleva vivere per servire il suo Amato; e a lui volse il ricordo perché l’amore fosse presente nel momento della morte, e con l’amore potesse sostenerla meglio. Mentre l’Amico ricordava l’Amato, i leoni gli s’avvicinarono mansueti, lambirono le lacrime che cadevano dai suoi occhi e gli baciarono le mani e i piedi. E l’Amico se ne andò tranquillo a cercare il suo Amato».
[Raimondo Lullo, Libro dell’Amico e l’Amato, ed. Città Nuova, p. 55, n. 112]

domenica 26 aprile 2020

Il Vangelo di oggi (Lc 24, 13-35) e la nostra vita di sempre


L’amore

Chiesero all’Amico a chi apparteneva.
Rispose:
«All’amore».
«A che appartieni?».
«All’amore».
«Chi ti ha generato?».
«L’amore».
«Dove sei nato?».
«Nell’amore».
«Chi ti nutrì?».
«L’amore».
«Di che cosa vivi?».
«Dell’amore».
«Qual è il tuo nome?».
«Amore».
«Da dove vieni?».
«Dall’amore».
«Dove vai?».
«Dall’amore».
«Dove stai?».
«Nell’amore».
«Hai qualcos’altro oltre all’amore?»
Rispose:
«Sì, colpe e offese verso il mio Amato».
«Vi è perdono nel tuo Amato?».
L’Amico disse che nel suo Amato c’era misericordia e giustizia, e perciò la sua dimora era tra timore e speranza.
[Raimondo Lullo, Libro dell’Amico e l’Amato, ed. Città Nuova, p. 52, n. 97]

sabato 25 aprile 2020

Grazie, Gesù!!!

24 aprile 2010 - Cattedrale S. Maria della Marina (Ordinazione presbiterale) - al centro il Vescovo mons. Gervasio Gestori e i due "preti novelli" don Tiziano e don Gian Luca

25 aprile 2010 - Parrocchia Madonna della Speranza (Prima Messa)

Foto di famiglia

Cari amici,
sono passati 10 anni da quel 24 aprile 2010 in cui sono nato come prete!
Ringrazio il Signore per il dono della vita, per il dono della vocazione alla santità, per il dono di fede, speranza e carità!

A 10 anni il pensiero va alla mia famiglia, ai maestri e alle maestre e a tutti i compagni di scuola, incontrati prima e dopo la mia nascita come prete.
Penso con gioia a ogni persona con cui ho condiviso anche un solo momento della vita!

Penso ai miei confratelli nel sacerdozio, ai miei compagni nel Seminario di Milano, e al mio "confratello gemello" don Tiziano. Con lui è iniziata la bella avventura del Seminario. Ricordo ancora il giorno in cui ci incontrammo nel corridoio dello studio del Vescovo. Saremmo entrati in seminario qualche giorno dopo: lui a Fermo e io a Milano.

Oggi ho 10 anni, frequento la quarta elementare e penso alla quinta elementare e agli anni che si aprono davanti a me: le medie e le superiori,...
Chissà come saranno?
Non lo posso sapere, ed è molto meglio così!
Altrimenti tutto diventa scontato e non c'è attesa, né stupore, né meraviglia,
ma non c'è gioia senza attesa, stupore e meraviglia!

Sono certo della compagnia di Gesù in questo cammino che è la vita e della compagnia vostra e di tanti fratelli e sorelle che Gesù mi fa incontrare!

Buon cammino con Gesù!!!
Con affetto,
don Gian Luca

mercoledì 22 aprile 2020

WORD ATTACK - Emmaus 2020 (Terza Domenica di Pasqua)

La GIOIA del VANGELO!!! - Lc 24,13-35



Il Vangelo di oggi (Gv 3, 16-21) e la nostra vita di sempre


Siamo al capitolo 3 del Vangelo di Giovanni.
Quindi siamo ancora all'inizio della vita pubblica di Gesù.

Ci troviamo all’interno del dialogo tra Nicodemo e Gesù.

Nicodemo è l'uomo che cerca,
quindi Nicodemo siamo anche noi oggi:
noi che cerchiamo,
cerchiamo la vita eterna,
cerchiamo la verità,
cerchiamo una gioia che non finisca mai,
cerchiamo il Cristo!

Il Vangelo di oggi ci offre una chiave di lettura
per leggere tutta la vita di Gesù,
ma anche per leggere il disegno di salvezza di Dio.

Le parole di Gesù a Nicodemo mettono pace nel nostro cuore
e rispondono ad alcune domande che ogni tanto si ripresentano.

Una prima domanda potrebbe essere:
«Ma perché sono stato raggiunto dall’annuncio del Vangelo?».

La risposta Gesù la dà a Nicodemo nel primo versetto:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16).

Mi è stato annunciato il Vangelo perché io creda e abbia la vita eterna!
È meraviglioso pensare come questo annuncio sia arrivato fino a me per rispondere proprio a quella ricerca di vita eterna che sento forte nel mio cuore!

Ci è sempre più chiaro, giorno dopo giorno, come sia grande questo desiderio di vita, di una vita che non finisca mai
e Gesù viene proprio per donarci questa vita, per rivelarcela.

Una seconda domanda che spesso si presenta nel nostro cuore è:
«Ma qual è la volontà di Dio?».

Anche a questa domanda Gesù risponde nel Vangelo di oggi: «Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3, 17).

«Qual è, allora, la volontà di Dio?».
La volontà di Dio è che ognuno di noi riceva questo messaggio di salvezza,
che ognuno di noi sia salvato.

«Com'è che il mondo si salva?».
Si salva accogliendo l'amore di Dio.

A un certo punto, Gesù parla anche di una condanna: «Chi crede in lui [nel Figlio unigenito] non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie» (Gv 3, 18-19).

Abbiamo ben presente la vita di Gesù,
perché da poco abbiamo celebrato la Pasqua:
la Sua Passione, Morte e Risurrezione.
Questi versetti gettano luce anche su ciò che abbiamo appena celebrato!

«Che luce gettano sulla vita di Gesù e sulla vita di ciascuno di noi?».
Gettano la luce dell'amore, della Misericordia, del perdono, della salvezza offerta a ogni uomo.

Le ultime parole di Gesù sulla croce sono un atto di affidamento al Padre e la preghiera al Padre di perdonare tutti gli uomini: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34).

Il giudizio, allora, è questo:
l’amore,
la misericordia,
il perdono,
la salvezza,
la gioia,
la vita eterna
offerta a tutti gli uomini!

L’annuncio della salvezza è così essenziale per l’uomo,
che Gesù Risorto affida ai Suoi discepoli la missione di annunciare a ogni uomo la salvezza e il perdono dei peccati!
È così che il Vangelo è arrivato fino a noi oggi.

Ma Dio ha un grandissimo rispetto per la nostra libertà
e non si può escludere che qualcuno,
pur ricevendo l’amore di Dio, la Sua misericordia, il Suo perdono, la Sua luce straordinaria,
non voglia accoglierla e voglia vivere nelle tenebre,
voglia continuare a vivere come ha sempre vissuto.

Vogliamo oggi fissare lo sguardo sull’annuncio di salvezza, sull'annuncio dell'amore di Dio che ci è stato tramandato, ci è stato donato dalla Fede di tanti nostri fratelli e sorelle prima di noi.

E vogliamo chiedere al Signore di aiutarci a essere concentrati sul Suo amore.
Ci lasciamo aiutare da alcune parole del Cardinal Newman contenute in un suo sermone:

Dio ti osserva individualmente, chiunque tu sia.
Egli “ti chiama con il tuo nome”.
Egli ti vede, ti comprende, così come Egli ti ha creato.
Egli sa quello che c’è dentro di te, tutti i tuoi sentimenti e
pensieri, quelli che ti sono propri, le tue inclinazioni e le
cose che ti piacciono, la tua forza e la tua debolezza.
Egli ti osserva nei giorni della tua gioia come pure nel giorno
del dolore.
Egli ti è vicino nelle tue speranze come nelle tue tentazioni.
Egli mette il Suo interesse in tutte le tue preoccupazioni, in
tutte le tue tristi o liete ricordanze.
Egli ha contato tutti i capelli della tua testa e i millimetri della
tua statura.
Egli ti abbraccia tutt’intorno e ti porta sulle Sue braccia;
Egli ti raccoglie da terra e ti depone giù.
Egli nota il tuo stesso volto, sia quando sorride che quando è
in lacrime, sia quando è in piena salute, che quando è
malaticcio.
Egli guarda con tenerezza le tue mani e i tuoi piedi;
Egli ode la tua voce, il battito del tuo cuore, e il tuo stesso
respiro.
Tu non ami te stesso meglio di quanto Egli ti ami
(J. H. Newman, dal Sermone IX sulla Provvidenza individuale).

martedì 21 aprile 2020

Il segreto

«Dio è il segreto da cui sgorgano incessantemente gocce di luce. Così è Dio, così è anche ogni creatura che avvicini senza invidia; da ogni creatura che avvicini con meraviglia sgorgano gocce di luce».
[Ermes Ronchi, Dieci cammelli inginocchiati, Paoline]

sabato 18 aprile 2020

Il Vangelo di oggi (Mc 16, 9-15) e la nostra vita di sempre

L’annuncio della risurrezione bussa alla porta del nostro cuore finché la porta non si apre e finalmente qualcosa comincia a muoversi.
Questo sembra suggerirci il Vangelo di oggi.
La risurrezione di Gesù bussa alla porta del cuore dei discepoli per opera di Maria di Magdala, ma «essi udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero» (Mc 16, 11).
Poco dopo l’annuncio arriva ai discepoli tramite due di loro «ma non credettero neppure a loro» (Mc 16, 13).
Alla fine è Gesù in persona a bussare mentre erano a tavola.
E forse i discepoli avranno pensato: «Chi sarà mai a quest’ora?», come capita nelle nostre case quando tutta la famiglia è riunita per il pranzo o la cena e non si è più in attesa di qualcuno.

L’annuncio arriva, bussa con pazienza e perseveranza perché è necessario all’uomo. È necessario che l’uomo sappia che Cristo è risorto!
Quindi il Signore manda i suoi discepoli ad annunciarci la Sua risurrezione finché la porta del nostro cuore non si apre. Quando il cuore si apre, è Gesù stesso a prendere l’iniziativa: «li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”» (Mc 16, 14-15).

I discepoli hanno preso sul serio la missione e non solo sono andati in tutto il mondo, ma sono andati in ogni spazio e in ogni tempo, perché questo annuncio è arrivato fino a noi. Ci è stato consegnato dalla Chiesa che fedelmente lo ha custodito e tramandato.

Così noi siamo proprio come quei discepoli e riceviamo la testimonianza della Maddalena, degli apostoli, dei santi, che hanno accolto il Vangelo e lo hanno fatto diventare parte integrante della loro vita.

Anche noi, come i discepoli, facciamo i conti con l’incredulità e la durezza di cuore. Forse non accogliamo fino in fondo il Vangelo, non ci facciamo mettere troppo in discussione, pretendiamo dei miracoli, pretendiamo di avere continue conferme, quando invece la fede è confidare in Uno che ci si è rivelato affidabile, Uno che non ci ha fatto mai mancare la Sua compagnia e il Suo amore.

In questi giorni vogliamo fissare la nostra attenzione su Dio.
Nella Pasqua Dio si rivela definitivamente a noi come amore incondizionato.
Ma noi cosa notiamo quando incontriamo Dio?
Notiamo quello che ci sembra mancare in Dio, oppure quello che sovrabbonda in Dio?
Quando diciamo che l’amore basta, allora perché Dio non ci basta?
Perché Dio, che si rivela come amore incondizionato senza misura, non ci basta?

Forse perché nell’incontrare Dio non accogliamo quello che Dio è, ma quello che noi vorremmo che fosse. E allora gli siamo grati quando fa quello che ci aspettiamo da Lui e ci rifiutiamo di riconoscerlo e accoglierlo quando, invece, non fa quello che desideriamo da Lui. A volte accade così anche con i nostri migliori amici.
Succede che anziché partire dalla considerazione di tutto ciò che Dio ha fatto e continua a fare per l’umanità, che ama e di cui si prende cura, noi andiamo a puntare lo sguardo e il dito su tutto ciò che Dio, secondo noi, dovrebbe fare e non fa. Attribuiamo a Dio delle cose che Dio non pensa e non vuole.
Gli diciamo: «Signore, se tu fossi buono, allora non succederebbe questo, non accadrebbe quest’altro,…».

Invece la Sacra Scrittura, il Vangelo, i Salmi ci dicono di fissare lo sguardo sulla bontà di Dio e quindi partire da un punto totalmente diverso: dare per certo che Dio è buono, che Dio ama, che Dio si prende cura di noi.
È allora che cambia tutto!

Accogliere la Risurrezione di Gesù ci converte e convertirsi vuol dire fissare lo sguardo su Dio e accettare di guardare tutto come lo vede Dio! Questo è il cuore docile che il Risorto crea in chi lo accoglie!
Il Vangelo trasforma il nostro cuore indurito in un cuore di carne!
Come cristiani, vogliamo esercitarci ad accogliere tutto a partire dalla certezza della bontà di Dio: il creato, la storia, ogni evento, la nostra vita, tutto è grazia!

Preghiamo con le parole del salmo 117/118, 1.14-21:

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze.

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
Il Signore mi ha castigato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.

Apritemi le porte della giustizia:
vi entrerò per ringraziare il Signore.
È questa la porta del Signore:
per essa entrano i giusti.
Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.

venerdì 17 aprile 2020

Il Vangelo di oggi (Gv 21, 1-14) e la nostra vita di sempre


Quando vedo delle reti,
immagino a cosa servono quelle reti
e quindi le immagino sempre piene di pesci.

Vedere le reti dei discepoli vuote,
al termine di una notte di pesca,
mi fa pensare a un’attesa delusa:
si aspettavano di pescare almeno qualcosa,
e invece hanno tirato su le reti vuote.

Immagino che il desiderio di Pietro e dei suoi compagni sia di vederle ancora una volta piene.
E questo desiderio è anche il mio desiderio:
desidero che gradualmente si possa tornare a stare insieme, a vivere momenti di socializzazione, momenti di vita comunitaria, come ci piaceva tanto.

Guardo il campo sportivo dell’oratorio e lo immagino pieno di ragazzi che giocano. Vado in chiesa per la preghiera e, guardando i banchi, li immagino pieni di gente.
E così quando mi affaccio a guardare la piazza,
la immagino in una giornata di sole,
piena di gente sorridente che parla amichevolmente.

I campi si riempiranno di ragazzi,
le chiese si riempiranno di credenti,
le piazze saranno piene di gente sorridente e festante.

Ma il Vangelo di oggi sembra ricordarci che tutto questo non basterà a darci una gioia piena.
C’è qualcosa di più!

Improvvisamente le reti si riempiono di pesci
perché un uomo sulla riva,
quando già era l’alba,
dice ai discepoli:
«Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete» (Gv 21, 6).

La Sua parola è talmente sicura,
e il ricordo va alla pesca miracolosa raccontata al capitolo 5 del Vangelo di Luca,
che i discepoli,
dopo una notte di fatiche inutili,
gettano la rete, come dice quest’uomo,
e la rete si riempie
a tal punto da non riuscire più a tirarla su per la grande quantità di pesci (Gv 21, 6).

Forse a questo punto ci aspetteremmo una grande festa a bordo della barca
e invece questa pesca miracolosa permette ai discepoli di riconoscere nell’uomo sulla riva il Signore e l’entusiasmo si moltiplica!!!
«Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”. Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare» (Gv 21, 7).

Ci colpisce la gioia di Pietro,
la sua impazienza di incontrare il Signore e riabbracciarlo!

«Ma come? La rete è piena e non ti basta?».
«Ma come? La vita è tornata proprio tale e quale a prima e non ti basta?».

Eh sì! Proprio così!
Perché c’è stata una Presenza, una Presenza che non è mai mancata!
La Presenza del Signore accanto a me, accanto a te, accanto a quei discepoli
non è mai venuta meno,
sia quando la fatica sembrava inutile,
sia quando le reti erano vuote,
sia adesso che le reti sono piene!

La certezza della Presenza di Gesù deve rimanere fissa nel nostro cuore:
dobbiamo far memoria della compagnia di Gesù!

Sento e leggo opinioni diverse sul dopo epidemia.
Qualcuno dice che ricorderemo tutto e che questo ricordo ci aiuterà a cambiare, a migliorare.
Qualcuno dice che è proprio dell’uomo dimenticare tutte le cose brutte che gli capitano e ricominciare, come se non fosse successo niente.

Non so quello che succederà,
né come si comporterà l’uomo.

Sono convinto, però, che chi ha vissuto questa forte esperienza di compagnia di Gesù, chi ha fatto tesoro della sua Parola, chi ha trovato il modo in questo tempo di mettersi in ascolto di Dio, ricorderà per sempre questa esperienza, ne farà memoria ogni anno.

Anche questa coincidenza con la Pasqua, ci aiuterà, a ogni Pasqua che vivremo, a fare memoria di quello che è stato questa Pasqua, di come il Signore risorto è entrato nelle nostre case, anche a porte chiuse!
Il Signore è entrato e ha fatto comunione con noi,
ci ha reso strumenti di comunione,
ci ha fatto gli uni per gli altri portatori della buona notizia della Sua Risurrezione!

Stiamo sperimentando gli effetti della Risurrezione di Cristo, ascoltando ogni giorno la Sua Parola e prendendoci cura di ogni fratello, di ogni sorella perché è Dio stesso che ce li affida.

Oggi vogliamo fissare lo sguardo su Gesù che si prende cura dei suoi discepoli e si prende cura di noi.
Addirittura nel Vangelo che abbiamo ascoltato è Gesù stesso a cucinare per i suoi discepoli, è Gesù stesso a invitarli: «Venite a mangiare» (Gv 21, 12).
Gesù sa che stiamo facendo fatica,
sa che i discepoli hanno fatto fatica,
sa che la delusione era grande nei loro cuori prima che le reti si riempissero di nuovo e Lui li consola, Lui ci consola.
Ci consola con la Sua Parola,
ci consola stando con noi,
ci consola invitandoci: «Venite a mangiare».

Il nostro Dio si prende cura di noi e vogliamo lodarlo con le parole del salmo 117/118 che la liturgia di oggi ci fa pregare:

«Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele: «Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!

Ti preghiamo, Signore: Dona la salvezza!
Ti preghiamo, Signore: Dona la vittoria!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Il Signore è Dio, egli ci illumina».

martedì 14 aprile 2020

Il Vangelo di oggi (Gv 20, 11-18) e la nostra vita di sempre

Crocifisso della Chiesa di Cristo Re, Porto d'Ascoli

Oggi nel giardino del sepolcro,

alla presenza di Gesù,
vogliamo fare memoria grata della vocazione,
del giorno in cui il Signore risorto ci ha chiamato per nome.

Dall’alto della croce il Signore Gesù ha visto ciascuno di noi, ci ha amato, ha dato la sua vita per noi e ci ha chiamato a seguirlo.
Ci ha dato la grazia per amare come Lui ama,
per essere testimoni del Suo amore senza misura.
Ascoltando il Vangelo di oggi, pensiamo con gioia alla nostra vocazione: Cristo risorto chiama anche noi e ci chiama per nome!

È una storia di vocazione quella che abbiamo ascoltato:
è la vocazione di Maria di Magdala a seguire il Signore Gesù per sempre.
Si tratta della vocazione alla santità, la stessa vocazione che il Signore rivolge a ciascuno di noi: riconoscerlo presente nella vita quotidiana e seguirlo.
Cioè fare nostri i Suoi stessi sentimenti.
È questa la grazia che il Signore dona a ciascuno di noi: amare come Lui ci ama!

Maria di Magdala riconosce Gesù quando si sente chiamata per nome.

Anche per noi è così:
riconosciamo il Signore Gesù
dall’amore che sentiamo fiorire in noi,
dalla gioia che sentiamo sorgere nel nostro cuore quando ci troviamo alla Sua presenza.
Accade quando partecipiamo alla Messa insieme alla nostra comunità;
accade quando ascoltiamo la Sua parola;
accade quando nel segreto della nostra stanza ci mettiamo in ginocchio e preghiamo, esprimendogli la nostra totale fiducia;
accade quando ci mettiamo al servizio gli uni degli altri.

Oggi,
stando al sepolcro con Maria di Magdala,
vogliamo gioire guardando come il Signore ci ama e ci chiama.
E come il Signore, subito dopo averci chiamato, ci invia affidandoci un messaggio straordinario.
Dice Gesù a Maria: «… va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”» (Gv 20, 17).
Gesù è nostro fratello!
Non siamo noi a inventarci questa fraternità, ma è Lui stesso a rivelarcela!
È Lui che dice a Maria: «va’ dai miei fratelli».
È Lui che dice a Maria: «Di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”» (Gv 20, 17).
È Gesù stesso che ci rivela il Padre!
E quando diciamo Padre nostro non lo diciamo nostro per modo di dire, ma lo diciamo perché siamo figli nel Figlio! Dio è realmente nostro Padre!
E tutte le persone che incontriamo qui sulla terra non sono persone estranee che, se vogliamo possiamo decidere di far diventare nostri fratelli o nostre sorelle, così, quasi per simpatia, ma ci vengono consegnati da Cristo risorto come fratelli e come sorelle.

Il Crocifisso che c’è nella nostra Chiesa di Cristo Re è molto espressivo in questo senso: ha le braccia aperte e tese in modo da formare una croce con il resto del corpo.

A volte, guardando quelle braccia tese e quelle mani aperte, mi sembra che stia tendendo la mano a ciascuno di noi e allora immagino di dargli la mia mano. Subito noto che non posso prendergli entrambe le mani nello stesso momento: una mano del Crocifisso resta sempre aperta e tesa verso un altro.

Noi quando gli diciamo, pieni di affetto: «Cristo Gesù, Tu sei mio fratello»,
quando, cioè, accettiamo questa fraternità con Lui,
dobbiamo sempre ricordarci che è una fraternità aperta al mondo, aperta a ogni uomo, a ogni donna che il Cristo prende per mano, o da cui il Cristo è preso per mano.
È questa la comunione con Dio!
È questa la comunione che viviamo nella Chiesa!

Quando ci raduniamo in assemblea nella nostra chiesa parrocchiale,
oppure quando a casa in questi giorni ci mettiamo alla presenza di Cristo con i nostri familiari,
siamo Chiesa, facciamo Chiesa,
siamo raccolti, radunati, convocati, dall’amore di Cristo.
E, rivestiti di Cristo, viviamo da fratelli, da sorelle, affidandoci gli uni agli altri,
e ci ricordiamo anche di chi non è presente fisicamente e lo presentiamo al Signore,
e realmente sentiamo questa fraternità che ci lega a ogni uomo, a ogni donna.

Oggi, mentre ascoltavo il Vangelo, mi veniva in mente un canto che parla della vocazione di ciascuno di noi alla vita con Cristo, alla comunione con Dio, alla santità.

È un canto in cui a un certo punto si dice: «Quante volte un uomo con il nome giusto mi ha chiamato, una volta sola l’ho sentito pronunciare con amore. Era un uomo come nessun altro e quel giorno mi chiamò» (Vocazione, testo e musica di Pierangelo Sequeri).

È bello pensare che Maria Maddalena quel giorno davanti al sepolcro si è sentita chiamare così da Gesù, è bello pensare che questa chiamata il Signore la rivolge a ciascuno di noi!

Oggi siamo pieni di gioia perché il Cristo risorto ci ama,
ci chiama per nome,
ci chiama a seguirlo
e ci regala la fraternità,
ci regala la paternità di Dio,
ci regala il suo stesso modo di relazionarsi con il Padre, con lo Spirito Santo e con ogni uomo. [dGL]


Se vuoi, puoi ascoltare il canto “Vocazione”, di Pierangelo Sequeri, cliccando qui sotto



L’umiltà di Cristo


«Così il Signore con misericordia umilia i santi, in modo che restino umili sino alla fine. Noi abbiamo un bisogno ancora più grande di umiltà. Ed io giorno e notte chiedo a Dio l’umiltà di Cristo. Il mio spirito ha sete di ottenerla, poiché è il dono più sublime dello Spirito Santo. Nell’umiltà di Cristo sono contenuti l’amore, la pace, la mansuetudine, la sobrietà, l’obbedienza, la longanimità; insomma tutte le virtù».
[Silvano del Monte Athos, Ho sete di Dio, Piero Gribaudi editore]

sabato 11 aprile 2020

La luce splende nelle tenebre (Gv 1, 5)

«In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1, 4-5)

Cari amici,
stamattina, leggendo qualche pagina di un libro di padre David Maria Turoldo ho provato una grande gioia!
Ho pensato di condividerla con voi perché in questa Pasqua diversa, eppure così tanto Pasqua, ci sono famiglie che dall'inizio della Quaresima stanno facendo quello che raccomanda padre David nel suo testo (edito per la prima volta nel 1959, ed. La Locusta, Vicenza e riedito nel 2003 dalle ed. San Paolo).

Penso sia una cosa di cui essere lieti.

Padre Turoldo parla della Settimana Santa e scrive così:
«Con la Domenica delle Palme ha inizio la stagione più grave dell'anno. È la settimana santa, che rappresenta la misura e il modello per l'intera liturgia. Si chiama anche settimana maggiore, poiché in essa si ricordano i più grandi misteri del cristianesimo, si seguono gli ultimi giorni del Signore sulla terra e si notano le sue ultime parole.
Se non ci soccorre una diligenza speciale, e, vorrei dire, una fame di conoscere e di pregare, è impossibile indicare, uno ad uno, gli avvenimenti, strani e decisivi, che succedono in questi giorni santi. I genitori dovrebbero raccogliere in queste sere i figlioli, e aprire i libri, e spiegare loro le varie cerimonie che iniziano oggi con la benedizione delle palme e degli olivi» (David Maria Turoldo, LA PAROLA DI GESÙ, ed. San Paolo, 2003).

«I genitori dovrebbero raccogliere in queste sere i figlioli,...».
È quello che sta accadendo in tante case in tutto il mondo, grazie all’impegno di tanti cristiani nel trasmettere il prezioso tesoro della fede!

Ho pensato di condividere con voi questa gioia che, anche fosse luminosa quanto un fiammifero, porta sicuramente luce nelle tenebre ed è di conforto e di calore per chi, con umiltà, accetta di lasciarsi scaldare e illuminare, anche da un semplice fiammifero acceso!

Buon Sabato Santo! [dGL]